Capitolo sesto
You let me go, my honeymoon heartbreak
Cut me off, my honeymoon heartbreak
My homeless heart is still hoping
My homeless heart is still holding you
Let me go, my honeymoon heartbreak
Cut me off, my honeymoon heartbreak
My homeless heart is still hoping
My homeless heart is still holding you
You, you
I miss my lover
That endless summer…
(“Honeymoon heartbreak” – Alice
Merton)
Mentre Francesco, Guglielmo e Tommaso
accompagnavano Giuliano a Palazzo Medici, un innervosito Lorenzo cavalcava verso
la villa di Jacopo. Vi giunse in breve tempo e si fece ricevere immediatamente,
mostrandosi ancora piuttosto alterato per la sconfitta subita al
Consiglio dei Priori.
“Io non vi capisco
proprio, Jacopo” disse, scuotendo la testa incredulo. “Avevate promesso che
avreste sostenuto le mie proposte e invece non vi siete fatto più vedere al
Consiglio dei Priori. Posso comprendere che siate preoccupato per Antonio, ma
sapevate anche quanto fosse importante la votazione di oggi. L’esercito che sta
difendendo Firenze non sarà rafforzato e io non mi faccio scrupoli a dirvi in
faccia che è tutta colpa vostra perché non avete partecipato alla riunione!”
I due uomini si
stavano affrontando nel corridoio di fronte alla camera dove riposava Antonio
perché Jacopo non voleva allontanarsi troppo da lui. Era paradossale: sembrava
di essere tornati indietro di anni, quando Lorenzo attaccava le idee di Pazzi
senza pensare ai rischi che correva mettendosi contro una famiglia tanto
potente; ma adesso era diverso, Jacopo non reagiva con l’acrimonia di allora.
Anzi, a dirla tutta, non reagiva per niente. Aveva lo sguardo spento, il volto
cupo.
“Ho creduto che
avresti ottenuto i voti necessari anche senza di me” replicò, laconico.
“E invece no, perché
Ardinghelli ha saputo convincere i Priori” reagì il giovane Medici, piccato.
“Esattamente come avreste saputo fare voi in mio favore, se foste stato
presente!”
“Lorenzo, io non sono
più quell’uomo” disse Jacopo, fissandolo negli occhi. “Sai bene che, dopo
quello che è accaduto con la congiura, ho perduto ogni ambizione e ho capito
che l’unica cosa che contava nella mia vita era Antonio. Ho voluto mostrarmi
solidale con la tua famiglia per far vedere che Firenze era unita, ma non ho
più né la voglia né la cattiveria necessarie per affrontare i Priori come
facevo prima.”
Lorenzo era allibito.
“Ma non è così,
Jacopo! Voi avete ancora la forza e il carisma di allora! Lo avete dimostrato
pochi mesi fa quando avete tenuto testa a Ridolfi, Ardinghelli e Spinelli
sostenendo la mia controproposta a Papa Sisto” esclamò. “Avete parlato con
saggezza e avete convinto la maggioranza dei Priori nonostante le loro
allusioni…”
“E con quale
risultato? Firenze ora è in guerra e gli eserciti che la minacciano sono molto
più forti. Volevo fare il bene della mia città, credevo di essere nel giusto e
adesso Firenze soffre per colpa mia, perché avrei dovuto denunciare subito gli
intrighi del Papa, di Riario e di Salviati e non l’ho fatto” mormorò Jacopo,
schiacciato dai sensi di colpa (e, tuttavia, sempre abbastanza lucido per
mantenere la versione dei fatti sostenuta da Antonio quel fatale 26 aprile
1478…). “E anche Antonio sta male per questo, sarei dovuto intervenire io per
primo contro Vespucci e non lasciare che lo colpisse!”
Le parole accorate
dell’uomo fecero sbollire la rabbia di Lorenzo.
“Ascoltatemi, Jacopo,
dovete dimenticare il passato così come ho fatto io. Tutti abbiamo commesso
degli errori, ma adesso abbiamo un nemico comune da affrontare e, se non
reagiremo in fretta, sarà la fine per Firenze!”
“L’unico modo che ho
per fare il bene di Firenze è tirarmi indietro. Qualunque cosa abbia fatto è
stata uno sbaglio e adesso…” cominciò Jacopo, ma una voce affaticata e tuttavia
decisa lo interruppe.
“No, Messer Pazzi, lo
sbaglio veramente grande che potreste fare sarebbe ritirarvi” disse Antonio,
che aveva udito la discussione e, lentamente, si era alzato dal letto ed era
uscito in corridoio. Sembrava ancora più piccolo e fragile avvolto nella
pesante vestaglia di velluto, ma sul suo viso non c’era indecisione.
“Antonio, non
dovresti alzarti, sei ancora debole e…”
“Messer Pazzi, tutto
ciò che ho sempre voluto è vedervi lottare al fianco di Lorenzo e Giuliano. Io
so quanto valete e so quanto potete ancora fare per Firenze, ma dovete farvi
forza, superare gli errori che avete commesso in passato e mostrarvi al fianco
dei Medici, sostenendo la loro causa” dichiarò il ragazzo, convinto. “Io ho
bisogno di voi e sono felice di avervi vicino, ma anche Firenze ha bisogno di
voi e non potete tirarvi indietro.”
“Jacopo, ascoltate
Antonio se non volete ascoltare me. È vero, Firenze ha ancora tanto bisogno di
voi, io e Giuliano non possiamo fare tutto da soli” soggiunse Lorenzo.
“Purtroppo oggi è andata male, ma ci sono altre strade per sconfiggere i nostri
veri nemici e io sono pronto a percorrerle tutte, però… però devo sapere che
voi sarete al mio fianco e che mi sosterrete.”
Jacopo guardò il
voltò infiammato di Lorenzo e poi gli occhi di Antonio, pieni di sconfinato
amore e di fiducia illimitata. Non poteva deluderlo, non ancora, non l’ennesima
volta.
“Va bene” sospirò.
“Lorenzo, prendi pure le decisioni che riterrai opportune e io ti appoggerò.
Quando Antonio starà meglio, mi presenterò davanti ai Priori per ribadire
chiaramente che sono dalla tua parte e che ogni tua decisione è anche la mia.
Hai la mia parola e puoi dirlo a chiunque a Firenze. Adesso, però…”
L’espressione
dell’uomo era eloquente: era preoccupato perché Antonio si era alzato dal letto
ed era ancora debole.
“Vi ringrazio,
Jacopo. Agirò più tranquillo sapendo di avervi dalla mia parte” disse allora
Lorenzo, abbozzando un sorriso. “Spero di vedervi presto al Consiglio dei
Priori insieme ad Antonio. E tu, ristabilisciti presto, siamo tutti preoccupati
per te.”
Mentre Lorenzo si
congedava e usciva dalla villa, Jacopo prese tra le braccia Antonio e lo
sollevò, riportandolo a letto. Lo sistemò tra le lenzuola e le coperte perché
non prendesse freddo e si distese accanto a lui, stringendolo a sé. Era vero,
doveva aiutare Lorenzo a proteggere Firenze perché in quel modo avrebbe
protetto anche Antonio dalla guerra e da ogni male. Si stupiva ogni giorno di
fronte alla fortuna che gli era toccata, proprio a lui, un uomo freddo,
crudele, un uomo che aveva ucciso per le sue ambizioni e ora viveva solo per
ricambiare l’amore grande e incondizionato di quel tenerissimo ragazzo. Per
questo temeva tanto di perderlo, perché era consapevole di aver fatto troppo
male nella sua vita e di non meritarselo.
Lo abbracciò con
calore e tenerezza, baciandolo a fondo: voleva staccarsi da ogni preoccupazione
per vivere ogni attimo la gioia e la fortuna di avere Antonio, la sua luce, il
suo piccolo sole. Si immerse nel dolce miele delle labbra morbide del ragazzo e
nel suo tepore, i loro respiri fusi insieme, e ogni altra cosa si dissolse nel
calore e nella luce che invase i due amanti.
Lorenzo, intanto,
cavalcava verso Palazzo Medici rinfrancato per aver ottenuto l’appoggio di
Jacopo. Beh, in realtà, a quanto pareva, aveva ragione Giuliano: mentre loro si
impegnavano in prima persona al Consiglio dei Priori, Pazzi passava il suo
tempo a letto con Antonio, facendo cose…
No, non voleva
soffermarsi sul pensiero di Jacopo che faceva
cose con Antonio! Molto meglio pianificare la prossima mossa che avrebbe
fatto, col sostegno della famiglia Pazzi, per difendere e salvare la sua
Firenze.
Mentre Lorenzo aveva
il suo confronto con Jacopo Pazzi, Giuliano era giunto a Palazzo Medici accompagnato
dagli amici ma, quando entrò nella dimora, scoprì che c’era qualcuno ad
aspettarlo… una enorme sorpresa per Giuliano e di certo completamente
inaspettata!
Nel cortile interno
del Palazzo c’era Lucrezia, la madre di Lorenzo e Giuliano, che teneva per mano
un bambino sui dieci anni dai capelli castano dorato e occhi marrone scuro,
seri e tristi.
“Madre, chi è questo
bambino?” domandò subito Giuliano a Lucrezia.
“Te lo spiegherò
subito, ma è meglio che andiamo a parlarne nello studio di Lorenzo” rispose la
gentildonna. Giuliano, sentendosi vagamente preoccupato, seguì Lucrezia e il
ragazzino e insieme si avviarono verso lo studio di Lorenzo.
E lì Giuliano ricevette
una notizia che avrebbe ribaltato completamente tutte le sicurezze che aveva
avuto fino a quel momento!
“Giuliano, questo
bambino è tuo figlio Giulio” disse Lucrezia al figlio, senza tanti giri di
parole. “Il nostro amico Padre Timoteo lo ha accompagnato qui mentre voi
eravate al Palazzo dei Priori e mi ha raccontato la sua triste storia. Giulio è
nato da una ragazza della campagna di Fiesole, una certa Fioretta Gorini,
magari tu non la ricordi neanche, visto che in quegli anni avevi molte amiche. Fioretta ha avuto il bambino
otto anni fa e lo ha cresciuto senza dire niente a nessuno, si era confidata
solo con Padre Timoteo che la aiutava come poteva, ma non voleva creare
problemi a te o alla nostra famiglia e per questo ritengo che sia stata una
donna onesta e ammirevole.”
In realtà Giuliano
ricordava molto bene Fioretta. Sua madre aveva ragione, lui si era sempre molto
divertito con le ragazze, soprattutto nei periodi in cui la famiglia Medici
soggiornava nelle ville di campagna, ma la storia con Fioretta era stata seria:
Giuliano allora aveva poco più di diciotto anni e aveva creduto che quella
ragazza sarebbe stata l’amore della sua vita. Naturalmente le cose erano andate
diversamente, un Medici non poteva sposare una ragazza del popolo e poi c’erano
stati tutti i problemi con la Banca, con Volterra, con i Pazzi… e i due giovani
si erano allontanati senza che Giuliano neanche sapesse che Fioretta aspettava
un bambino (non che sarebbe cambiato molto, visti i tempi). Poi Giuliano aveva
conosciuto Simonetta, aveva capito cosa fosse veramente l’amore e il ricordo di
Fioretta era svanito in mezzo a tante altre memorie di gioventù.
Adesso, però, la
presenza del piccolo Giulio a Palazzo Medici cambiava tutto.
“Probabilmente tu e
Giulio non vi sareste neanche mai incontrati se non fosse accaduto quello che…
insomma, Padre Timoteo mi ha raccontato che uno sgherro di Riario, insieme ad
altri soldati, qualche notte fa si è introdotto in casa di Fioretta per
uccidere lei e il bambino” continuò a raccontare Lucrezia, visibilmente
commossa. “La donna ha cercato di mettere in salvo Giulio, lo ha fatto
nascondere nei sotterranei della loro casa, ma i sicari di Riario non le hanno
dato il tempo di scappare con lui. Giulio è fuggito non appena quei delinquenti
si sono allontanati e si è rifugiato da Padre Timoteo che lo ha accolto, lo ha
tranquillizzato e adesso ha deciso di portarlo qui. All’inizio nemmeno io
volevo crederci, ma poi Giulio mi ha fatto vedere questo anello… lo ricordi,
Giuliano?”
Lucrezia mostrò
l’anello al figlio, un anello della famiglia Medici che il giovane, tanto tempo
prima, aveva donato a Fioretta come suo ricordo e pegno d’amore…
“E poi la somiglianza…
Giuliano, quando guardo questo bambino mi sembra di vedere te alla sua età”
mormorò Lucrezia, asciugandosi gli occhi.
Giuliano guardò negli
occhi il bimbo per un lungo, intenso istante e poi, d’impulso, lo prese in
braccio e lo strinse a sé.
“Sì, mi assomiglia e
ha gli occhi di Fioretta” disse. “Lui è mio figlio, vivrà con noi e crescerà
insieme ai suoi cuginetti, i figli di Lorenzo. Sono addolorato per ciò che è
successo a Fioretta, è una vera vigliaccata da parte di Riario cercare di
colpire le persone che ci sono care, se solo avessi saputo… io… avrei cercato
di mettere in salvo anche lei, avrei chiesto a Lorenzo di mandare delle guardie
per proteggerli. Comunque adesso Giulio è qui con me, con suo padre, con la sua
famiglia, e sarà un Medici come tutti noi!”
Il bambino, che non
si aspettava certo un’accoglienza così affettuosa, abbracciò quel padre che
incontrava per la prima volta e che lo faceva sentire amato e al sicuro.
Lucrezia, intanto, stava già pianificando come organizzare tutto ciò che era
necessario per fare in modo che Giulio fosse riconosciuto come un figlio
legittimo di Giuliano, un vero Medici e non un bastardo.
“Padre Timoteo
dichiarerà che tu e Fioretta eravate sposati in segreto e la prova sarà
l’anello che le avevi donato” disse la gentildonna, “così il bambino sarà
dichiarato un Medici legittimo e potrà vivere senza problemi insieme a noi. Ne
ha già passate così tante, almeno da oggi in poi avrà una famiglia che si
occuperà di lui.” *
“Certo, madre”
confermò Giuliano, stringendo più forte il figlio tra le braccia. “Da oggi
Giulio avrà la sua famiglia e non correrà più alcun pericolo.”
Giuliano era felice,
ma si rendeva conto anche del fatto che le sue preoccupazioni sarebbero
aumentate a dismisura. Avrebbe dovuto spiegare la faccenda a Simonetta e poteva
soltanto sperare che la donna avrebbe accettato di crescere come suo il figlio
di un’altra donna (anche se, in effetti, Giuliano non conosceva ancora
Simonetta quando aveva avuto la storia con Fioretta…); inoltre lo agghiacciava
il pensiero che quei pendagli da forca dei soldati di Riario avessero cercato
di uccidere il bambino per il semplice fatto che era suo figlio. Il Papa e
Riario odiavano così tanto i Medici da prendersela anche con un bimbo
innocente? Ma allora nessuno era al sicuro, non soltanto lui e Lorenzo, neanche
Clarice e i bambini, neanche Lucrezia…
Giuliano non vedeva
l’ora che Lorenzo tornasse a Palazzo Medici per presentargli il piccolo Giulio
e raccontargli tutta la storia, sottolineando che il pericolo era molto più
grave e vicino di quanto avessero pensato fino a quel momento. E chissà, forse
avrebbero dovuto davvero avvalersi anche dell’aiuto e dell’appoggio di quello stolto caz… di Jacopo Pazzi. A Giuliano
il solo pensiero rivoltava lo stomaco, ma per amore di suo figlio e della sua
famiglia avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco!
Quando Lorenzo tornò
a casa, però, era ancora molto nervoso e Giuliano decise di parlare con lui in
privato prima di rivelargli la bella sorpresa del figlio, anche perché non
sapeva se il fratello l’avrebbe presa poi così bene. Dopo la sconfitta al
Consiglio dei Priori, infatti, Lorenzo era rimasto parecchio male anche perché,
diciamocelo, non era per niente abituato a perdere!
“Allora, cosa ti ha
detto Messer Pazzi?” gli domandò quindi Giuliano, cercando di scherzare per
metterlo di buonumore. “Ti ha ascoltato o era troppo impegnato a letto con Antonio?”
“No, no, mi ha
ascoltato!” lo aveva interrotto Lorenzo, che voleva tenere il più lontano
possibile il pensiero di Jacopo che faceva
cose… “Mi ha ascoltato e mi ha promesso il suo appoggio, d’ora in poi, ma è
tardi, ormai la votazione è perduta e non c’è modo di ottenerne un’altra!”
“Senti, non stare a
preoccuparti troppo, vedrai che le cose si sistemeranno in qualche modo. E…
ecco, a proposito di cose che si sistemano in modo inaspettato…” Giuliano aveva
pensato a lungo al modo in cui avrebbe detto al fratello del piccolo Giulio e
poi aveva deciso di dirglielo e basta.
“Cosa? Tu hai un
figlio? E ti sembra questo il momento?” esclamò Lorenzo, allibito.
“Il momento? Ma hai
capito quello che ti ho detto o no? Giulio ha otto anni e io non sapevo niente di lui, non è certo colpa mia né
sua se Riario ha ucciso sua madre poco tempo fa e quel povero bambino ha solo
me al mondo” replicò Giuliano, risentito. “O meglio, ha solo noi, perché siamo noi la sua famiglia adesso, che ti piaccia o no.”
Lorenzo si passò una
mano sul volto, già pentito di essersela presa col fratello.
“Sì, hai ragione,
Giuliano. L’arrivo di Giulio è sicuramente un buon segno e sono felice per te,
scusami se ti ho risposto bruscamente” disse. “Sarò lieto di accogliere tuo
figlio nella nostra famiglia e di farlo crescere insieme ai miei bambini,
poverino, chissà quante cose terribili ha visto…”
I due fratelli si
abbracciarono e tutto fu perdonato e dimenticato.
Lorenzo, tuttavia,
era rimasto piuttosto innervosito per la sconfitta subita al Consiglio dei
Priori e nei giorni seguenti era stato spesso chiuso nel suo studio, pensando
ad una soluzione. Era molto preoccupato perché la situazione si aggravava ogni
giorno di più: gli eserciti del Papa e di Riario, uniti alle truppe inviate da
Re Ferrante, avrebbero presto marciato su Firenze e non si poteva sperare che
Riario e il Principe Alfonso continuassero a tenersi il muso in eterno, in
fondo non erano mica Morgan e Bugo!
In quei giorni,
l’unica cosa sensata che Lorenzo riuscì a fare fu convincere la moglie Clarice,
incinta, a trasferirsi insieme a Bianca e Novella, anche lei in dolce attesa
del terzo figlio, con tutti i loro bambini nella loro villa di campagna a
Pistoia: almeno, se le truppe nemiche avessero attaccato Firenze, lui avrebbe
saputo al sicuro le donne e i bambini della sua famiglia. E il piccolo Giulio,
ormai un Medici a tutti gli effetti, partì insieme agli altri, con grande
sollievo e soddisfazione di Giuliano che ormai si era trasformato a tutti gli
effetti nel padre dell’anno!
Fine capitolo sesto
* La vicenda di Fioretta Gorini e del piccolo
Giulio è vera e si vede anche nella serie TV. Ovviamente io ho spostato qualche
data e ho fatto in modo che Giuliano conoscesse suo figlio, che poi sarà
davvero dichiarato un legittimo Medici nel 1513 da Papa Leone X (che era,
appunto, Giovanni, il figlio di Lorenzo e quindi cugino di Giulio!).