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Autore: starlight1205    11/02/2023    4 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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La vecchia Ford Orion rossa scivolava rapida lungo la superstrada.
Il sole si immergeva sempre di più oltre la linea dell’orizzonte illuminando il cielo di una luce rossastra.
L’estiva aria tiepida portava con sè uno sfuggente profumo di erba appena tagliata riempiendo l’abitacolo dell’automobile di una pigra tranquillità.
Diana inspirò profondamente sentendosi sfinita, ma in pace.
Era come se quella strana onda di potere avesse alleviato le sue inquietudini e i timori che fino a quel momento le ribollivano a fuoco lento sotto pelle, lasciandola galleggiare in una stanca serenità, il che non aveva il minimo senso, perchè avrebbe dovuto essere razionalmente spaventata da quanto le era accaduto poco prima.
Invece, si sentiva stupidamente sicura e protetta dalla consapevolezza di non essere ancora una volta indifesa: l’unico pensiero che serpeggiava insidioso nella sua mente era quello di non essere in grado di controllare quello strascico di potere che il Blackhole sembrava aver incredibilmente lasciato su di lei.

Era ormai calata l’oscurità quando si fermarono per mangiare e riposare in una stazione di servizio nei pressi di Birmingham.
La mattina successiva, Diana si svegliò a causa delle prime luci dell’alba che filtravano attraverso i finestrini. Non si sentiva affatto riposata e avvertiva tutto il corpo dolorante come se fosse stata investita da un treno. Dormire curva sul sedile di un’auto non aveva di certo conciliato un sonno ristoratore. Quando uscì dalla vettura per sgranchirsi la schiena e le gambe e respirare aria pulita, si sentiva barcollante, stordita e con un gran mal di testa che le martellava le tempie.
Fred si offrì cavallerescamente di guidare al posto suo e Diana non ebbe la forza di opporsi: il dolore alla testa era troppo forte. Fortunatamente la stazione di servizio dove si erano fermati per la notte, era dotata di una piccola farmacia, così fecero scorta di antidolorifici. Diana buttò giù due pastiglie e si raggomitolò con gli occhi chiusi sul sedile del passeggero anteriore, in attesa che il mal di testa le lasciasse tregua.
Quando riaprì gli occhi realizzò di essersi riaddormentata e, fortunatamente, il mal di testa era svanito. Sbattè le palpebre colpite dai raggi del sole, ormai, alto nel cielo. 
Doveva aver dormito per qualche ora.
Fred teneva il volante con la mano destra, mentre con la sinistra tamburellava allegramente le dita sulla leva del cambio.
- Stai guidando - constatò Diana con lo sguardo annebbiato e la voce impastata di sonno.
- Ah, eccoti di nuovo tra noi! - Fred le rivolse un luminoso sorriso continuando a tenere d’occhio la strada - come va la testa?
- Meglio - lo liquidò Diana ripetendo poi con aria incredula e vagamente spaventata - tu-stai-guidando. Perchè?
Fred alzò le spalle: - Beh, qualcuno doveva farlo, no? Sono anche bravo, vero, ragazzi? - aggiunse poi voltandosi verso i sedili posteriori.
Anche Diana si voltò all’indietro: Lee aveva un leggero colorito verdastro, ma alzò una mano con il pollice verso l’alto, mentre George si teneva con entrambe le mani alla maniglia interna della portiera e stirò le labbra in un sorriso forzato per poi articolare solo una parola con il labiale: - Bravissimo...
Diana ridacchiò tornando a guardare la strada, ma in quel momento, un’altra auto proveniente da un incrocio inchiodò a pochi metri dalla loro suonando selvaggiamente il clacson. Fred procedette serafico, sorridendo e sporgendo un braccio fuori dal finestrino in segno di saluto.
- Fred - disse Diana con lo sguardo terrorizzato fisso davanti a sè  - non ti stava salutando...
- Ah no? - chiese Fred stupito - e allora perchè ha suonato il clacson?
- Ha suonato il clacson perchè sei passato con il semaforo rosso... - mormorò Diana passandosi una mano sugli occhi sconsolata - forse è meglio che torni a guidare io...
- Noooo - protestò Fred aggrappandosi al volante come se temesse che qualcuno potesse portarglielo via - starò attento! Promesso! 
Lee iniziò a proporre di mettere un po’ di musica e George si sporse tra i sedili per mettere per primo le mani sull’autoradio, ma Lee lo tirò all’indietro per le spalle e finirono a prendersi amichevolmente a pugni sui sedili posteriori.
- Bambini, ora basta - li rimproverò Fred con l’aria di superiorità conferitagli dal suo posto di guidatore.
Un ceffone sulla nuca da parte di suo fratello gli fece quasi sbattere il naso sul volante. Fred, con espressione diabolica, staccò entrambe le mani per voltarsi e smanacciare a vuoto all’indietro per vendicarsi.
- Freeeed - ululò Diana sporgendosi verso di lui per afferrare il volante e rimettere in carreggiata l’auto che aveva preso a  sbandare furiosamente - non puoi lasciare il volante così!

Dopo che l’ordine fu ristabilito all’interno dell’abitacolo e la radio accesa su una stazione che aveva messo d’accordo tutti quanti, Diana si rilassò sul sedile, la testa appoggiata al finestrino a guardare i prati e le case sfrecciare uno dopo l’altro. Le note di Buddy Holly dei Weezer riecheggiavano nell’auto, Diana senza scarpe e gambe incrociate sul sedile canticchiava le parole della canzone, Fred tamburellava le dita sul volante a ritmo di musica. George, disteso a pancia in su sul sedile posteriore, aveva abbassato completamente il finestrino per sporgere i piedi scalzi all’aria aperta; di conseguenza, un contrariato Lee Jordan era stato strettamente relegato sul lato opposto e minacciava in modo colorito di lanciare le scarpe dell’amico fuori dall’altro finestrino.
Diana inspirò l’aria umida che entrava dallo spiraglio abbassato del finestrino e sorrise. Avrebbe voluto possedere la magia solo per congelare quel momento di quotidiana serenità in un fermo immagine. Guardò Fred concentrato alla guida, sentendo gli angoli della bocca incurvarsi in un piccolo sorriso. 
La melodia dei Weezer terminò lasciando spazio a Back for good dei Take That e Diana si lasciò scappare un gridolino di apprezzamento prima di alzare il volume e mettersi a cantare anche quella canzone, mentre raccontava ai ragazzi di quanto fosse stata triste quando Robbie Williams, in assoluto il suo preferito, aveva deciso di lasciare la band.
Parlare di qualcosa di normale come la musica le evitava di preoccuparsi per ciò che avrebbero potuto trovare una volta arrivati a destinazione.
- Cosa potrà mai avere più di me, questo Robbie? - domandò Fred in tono melodrammatico con una mano sul cuore.
- Sicuramente, la patente - rispose prontamente Diana ridendo e contagiando nella risata anche George e Lee, mentre Fred recitava alla perfezione la parte dell’offeso.

Dopo parecchie ore, parecchie frenate, parecchie canzoni e parecchi battibecchi tra i quattro ragazzi, Lee li costrinse a un paio di fermate perchè la guida di Fred gli aveva fatto venire la nausea, scambi alla guida e strade imboccate per errore perchè George aveva guardato la cartina al contrario per metà del viaggio, incontrarono un logoro cartello ad accoglierli nella località di Drumnadrochit.
Si fermarono a chiedere indicazioni a un anziano signore che segnalò loro dove trovare l’indirizzo che stavano cercando.
La Great Glen Way li condusse fuori dal paese srotolandosi tra bassi arbusti e chiazze di vegetazione, tanto che George iniziò a lamentarsi che quel vecchio signore li avesse appositamente indirizzati fuori strada, quando trovarono il bivio indicato dall’anziano.
Svoltarono a sinistra e imboccarono una stradina più stretta della precedente che si snodava in mezzo a bassi cespugli di erica, mentre in fondo alla strada iniziava a prendere forma una grande casa dalle pareti color carta da zucchero invase da abbondanti tralci di edera infestante.
Diana, che aveva ripreso la guida, premette lentamente il freno fermandosi davanti alla villa. 
Non aveva un giardino e nemmeno una recinzione. 
Sembrava semplicemente appoggiata sul manto erboso come se fosse sorta direttamente dal terreno duro e inospitale delle Highlands scozzesi.
- Sembra disabitata... - Diana inclinò la testa di lato scrutando le finestre rotte, le pareti disseminate da macchie scrostate e il tetto spiovente caratterizzato dalla mancanza di qualche tegola qua e là. Il cielo era tornato grigio e il sole si era nascosto dietro l’impervia e verde collina che faceva da sfondo all’abitazione.
- Sembra... - constatò Fred con aria esperta brandendo la bacchetta e scendendo dall’auto - potrebbe essere un’illusione...
Scesero tutti e quattro: Fred e George in testa con le bacchette pronte in mano, Lee che si guardava intorno titubante e Diana che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla facciata poco rassicurante.
Si fermò davanti alla buca delle lettere: doveva essere stata dello stesso colore azzurro della casa, ma uno strato di sporcizia impediva di capire se ci fosse scritto il nome del proprietario. Diana passò una mano sulla superficie smaltata per cercare di rimuovere la polvere che la copriva e apparve un nome.
McKinnon
- Ragazzi - sibilò Diana in tono urgente facendo bloccare Fred davanti alla porta d’ingresso - questa casa... apparteneva alla famiglia di mia madre!


                                                                                           °°°°°°°°°°°°°°°


- Mmh... - mugugnò Lee con sguardo rapito dalla facciata della malridotta abitazione - ricordatemi chi o cosa dovremmo trovare qui...
Fred abbassò lo sguardo su Diana, in piedi tra lui e George, impegnata ad osservare la casa con la fronte solcata da una piccola ruga e le sopracciglia ravvicinate in un’espressione indecisa.
- In teoria, questo posto dovrebbe essere quello dove mio padre è venuto a vivere una volta uscito da quell’ospedale... - rispose Diana osservando le erbacce che sbucavano tra i gradini di legno e i vetri delle finestre attraversati da crepe simili a complicati ricami.
- Che posticino adorabile - commentò Fred con ironia incrociando le braccia al petto e abbassandosi per dare una leggera gomitata a Diana.
- La Stamberga Strillante a confronto è un hotel di lusso - continuò George spalleggiando il gemello nell’alleggerire la tensione e sgomitando Diana dal lato opposto.
- La cosa strillante? - Diana arricciò il naso in una smorfia voltandosi verso Fred come ogni volta in cui si imbatteva in qualche riferimento al mondo magico che non riusciva a comprendere.
- E’ una casa infestata - rispose subito George evasivo - un po’ come questa...
- No dai, nessuno dice che questa sia infestata - si mise in mezzo Fred vedendo l’espressione preoccupata di Diana e poi con un sorriso furbo, aggiunse - però potrebbe...
- In questo caso, entri tu per primo! - Diana, con un balzo, si nascose prontamente dietro a Fred che scoppiò a ridere, osservando la casa con sospetto.
- E se dentro ci fosse tuo padre con un’ascia in mano pronto a farmi a fette? - domandò Fred fingendosi terrorizzato.
Diana si mordicchiò un labbro ancor più titubante dopo quell’affermazione.
- Ecco perchè devi entrare per primo - scherzò George.
- Quindi? - domandò Lee in tono pratico - entriamo?
Siccome nessuno si decideva a fare il primo passo, Diana appoggiò le mani sulla schiena di Fred per spingerlo a varcare la soglia, dicendo: - Su su, valoroso Grifondoro! Avanti!
Fred si avvicinò per primo alla porta, mentre Diana aveva fatto scivolare la mano nella sua, stringendogliela con forza per l’apprensione; George e Lee erano dietro di loro con la bacchetta pronta e lo sguardo attento.
Dopo che Lee ebbe lanciato un paio di incantesimi per rivelare la presenza di trappole o persone indesiderate, finalmente certi che la casa fosse vuota, entrarono aprendo la porta cigolante.

Era una vecchia casa che a Fred ricordò un po’ Grimmauld Place: tappezzerie e arazzi polverosi, un grande scalone e un enorme numero di stanze che si affacciavano sulla grande sala. Sembrava meno pretenziosa della dimora dei Black e più simile ad una casa di campagna con grandi finestre per cercare di intrappolare la poca luce di cui la Scozia era così avida, soprattutto nella stagione invernale.
Nonostante l’aspetto esteriore la presentasse come piuttosto malandata, l’interno non era affatto così disastroso, anzi, era sorprendentemente decente nonostante la polvere, qualche infiltrazione d’acqua qua e là e un costante odore di umido e muffa. 
Il soggiorno era ampio e con due grossi divani in pelle nera sistemati accanto a un camino.
Diana lasciò andare la mano di Fred e si avvicinò a uno dei divani, passando un dito ad accarezzare la superficie liscia e lasciando una linea più scura che portò via con sè il sottile strato di polvere.

- Questa non è vecchia polvere... - mormorò Diana tra sè fissandosi i polpastrelli sporchi.
- Cioè? - domandò Lee incuriosito.
- Ne so abbastanza di oggetti polverosi - ammise Diana scrollando le spalle - e questa non è polvere accumulata in anni! La quantità, la consistenza...no, questa casa sarà disabitata da qualche mese! Non di più!
Fred si soffermò a guardare interessato la ragazza, mentre esponeva l’interessante teoria.
Decisero di dividersi: Fred agguantò Diana per mano e si diressero al piano superiore, mentre George e Lee si decisero ad a dare un’occhiata al pianoterra.
Esplorarono in modo guardingo le varie stanze. Man mano Fred agitava la bacchetta per mormorare un Reparo per sistemare le finestre rotte e Diana perlustrava con lo sguardo ogni stanza come se si aspettasse davvero di veder spuntare suo padre da dentro un armadio con un’ascia in mano. Dopo aver percorso ogni metro quadro si ritrovarono in salone con il naso all’insù per osservare il soffitto dove era raffigurata la volta celeste.
Diana guardava sopra la sua testa meravigliata e affascinata.
- Sai, a Hogwarts c’è un particolare incantesimo nella Sala Grande per cui il soffitto sembra il cielo -  sorrise Fred non smettendo di scrutare l’intrico di costellazioni - un po’ questo dipinto me lo ricorda...! Quindi non eri l’unica in famiglia con la fissazione per l’astronomia...
- No - rispose Diana in un soffio con lo sguardo ancora incollato al soffitto - era mia madre ad esserne appassionata e, con i suoi racconti, ha trasmesso questo interesse anche a me! E dopo la sua morte, amare quello che amava lei, era un modo per sentirla più vicina...
Fred abbassò lo sguardo dal soffitto: ancora non sapeva bene cosa dire di fronte a quei sentimenti di dolore e nostalgia che ormai Diana esprimeva senza farsi più alcun tipo di problema. Ci pensò lei stessa a tirarli fuori da quel momento di stasi dicendo: - Ok, dobbiamo cercare degli indizi su mio padre...se lui ha vissuto qui, ci sarà qualcosa che può esserci utile, no?
Fred annuì, mentre Lee e George li raggiungevano da quella che doveva essere la cucina.
- Mettiamoci comodi - sentenziò George lasciandosi cadere a peso morto sull’ampio divano sollevando una nuvola di polvere  - pare che questa sarà la nostra dimora per un po’.

I ragazzi passarono le prime settimane a rivoltare come un calzino ogni angolo della casa alla ricerca di qualsiasi cosa potesse essere utile, ma ci volle parecchio tempo. Le stanze erano molte e affastellate di soprammobili e oggetti, come se le persone che vi avevano vissuto fossero semplicemente sparite da un giorno all’altro. Diana era determinata a scoprire quanto più possibile sulla sua famiglia, stava sveglia fino a notte fonda a scrutare ogni cassetto, ogni scaffale e ogni ripiano alla ricerca di indizi. Si svegliava prima di tutti la mattina per esplorare la piccola biblioteca polverosa che si trovava nel seminterrato. Per quanto Lee, George e soprattutto Fred tentassero di aiutarla e di collaborare, persero ben presto la loro buona volontà.
Si erano immaginati di vivere chissà quali avventure e di scoprire verità sensazionali, ma lo scartabellare fogli e lettere non era affatto un lavoro eccitante, soprattutto perchè tutto ciò che riuscirono a scoprire fu che la casa apparteneva ai nonni materni di Diana, dove avevano vissuto fino alla morte. In qualche modo poi, Daniel Harvey aveva ereditato la dimora e ci si era stabilito dopo aver finito la sua riabilitazione: quello doveva essere il motivo per cui la casa era stata dotata di tecnologie babbane come l’elettricità. Dopo aver esplorato l’interno della grande abitazione, le colline, le pianure circostanti e dopo aver cavalcato l’onda dell’entusiasmo per trovarsi in un luogo nuovo, scivolarono in una noiosa routine che non faceva altro che renderli nervosi e irritabili, dato che l’attività più avventurosa era rappresentata dal recarsi al supermercato per sgraffignare provviste utilizzando sempre qualche trucchetto o incantesimo per evitare di dover pagare con soldi babbani che nessuno di loro possedeva.
La sola a non darsi per vinta era Diana.
L’unico momento in cui Fred riusciva ad ottenere la sua attenzione era quando si offriva di aiutarla a cercare indizi tra le pagine ingiallite dei vecchi libri o nella corrispondenza del padre. 

- Non so che cosa speri di trovare... - sbuffò Fred frustrato, mentre sfogliava svogliatamente un plico di lettere. Alzò lo sguardo sul vecchio orologio appeso al muro che erano riusciti a rimettere in funzione. Erano quasi le due del mattino e Diana era ancora china a spulciare le vecchie lettere sbiadite.
- Nessuno ti obbliga ad aiutarmi - scattò subito Diana, nervosamente, come sempre da quando si trovavano nella dimora dei McKinnon.
- Ho solo chiesto cosa speri di trovare - continuò Fred stoicamente. Era ormai ampiamente abituato alle frecciatine pungenti della ragazza.
Diana alzò lo sguardo dal foglio. I capelli biondi erano disordinatamente raccolti in uno chignon, gli occhi verdi erano cerchiati da occhiaie scure e si stava mordicchiando il labbro inferiore, pensierosa.
- Non so - rispose Diana evasiva sistemandosi i ciuffi di capelli sfuggiti alla rudimentale pettinatura - qualsiasi cosa che possa essere utile.
- Dovremmo riposare - suggerì Fred incoraggiante. Lui sicuramente aveva voglia di sdraiarsi e di dormire. Gli occhi gli bruciavano per aver letto fino a quell’ora solo con la luce di una vecchia lampada da tavolo e sentiva le spalle doloranti per essere stato curvo a leggere, cosa che addirittura dubitava fosse successa ai tempi di Hogwarts.
- Mmhh - mugugnò Diana riabbassando lo sguardo sul tavolo - tu vai a dormire, se vuoi...io resto ancora un po’.
- Resto anche io - sospirò Fred massaggiandosi gli occhi e appoggiando il mento sulle mani intrecciate. Se fosse andato a dormire senza Diana, sicuramente lei non si sarebbe fatta problemi a rimanere sveglia tutta la notte.
- Dovremmo provare a utilizzare di nuovo quella specie di potere che hai... - tentò di dire Fred per l’ennesima volta da quando erano arrivati in Scozia.
Per la milionesima volta, Diana gli rispose che non era quella la sua priorità.
- Ma non sei curiosa di capire che cosa puoi fare? - cercò di stuzzicarla Fred.
- Mmh...si tipo fare del male a qualcuno? - domandò Diana assorta mentre fissava una lettera particolarmente malconcia e poi aggiunse: - Ti ho già detto che non è una cosa che riesco a controllare e finché non ne sapremo di piú...
- Ovvio che non la sai controllare se mai ti eserciti... - la interruppe Fred, convinto di essere nella ragione.
- Fred - esordì Diana puntando lo sguardo nel suo e stringendo le palpebre in maniera minacciosa - ho detto no.
Fred si limitò a emettere uno sbuffo, lasciò vagare lo sguardo sulla miriade di fogli sparsi alla rinfusa sul tavolo e allungò una mano per mischiarli come se fossero le carte di un gioco da tavolo.
Diana gli rivolse un’occhiataccia, ma rimase in silenzio, mentre Fred pescava casualmente un foglio nel mucchio creatosi e lo portava davanti a sè per leggerlo sbattendo le palpebre per mettere a fuoco i caratteri.
8 novembre 1987

Caro Daniel,
Spero che tu, Sarah e Diana stiate bene. Il mio viaggio sta procedendo e sto visitando e studiando moltissimi luoghi insoliti. 
Spero di riuscire a tornare per il prossimo mese!
Riguardo a ciò che mi hai chiesto nella tua ultima lettera in merito all’orologio da taschino, sto cercando di scoprire quanto più possibile, ma non è semplice. Tutto ciò che la gente sa sono leggende e niente più, ma sono fiducioso. 
Avrai mie notizie molto presto.
Ben


- Ehi - si rianimò Fred raddrizzandosi di scatto sulla sedia - ho trovato una lettera di Ben!
Diana puntò lo sguardo stanco in quello di Fred, mentre lui le passava la breve lettera. Diana scorse velocemente il testo e, una volta terminata la lettura, prese a frugare compulsivamente nel mucchio di lettere borbottando tra sè e sè: - Di che parla...deve esserci un’altra lettera di Ben...
- Parla del Blackhole, secondo te? - chiese Fred aiutandola nella ricerca.
Diana annuì e gli fece un piccolo sorriso, mentre le loro mani si sfioravano, entrambe impegnate a scartabellare la montagna di lettere.
Nella biblioteca avevano trovato parecchi libri che parlavano dei Blackhole, molti dei quali erano gli stessi che Lupin aveva prestato a Diana per documentarsi sull’argomento.
Tutto ciò non faceva altro che confermare il fatto che Daniel Harvey sapesse molto bene che cosa fossero i Blackhole e che cosa fosse il vecchio orologio da taschino; il fatto che chiedesse notizie a Ben aveva assolutamente senso, dato che nei suoi viaggi e nei suoi studi, il cugino doveva aver avuto modo di conoscere un sacco di strani oggetti e leggende.
Diana e Fred rimasero svegli ancora per un’altra ora abbondante, ma tra tutte le lettere abbandonate sul tavolo, quella trovata da Fred sembrava essere l’unica scritta da Benjamin Murray.

                                                                                           °°°°°°°°°°°°°°°

I giorni si trascinavano uno dopo l’altro, tutti uguali e monotoni.
Diana aveva trovato un altro paio di lettere scritte da Ben, ma erano tutte molto brevi e si limitavano a riportare poche informazioni, se non il fatto che Benjamin, non solo conoscesse i Blackhole, ma che i particolari manufatti magici fossero uno dei principali argomenti dei suoi studi. Questo non aveva fatto altro che rendere Diana ancora più nervosa e intrattabile, tanto che ormai George la evitava come la peste e Lee si teneva a debita distanza da quando, in un momento di estrema frustrazione da parte della ragazza, un libro era stato scagliato per la stanza e aveva rischiato di colpirlo in testa. Anche Fred si teneva in disparte per cercare di evitare l’ennesima discussione.

Una notte di fine settembre scoppiò un violento temporale. Fred, che dormiva in una delle camere all’ultimo piano, si svegliò di soprassalto per il rombo di un tuono che sembrò squarciare il cielo. La pioggia scrosciava impetuosa sul lucernario situato sul tetto a spiovente della stanza e il vento sibilava avvolgendo con furia la vecchia casa scricchiolante.
L’altro lato del letto era vuoto. Come sempre. Diana ormai dormiva sul divano della biblioteca o del soggiorno, come se il salire al piano di sopra a dormire non facesse altro che togliere tempo alla sua ricerca. Fred spinse le gambe fuori dal letto e a piedi scalzi si diresse verso il piano inferiore. Una delle imposte sbatteva furiosamente a causa del vento e di certo non sarebbe riuscito a riaddormentarsi con quel rumore, quindi si mise alla ricerca della finestra da chiudere.
Una flebile luce proveniva dal soggiorno, dove una testa bionda era riversa sul tavolo inondato di libri e scartoffie. Diana si era addormentata con la testa sul tavolo, la guancia appiccicata a una piccola montagna di buste e i capelli biondi a coprirle gran parte del viso.
Il camino era illuminato fiocamente dalle ultime braci ormai sul punto di spegnersi.
La persiana del soggiorno continuava a sbattere senza sosta, ma Diana respirava regolarmente, profondamente addormentata. Fred richiuse a fatica la persiana a causa del forte vento e si avvicinò a Diana per svegliarla, ma il suo sguardo si posò su uno dei libri che Diana ancora doveva consultare. Sporgeva abbondantemente dall’angolo del tavolo, rischiando di cadere. Fred lo spinse all’interno del tavolo e le sue dita incontrarono un foglio infilato tra le pagine come un segnalibro, così incuriosito lo aprì in quel punto.
Sembrava essere un antico tomo che trattava di leggende e manufatti magici. Il capitolo contrassegnato era dedicato ai Blackhole e il foglio inserito tra le pagine era indubbiamente una vecchia lettera.
Fred riconobbe la calligrafia aristocratica e antiquata di Benjamin Murray ancor prima di incontrare il nome del mittente. La lettera era più lunga delle precedenti e quindi Fred si sedette silenziosamente sul divano a leggere, dato che ormai era perfettamente sveglio.

Man mano che proseguiva nella lettura, gli sembrava che qualcosa di freddo e viscido si fosse annidato all’interno del suo stomaco facendo crescere in lui sdegno e incredulità in egual misura.
Fred strinse le dita sul foglio ingiallito, e interruppe la lettura per osservare Diana, ancora profondamente addormentata.
Voltò il foglio per cercare altre informazioni, ma s’imbattè solo nel retro ingiallito e chiazzato della vecchia lettera.
Represse a fatica l’istinto di svegliare subito Diana per mostrarle il contenuto della lettera.
La sola idea di far leggere a Diana quelle parole, gli provocò un dolore al centro del petto. Gli sembrava già di vederla: rannicchiata a leggere con le lacrime agli occhi e una mano stretta al petto per impedirsi di andare in mille pezzi.
Fred si alzò dal divano e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza.
Sospiró profondamente, passandosi una mano tra i capelli e poi sul viso, guardando Diana dormire indeciso sul da farsi.
Rimase per un po’ dritto in piedi in mezzo al soggiorno con la lettera ancora in mano a valutare i pro e i contro. Non era da lui. Solitamente avrebbe agito d’istinto, senza pensare alle conseguenze. Sarebbe stato infinitamente più semplice, anzichè arrovellarsi sull’ignoto a piedi nudi nel cuore della notte, ma l’ultima volta che aveva agito d’istinto aveva chiuso Diana in un bagno e si era ritrovato con un senso di colpa che bruciava più del ceffone con cui la ragazza lo aveva gentilmente omaggiato.
Con un altro profondo sospiro, ripiegò il foglio e lo infilò nella tasca dei pantaloni del pigiama.
- Pixie... - mormorò in un fil di voce chinandosi su di lei e scostandole i capelli dal viso - andiamo a dormire dai...
Diana, senza aprire gli occhi, arricciò le labbra in una smorfia imbronciata.
Fred emise un debole sospiro accompagnato da un sorriso, poi prese Diana tra le braccia per portarla a letto. Mentre la ragazza gli appoggiava la testa sulla spalla e salivano al piano superiore, Fred decise che l’indomani a mente lucida, avrebbe deciso cosa fare.
Il giorno dopo, però, non ebbe il coraggio di dire nulla a proposito della lettera.
Non lo fece nemmeno il giorno successivo e neanche in quelli che seguirono. 
Ogni giorno si convinceva che quello successivo sarebbe stato quello in cui avrebbe detto tutto, ma quando la mattina del giorno dopo arrivava, non faceva altro che rimandare il momento della verità. Ogni giorno tentava di vivere come se quella lettera non fosse mai esistita, ma sfortunatamente, quello stupido foglio intriso di inchiostro esisteva, insieme al suo contenuto. 
Ormai passava ogni attimo a lambiccarsi per trovare le parole giuste per parlare a Diana di quella lettera che come un tarlo si nutriva di ogni suo pensiero. 

Anche in quel momento, mentre si trovava accanto alle rovine del vecchio castello che si specchiava nel lago a poca distanza dal cottage dei McKinnon, con le mani affondate nella tasca della felpa, sentiva il peso tagliente del foglio contro i polpastrelli. Lo portava sempre con sè per evitare che Diana potesse trovarlo.
- Ti ho cercato dappertutto! - George apparve alle sue spalle sollevato e con il fiato corto.
- Volevo uscire un po’ da quella casa - ammise Fred con le dita che continuavano a tormentare l’angolo del foglio nascosto nella tasca.
- Già - concordò George sedendosi sopra a un masso e respirando a pieni polmoni - Diana sembra quasi di buonumore oggi. Pensa che stava addirittura cucinando e chiacchierando con Lee...
- Menomale - Fred buttò lì velocemente una risposta, perchè tutti i suoi pensieri lo impegnavano così tanto da togliergli ogni voglia di conversare.
- Si può sapere che hai? - sbottò di colpo il gemello - puoi darla a bere agli altri, ma non a me. Ti si è annodata la bacchetta?
Fred si passò una mano tra i capelli, indeciso se rivelare o no al fratello quanto avesse scoperto. George lo fissava, in attesa. Lui e suo fratello si erano sempre detti tutto, perciò senza indugiare ulteriormente, estrasse il foglio ormai stropicciato dalla tasca e lo allungò al gemello.
George, con sguardo stranito, prese il foglio e iniziò a leggere. I suoi occhi scorrevano avanti e indietro stringendosi e spalancandosi man mano che continuava la lettura, fino a che abbassò il foglio e puntò lo sguardo incredulo in quello di Fred.
- Lei non lo sa...? - si limitò a domandare George, anche se quello che uscì dalle sue labbra non era un vero e proprio interrogativo.
Fred scosse la testa.
- Ovvio che non lo sa... - George si rispose da solo in un cupo borbottio scalciando un sasso con un piede e restituendo il foglio - Freddie, dovresti...
Il sasso atterrò nell’acqua con un tonfo liquido che riecheggiò tra le vecchie pietre muschiate delle rovine adagiate sul pendio erboso.
- Si, lo so cosa dovrei! - rispose seccamente Fred ripiegando la lettera in tasca - ma non ci riesco!
George lo guardava, ma non sembrava comprenderlo.
- E’ già stata così male - provò a spiegarsi meglio Fred - prima sua madre, poi sua zia... poi suo padre che è tornato e...non me la sento di farla soffrire di nuovo...
George gli mise una mano sulla spalla e lo guardò con espressione comprensiva: - Ma non saresti tu a farla soffrire - puntualizzò.
Fred si limitò a scrollare le spalle contrariato.
- Se non ricordo male, le avevi fatto una promessa... - gli fece notare George.
Fred deglutì a disagio. Era proprio quello ciò che lo faceva stare peggio: l’aver promesso a Diana di non nasconderle nulla.
- Se dovesse scoprirlo - continuò George stringendo le labbra - ti farà nero...
- Lo so - ammise Fred passandosi una mano tra i capelli e scrutando il lago alla ricerca di un suggerimento su come comportarsi - glielo dirò! Devo solo decidere come e quando...
George aprì la bocca per continuare il suo elenco di consigli, ma Fred lo bloccò con un gesto della mano: - Non farti venire l’idea di dirle tu qualcosa o di parlarne con Lee! Lo sai che lui si lascerebbe sicuramente scappare qualcosa!
- No! No! Figurati - riprese George con un lieve sorriso - lascio a te l’onore...
Fred scosse la testa e strinse le labbra, sempre più contrariato, prima di incamminarsi nuovamente verso la casa seguito dal gemello.


                                                                          °°°°°°°°°°°°°


Un pomeriggio piovoso di fine ottobre, Diana stava consultando uno degli innumerevoli volumi dei McKinnon, mentre Fred e George, pigramente, cercavano di fare una partita a scacchi babbani incantati affinchè agissero come quelli magici, senza prestarvi però, particolare impegno.
L’umore dei ragazzi non aveva fatto che peggiorare, logorato dalla noia e dall’inedia. Sicuramente il restare rinchiusi tra quelle quattro mura non aveva giovato né a Fred né a George, i quali si trovavano a loro agio solo affaccendati o con qualche progetto da mettere in atto. 
L’unica valvola di sfogo era quella di punzecchiarsi a vicenda. Fred era diventato di umore ancora più provocatorio e velenoso che mai e non risparmiava frecciatine o battibecchi con nessuno, in particolare con Diana.
George non faceva altro che incalzare Fred con occhiate eloquenti e, non appena si trovavano da soli, si intestardiva continuamente a chiedergli se finalmente avesse parlato con Diana della lettera, innervosendo ancora di più il fratello.
Lee, l’unico che sembrava conservare una parvenza di sanità mentale, stava sfogliando un quotidiano babbano che avevano sgraffignato in paese e che recava un grande titolo che recitava “Ondate di freddo anomalo” mentre più in basso si poteva leggere “Esplosioni e terrore: l’Ira colpisce ancora?”. In fondo alla pagina, invece, c’era un altro articolo intitolato: “Continuano le indagini sulla morte di Diana Spencer, principessa di Galles”.
Ormai anche il mondo babbano si stava rendendo conto che qualcosa di strano stava accadendo.
Per una strana deformazione professionale, quando andavano in missione nei paesi circostanti, Lee non faceva altro che cercare riviste per cercare di tenersi aggiornato su quanto succedeva nel mondo reale.
Lee rimpiazzò il quotidiano con una copia de “Il Cavillo”.
- E quello dove lo hai preso? - domandò Fred indicando la rivista.
- Mmmpf... - mugugnò Lee - sono abbonato, anche se ancora per poco, credo...
- Perchè? - si incuriosì George.
- Quel pazzo di Xeno Lovegood sta proprio dando i numeri - bofonchiò Lee girando le pagine con sdegno - mette in giro la voce che l’incidente a Lady Diana a Parigi sia opera dei Mangiamorte...
Fred emise un sonoro sbuffo che si trasformò in una specie di pernacchia, mentre la sua torre veniva amabilmente distrutta dalla regina di George.
La quotidiana pioggia scozzese sgocciolava sui vetri e il ritmico ticchettio delle gocce d’acqua gli metteva sonnolenza.
- Che noia - sbuffò George sbadigliando e lasciandosi cadere sul divano accanto a Lee.
- Pff - mugugnò Fred lanciando un’occhiata obliqua a Diana che non aveva alzato il naso dalla pagina del libro che stava leggendo. Trovava inquietante il numero di ore che la ragazza passava a leggere, immobile e immersa nel suo mondo. Gli ricordava Hermione ai tempi di Hogwarts, in Sala Comune seppellita da pile di libri quasi più alte di lei, da cui sbucava solo la sua chioma di capelli crespi. Trovava snervante il fatto che Diana dedicasse tanto tempo ai libri senza preoccuparsi di quanto lui si sentisse inutile e ingabbiato tra le mura di quella casa. 
Quindi quando dischiuse le labbra per parlare pregustava già il sapore del veleno che sentiva il bisogno di sputare fuori. Sapeva già ancor prima di parlare che avrebbe sbagliato, ma lo fece comunque.
- Lì fuori c’è una guerra e noi siamo rintanati qui come topi... - soffiò rabbioso tra i denti riponendo la scacchiera su una mensola con un colpo di bacchetta.
Con la coda dell’occhio intravide Diana chiudere con così tanta forza il grande librone che, per un attimo, la sua frangia bionda svolazzò. Dopodiché, la ragazza spazientita, strisciò la sedia con forza per allontanarsi dalla stanza e scese nel seminterrato della vecchia casa sbattendo i piedi con estrema enfasi.
La soddisfazione che Fred aveva provato esternando la sua frustrazione evaporò subito come acqua nel deserto, lasciandolo piú assetato e inappagato di prima.
- DAI, PIXIEEEE! SCUSAMIIII! - gridò Fred rivolto verso l’imbocco delle scale senza muoversi dal divano - NON VOLEVOOOO! CHIEDO UMILMENTE PERDONO!!
- Vai, adesso è il momento! - sibilò George dandogli una gomitata indicando le scale con sguardo eloquente.
- No! Non è affatto il momento! - rispose Fred con un’occhiata altrettanto eloquente -  è già incazzata come un Troll di montagna!
- E di chi è la colpa? - George gli rivolse ironicamente una domanda retorica, guadagnandosi una smorfia come unica risposta.
- Il momento per cosa? - si interessò Lee scocciato alzando lo sguardo dal giornale che ancora teneva tra le mani.
Nè Fred nè George lo degnarono di una risposta, così Lee chiuse definitivamente il giornale sospirando e, prima di seguire Diana al piano di sotto, fece notare: - Vado a sistemare i vostri casini, come sempre...
- Perchè io devo essere sempre messo in mezzo? - si lamentò George, mentre Lee spariva giù dalle scale.
Fred affondò istintivamente la mano nella tasca e ne estrasse la lettera: con sguardo assorto la dispiegò e la rilesse per l’ennesima volta, quasi sperando che con il passare del tempo, l’elegante grafia di Benjamin Murray si fosse trasformata in un semplice resoconto di viaggio.
Purtroppo, le parole ordinate e perfette erano ancora lì, immutate, e recitavano lo stesso identico messaggio.
 
17 luglio 1989

Daniel,
Sai che non sono mai stato d’accordo sul fatto che tu abbia dato il Blackhole a Sarah senza prima aver fatto le dovute ricerche e ora ho la prova che ciò che stai facendo non solo non è sicuro, ma altamente pericoloso.
Ho scoperto che i Blackhole per i maghi sono nocivi: a lungo andare si trasformano in parassiti della magia, si nutrono di essa fino a risucchiarne ogni singola goccia dal mago che lo possiede, insieme alla sua linfa vitale. 
Per questo devi assolutamente riprenderti il Blackhole e toglierlo a Sarah prima che sia troppo tardi! 
Non è un oggetto con cui scherzare! E’ molto più pericoloso di quanto pensassimo! 
So che hai sempre desiderato la magia, ma mettere in pericolo Sarah ne vale davvero la pena? Ragiona, per favore!
Sto iniziando anche a temere che quei malesseri di Sarah di cui mi hai parlato possano essere collegati al Blackhole!
Attendo con ansia tue notizie, sperando vivamente che tu mi dia ascolto!
Cercherò di tornare il prima possibile a Edimburgo!
Ben



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Ciao!
Eccomi tornata a tormentarvi con questa storia :D
Spero che questa lettera finale sia riuscita nell'intento e cioè di dare un senso agli eventi del passato e a fornire altre conoscenze sul Blackhole(nel dettaglio ci sarà poi un capitolo appositamente dedicato, tra non molto....ma siccome questa è anche una love story dovrete sorbirvi anche Diana e Fred! XD)
Fred riuscirà a trovare il coraggio di mostrare la lettera a Diana? E lei come la prenderà?
Fatemi sapere che ne pensate perchè mi ci sono arrovellata abbastanza per cercare di far quadrare tutto!
a presto e grazie a chi legge e commenta!
P.S. Ci troviamo temporalmente tra l'agosto e l'ottobre del 1997 quindi la morte di Diana Spencer mi sembrava un fatto di cronaca decisamente attuale all'epoca!


  
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