Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: Milly_Sunshine    19/12/2022    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

[22 novembre]
Ellen sapeva, più o meno, a che ora Ray Moore sarebbe uscito dal bar. Non lo conosceva che di vista, ma non importava. Allo stesso modo non importava più cosa pensasse Janice: non esporsi in alcun modo non era più possibile.
Lo attese, davanti al locale, finché non lo vide venire fuori. Gli fece un cenno di saluto con la mano, che Ray ricambiò, ma solo di sfuggita. Non si aspettava una conversazione con lei. Come biasimarlo? Non vi era alcuna ragione logica apparente, ma Ellen sapeva di dovere guardare oltre le apparenze.
Gli si avvicinò e solo allora, quando fece comprendere a Ray di avere qualcosa da dirgli, il barista si fermò.
«Ellen, vero?» le chiese.
«Esatto, Ellen. Ti dovrei parlare.»
Ray alzò gli occhi al cielo.
«Oh, no, non mi dire che sei un'invasata convinta che la mia compagna dovrebbe lasciarmi e rimettersi insieme al tuo amico.»
Ellen aggrottò la fronte.
«Come, prego?»
Ray ribatté: «Sei un'amica di Jack Mitchell o sbaglio?»
Ellen confermò: «Sono una sua amica, esatto, ma questo cosa c'entra? La sua vita privata non mi riguarda, così come non mi riguardano quella della sua ex moglie e la tua.»
Ray fece un sospiro di sollievo.
«Oh, meno male.»
«Aspetta a dirlo» replicò Ellen. «La faccenda di cui vorrei parlarti è un po' più ostica.»
«Illuminami. Non ho la più pallida idea di cosa tu possa volere da me.»
«In primo luogo, credo sia giusto dirti sono una giornalista. Da ragazza ho vissuto a Goldtown per un periodo e sono tornata qui per una questione di lavoro. Mi sto occupando dei delitti di vent'anni fa - e anche di quelli attuali, purtroppo - ma sto seguendo un metodo piuttosto inconsueto. Per intenderci, il mio obiettivo non è limitarmi a riportare i fatti. Questo è già successo per anni e anni. Voglio andare oltre.»
Ray azzardò: «Stai facendo una sorta di indagine parallela?»
«Non la chiamerei indagine parallela, ma sto facendo qualcosa di simile» ammise Ellen. «Ho scandagliato più che potevo la storia delle vittime, facendo qualche scoperta interessante. Ci sono tuttavia dei dettagli che vorrei approfondire e, per farlo, ho bisogno di qualche dritta da parte di qualcuno che conosca bene le persone del posto.»
«E quel qualcuno sarei io?»
«Perché no? Credo tu abbia già conosciuto la mia collega Janice. O meglio, ne sono sicura, dato che mi ha riferito di avere parlato con te dei delitti, al bar, qualche settimana fa. Magari non ti ricordi il suo nome.»
«Bionda con i capelli corti, sui trentacinque anni?»
«Trentacinque piuttosto abbondanti.»
«Era scortese dire quaranta.»
Ellen sorrise.
«Allora, ci stai? Accetti di farti fare qualche domanda? Non qui in mezzo alla strada. Puoi venire a casa mia e di Janice.»
Ray parve riflettere qualche istante, ma la sua risposta fu tutt'altro che esitante: «Va bene. Quando posso venire?»
«Se non hai da fare, puoi venire anche subito. Sei in macchina?»
«No, sono a piedi. Abito qui vicino.»
«Allora vorrà dire che andremo con la mia.»
Non vi fu alcun bisogno di convincere Ray, che ormai sembrava già deciso. Si diressero verso l'automobile, che Ellen aveva prontamente indicato a Moore, e salirono a bordo. Durante il tragitto, Ellen non introdusse l'argomento specifico del quale sarebbe andata a disquisire in un secondo momento. Rimase quasi sempre in silenzio, se non quando fu lo stesso Ray a interpellarla.
«Scusa per prima.»
«Per cosa?»
«Per averti accusata di essere stata mandata da Jack.»
«Non fa niente.»
«Tra di loro le cose andavano male anche prima, non sono stato io a mettermi in mezzo a loro.»
Ellen ci tenne a precisare: «Come ti ho detto, gli affari vostri non mi riguardano. Mi dispiace che il matrimonio di Jack sia finito male, ma non mi interessa di chi sia colpa, se sua, se di Elizabeth oppure tua. Quando vivevo a Goldtown, ho visto Elizabeth qualche volta, ma non posso dire di averla mai conosciuta. Quello che fa, oppure quello che fai tu, non mi importa.»
Non dissero altro in proposito e, di nuovo, proseguirono senza parlare. Giunsero a casa e, quando entrarono, Janice si ritrovò a fissare Ray senza capire.
Ellen glielo presentò: «Ray Moore, il cameriere del bar di Patricia Lynch.»
Janice annuì.
«Sì, ho presente chi sia il signor Moore.»
«Puoi...» Ray esitò. «Può...? Chiamarmi Ray, per me non è un problema.»
«Okay. Io sono Janice.»
Ellen li invitò a seguirla e si sedette al tavolo della cucina.
«Se volete accomodarvi. Scusami, Ray, mi piacerebbe accoglierti in una stanza migliore, ma il soggiorno è piccolo e c'è un po' di disordine. Non prevedevo di invitare qualcuno a casa.»
«Perché Ray è qui?» chiese Janice, prendendo posto, mentre anche Moore faceva lo stesso.
«Ray è qui per la mia inchiesta.» Vedendo che l'amica assumeva un'espressione di disappunto, Ellen mise le mani avanti. «Prima che mi dici che non era il caso, ti ricordo che le risposte non arrivano magicamente piovendo dal cielo. Va bene, può essere pericoloso fare troppe domande in giro, ma Ray non mi sembra un criminale.» Ridacchiò, lanciando un'occhiata al barista. «O quantomeno, non è un criminale molto pericoloso, in apparenza.»
«Mhm.» Janice non parve convinta. «Posso chiederti perché proprio Ray?»
Ray aggiunse: «Posso fare la stessa domanda?»
«Certo che potete chiederlo, è più che legittimo» replicò Ellen. «Va bene, mi sembra il caso di venire subito al dunque. Non voglio fare perdere tempo a Ray o distrarlo con chiacchiere inutili. Dunque, dovete sapere - e tu, Janice, già lo sai - che la mia convinzione è che questa vicenda sia rimasta oscura così a lungo perché non è ancora stato trovato il vero punto di partenza. Mark Forrester è stato verosimilmente ucciso perché sapeva qualcosa - non abbiamo, sfortunatamente, idea di cosa - a proposito del precedente delitto, quello di Linda Miller. A questo punto verrebbe spontanea una domanda: chi ha ucciso Linda Miller e perché? E, attenzione, non mi sto chiedendo in che modo l'assassino l'abbia trovata, ma proprio perché sia stata uccisa. Chi poteva volere uccidere una ragazzina della sua età, che di fatto non aveva altri interessi a parte la scuola, il pattinaggio e il suo ragazzo? Cosa poteva scattare nella testa di un criminale efferato per spingerlo a commettere un simile delitto?»
Ray precisò: «Ai tempi si pensava a un maniaco, a un pedofilo, a qualcuno che potesse averla adescata su internet.»
«Peccato che non vi sia mai stato alcun indizio a proposito di un simile soggetto. Va bene, ammettiamo per un attimo che Linda abbia chattato con il suo assassino. Non ne ha parlato con nessuno? Da quello che si dice era una ragazza molto socievole, che non aveva problemi a raccontare i suoi fatti privati alle ragazze del corso di pattinaggio, o ai compagni di scuola. Se avesse avuto una relazione virtuale con un impostore - cosa molto improbabile, dato che aveva già un ragazzo in carne e ossa nella vita reale - sarebbe davvero stata capace di non farne parola con nessuno?» Ellen fece una breve pausa, passando con lo sguardo da Janice a Ray, prima di riprendere a parlare. «In più, tutto quello che è successo dopo, non si incastra con le prime ipotesi. L'assassino sembrava avere una sua logica, uccidere persone per un motivo ben preciso. Mark, Will e Cindy potevano sapere qualcosa di troppo, ma Linda? Rimane sempre Linda e tutto ciò che sappiamo di lei è che le sarebbe piaciuto conoscere suo padre, nonostante, di fatto, sua madre si fosse sposata con un certo Styles e ci fosse già una sorta di figura paterna nella sua vita.»
Ray domandò: «Per caso stai ipotizzando che chi l'ha uccisa si sia messo in contatto con lei in qualche modo spacciandosi per suo padre? Ma in tal caso resterebbe pur sempre lo stesso dubbio: perché spacciarsi per suo padre e poi ucciderla? Questo manderebbe in crisi anche l'ipotesi del maniaco: se questo si fosse spacciato per un ragazzo della sua età innamorato di lei, avrebbe potuto chiederle foto o chat hard o qualsiasi altra cosa possa interessare a un maniaco. Ma spacciandosi per suo padre? Al massimo Linda gli avrebbe raccontato della scuola o del pattinaggio o delle sue amiche, insomma, tutte cose che a un molestatore di ragazzine difficilmente sarebbe interessato sentirsi raccontare.»
«La tua osservazione è giusta, non sappiamo ancora perché Linda sia stata uccisa» convenne Ellen. «Io mi sono fatta una mia idea, ovvero che dobbiamo spingerci più indietro e scavare non nel passato di Linda, ma in quello della sua famiglia. Era figlia di una ragazza madre che, facendo ricerche piuttosto contorte, ho scoperto avere denunciato di avere subito una violenza sessuale, dopo essere stata narcotizzata, nel 1985.»
«Quindi il padre naturale di Linda sarebbe uno stupratore?»
«Non lo so. Potrebbe, così come potrebbe essere un ex fidanzato della madre o un tizio con cui aveva incontri occasionali. Comunque non è di questo che voglio parlare. Lo stupro non è stato l'unica disgrazia occorsa alla povera Melanie Miller. O per meglio dire, lo stupro e l'omicidio della figlia. No, nel 1994 Melanie Miller è stata vittima di un potenziale tentato omicidio o, nel migliore dei casi, di un'aggressione armata da parte di qualcuno che non aveva intenzione di assassinarla.»
Ray spalancò gli occhi.
«Questa sì che è una novità!»
Janice intervenne: «Era una maestra elementare. Un giorno, dopo la fine delle lezioni, un uomo a volto coperto la aggredì colpendola alla testa con un'arma che non fu mai trovata.»
Ellen aggiunse: «Pare che la signorina Miller non fosse sola, ma insieme a un'alunna la cui madre era in ritardo. La bambina forse si era allontanata, si ipotizzò per andare in bagno. Si suppone che possa avere visto l'aggressore, che la colpì a sua volta. Uccidendola.»
Ray fissava Ellen con la bocca spalancata. Dopo qualche istante di palese stordimento, volle sapere: «Chi era l'uomo a volto coperto?»
«Non fu mai identificato» rispose Ellen. «Il caso venne dimenticato e la stessa Melanie Miller si trasferì in seguito a Goldtown. Si sposò successivamente con un tizio che di cognome faceva Styles - fa tuttora, immagino sia ancora vivo - ed ebbe un'altra figlia, Joyce, che adesso avrà sui venticinque anni. Dopo l'omicidio della figlia, la famiglia Styles si trasferì altrove, per non essere più al centro di una macabra attenzione.»
Janice spiegò a Ray: «La teoria di Ellen è che quanto accaduto alla madre di Linda, di cui non sappiamo se Linda fosse al corrente - quando sua madre fu ferita, forse le fu raccontato che aveva avuto un incidente, oppure qualcosa che potesse essere accettato da una bambina della sua età - sia stato alla base dell'omicidio di Linda. L'ipotesi è molto semplice: Melanie non sa chi l'abbia assalita e, per qualche ragione, in seguito ha avuto dei contatti con questa persona. Linda, alla ricerca del proprio padre biogico, trova accidentalmente un recapito dell'aggressore e, credendo possa essrte suo padre, lo contatta, probabilmente da una cabina telefonica, per non lasciare tracce che sua madre potrebbe trovare se le controllasse il cellulare... Con un po' di fantasia puoi immaginare il seguito.»
«Mhm, sì, potrei provarci» accettò Ray. «Linda gli dice "potrei essere tua figlia, vuoi conoscermi?" L'uomo accetta e la uccide. Però non ha molto senso.»
«Infatti, non ne ha» ammise Ellen. «Per questo la mia idea è un po' diversa: Linda vuole incontrare il presunto padre, ma sa che l'uomo che l'ha abbandonata potrebbe non volerla vedere. Quindi deve trovare un modo per convincerlo ad accettare un appuntamento. E in effetti un modo ci sarebbe: spacciarsi per la madre e dirgli che gli deve parlare con urgenza.»
«Avrebbe senso.»
«E spiegherebbe l'omicidio: l'uomo crede che Melanie l'abbia contattato perché ha ricordato qualcosa, perché l'ha riconosciuto. Non c'è solo l'aggressione, ma c'è il brutale omicidio di una bambina di otto anni in una scuola. Va all'appuntamento, in un luogo isolato e di sera. Pensa che la persona che lo sta aspettando sia Melanie e scambia Linda per la madre. La accoltella a morte e fugge. Ecco che, vedendo le cose da questa prospettiva, il delitto della Miller improvvisamente ha un movente.»
«Wow» esclamò Ray, «Una ricostruzione eccellente.»
«Senza alcuna prova» chiarì Ellen. «È solo un'idea che ho in testa e che difficilmente potrò dimostrare. Però si è aggiunto un elemento che non sono ancora riuscita a inquadrare e, se ti ho invitato a casa nostra, è perché spero che tu possa darmi una mano.»
«Mi hai chiamato qui per chiedermi se secondo me lo stupratore di Melanie Miller potrebbe essere poi l'uomo che l'ha aggredita a scuola, assassino di un'alunna e possibile assassino di Linda?» domandò Ray. «Credi che io sia un acuto osservatore della natura umana, o qualsiasi altra cosa da giallo classico, per via del mio lavoro a contatto con il pubblico, quindi vuoi un mio parere?»
«No, affatto» ribatté Ellen. «Tu conosci bene Patricia Lynch e immagino anche suo padre.»
«Sì, li conosco» confermò Ray, «Ma cosa c'entrano?»
Ellen lo fissò, poi gli chiese, a bruciapelo: «Cosa sai di Lisa Lynch?»
Ray impallidì. Sembrava avere visto un fantasma.
«Vuoi dire che anche la sorella di Patricia potrebbe essere in realtà stata uccisa dal suo...»
Si interruppe di colpo, come chi sapeva di avere parlato troppo.
«Dal suo...?» lo esortò Ellen.
Ray abbassò lo sguardo.
«Patricia non me parla quasi mai. Solo una volta mi ha raccontato di lei. Lisa era una ragazza solare ed entusiasta, appassionata di scrittura. Passava il tempo libero ad abbozzare racconti su agende e quaderni. Poi, di colpo, si suicidò. Nessuno riuscì a spiegarsene la ragione, a comprendere se ci fosse stato qualche genere di trauma nella sua vita. Patricia, molti anni dopo, quando si mise a leggere i suoi racconti, ne trovò uno che la colpì. Non si impressiona facilmente, ma quello la sconvolse, per quanto le sembrava reale.»
«Potrebbe essere stata uccisa dal suo stupratore, è questo che intendevi dire? Il racconto di Lisa che ha terrorizzato Patricia parlava di una violenza sessuale, vero?»
«Sì, la protagonista veniva narcotizzata e stuprata, proprio quello che apparentemente era successo alla madre di Linda Miller alcuni anni prima.»
Ellen lo guardò negli occhi.
«Grazie, Ray. Lo vedi? Mi sei stato molto utile.»
Ray replicò: «Non ho fatto niente di particolare. Non c'è nulla di certo in quello che ti ho riferito. Potrebbe essere solo un racconto di fantasia, quello di Lisa. Magari si è ispirata alla scena di un thriller o di un horror.»
«Potrebbe essere» rispose Ellen, «E non voglio affermare che più indizi facciano una prova. Però ogni indizio può essere utile.»
Janice aggiunse: «Anche il tuo silenzio può essere utile. Non riferire ad altri il nostro incontro, nemmeno a Patricia. E nemmeno a tua moglie o alla tua fidanzata, se ne hai una.»
Ray si alzò in piedi, accennando ad avviarsi fuori dalla stanza.
«Sarò muto come un pesce.»
«Ti accompagno.» Ellen lo condusse fino alla porta. Attese che stesse per uscire, poi lo trattenne. «Segui i campionati di calcio?»
A Ray sfuggì una risata.
«Che domanda è?»
«Ti ricordi Harvey Lee?»
«Vagamente.»
«Fece un goal memorabile alla Coppa d'Autunno, vent'anni fa.»
Ray annuì.
«Sì, ora che ci penso ne fece uno piuttosto bello che decise una partita. Un attimo prima il risultato sembrava in totale fase di stallo, con entrambe le squadre che cercavano solo di difendere la propria porta, poi Lee fece un tiro micidiale e la sua squadra vinse passando in semifinale. O in finale? Non ricordo.»
«Non ha importanza, quello che conta non è il risultato della partita, ma il modo in cui me la stai raccontando» replicò Ellen. «Agli albori della mia carriera scrivevo di calcio. È un po' come occuparsi dei delitti di Goldtown.»
«Perdonami, ma non vedo il nesso.»
«Prendi una serie di persone e chiedi loro di raccontare in sintesi cosa successe durante una partita. Ci sono osservatori, almeno in parte appassionati, che si lasciano andare a qualche dettaglio tecnico. Ci sono spettatori casuali, che si focalizzano sugli eventi principali e pensano che per ricostruire una partita basti dire chi ha fatto goal e quando. Ce ne sono altri che vedevano la partita al bar parlando d'altro e non ricordano niente. È un po' come cercare indizi durante un indagine. C'è chi vede calciatori chiusi a difendere la propria porta e chi invece li vede attaccare, per cercare di ribaltare il risultato, se capisci cosa intendo. Dare la caccia a un assassino per consegnarlo in pasto alla stampa significa avere a che fare con interpretazioni diverse degli stessi eventi. Tutti potrebbero dire la verità, ma sarebbe solo la loro verità. Oppure, se qualcuno mentisse, cercherebbe di costruire la propria verità, per raccontarla in un modo che a lui sembrerebbe credibile.»
«Non sono sicuro di seguirti.»
«Non importa. C'è sempre tempo per capire, quantomeno finché la partita non finisce. Però bisogna essere cauti, come i compagni e gli avversari di Lee quella volta. A volte puoi rischiare di prendere goal, a volte no. Se l'assassino tira in porta, è finita per sempre, senza possibilità di replica, un po' come successe quella sera.» Ellen indicò il pianerottolo. «Adesso vai, ma ne riparleremo.»
«Quando?» volle sapere Ray.
«Pensavo a una sera al bar, ma dovrò invitare anche altre persone» rispose Ellen. «Il mistero di Harvey Lee e i delitti di Goldtown, sarebbe un bel titolo per un romanzo poliziesco, ma in effetti non sarebbe esaustivo. C'è tanta gente che mente sui dettagli. Tu no, perché non avevi a che fare con nessuna delle vittime, ed è una delle ragioni per cui ho voluto coinvolgerti.»

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: Milly_Sunshine