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Autore: My Pride    14/12/2022    1 recensioni
~ Raccolta Curtain Fic di one-shot incentrate sulla coppia Damian/Jon + Bat&Super family ♥
» 79. With all my life
Le note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
[ Tu appartieni a quelle cose che meravigliano la vita – un sorriso in un campo di grano, un passaggio segreto, un fiore che ha il respiro di mille tramonti ~ Fabrizio Caramagna ]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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A place where the heart can rest Titolo: A place where the heart can rest
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1987
parole fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne,
Jonathan Samuel Kent, Thomas Alfred Wayne-Kent (OC)
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Fluff, Smut
Avvertimenti: What if?, Slash, Hurt/Comfort
Advent Calendar: 158. Incidente domestico


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved
.

    Damian avvolse le braccia intorno al collo di Jon e inarcò la schiena, lasciandosi cullare dal ritmo in cui i loro corpi si muovevano e dal lieve cigolio del letto che giungeva alle sue orecchie unito agli ansiti suoi e di Jon.

    Erano state settimane intense, settimane in cui erano stati lontani l’un l’altro per lavoro e si erano sentiti solo per telefono, e Damian non si vergognava assolutamente ad ammettere che, non appena Jon aveva varcato la soglia quello stesso pomeriggio, l’aveva afferrato per il bavero della camicia e lo aveva attirato a sé per un lungo bacio passionale, fatto di denti che cozzavano e lingue che si intrecciavano selvaggiamente; Jon aveva riso contro le sue labbra, gettato la ventiquattrore in un angolo e si era spinto sempre più vicino, chiudendosi la porta alle spalle con un calcio anche per evitare che Asso potesse uscire; poi, contro ogni aspettativa di Damian, l’aveva bellamente afferrato per i fianchi e tirato su senza dar peso all’esclamazione stupefatta del compagno, il quale non ci aveva pensato due volte ad avvolgergli le cosce intorno ai fianchi, stringere un po’ con la protesi come a spronarlo a darsi una mossa e ad avventarsi nuovamente contro la sua bocca mentre affondava le dita fra i capelli pieni di gel per scompigliarli e sussurrare più e più volte quanto gli era mancato.

    Essere finiti a letto era stata l’ovvia conseguenza di tutto quell’impeto che li aveva colti al piano di sotto. Jon si era ritrovato gettato di peso sul materasso, con la schiena affondata in esso e Damian a cavalcioni, e aveva scherzosamente borbottato contro le sue labbra che aveva bisogno di respirare, per quanto Damian avesse replicato che respirare era relativo – «Non funziona così, D!» aveva riso Jon – e gli avesse ordinato di tacere; sghignazzando, Jon si era goduto tutto quell’impeto e aveva ricambiato, rotolando sul materasso tra imprecazioni, carezze voglioso e lenzuola intrecciate fra le gambe. Un lembo si era anche incastrato nella protesi di Damian, ma lui l’aveva scalciato via e afferrato la camicia di Jon con entrambe le mani per aprirla, facendo saltare bottoni ovunque e rabbrividire quando Jon gli aveva sfilato il maglione per gettarlo sul pavimento senza tanti complimenti. E adesso che se ne stava schiacciato sul letto dal peso di Jon, seguendo il ritmo dei suoi movimenti e ansimando mentre gemeva il suo nome, Damian desiderò per un istante che quell’attimo non finisse mai.

    Tra un ansito e l’altro si guardarono negli occhi e si sorrisero, Damian si perse ad osservare il volto di Jon, la fronte un po’ aggrottata e la punta della lingua che guizzava fra le labbra schiuse, il sudore che gli imperlava la fronte e la spruzzata di lentiggini che risaltava sulle guance arrossate, scivolando ad osservare quel petto possente che si alzava e abbassava a ritmi sempre più rapidi; affondò nuovamente le dita fra quei riccioli scuri e sentì una delle mani di Jon scendere lungo i fianchi per carezzare la coscia e giocherellare con la leggera peluria, sghignazzando nel tornare a baciarlo per soffocare il gemito che risalì dal fondo della sua gola quando sentì Jon più a fondo. Sentiva che era vicino, sarebbe bastato poco prima che tutta quella passione esplodesse e--

    «Baba, sono a casa! Papà è già tornato?»

    La voce di Thomas dal piano di sotto ruppe l’idillio e per un istante Damian e Jon si guardarono ad occhi sgranati, annaspando l’uno contro la bocca dell’altro mentre il respiro affannato tornava nei loro polmoni e dava loro il tempo di rendersi conto della situazione, con Jon immobile sul corpo di Damian; lo scricchiolio di una delle assi del pavimento li riportò alla realtà, e fu Jon a riscuotersi alla preoccupazione che il ragazzo potesse salire al piano di sopra. Non era tra le loro priorità farsi beccare a fare l’amore dal figlio quattordicenne.

    «S-Sì, campione, siamo di sopra!» si affrettò a dire Jon. «Aspettaci, stiamo… stiamo venendo!»

    «J!» gli sibilò di rimando Damian, rosso in viso per lo sforzo, ma entrambi trattennero una mezza risata allo stupido cliché a cui avevano dato vita non volendo, tossicchiando tra loro quando sentirono Tommy rimbrottare “Oh, ma prego, fate con calma” prima di richiamare Asso. A quel punto Damian scoppiò incredibilmente a ridere, passandosi una mano sulla faccia. «Fine dei giochi, “ragazzo d’acciaio”».

    «Davvero davvero?»

    «Davvero davvero», confermò Damian, ma si odiò un po’ quando davanti agli occhi azzurri di Jon cedette e finirono sotto la doccia ciò che avevano iniziato a letto.

    Dodici minuti e quaranta secondi dopo, scesero di sotto mentre si abbottonavano la camicia sulle scale, incrociando il figlio che, disteso sul divano, si era concesso il lusso di una bibita e un po’ di tv; quando li vide entrambi sorrise e schizzò in piedi per lanciarsi fra le braccia del padre, sussurrando che gli era mancato mentre Jon ricambiava a sua volta l’abbraccio. Per quanto la sede giornalistica di Hamilton fosse pressoché piccola rispetto al Daily Planet, ultimamente erano riusciti ad accaparrarsi qualche notizia più succulenta e Jon era stato spedito “sul campo” con una collega per accertarsi della veridicità della fonte ma, nonostante la soddisfazione personale di avere il suo nome su un articolo importante e di farsi conoscere anche in altri ambiti, nulla valeva quanto il tornare a casa fra le braccia di suo marito e suo figlio.

    «Ce ne avete messo di tempo», soggiunse poi Tommy di punto in bianco con fare vagamente accusatorio, e Jon nascose una risatina nervosa mentre Damian guardava tranquillamente altrove e fingeva di non aver sentito.

    «Stavamo… riordinando la soffitta».

    Tommy sollevò entrambe le sopracciglia con scetticismo, allontanando un po’ il viso per guardare il padre dritto negli occhi. «Sicuro, “la soffitta”», replicò con quel sarcasmo così tipico di Damian, mimando la parola tra virgolette senza dar peso all’occhiataccia che ricevette dal padre qualche secondo dopo.

    «Non hai dei compiti da fare, ragazzo?»

    «Tu non avresti dovuto asciugarti i capelli dopo la doccia?»

    Damian soffocò una risata e fu fin troppo abile a coprirla con un colpo di tosse, soprattutto quando vide Jon boccheggiare come un idiota nel tentativo di ribattere alla logica schiacciante di Thomas. Non era stupido e non ci voleva di certo un “lavoro da detective” per notare i riccioli umidi di Jon e qualche ciuffo incollato alla fronte, quindi non avrebbe dovuto meravigliarsi di essere letteralmente stato colto in flagrante. «Fila, J, da qui in poi ci penso io», lo scacciò nel poggiargli una mano su una spalla per tirarlo via, spingendolo verso le scale nonostante i borbottii e i boccheggiamenti, cosa che fece sbuffare ancora Damian con fare ilare.

    Thomas, al suo fianco, guardò a sua volta il padre prima di incrociare le braccia al petto, raddrizzando la schiena. «Stamattina dicevi che c’era molto da fare».

    «Mhnr. Vero».

    «Quindi avreste potuto pulire la stalla».

    «Avremmo potuto, sì».

    «Ma se lo aveste fatto avrei potuto trovarvi di nuovo nel fieno, vero?»

    «Molto probabile».

    «Forse allora è meglio che siate rimasti in casa».

    «Ah, sta’ zitto, ragazzo». Damian gli scompigliò affettuosamente i capelli con una mano, ignorando la sua lamentela prima di voltarsi a guardarlo. «Che ne diresti di darmi una mano tu a pulire là dentro, piuttosto?»

    Per quanto Thomas avesse ricambiato il suo sguardo e sul suo volto si leggesse ancora lo scetticismo che lo aveva caratterizzato poco prima, ben presto si ritrovarono entrambi nella stalla con Asso alle calcagna, cominciando dapprima ad occuparsi degli animali prima di accatastare tutta la paglia e creare dei bei cumuli che spostarono verso il fienile, aiutandosi con il forcone; Tommy dovette metterci un po’ di forza in più per sollevare quanta più paglia possibile ma, essendo abituato ad aiutare lì alla fattoria fin da bambino, non si fece scoraggiare e accennò che si sarebbe occupato lui del piano sottostante mentre il suo baba saliva a quello superiore. Fu proprio a quel punto, però, che entrambi sentirono uno strano scricchiolio, e Damian ebbe appena il tempo di abbassare lo sguardo che un’asse del pavimento cedette sotto il suo peso e la gamba destra si intrappolò nel legno spaccato a metà; imprecando, cercò di tirarla fuori, ma tutto ciò che riuscì a fare fu infilarsi schegge nella pelle.

    «Baba!» esclamò Tommy nel mollare il forcone per correre verso la scaletta, afferrando i pioli di legno per salire in fretta quando sentì il genitore imprecare come non mai in arabo. Non lo aveva mai sentito parlare quel tipo di dialetto né tanto meno così velocemente, e Tommy capì il perché quando notò il modo in cui la caviglia si era intrappolata là dentro prima di correre ad aiutarlo, spostando le assi spezzate per fargli tirare via la gamba tra nuove imprecazioni. «Stai bene?» chiese nel passarsi un braccio intorno alle spalle nonostante la differenza d’altezza fosse minima, ma Damian si limitò ad agitare una mano, puntellandosi sulla protesi per cercare di spostare tutto il suo peso su di essa e non gravare sul figlio.

    «È solo un graffio, ragazzo. Tranquillo».

    «A me sembra più di un graffio», replicò Thomas nell’abbassare lo sguardo sulla caviglia, vedendo il pantalone impregnato di sangue che continuava a sgorgare un po’ dalle ferite che si era procurato, facendo qualche passo insieme verso la scaletta proprio nell’esatto momento in cui entrò anche Jon.

    «Che succede?» chiese quest’ultimo nel sentire tutto il trambusto e nel vedere anche gli animali un po’ agitati oltre ad Asso che abbaiava verso l’alto, e Tommy si affacciò oltre il bordo, sorreggendo il genitore contro di sé.

    «Baba si è fatto male».

    Jon si accigliò, sollevando lo sguardo verso i due. «Stai bene, D?» chiese, vedendo Damian agitare una mano.

    «Alla grande, J».

    «Ce la fate a scendere?»

    Damian e Thomas si guardarono per un secondo, gettando poi una nuova occhiata di sotto. «Non credo», dissero in coro, e Jon accennò ad entrambi di non muoversi, salendo a propria volta per raggiungerli e valutare lui stesso i danni quando vide la caviglia del compagno; alla fine se lo caricò sulla schiena nonostante le proteste di Damian e le repliche ironiche di Jon sul fatto che da giovane non si lamentasse affatto di quella posizione, lagnandosi lui stesso quando Damian gli appioppò uno scappellotto mentre scendevano con Tommy al seguito.

    Quando tornarono in casa e fecero accomodare Damian sul divano, Tommy corse in bagno per prendere il kit di pronto soccorso mentre Jon tirava su la stoffa del pantalone, cercando di essere il più delicato possibile nel sentire i sibili che Damian cercava di trattenere. Un po’ si sentiva in colpa, aveva rimandato di continuo la riparazione della mansarda e quando alla fine si era deciso era stato costretto a partire per occuparsi di quell’articolo, quindi era venuto meno al suo dovere e quello era stato il risultato.

    «Scusa, D. Avrei dovuto controllare tutte le assi senza rimandare».

    «Non è niente».

    «Ma non sarebbe successo se non avessi--»

    «È stato un incidente, J», tagliò corto Damian nel fissarlo dritto negli occhi. «Ho avuto da fare alla clinica e ho rimandato anch’io».

    «Allunga la gamba, baba».

    Tommy li interruppe prima ancora che Jon potesse replicare, vedendo il ragazzo poggiare il kit di pronto soccorso sul tavolino prima di aprirlo e passare acqua ossigenata e ovatta al padre; Damian rivolse un piccolo sorriso rassicurante a Jon prima di fare quanto gli era stato ordinato e arricciare un po’ il naso, poiché Jon fu costretto a prendere le pinze per tirar fuori dalla sua carne la moltitudine di schegge di legno che si erano conficcate al suo interno, aiutato da Tommy che gli indicava quelle che gli sfuggivano. Si era sistemato più e più volte gli occhiali sul naso e si era assicurato di non dimenticarne nemmeno una, cominciando poi a tamponare con una generosa dose di disinfettante tutte le ferite che Damian si era procurato. E, per quanto Jon e Tommy si fossero dimostrati preoccupati dal fatto che sarebbe anche potuto cadere di sotto e farsi davvero male, Damian era internamente consapevole che quei piccoli incidenti domestici non erano nulla in confronto a ciò che aveva passato nei corso degli anni.

    Era stato ferito a morte sin da bambino, gettato nelle acque curative di Lazzaro, era morto e risorto e aveva subito ferite su ferite fino alla perdita della gamba, ed era ironico pensare, a distanza di quasi quindici anni da quando si era ritirato dalle scene insieme a Jon e avevano seppellito Robin e Superboy in scatoloni polverosi riposti in soffitta, che avrebbe volentieri continuato ad avere quei piccoli incidenti piuttosto che rischiare la vita fra le strade e temere di perdere l’affetto della sua famiglia. Il suo io più giovane avrebbe avuto da ridire, gli avrebbe sputato addosso parole pesanti e gli avrebbe probabilmente urlato contro che si stava rammollendo, ma quella vocina era ormai sepolta da anni dentro Damian e lì sarebbe dovuta restare, poiché il suo cuore ferito aveva finalmente trovato un luogo in cui avrebbe potuto riposare. E sorrise nel vedere come Thomas stesse aiutando Jon a tener ferma la fasciatura per avvolgergli il piede e la caviglia, lasciandosi andare alle loro cure amorevoli.

    Adagiarsi un po’ e farsi “coccolare” non era così male, una volta tanto.






_Note inconcludenti dell'autrice
Anche questa storia è stata scritta per l'iniziativa #AdventCalendar indetta dal gruppo facebook Hurt/comfort Italia.
Le cose in questa raccolta si stanno mantenendo abbastanza bene (non è la quiete prima della tempesta, giuro!) e non sta accadendo niente di troppo drastico, perché ogni tanto devo ricordare a me stessa che questa raccolta è per lo più una raccolta che sto scrivendo per comfort (quindi devo cercare di non scrivere troppe cose preoccupanti o tremende ahah)
Una volta tanto Damian si gode il calore della famiglia senza tanti problemi, ovviamente prima si è goduto qualcos'atro con il ritorno di Jonno... e per poco non sono stati beccati aha ma Tommy è abituato a questo e altro
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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