Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: RLandH    12/02/2023    0 recensioni
Quando il Dio-Di-Ogni-Cosa-Buona creò gli uomini non li fece tutti uguali, al contrario: si impegnò perché fossero più diversi, variopinti e colorati possibili, come fiori.
Si adoperò perché i suoi uomini fossero come i fiori del suo giardino, virtuosi, bellissimi, colorati ma differenti.
Unici.
Eccezionali.
Ogni fiore era unico, non solo da una specie all’altra ma da un individuo all’altro.
Così, erano e dovevano essere gli uomini.
Bellissimi.
Furono gli uomini, in maniera del tutto arbitraria, a decidere che quella diversità andasse classificata, andasse ordinata, secondo il loro iniquo giudizio.
Che il dono di Dio dovesse essere – non un regalo ma – un assetto.
E, che gli uomini professino quel che vogliono, tale iattanza fu Il Principio.

C'è un cavaliere, senza ne arte ne parte, che cerca uno scopo ed un mondo che non ha riguardi verso di lui o altre anime sfortunate. Circa.
Cosa può, d'altronde, un uomo contro Re, Signori e Principesse? Cosa può un uomo contro il Destino stesso?
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

P R E L V D I O
S I A   C O N S E G N A T O   A L L ‘ E T E R N O

 

Sapeva che era sbagliato spiare una donna nuda che si dilettava in un bagno, ma era un sapere piuttosto … intuitivo. Nessuno lo aveva mai rimproverato, lo aveva mai proibito o altro, si era sempre detto che non stava bene. Però lui era un bambino curioso.

Nizza veniva dalla terra dei fiori, era appena arrivata, da quelle parti, con i suoi vestiti marciti addosso, le suolo delle scarpe così consumate da aver scoperto le piante nude dei piedi ed i capelli castagna, arruffati come il nido di una rondine. Selvaggia nella maniera sbagliata, come un cane con la rogna.
“Ho bisogno di un posto … dove stare” aveva detto solamente, quando l’avevano vista attraversare la vecchia porta sud, con sguardo vacuo e preoccupato verso i ruderi – lui adorava quella parola, ruderi.
Oh, lui supponeva avesse detto, faceva ancora fatica a parlare il fioriano. A casa sua parlavano la lingua dei ghaadiani e lui stava imparando la lingua dei fiori nelle lezioni di maestro Iustir assieme agli altri bambini. Sua madre non aveva voluto impararlo, non le interessava affatto, anche il ghaadiani, diceva sempre, le faceva male alla lingua. Suo padre lo conosceva ma non era bravo e per questo non si sforzava molto, non gli piaceva mostrare quello in cui non era bravo.

La cosa faceva sempre ridere lui, perché lo trovava stupidissimo.

Il fioriano però era una bella lingua, era come il miele sulla lingua ma nelle orecchie – aveva provato a dirlo a lezione, ma gli altri ragazzini avevano riso.

“Per me dovremmo avere una lingua tutta nostra” aveva detto invece Diosana, che era fioriana, con il sangue tulpee – come lui – e i capelli rossi così scuri da sembrare legno di ciliegio. “Potremmo imparare la vecchia lingua del Florido Impero” aveva proposto il maestro Iustir. Questo aveva confuso lui perché pensavano che stessero già imparando la lingua dell’impero.

“Che stai facendo?” la domanda lo aveva costretto a tornare con i piedi per terra e Nizza lo stava guardando. Era entrata nella vasca nel ruscello con una veste addosso che le arrivava alle ginocchia. Si era inzuppata dalla vita in giù ed aveva umettato i capelli, che invece di aprirsi in ogni direzione, scendevano pesanti sul viso. Lui si era tirato dritto come una pertica, colto sul fatto, con le guance arrossate per l’imbarazzo. “Oh, sei uno spione, volevi vedere i miei capezzoli?” aveva chiesto subito Nizza, sollevando un sopracciglio scuro, “O volevi vedere direttamente la mia fica?” aveva chiesto subito lei sfacciata.

Lui si era fatto più rosso del suo crine, più rosso di una mela matura, “No! No” aveva strepitato, “Volevo vedere il fiore!” aveva detto.

L’espressione divertita e giocosa sul viso di Nizza si era assopita, “Immagino che da queste parti si vedano solo tra i solchi delle pietre e nei campi” aveva concesso, facendo schioccare le labbra, erano piccole e sottili, diverse da quelle di sua madre. Lui aveva annuito, “Anche se rimando dell’idea che tu voglia solo una scusa per guardarmi le tette” aveva ridacchiato Nizza per prenderlo in giro.

“No!” aveva replicato subito lui.

“Quante sorelle hai?” aveva chiesto subito la donna. “Sorelle o sorelle?” aveva domandato di rimando il ragazzino, Nizza aveva riso, la sua risata era bella, sembrava il canto di un uccello – o almeno come il maestro diceva i poeti dicessero.

“Ventisei … ventisette tra un ciclo” aveva risposto alla fine lui, “Avevo anche un fratello, ma non me lo ricordo. Era otto sorelle più piccolo di me. Abbiamo avuto entrambi la pelle rosa ma solo lui è morto” aveva raccontato lui, incerto sul perché lo avesse fatto.

Nizza aveva annuito, l’acqua dei capelli umidi le gocciolava sul torso, così appesantiti, i capelli raggiungevano metà della schiena, “Anche io avevo una sorella. Nenia, è morta di febbre puerperale dopo un sanguinamento, aspettava un bambino” aveva detto con espressione triste, “Ora entrambi sono fiori nel Giardino del Dio-di-ogni-cosa-buona”.

Lui era rimasto in silenzio davanti quell’ultima parola, non sapendo come rispondere. Gli dispiaceva per il suo fratellino, anche se non lo conosceva. La sua marra piangeva ancora ogni tanto la notte ed anche se i suoi genitori avevano abiurato – a lui faceva ridere quella parola – la fede, ogni tanto lo sentiva ancora sussurrare, di nascosto, qualche preghiera. Anche a lui mancava, gli mancava l’idea di avere un fratellino, con cui condividere tutto.

Si era formato un silenzio tra loro, lungo, “Dovresti rispondere: Cresca forte il suo fiore” aveva detto Nizza.
Lui si era morso le labbra, “Perché?” aveva chiesto, “Convenzione” aveva risposto la donna, “È un modo gentile per raccomandare l’anima dei morti” aveva spiegato. I suoi genitori non praticavano, nessuno lì credeva in nulla, erano liberisti – così diceva sempre il maestro – credevano solo negli uomini e nel libero arbitrio.
Che il tuo ricordo sia consegnato all’eterno. Così dice la mia marra, almeno” aveva risposto lui. Nizza aveva sorriso e poi era stato silenzio.

Lungo, spesso e quasi soffocante.

Nizza aveva rotto quella situazione pensante con una battuta; “…e la tua marra, lo sa che vai chiedendo alle fanciulle di vedere le loto terre … perdono, i loro fiori?” aveva chiesto Nizza, aveva perso quell’espressione tetra per riprendere la sua giocosa.

Lui non era arrossito solo perché fisicamente non avrebbe potuto di più, ma aveva provato una sensazione stringente allo stomaco pensando all’espressione contrita che avrebbe avuto la sua marra. “No, io non lo vado a chiedere” aveva detto.

“Perché nessuna ragazza ha dei fiori, vero?” aveva chiesto retorica Nizza.
“Nessuno, in realtà” anche se non era vero. Sapeva che qualcuno conservava i suoi fiori, nessuno voleva imporre qualcosa a qualcuno. Almeno per i forestieri, questo non era valso per lui, ma non gli importava molto. Differentemente dal suo fratellino, non sentiva nostalgia per quella mancanza.
Nizza aveva annuito, poi aveva allungato una mano sull’orlo superiore della vestaglia, era largo e con uno scollo a barca, lo aveva fatto scendere sul lato sinistro, scoprendo un po’ la carne del seno, ma senza esporsi troppo. Lui non era davvero intenzionato a guardare i suoi capezzoli, ma era stato rapito dalle linee sul petto.
Erano nere e delicate, in alcuni punti si ingrossavano, creando un disegno dinamico. I fiori erano due piccoli, a cinque petali, spatolati, che si chiudevano ripidi su una punta arrotondata, la carne nei pressi del petalo raggiungeva leggere sfumature violacee. Gli steli erano sottili e si univano in foglie strette, spesse ed aguzze. “È una sassigrafa?” aveva chiesto lui, “Sì, penso. Non sono brava con i fiori – lo so, fa ridere detto da una fioriana” aveva replicato.

Lui aveva ridacchiato, “Il disegno è molto bello” aveva considerato, “Sì, sono stata fortunata” aveva detto Nizza, passandosi i polpastrelli sui segni, da quella distanza sembrava quasi un marchio ad inchiostro, fatto da un’ottima mano umana, “Ma decisamente non perfetto” aveva considerato Nizza stessa. “Mio padre ha sposato la seconda cugina della sua anima condivisa, i loro fiori erano simili, lei era morta per una zoccolata di cavallo. Mia madre d’altro canto era benedetta. Strane le vie del destino. Vicina alla perfezione, senza toccarla” aveva scherzato la ragazza poi, sotto lo sguardo confuso di lui.

Sapeva che i figli di anime condivise, i bambini giusti, erano perfetti in una maniera quasi che suo padre definiva ‘violenta’ – come sua madre, sebbene lei negasse la sua benedizione – ma “Adesso, vizioso tornatene a casa, che ho tutta l’intenzione di tirare via lo schifo di dosso. A meno che tu non voglia vedere anche la rosa tra le mie gambe” aveva dichiarato Nizza.

Si era sbagliato, era stato possibile divenire ancora più rosso, sentiva la sua pelle andare in fiamme, come se un incendio divampasse nel suo petto. Aveva recuperato la calma, dopo aver arrestato il battito feroce, come il galoppare di un cavallo, del suo cuore ed aveva annuito, lanciando un ultimo sguardo al fiore sul seno della ragazza, “Grazie” aveva detto, facendo un passo indietro.

Lei aveva fischiato, “Aspetta. Fammi vedere il tuo” le aveva detto, fissandolo. Aveva occhi scuri come noccioli di mela. “Io non ho un fiore” si era difeso lui. “Tutti hanno un fiore” aveva ribattuto Nizza, “Il tuo è stato semplicemente estirpato” aveva aggiunto.

“Vuoi vedere la mancanza, allora” aveva considerato il ragazzino incerto, toccandosi il cuore. Nizza aveva annuito, “Devo sapere come sarà la terra una volta che ci avrò sparso il sale” aveva risposto.


 


   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: RLandH