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Autore: Kanako91    14/12/2022    1 recensioni
Chi erano l’Esterling Nero e il Re Stregone di Angmar prima di diventare famosi come Nazgûl?
Come sono entrati in possesso dei rispettivi anelli?
Nove erano gli anelli dati agli Uomini e questa è la storia di due di loro, tra Númenor e l’Est della Terra di Mezzo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Khamûl, Sauron, Stregone di Angmar
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Parte II. Il capitano - Capitolo 2. Desideri inconfessabili




Nomi utili:

Ciryandil: secondogenito di Tar-Ciryatan
Ciryatan: dodicesimo Re di Númenor, marito di Nenilde, padre di Atanamir (canon) e Ciryandil
Nenilde: moglie di Ciryatan, madre di Atanamir e Ciryandil. Scrive componimenti poetici erotici sotto lo pseudonimo "Ciryanilde"
Tar-Minastir: undicesimo Re di Númenor, padre di Ciryatan, figlio di Isilmo fratello di Telperien (canon)
Hallariën: moglie di Minastir, madre di Ciryatan
Tar-Telperien: decima Regina di Númenor, zia di Minastir (canon)
Atanamir: tredicesimo Re di Númenor (canon), fratello maggiore di Ciryandil, figlio di Ciryatan e Nenilde
Aldarian: nobildonna númenóreana, amante di Ciryandil




2. Desideri inconfessabili




Le navi númenóreane si addentrarono nel piccolo porto fluviale nel cuore della notte, scivolando sull’acqua con le vele gonfiate dal vento di mare.

Con la popolazione di quel villaggio si erano salutati proprio un paio di giorni prima, dopo aver ricevuto doni, scambiato oggetti e aver fatto ricognizione nel territorio circostante fino a una decina di miglia nell’entroterra.

Era il suo primo viaggio in solitaria e Ciryandil era determinato a dare il meglio, a qualsiasi costo. Aveva un piano, i suoi uomini lo supportavano appieno, e finalmente avrebbe messo in atto quelle idee che aveva sviluppato durante le visite nella Terra di Mezzo con suo padre.

Ciryandil diede ordine di ammainare le vele col sistema di specchi che usavano per comunicare di notte. Le navi avevano preso abbastanza velocità, dovevano lasciarle rallentare dalla corrente del fiume.

Buona parte della navigazione era lasciarsi guidare dagli elementi, sfruttarne la forza, e aspettare che tutto andasse al proprio posto, dopo aver fatto calcoli su calcoli per accertarsi che così fosse.

Un’attività troppo contemplativa per Ciryandil, che marciava avanti e indietro tra i ponti, per assicurarsi che tutto fosse pronto, e distribuendo gli ultimi compiti dopo che un’intuizione gli aveva fatto vedere una strada migliore della precedente.

Tutto sommato, era un esercizio di pazienza prima di mettere in moto la macchina del suo corpo. Sapeva bene quanti danni poteva fare e come la sua mente facesse un passo indietro quando era il potere delle braccia e delle gambe a prendere il sopravvento. Perciò preparare prima quel che avrebbe dovuto –in teoria– fare mentre combatteva, era il giusto equilibrio per lui.

Scoprirlo durante i viaggi con suo padre gli aveva portato un senso di liberazione che non aveva mai trovato a Númenórë. Là, dove il potere del pensiero era meglio visto della mera forza bruta, dove i sovrani ricordati meglio erano quelli che avevano esercitato il loro potere con la mente, che avevano lasciato un’impronta nella cultura dell’isola, uno come lui non poteva aspirare a granché.

Ciryandil non sarebbe stato mai re, così come non sarebbe mai stato più della forza che animava il suo corpo.

Ma avrebbe lasciato il segno anche così.


* * *


Ciryandil rientrò a Rómenna con le navi cariche di preziosi e qualche prigioniero dalla Terra di Mezzo. Era ogni volta un’esperienza memorabile, che gli diceva: “È per questo che esisti, che hai quelle capacità, che viaggi per anni”.

Quel giorno fu Atanamir da solo ad accoglierlo a braccia aperte appena Ciryandil saltò giù dalla passerella della nave. Non era una sorpresa. Da quando suo padre aveva preso lo Scettro appartenuto a Minastir, era così impegnato che ormai non partiva più per mare come un tempo.

Ma c’era Ciryandil per quello e Tar-Ciryatan si assicurava di esserci sempre alla partenza, non importava quali altri impegni avesse.

«Il mio fratello preferito» disse Atanamir, stringendolo in un abbraccio stretto.

Ciryandil trattenne una risata. «Sono il tuo unico fratello».

«Potrei sempre dire che io sono il mio fratello preferito» disse Atanamir, con una pacca dietro la schiena. «Prendi il complimento e taci».

Scuotendo la testa, Ciryandil sciolse l’abbraccio.

«I nostri genitori?»

Atanamir scrollò le spalle. «Atto è intrappolato in una riunione del Consiglio».

«E ammî è lì che si torce le mani per la preoccupazione?»

Atanamir emise un verso nasale. «Più per l’attesa che lo liberino. Nella sua testa, nessun consigliere potrebbe mai dargli rogne».

Si diressero ai cavalli che li aspettavano alla fine del molo, prima della cintura di Guardie del Re che tenevano lontana la folla. Ciryandil salutò con un cenno chiunque lo chiamasse e portò una mano al petto per ogni benedizione, ma prima di montare a cavallo fece segno ai suoi uomini di procedere con quanto concordato prima di partire.

Così, quando Ciryandil fu in groppa al suo cavallo e si addentrò tra due ali di folla nella piazza del porto di Rómenna, lo seguirono lanci di monete e piccoli preziosi della parte di bottino che aveva riservato proprio per quello scopo.

Atanamir osservò la scena con le palpebre a mezz’asta e un lieve sorriso sulle labbra.

«Fratello, di questo passo sarai acclamato Erede del Re a furor di popolo».


* * *


«Figlio mio, ti vedo bene» disse Tar-Ciryatan appena entrato nel salottino privato degli appartamenti reali.

Gli andò incontro e Ciryandil lo raggiunse a metà strada. Piegò un ginocchio per baciargli una mano, ma il padre lo afferrò prima che fosse del tutto a terra e lo strinse in un abbraccio.

La porta si richiuse e si unì a loro anche Nenilde.

«Mio balenottero» disse lei e si avvicinò con un sorriso enorme.

Ciryatan lasciò il padre per afferrare la madre per la vita e permetterle di abbracciarlo alla sua stessa altezza. Poteva trovargli soprannomi imbarazzanti, ma era sempre la donna che era più felice di vedere in assoluto.

Lei gli baciò entrambe le guance e gli pettinò i capelli indietro.

«Hai messo un po’ di colore, sono contenta» gli disse.

Un po’ di colore era un eufemismo. I giorni in mare, sotto il sole cocente nelle ore più calde, avevano dorato la sua pelle in un modo che contrastava in maniera lampante con quella dei suoi genitori e figurarsi suo fratello. Atanamir era quello che stava all’aria aperta il meno possibile e il colore lattescente della sua pelle lo rivendicava a gran voce.

«Tu resti sempre uguale, devi spiegarmi come fai».

La risatina di sua madre fece scuotere la testa a Tar-Ciryatan, e anche Ciryandil si ritrovò a ridere mentre la posava a terra.

«Siediti e raccontaci un po’ com’era andato il viaggio» disse sua madre. «Se tu non avessi in antipatia le lettere, sapremmo meglio cosa combini».

«Ho imparato dal migliore, in questo» disse Ciryandil, mettendosi a sedere su una poltrona, mentre i suoi genitori prendevano posto fianco a fianco su un sofà.

«Dei messaggi a mio padre li inviavo, di tanto in tanto» disse Ciryatan. «Tu non fai neanche quello».

Ciryandil scrollò le spalle. «Se dovesse succedermi qualcosa, ci sarà sempre chi riuscirà a tornare indietro ad avvisare qualcuno».

«Non dire queste cose come se nulla fosse, balenottero».

Ciryandil sorrise a sua madre. «Non ti preoccupare. Ho la situazione nella Terra di Mezzo sotto controllo».

«Dalle casse di metalli e preziosi che stanno ancora arrivando qui, non stento a crederlo» disse Tar-Ciryatan. «Ma ci sono altre cose che voglio sapere. In particolare, i Regni del Sole sopravvivono?»

Ciryandil storse la bocca. «C’è stato da poco un cambio ai vertici: il figlio di Kusem ha preso il trono e i suoi stessi cugini sono poco felici del nuovo Gran Re. Uno di loro ha cercato di mettersi in contatto con noi».

«E cosa voleva?»

«Usarci contro il cugino. Gli ho dato una lezione sui legami familiari».

Impossibile dimenticare lo sguardo di Hatun, quando Ciryandil gli aveva spezzato il polso della mano offerta per siglare l’accordo, e la comprensione sorgere sul viso bruno al levarsi delle urla dei suoi uomini fuori dalla tenda.

«Forse voi selvaggi non lo sapete, ma a Númenórë noi diamo gran valore ai legami di sangue. Un tradimento come il tuo va lavato con la vita» gli aveva detto, prima di premerselo contro il petto e serrargli il braccio intorno al collo.

Lo aveva sentito agitarsi nel tentativo vano di prendere aria, finché non aveva esalato l’ultimo respiro e perso tutte le forze, come una marionetta a cui avevano tagliato i fili.

«Sei sicuro che non potesse esserci utile?» disse suo padre. «Dopotutto i Regni del Sole sono il nostro principale nemico e mettono non pochi ostacoli allo sviluppo delle colonie nel Sud della Terra di Mezzo».

«Perché distruggere un re per metterne un altro? Meglio eliminare proprio quel ruolo».

Tar-Ciryatan si massaggiò il mento liscio. «Se però mettessi lì un re che si trova sul trono grazie al tuo aiuto, puoi aspettarti rapporti più favorevoli per noi. Potresti offrire il tuo supporto in cambio di terre in cui stabilire le nostre colonie».

Ciryandil abbassò lo sguardo sulle proprie mani, abbandonate tra le cosce. Capiva il senso di quello che diceva suo padre ma... non voleva trattare con quella gente.

«Come posso essere certo che manterranno la parola data?» disse lui. «Così come hanno tradito un familiare, tradirebbero anche me».

«Allora gli mostreresti tutta la potenza della furia di Númenórë. Perché sia una lezione da ricordare per generazioni».


* * *


Le feste per il rientro dei principi dal mare non avvenivano mai il giorno dopo l’arrivo, ma lasciavano il tempo a tutta la nobiltà e ai notabili di Númenórë di arrivare ad Armenelos e procurarsi gli abiti per presenziarvi.

Così, appena Ciryandil seppe del rientro della sua amante nella capitale, andò a trovare Aldarian, impaziente di rivederla dopo gli anni di lontananza.

L’aveva conosciuta a corte durante i festeggiamenti per la presa dello Scettro da parte di suo padre, ma non avevano iniziato subito a vedersi in privato. Anche perché, all’inizio, Ciryandil era stato convinto che lei fosse interessata a suo fratello e che lo avesse avvicinato con quel fine.

Però, nonostante continuasse a guardare Atanamir con uno sguardo particolare e non fosse molto interessata ai suoi racconti di viaggio, Aldarian gli aveva dimostrato più e più volte di volere lui, Ciryandil il marinaio, in maniera che metteva d’accordo entrambi.

La governante della famiglia di Aldarian gli aprì e sussultò nel vederlo sulla soglia.

«Principe!» disse la donna, muovendo un passo indietro per lasciargli lo spazio per entrare. «La signorina sarà subito da te».

«La posso raggiungere io e risparmiarti la corsa» le disse, con un sorriso che voleva imitare quelli affascinanti che Atanamir distribuiva in giro.

Non era certo che avesse funzionato. La governante arrossì, probabilmente perché capiva cosa sarebbe avvenuto tra la sua signora e Ciryandil, quando lui l’avesse raggiunta.

E capiva bene. Visto l’orario, Aldarian doveva essere ancora a letto.

«Le chiedo se è pronta a riceverti» disse la governante, abbassando lo sguardo. Non che fosse difficile non guardarlo in volto, visto quanto torreggiava su di lei.

«D’accordo, attenderò».

Ciryandil passeggiò nell’atrio, mentre la governante sgambettava su per la scalinata in tutta fretta. Se nessun altro era uscito a controllare chi fosse arrivato e, soprattutto, se il maggiordomo non era ancora spuntato guardarlo con rimprovero, allora i genitori di Aldarian non dovevano essere arrivati ad Armenelos con lei.

Il personale sembrava ridotto e c’era un silenzio che pareva confermare la sua impressione.

Che avesse anticipato i suoi genitori… per lui?

«Altezza, puoi salire» giunse la voce della governante dalla balaustra del piano di sopra.

Ciryandil prese i gradini due alla volta e incontrò la governante in cima alla scalinata.

«Seguimi» disse lei.

«Risparmiati la fatica: conosco la strada». La superò, diretto alle stanze di Aldarian.

Richiusa la porta alle spalle, si addentrò nel salottino privato, fino alla soglia della camera che si apriva proprio sul letto sfatto.

Con i capelli dorati in disordine dalla notte e le lenzuola attorcigliate ad arte intorno al corpo, Aldarian sollevò un angolo della bocca, semidistesa con un gomito puntellato tra i cuscini.

«Cosa mi ha portato la marea questa volta?» disse lei, la voce ancora arrochita dal sonno.

Abbandonati mantello e sacca per terra, Ciryandil si tolse i sandali e si arrampicò sul letto, per raggiungerla a gattoni.

«Un polpo gigante e molto affamato».

Lei scoppiò a ridere, gettando la testa indietro, e gli avvolse le braccia intorno mentre lui si chinava a baciarle la gola scoperta.

«Usi le stesse metafore pessime di Ciryanilde» gli disse, accarezzandogli la schiena. «Sicuro di non essere tu sotto falso nome?»

«Sicurissimo».

Númenórë non sapeva ancora che era sua madre l’autrice dei componimenti erotici che giravano tra nobiltà e popolo, e di certo non sarebbe stato lui a rivelarlo.

«Peccato, o ti avrei chiesto di dedicarmi qualcosa» disse lei.

«Ti posso dedicare tutta la giornata, può andare come inizio?»

Aldarian gli tracciò il labbro inferiore con l’indice e gli sorrise.

«Direi di sì. Avevo proprio voglia di… polpo alla marinara».


* * *


Appena la cameriera lasciò le stanze di Aldarian con le indicazioni per il pranzo, Ciryandil scivolò giù dal letto per recuperare la sacca e tornarle al fianco, mentre lei stava distesa tra le lenzuola ancora più sfatte di prima, senza nemmeno uno straccio di camicia da notte addosso.

In compenso, i capelli dorati le scendevano intorno alle spalle e sul petto, incorniciando i seni orgogliosi in una visione molto più incantevole di quella con cui gli aveva dato il benvenuto.

Ciryandil abbandonò la sacca tra loro e allentò i lacci.

«Ho raccolto delle cose per te, mentre ero nella Terra di Mezzo».

Aldarian inarcò un sopracciglio e lo guardò con aria indolente.

«Non altre conchiglie, ti prego» gli disse, portando il dorso della mano alla fronte.

Le conchiglie che le aveva portato la volta precedente erano state parte della sua collezione e per lui erano qualcosa di incantevole. Ma non avevano destato altrettanto interesse in Aldarian e lui se le era riportate a casa, insieme ai racconti di dove le aveva raccolte.

Il dono che le aveva portato questa volta le sarebbe piaciuto di più, poteva scommetterci.

«Non temere, imparo in fretta» le disse e tirò fuori dalla sacca un portagioie con intarsi finissimi di vari tipi di legno.

«Gli intarsi rappresentano il panorama della cittadina in cui l’ho acquistato» le disse. «Molto stilizzato, come puoi intuire, ma ho pensato che potesse incuriosirti».

Aldarian si mise a sedere, tese una mano per farsi passare il portagioie e se lo rigirò in mano.

«Molto stilizzato davvero, non avrei detto che fossero paesaggi, quanto più forme geometriche a caso» disse lei. «Sicuro non ti abbiano raccontato balle?»

«Certo che no», anche perché non lo aveva pagato la cifra assurda che gli aveva proposto il venditore, ma aveva contrattato anche con metodi poco… diplomatici.

«C’è qualcosa dentro?»

Ciryandil le rivolse un ghigno. «Dovrai aprire per scoprirlo».

Con un sospiro, Aldarian si rigirò ancora il portagioie in mano, con un gran sbatacchiare dei suoi contenuti. Ma l’apertura non era visibile, almeno non subito.

Doveva scoprire da sola come aprirlo.

«Ci sarà il segno di un coperchio da qualche parte» bofonchiò lei, sollevando il portagioie all’altezza degli occhi.

«Devi solo trovare come farlo comparire».

Aldarian sollevò le sopracciglia e gli restituì il portagioie. «Veditela tu con questo marchingegno».

Ciryandil aveva pensato che la sfida mentale potesse piacerle, o che ci avrebbe provato un po’ di più prima di arrendersi e lasciargli il compito di aprire il portagioie.

Ma aveva sbagliato.

D’accordo, lo avrebbe tenuto a mente per il futuro.

Si mise all’opera, consapevole dello sguardo di Aldarian su ogni movimento delle sue dita che facevano scorrere i pannelli nascosti tra gli intarsi per sbloccare il coperchio.

Quando lo aprì, le porse il portagioie perché lei potesse guardare il suo contenuto. C’erano collane piuttosto rustiche in oro e altre pietre preziose, ma anche piccole opere d’arte di oreficeria che avevano indossato gli Haradrim che erano andati a contrattare con lui per fermare la sua avanzata.

«Sono magnifici» disse, prendendo proprio quelli. «Non credevo potessero fare cose simili, quei selvaggi».

«Gli Haradrim sono meno selvaggi di quel che sembra, soprattutto quelli che vivono più nell’entroterra» disse Ciryandil. «I villaggi sulla costa non si sono messi al passo con le tribù centrali–».

«Ehi, non importa» gli disse Aldarian, lanciandogli un’occhiata di sbieco.

Ciryandil sollevò le mani alle spalle in segno di resa e tornò disteso tra i cuscini, godendosi la vista di lei, nuda, che tirava fuori una ad una le gioie che le aveva portato. Avrebbe potuto raccontarle la storia di ognuna di loro, ma non avrebbe sortito l’effetto sperato. L’interesse di Aldarian per la Terra di Mezzo non andava oltre la visione di terre da conquistare e da cui potevano arrivare preziosi di cui Númenórë era affamata.

Quando Aldarian finì di tirare fuori i gioielli dal portagioie, tornò a guardarlo.

«Dovrò fare ogni volta tutte quelle manovre per aprire il portagioie?» disse lei.

«Puoi metterci qualcosa di prezioso e che vuoi proteggere da eventuali ladri».

Aldarian abbozzò un sorriso. «Non ricorderò mai come si apre, conviene che te lo tenga tu. Regalalo a tuo fratello, magari. Sarà di sicuro più abile di me ad aprirlo».

Gli restituì il portagioie, vuoto e col coperchio fuori posto, e Ciryandil si mise a sedere.

«Lo terrò io, ma voglio custodirci qualcosa di prezioso» disse e prese una ciocca dei capelli dorati di lei.

Aldarian rise piano nel capire cosa intendesse. «Fai pure. Immagino dirai così a tutte le tue altre amanti».

Ciryandil recuperò l’eket dalla cintura abbandonata per terra e attorcigliò la ciocca in una treccia strettissima.

«Ci sei solo tu, Rianië».

Recise la treccia e la posò sul fondo del portagioie, per poi richiuderlo. Sollevò lo sguardo per incontrare quello di Aldarian.

«Per ora» disse lei. «Per ora».






Nota dell'autrice


Salti temporali ancora più lunghi con questa storia, ma abbiamo a che fare con gente che vive tra i 200 e i 400 anni, è complicato :°D Spero sia possibile orientarsi tramite le indicazioni nel testo…

I metodi di Ciryandil sono direttamente ispirati al racconto “Tal-Elmar”, in cui si racconta proprio che i Númenóreani arrivavano a commerciare e poi col favore della notte attaccavano i villaggi e prendevano schiavi.
I Númenóreani sono un popolo affascinante, ma non è nemmeno giusto dimenticare che hanno colonizzato la Terra di Mezzo e schiavizzato gli Uomini che abitavano lì (le navi di Pharazôn avevano schiavi ai remi, in un passaggio dell’“Akallabêth”, al fondo del Silmarillion).

Grazie a chi ha letto fin qui e alla prossima settimana,

Kan


   
 
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