Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: Darty    22/01/2023    12 recensioni
“Tutti gli amori felici si somigliano; ogni amore infelice è invece difficile a modo suo. In casa De Jarjayes tutto era sottosopra” (e spero che L.S. non se ne abbia a male)
Oscar ed Andrè e la loro “storia terrena” appartengono a Riyoko Ikeda ed un po’ anche a Tadao Nagahama e Osamu Dezaki. Questa fanfiction non ha scopo di lucro, ma terapeutico sì...
I versi di David Bowie sono solo suoi: dell’immortale Duca Bianco.
Si incomincia con il Cavaliere Nero. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
It’s really Me
Really You
And really Me
It’s so hard for us to really be
Really You
And really Me
You’ll lose me though I’m always really free

 
(David Bowie, Wild Eyed Boy from Freecloud)
 
 
https://www.youtube.com/watch?v=kSDm7jcsZlM
 
 
Chi ci separa dovrà portarsi un tizzone dal cielo e col fuoco scacciarci da qui come volpi. Asciuga i tuoi occhi; li divoreranno i malanni, carne e tutto, prima che ci facciano piangere. Li vedremo morire di fame, prima.
 
(William Shakespeare, Re Lear, Atto V, Scena III)
 
 
“E voi come vi chiamate?” , domandarono all’unisono, attoniti e sconvolti, Oscar e André.
 
Quella non rispose. Si alzò di nuovo, afferrò con grazia il violino e lo porse, incerta, ora guardando una, ora l’altro.
 
“Uno di voi lo sa suonare?”
 
André sorrise rivolto ad Oscar e la sconosciuta, con amore ed apprensione, come se porgesse un infante, le allungò il Guarneri.
 
“Vi prego, suonatelo per me, io non ho mai imparato.”
 
“E’ molto tardi Madame, non vorremmo svegliare gli altri ospiti”, rispose, con dolcezza, Oscar.
 
“Solo poche note, vi prego, solo poche note.”
 
E mentre gli occhi della donna si colmavano di lacrime, che se ne stavano lì, immote, senza scivolare sulle guance, Oscar suonò le prime note della Danza degli spiriti beati.
 
La donna sembrò acquietarsi, tornò a sedere e le fece cenno che poteva fermarsi.
 
“Vi devo delle spiegazioni, ma prima devo domandarvi di descrivermi colui che vi ha donato questo violino.”
 
Oscar la scrutò con attenzione. Non era mai stata curiosa delle altre donne, ma quello sguardo così perso ed intenso, afflitto ed allo stesso tempo infervorato d’amore, lo aveva scorto solo un’altra volta, negli occhi di una donna. In quelli di Maria Antonietta. Quel giorno in cui aveva scoperto che la sua Regina era fragile e mortale, quando avrebbe voluto solo ammirarne l’ineffabile maestà. Lo stesso giorno in cui il suo cuore l’aveva ingannata e si era scoperta innamorata di Fersen.
 
Quel giorno in cui all’imbrunire la pioggia si era messa a cadere tanto fitta, che pareva che il cielo piangesse con loro, come stava accadendo adesso in quella notte piena di sorprese, fintanto che un’anima gentile era accorsa a darle conforto. E non si trattava solo del tepore di un mantello.
 
“Questo solo perché non mi sono specchiata, André, le volte in cui ho temuto di averti perso”, pensò, volgendo gli occhi a lui.
 
André per una volta fraintese e convinto che Oscar gli cedesse la parola, rispose:
“Un uomo al quale siamo eterni debitori, Madame, un uomo biondo, di circa quarant’anni, alto e magro, solo un poco più basso di me…”
 
“E gli occhi?”, chiese la donna “Come erano gli occhi?”
 
“Più azzurri di un’acquamarina”, rispose Oscar. “E suonava divinamente questo violino.”
 
“Leopoldo” mormorò lei.
 
“Leopoldo”, confermò Oscar.
 
“E ditemi, come stava, stava bene?”
 
Oscar annuì e poi aggiunse: “Siete scomparsa. Vi ha creduto morta. Siete stata crudele.” Si sorprese del tono severo delle sue parole, mentre continuava ad osservare ogni minimo dettaglio della donna che aveva innanzi.
 
Sottili cicatrici ancora rosse solcavano verticalmente i polsi diafani.
 
La donna se ne avvide e tirò giù le maniche per proteggersi da quello sguardo indiscreto. Lo stesso gesto abituale di Leopoldo, le sovvenne.
 
“Devo raggiungerlo, ditemi dov’è!”
 
“Ci ha accompagnati qui oggi, nel pomeriggio ci ha lasciato.” Le rispose André, “non conosciamo la sua destinazione, ma solo la sua decisione di lasciare Costantinopoli per sempre, per dirigersi in Oriente”.
 
“Non ho più tempo, non c’è più tempo!” rispose la donna alzandosi in preda all’agitazione per fuggire via.
 
Fu Oscar, questa volta, a trattenerla per le spalle per farla sedere di nuovo. Si inginocchiò davanti a lei, le prese le mani. Accarezzò con i pollici le cicatrici.
 
“Non ci avete ancora rivelato il vostro nome.”
 
“Hermione” rispose quella abbassando la testa stupita dal gesto di Oscar. Le era sembrata una donna altera.
 
“Lo immaginavo. Leopoldo vi ama ancora, vi ama immensamente e non ha mai smesso di cercarvi” sussurrò Oscar, la voce un poco commossa.
 
Intanto André guardava la sua Oscar. La conosceva bene. Ma ogni giorno la conosceva un po’ di più ed ogni giorno la amava sempre di più. Come fosse possibile, giacché da sempre l’amava immensamente, era un mistero insondabile. La sua Oscar che sotto l’aspetto austero nascondeva la dolcezza di una madre e l’innocenza di una bambina.
 
“Perché?”
 
La domanda, insolitamente secca, proveniva da André.
 
“Perché l’ho lasciato?”
 
“Perché ora volete trovarlo.”
 
“Non dovete diffidare di me, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per lui”.
 
“Allora dobbiamo affrettarci! Venite con noi!”.
 
* * *
 
Quando Goerso vide André, temette il peggio.
 
André senza Oscar. Le era forse capitato qualcosa? Approfittando delle tenebre e della pioggia copiosa, André era salito di soppiatto sulla Santo Stefano e l’aveva destato, mentre sognava disteso nella sua cuccetta. Sognava del suo borgo natio,  davanti alle acque verdi e scintillanti di un golfo, in cui era incastonata una piccola isola, poco più di uno scoglio lanciato in mare da un Dio invidioso del Regno di Nettuno.
 
“E’ successo qualcosa?” domandò preoccupato, mentre il sogno svaniva.
 
André lo rassicurò. “Sai se ci siano navi in partenza per l’Oriente?”
 
Goerso fece mente locale. “Due, ce ne sono due. La prima è francese, è quella con cui è arrivato l’ospite del Capitano, a proposito fra poco la mia amica dovrebbe essere qui…”
 
“Non ripartirà subito…”
 
“No, quella no, ma l’altra, un brigantino della Compagnia delle Indie Orientali, il Pelican, salpa all’alba, con destinazione Calcutta.
 
“Da quale molo?”
 
“Il molo nord … dall’altra parte, ma cosa sta succedendo?”
 
“Ti racconterò tutto, te lo prometto, ci vediamo all’alba alla locanda! Se dovessimo tardare, aspettaci!”
 
Sul molo, nascoste fra barili e sartie, Oscar ed Hermione l’attendevano ansiose. Poi si misero a correre tutti e tre a perdifiato sotto la pioggia, per raggiungere in tempo il Pelican. Le vesti lunghe di Hermione la rallentavano, era caduta e si era rialzata, sostenuta da André, ma la caviglia le doleva ed il sole impaziente iniziava a sorgere ad est.
 
Il tramestio dal molo nord, il rumore delle cime che si srotolavano dalle bitte, le voci concitate dei marinai che si preparavano a salpare, sembravano così vicine; eppure, erano ancora tanto lontane.
 
“Resta qui con lei!”
 
“Oscar…”
 
“Sono io la più veloce … vi precedo!”, si sfilò il mantello e corse via.
 
Appoggiato con i gomiti alla murata di poppa del Pelican, Leopoldo fissava la pioggia che i primi raggi di sole tingevano di viola.
 
Pensò ad un’allucinazione quando vide una figura familiare, esile e snella, che si avvicinava veloce alla nave. Fradicia di pioggia urlava ai marinai che doveva parlare subito con il capitano.
 
Quelli non capivano la sua lingua, ma l’acqua aveva reso trasparente la camicia e si erano messi a fissarla con desiderio.
 
Oscar stava già brandendo il pugnale, quando Leopoldo saltò giù, disperdendo i marinai con un gesto.
 
“Perché siete qui? E’ successo qualcosa ad André?”, le chiese preoccupato, mentre si toglieva la giacca per coprirla.
 
Gli occhi di Oscar brillavano felici, mentre negava con la testa.
 
“Ma allora, cosa…”
 
Fu allora che la vide.
 
Una donna sorretta dal buon André, che arrancava con fatica. Alzò la testa nel momento esatto in cui lui si inginocchiava a terra. Gli occhi serrati, il collo teso in alto verso il cielo, la bocca spalancata a ricevere la pioggia, giù in fondo alla gola.
 
Hermione si divincolò dalle braccia di André e zoppicando lo raggiunse. Lo abbracciò disperata, baciandogli i capelli, la fronte, il collo.
 
Lui era lì, era vero, e l’amava ancora, lei lo sentiva che lui l’amava ancora.
 
Leopoldo non parlava. Gli occhi ancora serrati.
 
“Perdonami, perdonami amore mio!”
 
Aprì gli occhi ed era tutto vero. La prese fra le braccia e la baciò.
 
Più in là, André aveva racchiuso sotto il mantello la sua Oscar.
 
Lei starnutì e lui abbassò la testa per guardarla meglio. Aveva gli occhi umidi.
 
“Stai piangendo, Oscar...”, le disse, stringendola più forte.
 
“No, no, è solo un raffreddore.”
 
Ma stava mentendo, e lui lo sapeva.
 
“Vuoi partire con me? Sto lasciando questo mondo” le mormorò Leopoldo.
 
“Sarà un’avventura?” gli chiese lei.
 
“Prometto che non ti annoierai.”
 
La nave stava levando le ancore e non ci fu tempo che per poche parole.
 
“Troveremo il modo di scrivervi”, disse Leopoldo congedandosi. “E di spiegarvi”, aggiunse Hermione. “Ve lo devo, ma prima dovrò spiegare a lui ...”
 
“Se vorrai”, le sussurrò, baciandole il polso con tenerezza. Le sue labbra avevano già intuito un dolore immenso.
 
“Abbiamo un amico che sarebbe felice di scrivere un romanzo, su di voi” disse André stringendogli la mano.
 
“Il vostro amico dovrebbe iniziare da voi”, gli rispose serio Leopoldo. Poi, da perfetto gentiluomo, accennò un inchino e posò un bacio lieve sulla mano di Oscar.
 
“Mi avete portato fortuna … lo sapevo che mi avreste portato fortuna, quel giorno che il violino si fece suonare da voi.”
 
“Il Guarneri, conte, il violino, devo restituirvelo, ora si farà suonare di nuovo!”
 
“Si, ma non ne ho più bisogno, adesso.”
 
Si fermarono ad osservare il Pelican che si allontanava all’orizzonte. Il brigantino bordava le vele, alando le scotte così da catturare il massimo vento.
 
Oscar e André si sentirono felici.
 
“Sai Oscar, quella notte in cui il conte mi scoprì mentre frugavo tra le sue carte in biblioteca, mentre tu eri scesa di nascosto nel suo laboratorio … non te l’ho mai detto, ma Leopoldo mi fece uno strano discorso …”
 
“Cosa ti disse?”
 
“Mi chiese se credessi nel destino …”
 
“E tu cosa gli hai risposto?”
 
“Ha risposto lui per me, ha detto che ci credevo.”
 
“Ed è così?”
 
“Sì, perché ... forse mi è venuta un’idea, ma te lo spiego dopo.  Ora corriamo alla locanda o a Goerso piglierà un infarto e a te un malanno con quelle vesti bagnate!”
 
Lei si era messa a ridere, si era alzata sulle punte ed aveva schioccato un bacio sul naso di André.
 
“Prendimi se ci riesci!”
 
Poi erano corsi via.
 
 
* * *
Non credette ai propri occhi, Girodelle.
 
La fanciulla con cui aveva trascorso la notte aveva lasciato la stanza mentre lui ancora dormiva e nemmeno l’aveva pagata. Una strana inquietudine l’aveva colto al risveglio. Si era rivestito sommariamente ed era sceso in strada mentre il sole stava appena spuntando.
 
La pioggia scendeva ancora abbondante  ed a lui parve che tutta quell’acqua potesse mondarlo da ogni peccato.
 
Sposare Oscar, il colonnello Oscar! Quando la Regina gli aveva annunciato la sua irremovibile decisione, non si aspettava obiezioni. Ed infatti nessuna obiezione era stata eccepita, ma sarebbe stato indecoroso manifestare la gioia immensa che quella decisione aveva suscitato in lui, perciò era rimasto zitto, limitandosi ad annuire ad ogni successivo ordine impartito dalla Sovrana, e porgendo un riverente inchino si era fatto congedare.
 
Quando ne aveva informato il Generale Padre, questi dapprima era parso sollevato, ma poi si era messo a fissare la piazza sotto la Bastiglia. Cosa pensasse non era dato sapere, quegli occhi azzurri erano severi ed imperscrutabili, tali e quali quelli di sua figlia.
 
Girodelle l’amava. L’amava sinceramente, ma ne aveva timore. Uno strano timore. L’orgoglio gli faceva desiderare di possederla per dimostrare il suo valore, gareggiando con il terrore delle conseguenze di un amore imposto.
 
La Regina era riuscita a scoprire i dettagli del viaggio di Oscar e l’ultimo ordine impartito era stato quello di raggiungerla per riportarla a Parigi.
 
Dunque, se Dio aveva vegliato su di lei, l’avrebbe presto rivista. Ma quando? E con quali parole l’avrebbe messa a parte del loro imminente matrimonio?
 
Perciò, non credette ai propri occhi Girodelle.
 
In verità dapprima riconobbe Lui. L’attendente. Quella figura inconfondibile. Alto, le spalle larghe, la falcata lunga e sicura di chi è avvezzo a marciare ma non è un soldato, perché potrebbe voltare il capo e per un capriccio cambiare la sua direzione.
 
Ed in effetti seguendo la direzione di quel volto, vide che lo sguardo era rivolto alla figura più piccola accanto a lui, che con la mano stretta a quella del compagno, teneva il passo con grazia giocosa.
 
Una risata argentina lo convinse con sollievo d’essersi ingannato. Non era Oscar. Non poteva essere il colonnello Oscar che si allungava sulle punte e poneva un bacio malizioso sul  naso di André.
 
Ma poi quella si mise a correre. E nonostante i capelli fossero corti e fradici di pioggia, la riconobbe, quando i suoi occhi severi si posarono su di lui.
 
* * *
 
Era stato imprudente. Di questo si malediceva André, mentre tutti e tre, silenziosi ed infreddoliti, entravano nella locanda. Oscar salì di corsa le scale per indossare abiti asciutti e più adatti ad una lunga conversazione con il suo sottoposto.
 
Quando entrò nella stanza, Goerso, che li stava aspettando, le si fece appresso e lei sussultò.
 
“Perdonatemi per avervi spaventata … ho il nome del francese che ha fatto visita al Capitano.”
 
“Oh Goerso, lo abbiamo appena incontrato, E’ il Conte Victor Clément Florian de Girodelle, esatto?”
 
“Ma come…”
 
“E’ giù di sotto con André e voglio raggiungerli al più presto.”
 
“Volete che li tenga d’occhio, nel frattempo?”
 
“Non credo che Victor costituisca un pericolo, ma sì, te ne sarei grata, Goerso!”
 
Rimasta sola, si era asciugata rapidamente al calore del fuoco.
 
Il militare che era in lei stava valutando se Girodelle potesse essere una risorsa oppure un ostacolo. Riflettendoci meglio, aver congedato Goerso così in fretta era stato un errore: poteva avere altre notizie su di lui e sulle ragioni della sua venuta.
 
Girodelle aveva spalancato la bocca, quando al porto l’aveva riconosciuta e poi aveva accennato il saluto militare, finché André non l’aveva raggiunta; allora Girodelle aveva abbassato il braccio e piegato le labbra in un sorriso amaro.
 
Li aveva visti e di sicuro aveva inteso come fosse mutato il rapporto fra loro. In verità non le importava, non le importava affatto. Ma qualcosa, che tanti anni prima, André, schernendola, aveva definito “intuito femminile”, le diceva che invece a Girodelle importava, e molto.
 
Di sotto, intanto, André e Girodelle si erano accomodati ad un tavolo accanto al camino.
 
La locanda era quasi deserta. André era stanco. Aveva chiesto all’oste di portar loro qualcosa di caldo da mangiare. Si accorse di Goerso che si stava sedendo ad un tavolo non molto distante.
 
“Alla fine siete riuscito a giacerci, con la vostra padrona!”
 
Non si aspettava, André, che quello potesse essere l’esordio della loro conversazione.
 
Mesi prima aveva chiesto ed ottenuto il suo aiuto per ritrovare Oscar e pensava che Girodelle fosse lieto di rivederla viva ed in buona salute.
 
Quello non era l’insulto di un nobile che volesse oltraggiare un plebeo, era la villania di un uomo geloso.
 
In un'altra vita André avrebbe dissimulato il disprezzo. In un’altra vita si sarebbe limitato, forse, a rovesciare qualcosa che insozzasse le belle vesti del Conte.
 
Ma quello proferito era un insulto a Lei.
 
Aveva rischiato così tante volte di perderla in quegli ultimi mesi, che la misura era colma e la pazienza finita.
 
Non c’era alcuna nobile dignità da lordare, che Girodelle era stropicciato e malconcio più di lui, con i lunghi capelli bagnati ed appiccicati alla testa.
 
Si alzò di scatto, rovesciando il tavolo, ed assestò un montante sul naso del Conte.
 
“Maledetto da Dio chi osa offenderla!”
 
E mentre Girodelle barcollante si rialzava, tentando una reazione, e prima che Goerso riuscisse a dividerli, aveva liberato un gancio sinistro al mento.
 
“E maledetto chi oserà dividerci!”.
 
Oscar stava scendendo il primo gradino della scala. Le parve di precipitare in un dipinto di Rubens. La lotta tra Ettore ed Achille. E mentre si precipitava giù, lei chi era?
 

 
Quando eravamo stanchi dormivamo, e, se si svegliava l'uno, si svegliava anche l'altro e non eravamo mai soli. Molte volte un uomo desidera d'esser solo, anche una donna può desiderarlo e se si amano sono gelosi di questo; ma io posso dire che non avveniva, a noi. Noi ci sentivamo soli mentre eravamo insieme, “soli” nei riguardi degli altri.”
 
Ernest Hemingway, Addio alle armi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Darty