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Autore: fedegelmi    26/01/2023    0 recensioni
Si tratta di una raccolta di alcuni dei racconti scritti per i corsi di scrittura che sto seguendo da settembre 2021.
È un percorso a ostacoli verso il miglioramento.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanto può cambiare la stessa scena se raccontata da tre punti di vista differenti?

Questa esercitazione dimostra che, sebbene ciò che viene raccontato sia lo stesso, il punto di vista di tre persone completamente diverse, sia come carattere che come status sociale, cambia il modo di narrare e il modo in cui il lettore si pone alla storia e ai personaggi stessi.

 

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1. LADRO IN ATTESA DI GIUDIZIO

Un sacchetto marrone non più grande del palmo della mia mano è appoggiato tra me e i due reali, a metà strada. Spicca sul tappeto bianco sotto le mie ginocchia, che attutisce il duro pavimento marmoreo, di un nero scuro come il fondo del mare.

«Sai perché sei qui» dice una voce fredda, quella della Regina. «Quel sacchetto è la prova del tuo crimine».

«Non ho rubato un granché» ribatto sotto il suo sguardo severo.

Vedo le sue narici fremere, come se il mio intervento non fosse stato gradito.

«Silenzio» esclama, e qualcosa mi suggerisce di fare come dice.

Conosco la sua fama , l'intero popolo ha avuto la prova di quanto sia malvagia e senza pietà.

La osservo voltarsi in direzione del consorte, più magnanimo rispetto a lei, ma dal polso debole; anche le prove di ciò sono riconosciute da tutto il popolo. Comunque, sarei pronto a scommettere che stanno confabulando tra loro per decidere la mia sorte, ma non posseggo nulla da puntare al gioco, se non la mia vita, e ho come l'impressione che mi verrà sottratta presto.

Guardo in direzione dei regnanti e, persino da questa distanza, lo sguardo della Regina mi mette i brividi; non mi scambierei col Re nemmeno per tutte le monete del mondo, soprattutto dopo aver notato il viso arrossato, forse, per lo sforzo di tenerle testa. Un'impresa troppo ardua per lui.

Faccio correre gli occhi sul resto della sala. È la prima volta che ne vedo una di questo genere, con enormi vetrate scure dalle quali s'insinua una fioca luce, che non basterebbe da sola per illuminare l'intera stanza; infatti, a tale scopo, decine di candele sono appese su ogni frammento di muro disponibile. Forse è dalle stesse vetrate che penetra il freddo che sento fin dentro le ossa, ma deduco che non abbiano bisogno di scaldare la sala considerando gli innumerevoli strati di tessuti indossati dai sovrani e dalle altre persone a corte.

Uno scricchiolio mi induce a sollevare la testa al soffitto, ma, per osservare gli ampi archi che mi ricordano la navata di una chiesa, quasi mi viene un crampo al collo.

Proprio mentre sto ponderando l'idea di alzarmi e farmi giustiziare sul posto per una presunta aggressione al Re e alla Regina, quest'ultima si volta e inizia a parlare.

«Il furto è un crimine grave nel nostro Regno» comincia lei; non mi stupirei se sentissero la sua voce squillante oltre lo spesso portone chiuso alle mie spalle. «Il Re è dell'idea che possa essere punito con un breve soggiorno nelle prigioni» un sorriso maligno le incurva le labbra. «Io non sono del tutto d'accordo».

Persino da dove mi trovo io, riesco a vedere la fronte imperlata di sudore del sovrano, che riflette la luce delle candele.

«Pertanto, la condanna è quella di un breve soggiorno nelle prigioni, senza cibo, né acqua, nella speranza che, saggiando sulla propria pelle la vera povertà, questo ladro possa redimersi e tornare sulla via dell'onestà» dichiara solenne, alzando il mento. «Ammesso che sopravviva» aggiunge, poi, abbassando di diversi toni la voce. Comunque, non abbastanza perché io non possa udirla.

 

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2. REGINA SPIETATA

Il sacchetto dentro cui ci sono le monete rubate, pochi spiccioli, è a un paio di metri dall'uomo inginocchiato, a debita distanza dal trono. «Sai perché sei qui. Quel sacchetto è la prova del tuo crimine».

«Non ho rubato un granché» dice lui, contrariato.

Arriccio il naso mentre lo guardo, con quei suoi abiti imbrattati almeno quanto i capelli, i piedi scalzi che hanno lasciato macchie sul tappeto di un bianco prima immacolato. Si capisce con un solo sguardo che è un poco di buono, non mi sarei aspettata nulla di meglio da uno come lui.

«Silenzio» esclamo, dopodiché mi volto alla mia destra, verso quello stolto di mio marito.

Nei suoi occhi lucidi noto subito la pietà che prova nei confronti del ladro.

Alzo gli occhi al cielo. «Dobbiamo giustiziarlo. Nel nostro Regno non serve gentaglia come lui. Abbiamo povera gente a sufficienza, che cerca di guadagnare in modo onesto».

Simulo un sorriso, ma non credo di apparire convincente, soprattutto a causa dell'atmosfera cupa della sala, con le sue vetrate nere.

«Non credete di esagerare, mia Regina?» ribatte il mio consorte, le guance arrossate. «Rubando quel sacchetto di monete, ha solo cercato di sopravvivere ancora per qualche giorno. Non può essere una sua colpa, non del tutto».

Assottiglio lo sguardo a tal punto che per alcuni secondi non vedo altro che i suoi occhi spaventati, oltre le mie ciglia.

«Vorreste insinuare che non sono in grado di gestire le finanze del Regno? Se dei poveri squattrinati decidono di iniziare a rubare non è di certo colpa mia, ma delle loro pessime decisioni» ribatto.

«Almeno non neghiamogli la possibilità di redimersi» insiste, patetico con la sua espressione implorante; spesso mi chiedo se non sia il caso di mandarlo al patibolo. «Giustiziarlo non servirebbe, a mio parere un breve soggiorno nelle prigioni potrebbe bastare».

Mantengo lo sguardo su di lui, ma non rispondo.

Al contrario, mi concentro sui miei pensieri.

Non potrei mai lasciar andare un ladro con una punizione tanto inconcludente: una volta scaduti i giorni della pena, tornerebbe a comportarsi nel medesimo modo. Anzi, magari inizierebbe a progettare un furto proprio alla Corona e non posso permetterlo. No, non è una soluzione abbastanza dura. Deve capire che non gli converrà tentare nemmeno il furto di una mela, mai più.

Mi volto, e nel viso dell'uomo inginocchiato leggo... indifferenza? Non sarà più così tra poco.

«Il furto è un crimine grave nel nostro Regno. Il Re è dell'idea che possa essere punito con un breve soggiorno nelle prigioni» dico con un sorriso. «Io non sono del tutto d'accordo. Pertanto, la condanna è quella di un breve soggiorno nelle prigioni, senza cibo, né acqua, nella speranza che saggiando sulla propria pelle la vera povertà, questo ladro possa redimersi e tornare sulla via dell'onestà. Ammesso che sopravviva» aggiungo, infine, abbassando la voce affinché solo chi si trova nelle vicinanze possa udirmi. Sento il Re lasciarsi scappare un mugugno inorridito.

 

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3. RE MAGNANIMO

La Regina, lo sguardo spietato; il sacchetto, un misero pezzo di stoffa; il ladro, malridotto. Lei guarda quest'ultimo come fosse spazzatura, se non peggio, e io non posso far altro che attendere col cuore in gola, sperando che, almeno questa volta, qualcosa vada per il verso giusto.

«Sai perché sei qui. Quel sacchetto è la prova del tuo crimine». Sobbalzo nel sentire la voce della Regina.

«Non ho rubato un granché» ribatte il ladro, le sopracciglia corrugate.

Sento una stretta al cuore al solo guardare i suoi abiti malandati e i capelli arruffati, così in contrasto con la sala scura ma elegante, col tappeto che la attraversa bianco come latte appena munto. Vorrei urlare: "Qualcuno lo porti a fare un bagno, qualcuno lo aiuti!". Ma, ovviamente, non potrei mai azzardarmi a farlo, a meno che io non desideri essere giustiziato al suo posto.

Quando i miei occhi tornano a posarsi sulla Regina, lei sta richiamando il ladro al silenzio. Subito dopo, si volta verso di me e io non oso tornare a guardare lui, o il sacchetto.

«Dobbiamo giustiziarlo» dice, con un'espressione che mi fa intendere benissimo ciò che prova nei miei confronti: disgusto. «Nel nostro Regno non serve gentaglia come lui. Abbiamo povera gente a sufficienza, che cerca di guadagnare in modo onesto».

Ingoio un groppo di saliva, senza riuscire a tenere ferme le mani.

«Non credete di esagerare, mia Regina?» ribatto, sentendo le guance accaldarsi. «Rubando quel sacchetto di monete, ha solo cercato di sopravvivere ancora per qualche giorno. Non può essere una sua colpa, non del tutto».

Il suo sguardo si assottiglia e io sento di essere molto vicino all'alzarmi e scappare a gambe levate.

«Vorreste insinuare che non sono in grado di gestire le finanze del Regno? Se dei poveri squattrinati decidono di iniziare a rubare non è di certo colpa mia, ma delle loro pessime decisioni» ribatte senza scomporsi, ma i suoi occhi mi lanciano fiammate.

Nonostante il calore degli abiti che indosso, il freddo della sala sembra penetrarmi.

«Almeno non neghiamogli la possibilità di redimersi» insisto, evitando di rispondere. «Giustiziarlo non servirebbe, a mio parere un breve soggiorno nelle prigioni potrebbe bastare».

Nonostante non si volti, non risponde nemmeno, e io la conosco abbastanza bene da sapere che sta pensando alla soluzione che ritiene più giusta. Ciò che mi spaventa è il suo senso di giustizia, molto diverso dal mio.

Quando gira la testa, sento il cuore palpitarmi più forte.

Sta per dirlo.

«Il furto è un crimine grave nel nostro Regno» inizia, con una voce che mi mette terrore. «Il Re è dell'idea che possa essere punito con un breve soggiorno nelle prigioni. Io non sono del tutto d'accordo».

Sapevo che sperarci sarebbe stato vano, tuttavia ci avevo creduto.

Sento il sudore sulla fronte, una goccia mi passa lungo la tempia fino a disperdersi nell'ampio colletto.

«Pertanto, la condanna è quella di un breve soggiorno nelle prigioni, senza cibo, né acqua, nella speranza che saggiando sulla propria pelle la vera povertà, questo ladro possa redimersi e tornare sulla via dell'onestà. Ammesso che sopravviva» aggiunge, infine, abbassando la voce per farsi sentire solo dai presenti.

Atterrito per quella pena crudele, non riesco a trattenere un mugugno.

   
 
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