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Autore: Abby_da_Edoras    28/11/2022    2 recensioni
Ecco che ritorno a pubblicare questa storia dopo tre anni... ma le cose in effetti sono cambiate. Devo ammettere che, da un lato, la terza stagione de I Medici non mi ha mai entusiasmata, ma dall'altro avevo voglia di raccontare cosa sarebbe successo nella MIA versione dei fatti non solo a Lorenzo, ma anche ai personaggi che io ho salvato o creato, ossia Jacopo e Antonio, Giuliano e altri che conoscerete leggendo la long (che, ovviamente, è il sequel di Il mio nome è mai più e Tutta un'altra storia e va letta dopo quelle). Così Lorenzo si trova ad affrontare nuovi nemici ma, questa volta, Giuliano è al suo fianco e anche Jacopo, nonostante questo gli faccia venire la nausea... e ci saranno nuovi personaggi, che però non sono quelli che avevo usato nella prima versione di questa storia.
Insomma, spero che la long fic vi piacerà, grazie a tutti coloro che leggeranno.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo quinto

 

Tutti dicevano "pazza"
E avevano ragione
Più mi dicono male e più mi va bene

Fortuna che io sono fatta così
Mi han lanciata su una buona stella
Fortuna che
Che se cado lo stesso vivo bene lo stesso
Vado bene così
Più gira male e più mi va bene
Più gira male e più mi va bene
Più dite male e più mi va bene
Va bene, va bene, va bene così!

(“Fortuna” – Emma)

 

Nicomaco, dunque, si era preso l’impegno di andare a parlare con Jacopo al posto di Lorenzo, per rendersi utile al giovane Medici dopo tanti mesi di latitanza. Questa volta non aveva neanche provato a convincere Pirro a rimanere ad attenderlo in carrozza e, così, sia lui sia il suo sfrontato servitore si ritrovarono nel salotto di Pazzi e Nicomaco iniziò a riferire ciò che aveva saputo da Lorenzo (sempre sperando che Pirro non si mettesse in mente di intervenire anche lui nel momento più inappropriato!).

“I Vescovi della Toscana hanno ascoltato la richiesta di Lorenzo, si sono riuniti in una corte con poteri propri e hanno ordinato la riapertura delle chiese” annunciò. “Adesso la gente di Firenze può di nuovo ricevere i sacramenti.”

“Ma questa è una bellissima notizia!” esclamò Antonio, raggiante.

Jacopo, invece, restava rigido e manteneva la solita espressione severa sul volto.

“Sì, ma il Papa si è infuriato” spiegò Nicomaco. “I Vescovi hanno anche scritto una lettera a Papa Sisto comunicandogli la loro decisione e minacciando di riunirsi in un Collegio apposito per scomunicare lui stesso.”

“Ma il Papa non può essere scomunicato!” fece Antonio, sbalordito.

“In effetti è proprio quello che ha detto anche lui” replicò Nicomaco. “Don Carlo, il cugino di Lorenzo che era stato imprigionato a Roma, è stato liberato ed è riuscito in qualche modo a fuggire dagli sgherri di Riario che volevano ucciderlo. È giunto proprio questa mattina a Firenze, stremato, e ha avvertito Lorenzo che Papa Sisto ha chiesto l’aiuto delle truppe del Re Ferrante di Napoli, affinché si uniscano all’esercito di Girolamo Riario e marcino contro Firenze.”

A quelle parole Jacopo si rabbuiò ancora di più e, istintivamente, strinse a sé Antonio come per proteggerlo. Adesso si rendeva ancora più conto di quali terribili eventi avesse messo in moto accettando i piani del Papa come uno stolto cazzone qualsiasi, senza farsi neanche una domanda, senza chiedersi come mai Papa Sisto IV avrebbe dovuto volere che lui governasse Firenze al posto dei Medici. Avrebbe dovuto capire che il pontefice mirava a ben altro… ma era stato presuntuoso, accecato dall’odio per i Medici e dalla convinzione di essere stato incaricato da Dio stesso di guidare la città. Invece, a quanto pareva, Dio non c’entrava proprio niente e dietro tutto quanto c’era sempre stato l’ambizioso e avido Sisto IV! Ora stava per scoppiare una guerra e lui provava una profonda angoscia per le sorti della sua Firenze e per l’incolumità del suo Antonio.

Ad ogni modo non poteva lasciarsi vincere dal pessimismo e dai sensi di colpa… insomma, il suo valoroso antenato Pazzino de’ Pazzi si sarebbe vergognato di lui! Così si fece animo e cercò di incoraggiare anche il suo dolce ragazzino.

“La guerra è sempre una cosa terribile” affermò. “Tuttavia sono convinto che una Firenze unita sarà più forte e saprà difendersi da qualsiasi invasore. E comunque non è ancora detto che Re Ferrante decida di unirsi all’esercito di Riario, potrebbe anche scegliere di stare dalla parte di Firenze o di rimanere neutrale come ha fatto fino ad ora.”

In quel momento si udì una certa confusione all’ingresso e, poco dopo, un servitore entrò nel salone annunciando un arrivo quanto mai inaspettato.

“Messer Pazzi, è appena giunto il Priore Spinelli e chiede di conferire con voi con urgenza” disse.

Nicomaco, sentendo quel nome, si allarmò: al Consiglio dei Priori, Spinelli non era sembrato esattamente un amico dei Medici…

“Ma cosa ci viene a fare qui? Messer Pazzi, non sarà amico vostro, vero?” domandò.

“In realtà lo conosco appena, l’ho visto qualche volta al Consiglio dei Priori ma non ho mai parlato personalmente con lui. E adesso vorrebbe vedermi in privato?” continuò, rivolgendosi al servo.

“Sì, signore. Dice di avere delle notizie importantissime per voi, che non possono aspettare” rispose l’uomo. “L’ho fatto accomodare nel vostro studio, devo mandarlo via?”

“No, digli che lo raggiungerò subito, ma che non ho molto tempo da dedicargli” rispose.

Il servo obbedì e uscì dal salone.

“Non credo che dovreste parlare con lui, Messer Pazzi” suggerì Nicomaco, preoccupato. “L’avete visto al Consiglio dei Priori, lui e il suo amico Ardinghelli sono oppositori di Lorenzo.”

“Gli dedicherò solo pochi minuti e voi potete venire con me, Messer Nicomaco, così vi renderete conto da solo del fatto che non sono assolutamente suo amico e che non ho alcun accordo con la sua parte” replicò Pazzi, uscendo anche lui dal salone per dirigersi verso il suo studio privato. Nicomaco lo seguì, tranquillizzato, mentre Pirro non si fidava proprio per niente di quel tale Spinelli e, ovviamente, propose ad Antonio di ascoltare di nascosto quello che l’uomo era venuto a dire!

“Antonio, dovremmo cercare di ascoltare tutto ciò che Spinelli dirà a Messer Pazzi!” disse, da impunito qual era.

Antonio era perplesso. Origliare non era un problema per lui da molto tempo, aveva dovuto farlo più di una volta per scoprire i piani dei congiurati e sventare qualsiasi pericolo e in realtà nemmeno lui si fidava davvero di Giacomo Spinelli, che si era apertamente messo contro Lorenzo alla riunione dei Priori. E se davvero avesse tentato di convincere Messer Pazzi a passare dalla sua parte, a tradire i Medici? Erano in molti, a Firenze, a credere che Jacopo Pazzi, in fondo in fondo, non avesse veramente sposato la causa dei Medici e che si limitasse a rimanere in disparte, senza più cercare di danneggiarli ma sicuramente nemmeno di aiutarli. Spinelli poteva rivelarsi un nuovo Salviati che avrebbe spinto Messer Pazzi sulla strada sbagliata?

“Hai ragione, Pirro, nemmeno io mi fido di Messer Spinelli e credo che dovremo ascoltare la sua conversazione con Messer Pazzi!” disse dunque Antonio.

I due giovani si mossero silenziosamente verso lo studio di Jacopo. Le porte erano socchiuse e le voci si udivano chiaramente. Ad Antonio si strinse il cuore. Quel momento gli ricordava fin troppo le tante volte in cui, ascoltando dietro una porta, era venuto a conoscenza di piani e trame spaventosi… quante volte si era sentito gelare il sangue sentendo il suo Messer Pazzi pronunciare parole di odio e di minaccia verso i suoi amici! Era possibile che niente fosse cambiato e che lui dovesse, ancora e sempre, preoccuparsi per le decisioni dell’uomo che amava?

“Messer Ardinghelli è venuto a sapere che papa Sisto IV ha ottenuto ciò che chiedeva al Regno di Napoli” stava dicendo Spinelli. “Un esercito guidato da Alfonso II, figlio di Re Ferrante, si sta per unire a quello di Riario e poi marceranno insieme contro Firenze.”

“La cosa mi preoccupa molto, ma non vedo come potrei fermare questi eserciti. Perché siete venuto da me, Messer Spinelli? Avreste dovuto chiedere al Gonfaloniere di convocare una riunione urgente del Consiglio dei Priori e avvertire tutti” replicò Pazzi, senza scomporsi.

“Invece siete proprio voi che potete fermare questa guerra prima che inizi” insisté il Priore. “Perché avete appoggiato la proposta di Lorenzo de’ Medici al Consiglio? So che non siete suo amico. Se vi foste opposto, la vostra famiglia si sarebbe schierata con voi e anche altri Priori vi avrebbero seguito.”

“Continuo a non capire perché siate venuto qui e perché abbiate voluto parlarmi, Messere” ribatté Jacopo con un tono duro e freddo. Se Antonio era stato visitato dai fantasmi delle congiure precedenti, anche a Pazzi sembrava di rivivere quei momenti che risvegliavano in lui tanti rimorsi. Se allora non avesse ascoltato Salviati, Montesecco e Riario…

Ma adesso era ancora in tempo per non ascoltare Spinelli!

“Messer Ardinghelli è andato dal Gonfaloniere per chiedergli di convocare al più presto il Consiglio dei Priori per discutere di questi nuovi e terribili sviluppi. Non abbiamo speranze contro gli eserciti uniti dello Stato Pontificio, di Riario e di Napoli e nessuno verrà in nostro soccorso. Voi dovete assolutamente unirvi a noi per contrastare le idee pericolose di Lorenzo de’ Medici, dovete votare contro di lui e insieme lo costringeremo a chiedere perdono a Papa Sisto” spiegò Spinelli. “Forse siamo ancora in tempo, forse il pontefice accetterà le scuse e ritirerà gli eserciti.”

“Lorenzo non presenterà mai le sue scuse a Papa Sisto e non sarò certo io a chiederglielo!” esclamò Jacopo, quasi oltraggiato al solo pensiero. “Voi e il vostro amico Ardinghelli siete talmente pavidi da volere che Firenze si umili davanti al pontefice e al suo avido nipote? E’ questa la vostra devozione alla nostra città? Credete veramente che Sisto IV si accontenterà delle scuse di Lorenzo? Siete degli illusi, o degli sciocchi. Il suo piano è sempre stato quello di mettere Firenze nelle mani di suo nipote Riario e non fermerà gli eserciti a nessun costo!”

Spinelli sembrava offeso dalla risposta di Pazzi.

“È così che la pensate, adesso? Però non sembravate tanto ostile a Papa Sisto nei mesi scorsi… sapete, corre voce che sapevate tutto della congiura e che avete lasciato che avvenisse” insinuò.

“Eravate assente da Firenze, Messer Spinelli? Perché tutti coloro che erano nella Cattedrale, quel giorno, videro me e mio nipote Francesco affrontare e uccidere i sicari che stavano per eliminare i fratelli Medici” ribatté Jacopo, glaciale nel tono e nello sguardo. “Qualsiasi errore abbia fatto in passato, riponendo la mia fiducia in persone che non lo meritavano, non ho intenzione di ripeterlo né ora né mai. Lorenzo de’ Medici avrà il mio totale appoggio in questa guerra contro i nemici di Firenze, perché solo restando uniti, a dispetto delle rivalità familiari, potremo sconfiggere gli eserciti invasori. Piuttosto, potremo contare veramente sull’unione dell’intera Firenze? O voi e Ardinghelli, per non perdere i vostri privilegi, sareste disposti a vendervi a Papa Sisto?”

Spinelli era esterrefatto. Non era proprio quella la reazione che si aspettava da Pazzi, anzi, a dirla tutta era convinto che l’uomo sarebbe stato ben felice di avere l’occasione per opporsi nuovamente ai Medici. E adesso invece faceva insinuazioni su di lui? Avrebbe potuto denunciarlo al Consiglio dei Priori come traditore?

“Messer Pazzi, non intendevo affatto questo e lo sapete bene. Nessuno di noi vuole che Firenze cada in mano a Riario, ma se il solo modo di difenderla è chiedere perdono al Papa…” ritentò, abbassando di molto la cresta.

“Il solo modo di difendere Firenze è mostrare un fronte unito contro tutti i nemici e non lasciarsi spaventare” dichiarò Jacopo, sentendo scorrere nelle vene il sangue impavido dell’antenato Pazzino… “E adesso, Messer Spinelli, potete anche lasciare la mia casa. Io non ho altro da dirvi.”

A quelle parole, Antonio e Pirro si affrettarono ad allontanarsi dalla loro posizione e ritornare nel salone, per non essere sorpresi ad origliare. Antonio era orgoglioso e felice che, questa volta, il suo Messer Pazzi si fosse comportato da vero eroe e avesse fatto la scelta più giusta e coraggiosa; anche Nicomaco, a dirla tutta, si era trovato ad ammirare il sangue freddo e la forza morale di Jacopo che aveva tenuto testa a Spinelli invece di scegliere la via più facile. Dal canto suo, Pirro era disgustato da Spinelli che aveva cercato di traviare Jacopo e di mettere i Priori contro i Medici e si trattenne a fatica dallo sputargli in faccia tutto quello che pensava di lui… però, se lo avesse fatto, si sarebbe tradito e avrebbe messo nei guai il suo padrone! Nicomaco si congratulò con Jacopo e alla fine si congedò da lui e da Antonio, salutandoli calorosamente… mentre Spinelli se ne dovette andare dalla villa di Pazzi con la coda tra le gambe.

Quella notte, stringendo Antonio a sé nel letto, Jacopo sentiva di aver finalmente iniziato a prendere la giusta direzione. Non poteva assolversi per il male che aveva causato, ma questo poteva essere un primo passo verso la risoluzione di ciò che aveva contribuito a fare. Baciò il suo ragazzino sempre più appassionatamente, lo accarezzò con tenerezza e amore, incollandosi a lui per sentire che era davvero lì, che non gli sarebbe mai accaduto nulla di male. Sentì che Antonio lo accoglieva docilmente, donandosi a lui con la consueta timida dolcezza e insieme si persero in un universo di tenerezza e amore, un mondo in cui esistevano soltanto loro due e non c’erano guerre, faide, ambizioni e rivalità. Alla fine rimasero stretti come se fossero un unico essere, desiderando solo dimenticare tutto il male attorno a loro. Jacopo si sentiva finalmente più sereno: il giovane corpo caldo e tenero del ragazzo era la sua oasi di pace e niente e nessuno avrebbe mai più potuto separarlo dal suo preziosissimo tesoro. 

Le cose, però, erano destinate a peggiorare nonostante gli sforzi di tutti…

Trascorsero più di tre mesi e, purtroppo, furono i presagi di sventura di quegli uccellacci di Ardinghelli e Spinelli ad avere ragione: le truppe dello Stato Pontificio e quelle di Riario si erano unite ad un esercito guidato da Alfonso II, figlio del Re di Napoli, e avanzavano sempre di più verso Firenze. La città cercava di difendersi con truppe mercenarie, ma fino a quel momento aveva avuto la peggio e solo grazie alla strenua difesa dei soldati Riario non era ancora entrato a Firenze da vincitore. Com’è ovvio, la situazione in città era drammatica, il popolo aveva paura, era sempre più povero e, come se non bastasse (e secondo l’immortale detto mai ‘na gioia), anche il vaiolo aveva iniziato a diffondersi tra i feriti e i senzatetto che venivano curati nel Convento di San Marco.

L’unico motivo per cui Firenze non era ancora caduta era una sorta di impasse tra Riario e il Principe Alfonso II: Riario avrebbe voluto che Alfonso desse a lui il comando delle operazioni per marciare spedito verso la città, ma il Principe non aveva intenzione di farsi comandare da un raccomandato qualsiasi e aveva deciso di attendere per sferrare l’attacco decisivo alle truppe fiorentine.

Insomma, quei due andavano d’accordo come Bugo e Morgan al Festival di Sanremo!

E proprio di questo stavano parlando Lorenzo, Giuliano e il loro amico Tommaso Peruzzi quel giorno, recandosi al Consiglio dei Priori (ovviamente non di Bugo e Morgan, ma del disaccordo tra Riario e Alfonso di Napoli!).

“Lorenzo, credo che l’evidente dissidio tra Riario e Alfonso II sia un vantaggio per Firenze e anche per la nostra posizione” disse Giuliano. “Dovresti far notare questa loro debolezza ai Priori per convincerli che questo è il momento migliore per attaccare i loro eserciti rafforzando le nostre truppe.”

“Era ciò che pensavo anch’io, Giuliano, ma il popolo di Firenze sta già pagando un prezzo altissimo… come possiamo pretendere che accettino di mandare i loro figli, mariti, fratelli contro un esercito così potente e ben organizzato?” Lorenzo era molto combattuto, perché alla fine tutto ciò che voleva era che Firenze fosse libera e che coloro che avevano organizzato la congiura pagassero, ma sentiva che non era del tutto giusto far combattere ad altri le sue battaglie. “Farò comunque la proposta al Consiglio dei Priori di rafforzare l’esercito di Guiscardi con gli uomini a difesa delle mura di Firenze.”

“Ho sentito dire che Riario vorrebbe che suo zio, il Papa, sottomettesse il Principe Alfonso al suo comando, così da poter attaccare subito con tutte le truppe, ma pare che il Papa non sia d’accordo, altrimenti avrebbe già dato l’ordine” intervenne Tommaso Peruzzi, con una buona dose di ottimismo.

“Ecco, lo vedi? Anche questo potrebbe essere un buon argomento per convincere i Priori” insisté Giuliano. “Nemmeno il Papa appoggia Riario fino in fondo!”

“Voglio far notare ai Priori che non c’è momento migliore di questo se vogliamo avere la meglio sugli eserciti che ci minacciano” approvò Lorenzo. “Ci sono tre eserciti, è vero, ma non sono uniti, anzi ognuno persegue i propri scopi, mentre le nostre truppe vogliono lottare per Firenze, perché la città sia libera e non sotto un giogo straniero.”

I tre amici entrarono così nel Palazzo dei Priori con aspettative ottimistiche per quella riunione. Si erano appena seduti, però, quando Giuliano dette una lieve gomitata al fratello per attirare la sua attenzione.

“Lorenzo, ma… ma perché Jacopo non è presente? Questo è un incontro importantissimo, non poteva non sapere quanto sarebbe stata fondamentale la sua presenza!” mormorò, insospettito. “Ecco, lo sapevo, non avremmo mai dovuto fidarci di quello stolto caz…”

“Fai silenzio, adesso, Giuliano. Francesco e Guglielmo sono comunque presenti, forse Jacopo ha avuto un imprevisto… in effetti, non c’è nemmeno Antonio. Temo che possa essere accaduto qualcosa, ma non penso a un tradimento” replicò Lorenzo, sicuro. “E poi penso che i voti a nostro favore saranno sufficienti anche in assenza di Jacopo.”

Lorenzo, così, presentò la sua proposta di rafforzare l’esercito del mercenario Guiscardi con gli uomini che erano a difesa delle mura di Firenze, sottolineando il fatto che quello era un momento favorevole, visto che Riario e Alfonso di Napoli erano in disaccordo su come e quando sferrare l’attacco. Nonostante la sicurezza delle sue parole, il giovane Medici si aspettava l’obiezione di Ardinghelli, che in fin dei conti se ne fregava di chi governasse Firenze, Riario, il Papa, il Re di Napoli o il Re d’Inghilterra, bastava che potesse continuare a guadagnare con i suoi commerci… una persona molto simile a tanti politici di oggi, insomma.

“I nostri uomini ci servono sulle mura per proteggere la città” obiettò infatti Ardinghelli. “Perché non possiamo pagare altre truppe mercenarie?”

“Perché le casse della città sono vuote” spiegò Lorenzo, “e non abbiamo denaro per pagare altri mercenari.”

“Siete disposto a versare il sangue dei mercenari per non perdere Firenze, ma non quello dei vostri figli, Messer Ardinghelli?” domandò allora Tommaso Peruzzi.

Ardinghelli, tuttavia, non si scompose. Era talmente sicuro di sé da non lasciarsi impensierire dalla domanda di Peruzzi.

“Bene, dunque. Se la libertà è davvero tanto preziosa, mettiamola subito in pratica: chiedo ai Priori di votare riguardo alla proposta fatta da Messer Medici. O forse non siamo liberi di esprimere il nostro voto?” disse l’uomo, rivolgendo uno sguardo di sfida a Lorenzo.

“Sono d’accordo. Allora, chi è a favore della proposta di Lorenzo de’ Medici?” chiese il Gonfaloniere.

Purtroppo, ben poche mani si alzarono: i fratelli Medici, ovviamente, Tommaso Peruzzi, Francesco e Guglielmo Pazzi, Luca degli Albizzi, Messer Nicomaco… e pochi altri.

La maggioranza, dunque, votò contro la proposta di rafforzare l’esercito con gli uomini a difesa delle mura di Firenze e il Gonfaloniere dovette respingerla. Lorenzo e Giuliano si scambiarono uno sguardo deluso, mentre Francesco Pazzi si guardava intorno e sembrava incredulo.

La riunione era conclusa e i Priori si stavano preparando per tornare alle loro case. Francesco, Guglielmo e Tommaso si avvicinarono per parlare con i fratelli Medici e Francesco, in particolare, aveva uno sguardo cupo e preoccupato e condusse gli amici fuori dal Palazzo dei Priori per parlare con più calma di quello che era appena accaduto e della ragione dell’assenza di Jacopo Pazzi. Lorenzo era innervosito: era convinto che, se ci fosse stato anche Jacopo, sarebbe stato capace di convincere un maggior numero di Priori a sostenere la sua proposta… magari tirando in ballo anche Pazzino de’ Pazzi ma, insomma, il fine giustifica i mezzi, no?

“Mio zio Jacopo non ha alcuna intenzione di mettervi in difficoltà e sono certo che lui per primo sarà addoloratissimo quando saprà che i Priori hanno votato contro la tua proposta, Lorenzo” disse Francesco.

“Ma allora perché non è venuto qui oggi? Avrei avuto molto bisogno del suo sostegno in questa votazione” fece Lorenzo, con una certa impazienza.

Questa volta fu Guglielmo a rispondere.

“Beh, non volevamo che vi preoccupaste, ma… ecco, Antonio non sta bene. Sono giorni che ha una brutta tosse e ieri notte ha iniziato ad avere anche la febbre” rivelò agli amici. “Il dottore ha detto che si tratta di una malattia ai polmoni, forse dovuta a un colpo di freddo, e lo sta curando con pozioni, sciroppi e, soprattutto, tanto riposo a letto. Lo zio non ha voluto lasciarlo solo.”

Le parole di Guglielmo furono accolte da un silenzio glaciale. Ovviamente erano tutti preoccupati per le condizioni di Antonio, ma Lorenzo capiva anche di aver perso un’occasione importante e che, forse, Firenze sarebbe potuta cadere nelle mani degli invasori perché la sua proposta era stata respinta.

“Voglio andare a parlare subito con Jacopo” dichiarò il giovane Medici con decisione. “Forse potremo convincere il Gonfaloniere a riunire una seconda volta il Consiglio dei Priori e ad effettuare una seconda votazione… questa volta in presenza di tutti! Jacopo non può sottrarsi al suo dovere, nemmeno per Antonio, ne va della libertà di Firenze.”

Con queste parole, Lorenzo si avviò in fretta verso Palazzo Medici per prendere il suo cavallo e recarsi il prima possibile alla villa di Jacopo. Era molto contrariato.

Fine capitolo quinto

 

 

 

   
 
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