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Autore: Feathers    03/12/2022    2 recensioni
(Eddie + Chrissy) Hellcheer / Eddissy
L'armonia che c'è fra Chrissy ed Eddie è semplicemente surreale.
È surreale il modo in cui le loro voci diventano la più splendida musica mentre chiaccherano, il modo in cui i loro corpi si incastrano perfettamente la notte, con le labbra di lui premute sulla nuca di lei e le mani intrecciate; sono surreali la spontaneità e semplicità di Eddie, che la avvolgono delicatamente e la riscaldano come il fuoco di un camino dopo ore di camminata sotto la neve.
Ma quanto è difficile dire la verità a dei genitori classisti e opprimenti? Quanto è difficile guarire dalla malattia di apparire "perfetti", e dal timore di essere giudicati?
Questa è una storia in particolare dedicata a chi vuole trovare il coraggio di crescere, di imparare ad amarsi e di tornare a respirare. Perché, a volte, l'unico ostacolo fra noi e la felicità siamo proprio noi.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Inizio Settembre - Fine delle Vacanze

Chrissy aveva quasi finito di riempire la valigia. Mancavano giusto le cose che doveva utilizzare quegli ultimi due giorni a Hawkins: un pigiama leggero, lo spazzolino e poco altro. Non si sentiva ancora pronta a lasciare la città; quella era stata a mani basse l'estate più piacevole di sempre, in gran parte grazie a Eddie, quel ragazzo dalle mille sorprese che si era insinuato piano piano nella sua vita, ricordandole cosa significasse essere sé stessi. Si era detta che i mesi che la separavano dalle vacanze di Natale sarebbero trascorsi in fretta - oppure che Eddie sarebbe venuto a trovarla col suo van, guidando «con molta prudenza».
Coma faceva sempre due giorni prima di ripartire, Chrissy si stava preparando per andare a dormire a casa del ragazzo. Ormai era una delle loro numerose tradizioni.
"Tesoro, dove vai, che sei vestita così?" La voce di Laura ruppe il silenzio del salottino.
Phillip chiuse il romanzo giallo che stava leggendo, e usò l'indice come segnalibro. Quella poteva essere l'occasione ideale per difendere sua figlia dopo averla lasciata per anni alle grinfie di sua moglie.
Chrissy si voltò e sbatté le palpebre. "Vado da Eddie fra qualche ora. A dormire. Torno domattina." Cercò di far uscire quelle frasi in modo più naturale possibile, ma poi si schiarì la gola.
La donna corrugò la fronte, e squadrò la figlia dalla testa ai piedi. "Non capisco perché dovresti andare a dormire a casa sua. Potresti dare fastidio."
"Beh, mi ha invitato lui. Non posso dare fastidio se mi invita qualcun altro, no?"
Laura sospirò, seccata. "Il fatto è che... n-non mi sembra neanche molto... decoroso."
Chrissy sbuffò una risata. "Decoroso. Siamo nel 1987, mamma."
"Non rispondermi con questo tono."
La ragazza sollevò le mani roteando gli occhi, e riprese a occuparsi della valigia, seduta sul tappeto.
"Beh, cara, ha ragione... non siamo più negli anni cinquanta. I nostri tempi erano ben diversi." mormorò Phillip.
Laura lo fissò con aria infastidita ma non rispose, e l'uomo si strinse nelle spalle, pronunciando un piccolo «Eh...» e tornò a leggere col suo solito fare mansueto. Il salotto era sempre stata la sua stanza preferita - il suo habitat naturale, come lo chiamava Benjamin - e Chrissy era tornata a frequentarla da quando lei e suo padre avevano ripreso a comunicare. Naturalmente, a Laura non era sfuggito quel cambiamento, e si chiedeva cosa stessero tramando.
"Comunque... non abbiamo fatto in tempo, mi sa, sai... lui e la sua famiglia devono ancora tornare dal soggiorno in Francia... ma alle prossime vacanze ti presento il figlio dei Bennett." esordì la donna.
Chrissy inspirò lungamente, e poi buttò tutta l'aria in un colpo. "Perché?" chiese, quasi in una sola emissione di fiato.
"Beh, è un bel ragazzo, è beneducato, di buona famiglia, e ha due lauree, pensa. Potreste-"
"Mamma. Mi sembrava fosse molto chiaro."
"Che cosa?"
La ragazza esitò. Fissò il padre, poi strinse i pugni. "Che io... non sono single. Eddie è il mio ragazzo. Ed è una storia serissima."
Laura sbiancò, e per un istante parve molto più vecchia di quel che realmente era. "Il... che!?"
"Dai, mamma. Non... non dirmi che non te l'aspettavi nemmeno un po'. Sono sempre con lui. Hai visto in giro per casa tutti i regali che mi fa. E quelli che gli faccio io..."
"Tesoro, ce l'ha anche presentato a cena. Non l'ha detto apertamente per pudore magari, ma... era evidente, non trovi?" Il signor Cunningham strinse le labbra.
"Christine Elizabeth... tu devi essere proprio uscita di testa. Ma mi dai ascolto quando ti parlo?!" urlò Laura con un atteggiamento tanto minaccioso da far intimorire la ragazza, che indietreggiò sul pavimento.
"Cara... non farne una tragedia... è sol-"
"Oh, sì che è una tragedia, tua figlia è fidanzata col figlio di un omicida, Phillip! Col figlio. Di un. Omicida." Quella parola risuonò come un tuono. La donna si voltò verso Chrissy. "Tu non esci di casa oggi. L'unico motivo per cui uscirai sarà tornare al college, domani pomeriggio."
Gli occhi di Chrissy si fecero rossi di furia, e il suo corpo venne pervaso da un tremito mentre si alzava in piedi. "Io esco eccome. Sono maggiorenne da un pezzo. E non ti sembra di aver già fatto abbastanza? Di avermi già rubato l'adolescenza con la tua maledetta ossessione per il cibo e le calorie e il peso e i grammi del cazzo, e l'apparenza, e tutto il resto?! Mi chiedi se ti ascolto quando mi parli, ma... s-sei tu che non mi hai mai ascoltata! Non senti nemmeno i miei conati di vomito quando sto di nuovo male... non senti i miei pianti... Non mi ascolti quando ti dico in faccia che mi fai stare malissimo. E non hai ascoltato nemmeno la mia terapista. Ascolti solo la tua testa che decide cosa è okay e cosa no... E ora vuoi anche che io mi separi da una persona meravigliosa come Eddie, una persona che mi ha insegnato a farmi valere e a volermi bene davvero. Dici sempre di volere «il meglio per me», ma mi sa che proprio non capisci qual è «il meglio per m-"
Non riuscì nemmeno a finire la frase, che una sberla improvvisa e violenta di Laura la fece quasi cadere a terra.
"Hey, hey, hey! Ma sei impazzita!?" gridò Phillip, e si alzò di scatto, mettendosi fra la figlia e la moglie. "Chrissy, tutto okay?"
La giovane annuì e si tenne la guancia col palmo. Ebbe l'impulso di mettersi a singhiozzare convulsamente, non per quello che aveva fatto sua madre, ma perché il padre la stava difendendo davvero per la prima volta in vita sua.
La signora Cunningham fissò entrambi, il viso paonazzo. "Non so cosa abbia inculcato pure a te, so solo che da quando frequenta quell'essere è diventata una sgualdrina." sibilò. Girò i tacchi e scese giù per le scale di corsa. Chrissy aveva l'impressione di non sentirsi più la guancia. Calò un silenzio tombale nel salotto, finché il grosso pendolo non segnò le quattro del pomeriggio e iniziò a suonare.
"Ho... bisogno di stare... da sola." sussurrò la ragazza al padre, il quale si era rimesso sul divano con le mani che coprivano il volto.
Chrissy afferrò la sua roba ed entrò nella sua stanza, sbattendo nervosamente la porta. Rimase seduta sul letto per un po', cercando di calmarsi. Aveva ancora il battito accelerato, gli occhi pieni di lacrime e metà viso che formicolava. Trascorse un'ora in quel modo, immobile, ad attizzare l'orecchio per captare tutti i rumori della casa come se avesse voluto memorizzarli per l'ultima volta prima di una fuga matta. Ascoltò di nuovo il pendolo alle cinque, poi la madre brontolare qualcosa dal piano di sotto, poi l'acqua della doccia, poi suo padre che usciva per fare la spesa.
Quasi subito dopo, sentì la chiave girare nella toppa. Ci mise un paio di secondi a capire cosa stesse accadendo, e spalancò gli occhi. "No. Non l'hai fatto sul serio." ringhiò. Non arrivò nessuna risposta dall'altra parte della porta. Chrissy schizzò giù dal letto, improvvisamente risvegliata da quella sorta di stato vegetativo. Abbassò invano la maniglia, poi diede un colpo alla porta. "Apri la porta!" urlò talmente forte da raschiarsi appena la gola.
"Mi ringrazierai, un giorno."
"Ma vaffanculo."
Presa da uno scatto di rabbia, e resasi conto di non avere nemmeno un telefono in stanza per chiamare la polizia, Chrissy fu a un passo dal martellare di colpi la porta, ma si fermò in tempo e sentì le scherzose parole di Esther risuonarle in testa: «Puoi calarti giù con le lenzuola annodate!» Quanto si sentiva folle in quel momento? Sì, probabilmente era folle, ma era l'unico modo per ribellarsi. Inoltre, Eddie sarebbe passato a prenderla fra non molto, e non voleva che sua madre gli raccontasse chissà che bugie sul suo conto: sapeva che ne sarebbe stata capace.
Aprì le ante del balcone, poi guardò il retro del giardino. L'idea di scendere con delle lenzuola annodate non era esattamente allettante, nonostante la sua cameretta fosse solo al primo piano, ma lei per fortuna non aveva mai sofferto di vertigini: aveva praticato diversi sport che non le permettevano decisamente di soffrirne. Ma sì, si poteva fare.
Raccolse tutte le lenzuola che possedeva e fece dei nodi robusti, con la stessa adrenalina di quando aveva spruzzato la coca cola in faccia a Jason. Prese lo zainetto che conteneva lo stretto necessario per quella notte, i suoi soldi e un paio di oggetti preziosi, e legò la catena di lenzuola sulla ringhiera. Controllò sotto, tanto per assicurarsi che non ci fosse sua madre affacciata alle finestre, e poi gettò il resto della catena sotto.
«Perfetto.» pensò, constatando che quasi toccava terra. Si arrampicò sulla ringhiera, e si calò giù, nodo dopo nodo.
"Chrissy?"
La ragazza spalancò gli occhi.
"Chrissy?"
Si tenne saldamente sul lenzuolo con i palmi umidi di sudore, e continuò a scendere.
"Chrissy!?!"
Toccò terra, ritrovandosi sul retro del giardino. Si attaccò al muro più possibile, per non farsi vedere. Esattamente in quel momento, si sentì un urlo stridulo di Laura. Doveva aver aperto la porta della sua stanza.
"Cazzo..." disse la ragazza fra i denti. Chrissy cercò freneticamente la chiave, che per poco non le scivolò di mano, e aprì il cancello. Lo richiuse di botto, slanciandosi in una corsa matta e pensando fra sé e sé che una tale disperazione avrebbe potuto renderla anche più veloce dell'auto di sua madre. Dopo circa cinque o sei isolati, si infilò in una libreria, con le labbra che tremavano.
Il libraio, un uomo barbuto dall'aspetto amichevole, notò subito il suo viso stralunato e il fiatone. "Va tutto bene?"
La giovane si avvicinò al bancone. "I-io... ho bisogno di fare una telefonata. Per favore."
L'uomo la fissò. "Ma certo. Ecco a te." Le mostrò il telefono, pieno di premura.
"Grazie mille." Chrissy compose il numero di Eddie, sbagliando la prima volta. Dopo tre squilli, sentì la voce del ragazzo e tirò un sospiro di sollievo. Grazie al cielo era ancora a casa.
"Pronto?"
"Eddie! Eddie... sono io..."
"Chris...? Cosa è successo?"
"...vienimi a prendere alla libreria in fondo alla mia via, quella al numero 125, non davanti a casa mia, okay? Dopo ti spiego bene."
"125 hai detto, giusto?"
"Sì..."
"Okay. Arrivo in un lampo."

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La serenità dello stanzino di Eddie la avvolse con dolcezza, contrapposta al senso di smarrimento di casa sua. Chrissy si era messa subito in pigiama anche se erano solo le diciotto e mezza e poi era rimasta sdraiata sul letto del ragazzo mentre lui si toglieva di dosso anelli, cinture, bracciali e tutto ciò che avrebbe potuto «far rincoglionire un metal detector», come aveva detto per farla sorridere. Chrissy fece scorrere a lungo lo sguardo sui poster delle band, sulla chitarra, sulla radio, sulle foto di Eddie da piccolo, mentre continuava a ripercorrere con la mente i dialoghi e le azioni di qualche ora prima.
"Arrivo." disse lui ad un certo punto, e si diresse di nuovo verso la cucina. Ricomparve dopo qualche minuto con una borsa del ghiaccio, trionfante come ogni volta che ritrovava una cosa che era stata sotterrata dal disordine. Si sedette sul bordo del letto, e tamponò con delicatezza la borsa sulla guancia scura di Chrissy, la quale posò la fronte sulla sua coscia, a occhi chiusi. Il ragazzo iniziò a canticchiare una canzone a bassa voce; ogni tanto toglieva la borsa del ghiaccio, poi ricominciava, con cura.
Lei gli accarezzò piano un ginocchio, e poi gli abbracciò le gambe. "Ti amo, Ed." mormorò a bassa voce, lentamente. "Voglio... che tu lo sappia."
Eddie sollevò le sopracciglia, e una specie di calore piacevole si propagò nel suo corpo. Per diversi secondi divenne quasi incapace di processare ciò che aveva udito. Quelle parole erano così nuove, nonostante lo sapesse già, che lei lo amava, nonostante trasparisse da ogni gesto, da ogni parola, da ogni momento trascorso in sua compagnia. Tolse il ghiaccio dalla guancia di lei, e lo sostituì con la propria mano, accarezzandola come se avesse potuto far sparire lo schiaffo. "Ti amo anche io, principessa. Tantissimo." sussurrò.
Chrissy gli strinse più forte le gambe, e rimasero in quella posizione per un bel po' di minuti.
"Mi dispiace per tutto, Chris. Forse avremmo dovuto continuare a tenerlo un segreto." mormorò Eddie.
"No. Ero stufa di nascondermi. O meglio, di nasconderti."
"Ma è arrivata addirittura a picchiarti... Io non pensavo che-"
"Non è la prima volta." Chrissy schiuse le palpebre, e sbirciò Eddie.
"...cosa? Ma che schifo." Lui si fece tutto serio. "Succedeva anni fa. Ormai era un po' che non lo faceva."
"Che schifo lo stesso." Eddie fece una smorfia e ripensò a suo padre. "Comunque... per me puoi anche restare qui quando ti servirà. Senza problemi. Non mi piace che lei ti picchi, che cerchi di rinchiuderti eccetera. Ancora non ci credo."
"Ma... uhm..." Chrissy lo guardò, stupita. Voleva dire «avete già difficoltà così», ma si rese conto in tempo che non era molto opportuno.
"Oh, di quello non devi preoccuparti." disse Eddie con un ghigno, quasi leggendola nel pensiero. "Ripeto, da quando io lavoro e ho messo da parte, e soprattutto... da quando lo zio ha scioperato coi colleghi per uh, sai, per l'aumento... ce la passiamo benone. Possiamo scaldarci meglio d'inverno, e comprare roba strafiga tipo il vero shampoo per capelli. E riparare le cose rotte. E avere molto più cibo, anzi spesso avanza! Anche se io mangio per tre." spiegò con assoluta semplicità. "E poi lo zio sarebbe d'accordissimo. Sai che ormai ti vuole bene."
Chrissy sorrise, e si alzò a sedere. "Lo so, sì."
Eddie le scostò i capelli dal viso e la guardò, prima di posare le labbra sulle sue. Le riempì la bocca di piccoli baci morbidi, in ogni angolo. "Ma... i... i tuoi sanno dove sto?"
"Solo mio padre, mi sa."
"Meglio. Lui è più gestibile."
Chrissy giocherellò con le spille del suo zaino. Ce n'era anche una degli Iron Maiden, che spiccava fra quelle di Madonna e di Cyndi Lauper. "Sai... volevo dirti una cosa che... non ti ho mai detto ad alta voce. A... a parte quella di prima."
Lui sorrise ripensandoci. "Dimmi."
"Uh..." Chrissy si umettò le labbra. "...la verità è che nonostante questo schiaffo e nonostante io abbia rischiato di... rimanere chiusa a casa mia fino a domani... sono fiera di me. Una volta non aprivo nemmeno bocca quando qualcuno mi faceva qualcosa, e ora scappo con le lenzuola annodate. Sono fiera di dove sono arrivata."
"Lo sono anch'io. Fiero, intendo. Ma non credevo che-"
"Aspetta."
"Scusa." Eddie emise un risolino, e lei scosse il capo.
"Tranquillo. Quello che voglio dire è... che fino a poco più di un anno fa ero in camera mia con Esther, a frignare come un'idiota e a confidarle quanto cazzo avrei voluto piantare in asso Jason e invitare te al prom. Sì, solo te. Non te l'ho mai rivelato, ma io ci ho pensato per settimane e settimane, dopo quell'incontro per la droga, senza raccogliere mai il coraggio per farlo. L'ho immaginato centinaia di volte. Mi avvicinavo al tavolo tuo e dei tuoi amici, o a te che fumavi nel cortile di nascosto, o... quando ti vedevo accanto al tuo armadietto. Ma alla fine riuscivo solo a salutarti con uno stupido cenno..."
Eddie sbatté le palpebre, e schiuse le labbra.
"E mi sento... ancora così codarda per non averlo fatto. Per aver privato me stessa e te della bellissima serata che avremmo trascorso insieme, ridendo e ballando di fronte a centinaia di studenti. Scandalizzandoli tutti perché... si sa, i nostri «mondi» non possono sfiorarsi nelle loro menti. E chissà come ti saresti vestito... avresti fatto un figurone di sicuro. Anche se forse un papillon color cipria sarebbe stato buffo fra catene e borchie."
Eddie rise abbassando il capo.
"Sarebbe stato tanto meraviglioso. E ha così ragione Dustin, quando dice, beh..." Gesticolò.
"...quando dice che invece che stare con qualcuno che ti fa apparire popolare è meglio stare con qualcuno che ti fa veramente sentire bene?"
Chrissy annuì.
"Beh... ti confesso che perfino allora, io l'ho sperato per tutto il tempo."
"Sul serio...?"
"Certo. Forse agli inizi un po' inconsciamente, perché eri comunque impegnata." Prese la sua mano sottile e accarezzò le dita, piano piano. "Ma speravo che mi invitassi solo perché volevo passare del tempo con te: qualunque scusa sarebbe stata buona. I balli scolastici in sé non mi hanno mai entusiasmato troppo: gli anni prima ci ero andato solo perché volevo capire cosa ci trovassero gli altri. Ma con te ci sarei andato molto più volentieri." La sua espressione seria si tramutò in un ghigno seducente nel giro di un nanosecondo. "Comunque... possiamo ballare qui, se lo desiderate, miss Cunningham. Mi concedete questo ballo?" Si alzò in piedi con fare comico, e fece un mini inchino tendendole la mano.
Chrissy la prese, scendendo dal letto. "Certo che lo voglio, mio caro Cenerentolo."
"Cenerentolo... vedo che ti ricordi ancora delle stronzate che ti ho detto un anno fa per fare colpo su di te, allora mi ami davvero tanto."
Si misero a ballare un buffo lento, abbracciati stretti. La ragazza notò, guardando dietro le spalle di Eddie, che il suo armadio era svuotato per metà e uno dei cassetti anche. Assottigliò lo sguardo, perplessa, ma non fece troppo caso alla cosa.
"Ah già, ho dimenticato di mettere la mia musica."
"La tua musica per ballare un lento, giustamente."
"Magari al prom anziché ballare un lento avremmo fatto la scena de «Il Tempo delle Mele» ma al contrario, eh bada bene! Tutti a ballare il lento e noi a scatenarci in mezzo alla pista con tutt'altro nelle cuffie..."
Chrissy immaginò la scena un po' troppo vividamente, fissò Eddie e scoppiarono a ridere.
"...col preside Higgins scioccato. Se lo sarebbe sognato la notte. Sono già stato il suo incubo per sei lunghissimi anni."
"Ma dai, non facevi nulla di male, eri solo un burlone!"
"Un burlone che saliva sui tavoli delle mense e dava spettacolo e spacciava alle cheerleader..." Eddie le circondò i fianchi con le mani.
Chrissy sospirò. "Queste vacanze sono volate. Quanto mi mancherai..."
"Hm. Tu no."
"Stronzo."
"No, dico sul serio. Non mi mancherai affatto." Eddie la guardò.
A Chrissy non sfuggì il luccichio in quegli occhi neri come due perle, e sollevò un sopracciglio, sospettosa. "Cosa stai cercando di dirmi?"
"Uh... aspetta." Eddie si chinò e frugò nel cassetto, fino a estrarre un foglio piegato. Lo allungò alla sua ragazza. "Prego."
Lei lo prese, rivolgendogli un'occhiata scettica, convinta che fosse uno dei suoi soliti scherzi. Lo aprì, lesse le prime righe e si portò una mano alla bocca. "No... oddio... stai scherzando!?" Lo fissò. "Non è uno scherzo, vero? Ti prego dimmi che non è uno scherzo..."
"Non lo è. Studierò musica, nella tua stessa zona. Mi hanno preso. Beh, sia me che Jeff. Mancavamo solo io e lui, ormai..."
Chrissy si aggrappò a lui con un urlo di gioia, e lo strinse forte. "Oddio, sono così... orgogliosa di te. Sapevo che avresti potuto farlo... ma...quindi partiremo insieme...?"
"Esatto. Ho già messo alcune cose in valigia, come puoi vedere." Eddie indicò il proprio armadio. "Forse avrò un po' di difficoltà perché sai... ho qualche problema di concentrazione. Però... mi hai talmente montato la testa che ho deciso che voglio provarci."
"Non ti ho montato la testa. Ti ho solo detto che devi credere nelle tue capacità. Perché ne hai, e tante. Suoni in modo spettacolare."
"Vedi che mi monti la testa?"
Si sentì il chiarissimo rumore di un motore fuori. Un motore spaventosamente familiare a Chrissy. Il panico si impossessò di lei.
"Cosa...?"
"È...."
"Che succede?"
"È l'auto di mio padre. Se c'è anche lei..."
Eddie spalancò gli occhi. "Non le permetterò di toccarti. Stai tranquilla."
Poco dopo, si sentì bussare alla porta. Eddie inspirò, cercando di non far trasparire la propria preoccupazione, e posò le mani sulle spalle di Chrissy. "Resta qui. Ci penso io."
"No. Vengo con te."
Bussarono di nuovo. Eddie prese Chrissy per mano, e si avviarono verso l'uscio. Il ragazzo aprì, e si ritrovò davanti il signor Cunningham, che aveva l'aria tutta trafelata e preoccupata. Sua figlia rilassò i muscoli del volto.
"Papà...? S-sei solo, vero?"
"Sì. Ciao, cara... grazie a Dio stai bene. Ciao, Eddie."
Il ragazzo si schiarì la gola. "Buonasera."
"Non voglio tornare." mormorò Chrissy.
"No, non è per questo che ti ho cercata. Volevo solo portarti la valigia... e dirti che... la mamma ha capito. Credo di essere... non so, in qualche modo... credo di essere riuscito a farla ragionare almeno un minimo. Quando ho visto il lenzuolo e tutto... mi è salita una rabbia e-. E mi sono detto che ho ignorato quello che ti faceva per troppo tempo. Le ho detto tutto ciò che pensavo. Sì, anche di Eddie." Guardò il giovane, il quale reclinò la testa da un lato con genuina curiosità.
"Cosa pensa di me?"
Phillip sorrise impercettibilmente. "Che sei tanto buono con la mia bambina, e la fai star bene. Questo è ciò che conta."
Chrissy aumentò la stretta alla mano di Eddie. "E un giorno sarò anche un uomo in carriera, mi hanno preso al college, lo sa?" disse Eddie scherzosamente.
"Perbacco, questa sì che è una notizia." Phillip abbassò lo sguardo verso la guancia della figlia. "Oh Gesù, non pensavo avesse colpito così forte..."
"Passerà in fretta... Ed mi ha messo del ghiaccio, prima."
Phillip sorrise a Eddie, poi guardò di nuovo la figlia. "D'accordo. Torni domani, o ti saluto qui?"
"...io per adesso preferirei, uhm..." Chrissy gesticolò.
"Sì, capisco. Sei ancora sconvolta."
Lei annuì. Si avvicinò timidamente e abbracciò il padre. L'uomo le diede delle pacchette delicate sulla schiena. "Ci vediamo." disse, per poi tornare in auto.
I due lo fissarono finché non scomparve, e poi emisero un sospiro di sollievo in contemporanea.
"Hai... sentito quello che ho sentito io?"
Eddie annuì con un piccolo ghigno. "Pare di sì. Laura darà una possibilità al satanista cattivo e spaventoso."
A Chrissy sfuggì un risolino. "Voglio che... comunque tu tenga a mente che non mi importa della sua opinione, okay? Cioè, anche se a lei tu non dovessi piacere-"
"Lo so, amore. Tranquilla. A me interessa che adesso lei ti lasci vivere."
Il resto della serata fu molto piacevole, invaso da una nuova serenità, da una nuova pace dei sensi che accarezzò i loro pensieri. I due giovani si misero a frugare nei cassetti e negli scomparti del frigo alla ricerca di cose per cucinare. Dopo aver combinato un po' di pasticci fra una risata e l'altra, riuscirono ad assemblare una bella cenetta e mangiarono raccontandosi tutto ciò che veniva loro in mente. E per quella sera Chrissy non ebbe nemmeno paura del cibo, perché era troppo felice per pensare alle calorie.
Finalmente, le cose iniziavano ad andare nel verso giusto. Ci era voluto qualche dubbio, qualche discussione, qualche botta di coraggio, quello sì, ma alla fine ne era valsa la pena. Ne era davvero valsa la pena.

THE END

Note dell'autrice: ebbene sì, eccoci alla fine di questa storia, spero vi sia piaciuta <3 Voglio ringraziare Grace Van Dien e Joseph Quinn per avermi fatto tornare l'ispirazione dopo anni di blocco della scrittrice, e voglio ringraziare voi lettori per essere arrivati fin qui. <3
Vi confesso che ho in cantiere un'altra fanfic Hellcheer, probabilmente ambientata nel passato, tipo 1800 (forse è l'ora che io mi veda Bridgerton), e una fanfic Harringrove. Non so quale delle due sfornerò per prima, vedremo, voi rimanete sintonizzati uu * sparisce nella solita nube di fumo glitterato *
   
 
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