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Autore: blackjessamine    19/02/2023    7 recensioni
È una verità universalmente riconosciuta che i maghi non sappiano nulla di leggi economiche. Tuttavia, Gilderoy Allock una cosa la sa: in un mercato stagnante e chiuso come quello dell'editoria magica non c'è posto per due regine.
Per questo Queenie Royal, la misteriosa autrice capace di fare impazzire ogni strega con i suoi libri d'amore, rappresenta una minaccia pericolosissima per chiunque voglia indossare una corona d'inchiostro.
Una minaccia resa ancor più pericolosa dal suo essere invisibile, dal momento che nessuno, nemmeno gli editori più scaltri, sembrano aver mai posato lo sguardo su questa gallina dalle uova lilla.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gilderoy Allock, Kingsley Shacklebolt, Rita Skeeter, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Regine e Zarine



 

Gilderoy sedeva nell'ufficio di Septimus, attento e concentrato.

Era nervoso, sì, ma decisamente meno di quanto si sarebbe aspettato di essere in una situazione del genere: quando aveva pensato al momento in cui avrebbe dovuto affrontare Queenie Royal, era sempre stato convinto che sarebbe stato preoccupato. Preoccupato di vedere in lei un'avversaria troppo pericolosa per poterla davvero battere, preoccupato di portare a termine il piano di Septimus – di non riuscire a portarlo a termine, oppure preoccupato di farcela. 

Di certo, non si sarebbe mai aspettato di correre incontro a quella situazione con il cuore gonfio di angoscia per una relazione che non avrebbe neanche dovuto intraprendere e che, nel momento in cui aveva rischiato di infrangersi, lo aveva lasciato pieno di terrore.

Aveva lasciato casa sua, seguendo Septimus, senza neanche capire che cosa stesse succedendo. Sentiva il respiro incastrato in gola e un  senso di oppressione nel petto in grado di soffocarlo, ma Septimus aveva cominciato a parlare e parlare e parlare, lo aveva confuso, lo aveva riempito di lusinghe e aveva ritrovato il ruolo che aveva sempre ricoperto nella vita di Gilderoy.

Una guida, un faro nella notte, un genitore in grado di spiegargli cosa fosse meglio per lui e come esprimere al meglio i propri talenti.

E, piano piano, Gilderoy era tornato sé stesso. Aveva raccolto tutte le sue parole, le aveva reinserite nei giusti cassettini mentali, aveva percorso i corridoi della Magic Inkheart tornando a sentirsi Gilderoy Allock, la punta di diamante della casa editrice, l'autore capace di vincere il premio per il più alto numero di copie vendute, il favorito nel concorso per il Sorriso Più Affascinante del Settimanale delle Streghe. Era tornato a indossare i panni del genio, dello scrittore vincente, dell'uomo talentuoso e affascinante capace di scalare qualsiasi classifica di successo.

Era stato come ritrovare un amico perduto da tempo: Gilderoy aveva lentamente ritrovato tutti i propri atteggiamenti, e con loro la disposizione mentale adatta per disporsi con il giusto miscuglio di curiosità e voglia di combattere ad accogliere la vera identità di Queenie Royal. Perché forse l'idea di dover affrontare Septimus e i suoi piani di sabotaggio poteva anche essere angosciante, ma Gilderoy aveva bisogno di conoscere la Royal. Aveva bisogno di vedere il suo viso, di strappare via il mistero a quel personaggio per restituirle i contorni umani. Aveva bisogno di strapparle via quell'aura che era stata in grado di terrorizzarlo e atterrirlo: al di là di qualsiasi considerazione, al di là del suo successo e del pericolo che rappresentava, Queenie Royal era solo una donna. Umana, fallibile, piena di difetti, ma pur sempre una donna.

 

Un lieve bussare alla porta.

Septimus, che fino a quel momento aveva continuato a chiacchierare ininterrottamente, con ogni probabilità nel tentativo di impedire a Gilderoy di pensare, assunse improvvisamente un'aria grave.

"Un secondo solo", gridò, prima di lanciare a Gilderoy uno sguardo carico di significato.

"Sei pronto?"

Gilderoy annuì.

"Niente colpi di testa? Niente sciocchezze?"

Gilderoy annuì di nuovo, e poi si sforzò anche di trovare  un po' di voce per confermare che sì, era pronto ad affrontare Rita Skeeter senza rischiare di fare alcuna sciocchezza.

"Ricordati, Rita non sa e non deve sapere niente delle tue… esitazioni su Queenie. Puoi tenerle fuori da questa stanza?"

"La Skeeter è l'ultima persona sulla faccia della terra con cui vorrei parlarne, Septimus, per chi mi hai preso?"

Septimus annuì, già in piedi e diretto verso la porta dell'ufficio.

Rita Skeeter quella mattina si era infilata a forza in tallieur color cetriolo pallido, un colore che sembrava fatto apposta per riflettersi sulla sua carnagione in ombre giallastre ed esaltare nel miglior modo possibile le occhiaie incorniciate dalla montatura ricoperta di strass dei suoi occhiali.

Il rossetto arancione sottolineava il suo sorriso avido mentre stringeva la mano di Septimus, gli occhi incollati su Gilderoy con la stessa cupidigia di un invitato maleducato davanti al buffet di una festa elegante.

"Gilderoy, ma che bellissima sorpresa trovarti qui! Temevo fossi troppo impegnato… altrove… per raggiungerci questa mattina".

Fu solo questione di un battito di ciglia davanti alle implicazioni che Gilderoy temeva di intravedere nelle esitazioni di Rita Skeeter, ma ben presto l'uomo si calò perfettamente nel suo personaggio.

"La stesura del mio ultimo libro mi sta impegnando molto, ma non avrei mai potuto rinunciare a un'occasione come questa", cinguettò fingendo allegria e lasciandosi stringere la mano da quella coronata di pacchianissimi artigli con french manicure arancione della Skeeter.

"Un giorno dobbiamo trovarci davanti a una bella tazza di tè e mi devi raccontare tutto di questo nuovo libro".

Ti vorrei solo raccontare di quanto poco ti doni questo rossetto, avrebbe voluto ribattere Gilderoy, ma seppe trattenersi.

Septimus intanto aveva ripreso posto dietro alla scrivania, lasciando Gilderoy e Rita dal lato opposto delle sue carte. Un professore dal sorriso fintamente bonario davanti a due studenti da disciplinare.

"Allora, Rita, il tuo gufo mi ha detto che hai delle novità importanti, dico bene?"

Rita si leccò le labbra con un gesto rapace, poi fece scattare la chiusura della borsetta che aveva posato in grembo. Gilderoy temeva che stesse per estrarre la sua orribile Penna Prendiappunti, ma lei si limitò ad agguantare una busta di pergamena spiegazzata.

"Dici benissimo, Sept. L'ho trovata. L'ho vista. Vi posso portare da lei, se volete".

Accarezzò la busta, un gesto quasi affettuoso, e lanciò un'occhiata penetrante a Gilderoy.

"Sei straordinaria. Straordinaria! Ma raccontami tutto! Come l'hai trovata? È stato difficile? Lei  com'è? Ci hai parlato?"

Rita e Septimus scoppiarono a ridere, e Gilderoy, per un solo istante, pensò che editore e giornalista fossero proprio sulla stessa lunghezza d'onda.

"Be', no, non direi che è stato difficile. Il mio intuito non sbagliava,  e mi è bastato seguirlo per trovarla".

Rita cominciò a raccontare, la voce piena di entusiasmo e compiacimento per la sua impresa.

Venne fuori che il suo contatto alla Gringott si era rivelato utilissimo: le aveva permesso di analizzare i redditi della Tu-Mi-Streghi, che ovviamente erano cresciuti esponenzialmente con il crescere del successo della reginetta.

Gilderoy storse appena il naso davanti a quell'insistere nel sottolineare i successi di Queenie Royal.

"La cosa interessante è che apparentemente l'unica persona ad aver visto i propri compensi crescere in maniera proporzionale a questi guadagni è una ragazza che ufficialmente compare sul loro libro paga solo come traduttrice dal Maridese".

Il verso di sprezzante sorpresa di Septimus esprimeva perfettamente ciò che lo stesso Gilderoy pensava: solo Ebenezer Flintshire poteva davvero pensare che tradurre in Maridese la sua collana di fiabe per bambini fosse una buona idea. E solo lui poteva pensare di nascondere la sua Queenie dalle uova d'oro fingendo che fosse una traduttrice di quell'esperimento di cui mai nessuno avrebbe parlato, perché a nessuno interessavano fiabe tradotte in maridese o i rapporti fra la letteratura magica e quella delle sirene.

"Non ci vuole molto a fare due più due: nessun altro dipendente della Tu-Mi-Streghi ha guadagnato così tanto, quindi credo di poter affermare senza ombra di dubbio che al secolo Queenie Royal  risponde al nome di Zara Battenberg".

Zara Battenberg.

Zara, una regina

Una regina dal cognome regale, se le conoscenze di Gilderoy sulla storia del cognome dei Mountbatten-Windsor non lo stavano ingannando – e non lo credeva, perché la sua ammirazione per la regina dei babbani e l’arcobaleno che nascondeva nell’armadio lo rendeva piuttosto attento alla questione. 

"È parente della regina? Quella vera, dico?"

Se così fosse stato, Gilderoy avrebbe dovuto semplicemente arrendersi: non avrebbe mai potuto opporsi a qualcuno di siffatto lignaggio.

Gli occhi di Septimus, davanti a quella domanda, sbatterono tre volte di fila, probabilmente incapaci di seguire fino in fondo il ragionamento di Gilderoy.

Rita, invece, lo fissò con uno sguardo vagamente sospettoso.

"Vive nel Gloucestershire", si limitò a rispondere, come se questo spiegasse ogni cosa. E di nuovo fissò Gilderoy, come se si aspettasse qualche sua reazione alla rivelazione.

"In una specie di fattoria", aggiunse la Skeeter, senza mai abbandonare quell’espressione che Gilderoy non era proprio in grado di decifrare.

Questa volta, Gilderoy scoppiò a ridere. Una risata che nascondeva un'ombra di isteria, ma pur sempre una risata.

Una regina reale che viveva in una fattoria e scriveva mediocri storie d'amore su fogli di pergamena impregnati di puzza di cacca di mucca. E con quel lezzo di cacca di mucca riusciva comunque a rappresentare una minaccia per Gilderoy. Non c’era alcun tipo di giustizia in una simile situazione .

“Ci hai parlato?”, domandò di nuovo Septimus, e a quella domanda Rita assunse un’espressione imperturbabile.

“Non ci ho parlato. Non ancora, almeno, perché volevo prima capire come avreste voluto muovervi voi".

Un sottile brivido di paura scorse lungo la spina dorsale di Gilderoy: Rita Skeeter non era certo una persona che faceva qualcosa per niente, e di certo avrebbe voluto qualcosa in cambio, per quel silenzio. Uno scoop capace di svelare l’identità di Queenie Royal non poteva essere pagato solo con delle interviste in esclusiva con Gilderoy, e per un istante Gilderoy ebbe la certezza che la Skeeter stesse giocando tutta un'altra partita, e che lui e Septimus fossero solo degli strumenti per permetterle di raggiungere il suo obiettivo.

"Ho però delle fotografie".

Usando i suoi artigli smaltati come tagliacarte, dischiuse i lembi della busta che aveva estratto dalla borsetta, facendone cadere fuori tre fotografie. Non le diede a Septimus, ma le piazzò con fare deciso in grembo a Gilderoy, tornando a fissarlo con quella sua espressione penetrante e piena di aspettative. 

Con un sospiro deciso, Gilderoy afferrò le fotografie.

La prima era una vecchia immagine in bianco e nero scattata in quella che Gilderoy riconobbe subito come la biblioteca di Hogwarts: due ragazzine che non potevano avere più di quattordici anni facevano smorfie buffe, cercando di tenere in equilibrio una penna incastrandola fra il naso e il labbro superiore. L’ambiente era buio e la fotografia doveva essere stata sviluppata da qualche studente appassionato ma non particolarmente abile, quindi distinguere i tratti dei due soggetti non era semplice.

Le altre due fotografie erano entrambe a colori. Una era piena di luce: un'ampia finestra illuminava una stanza dalle pareti imbiancate a calce – una cucina, a giudicare dallo scintillio di pentole di rame appese con precisione alla parete. In primo piano, col sorriso smagliante di chi è felice di essersi messo in posa, una giovane donna catturava l'attenzione dell'osservatore. Denti bianchissimi spiccavano su un viso dalla pelle scura, occhi profondi illuminati da una luce divertita, zigomi alti e lineamenti regolari: Zara Battenberg sembrava avere davvero il portamento di una regina.

La terza fotografia invece sembrava uno scatto rubato: una giornata uggiosa, prati verdissimi e lì, al centro, la figura alta di Zara. Una donna dal portamento fiero che camminava a passo rapido attraverso il prato, incurante del vento che sembrava intenzionato a strapparle di dosso il mantello da viaggio. Un nastro di stoffa tinta di colori vivaci era annodato attorno al suo capo come una corona da cui si riversava una gioiosa massa di treccine sottili, e sulla sua spalla era appollaiato un rapace. Gilderoy non riusciva a vedere bene, ma aveva l'impressione che non si trattasse di un gufo. Assomigliava di più a Gatsby, a ben pensarci: Kingsley sarebbe stato fiero di sapere che Gilderoy aveva iniziato a distinguere gheppi e civette, ma Gilderoy non voleva pensare a Kingsley, così tornò a concentrarsi su Zara-Queenie. Che era molto diversa da qualsiasi donna Gilderoy si fosse aspettato di trovare dietro la sua rivale. Era una donna dall'aria fiera. Non una bellezza convenzionale, ma era pur sempre decisamente molto bella. Aveva passi decisi, movimenti da atleta, espressioni nette e una luce sempre divertita negli occhi.

"Allora? Cosa ne pensate?"

La voce di Rita riportò  Gilderoy all'ufficio di Septimus. Septimus lanciò a Gilderoy una brevissima occhiata d'avvertimento, come a volergli ricordare di tacere e lasciar fare a lui.

Come se Gilderoy avesse avuto intenzione di prendersi sulle spalle la responsabilità di quella situazione.

"Non me l'aspettavo così. Di certo, mi sembra una signorina affascinante".

Un'altra occhiata a Gilderoy, questa volta fin troppo esplicita: Gilderoy non doveva restare in silenzio e indifferente. 

"Sì, molto affascinante…"

Gilderoy tentò di guardare Queenie-Zara come un uomo sorpreso dal fascino di una donna che avrebbe dovuto detestare e che si rivelava invece estremamente affascinante. Non aveva idea di quale dovesse essere questo sguardo, ma non importava, perché Rita aveva ricominciato a frugare nella sua borsetta per poi estrarre una pergamena arrotolata.

“Ho fatto anche qualche altra ricerca, e ho scoperto che la collaborazione tra Flintshire e la Royal risale a ben prima della pubblicazione del suo primo romanzo”.

Appoggiò la pergamena sulla scrivania, lisciandone i bordi lisi e cercando di eliminarne le pieghe. Gilderoy si sporse un po’ in avanti, e si rese conto che quello che stava osservando non era solo un foglio di pergamena, ma un fascicolo tenuto insieme da pochi punti metallici: L’Eco di Hogwarts, si leggeva in cima alla prima pagina di quello che ora appariva chiaramente come un giornalino scolastico amatoriale. 

Gilderoy lo prese e sfogliò rapidamente i pochi fogli che componevano il giornalino, lasciando scorrere lo sguardo sui titoli degli articoli: cronache delle partite di Quidditch, invettive contro i metodi troppo severi di alcuni insegnanti, caricature di compagni e professori, un articolo su una festa organizzata nella Sala Comune di Serpeverde e terminata con tutti i letti dell’Infermeria pieni di studenti che avevano cercato di procurarsi dell’alcool illegale da un rivenditore decisamente poco attento alla qualità dei suoi ingredienti. E poi annunci di oggetti smarriti e ritrovati, l’appello della squadra di Gobbiglie in cerca di un nuovo capitano, per finire poi con La Regina della posta del cuore.

Gilderoy avrebbe voluto avventarsi su quelle parole, esplorarle una a una e conoscere la Zara-Queenie-Regina adolescente per capire se già in quelle righe acerbe c’era qualche traccia del personaggio che sarebbe diventato poi, ma Rita si era già ripresa il giornale, sfogliandolo rapidamente fino all’ultima pagina.

L’ultima pagina, quella in cui la foto di un giovanissimo Ebenezer Flintshire –  non poteva avere più di quindici anni – campeggiava accanto al titolo di direttore. 

L’eco di Hogwarts  è stata fondata prima che io arrivassi a scuola, ma quando ero al secondo anno e Flintshire all’ultimo, ammetto di aver scritto i miei primi articoli proprio per lui”.

Septimus, che Gilderoy ricordava avere pochi anni più di Flintshire, ridusse gli occhi a due fessure impenetrabili.

“Ma allora… tu conosci questa Zara, giusto?”
Rita si leccò le labbra con un gesto lento e deliberato, e, ancora una volta, non rispose guardando Septimus, ma lo fece fissando intensamente Gilderoy, quasi si aspettasse che le sue parole scatenassero in lui una reazione differente. 

“Sì e no. Io ero l’ultima arrivata, ho collaborato con loro, ma non  mi hanno mai considerata un membro stabile della redazione. E quando Ebenezer ha finito la scuola, ha smantellato l’Eco, non ha voluto che continuasse senza di lui”. 

“Tipico di uno come lui”, borbottò piccato Septimus.

Rita fece un respiro profondo, controllò che i suoi boccoli di gesso fossero ancora al loro posto, poi riprese a raccontare:
“Però ricordo che già all’epoca nessuno sapeva chi scrivesse i pezzi della posta del cuore. Si erano inventati il personaggio di questa Regina, c’erano aneddoti e scemenze su di lei disseminati in tutti gli articoli… io credevo che facessero così perché in realtà Regina era proprio Flintshire, o forse perché non c’era una sola persona a occuparsi di quella rubrica, ma ci pensava chi aveva più tempo, ma forse non era così”. 

Rita riprese le fotografie di Zara Battenberg, fissando soprattutto il primo piano scattato nella cucina luminosa.
“E mi ricordo che c’era una Zara a ronzare attorno a Flintshire. Una Grifondoro, se non sbaglio… io credevo gli ronzasse attorno perché era la sorella del suo migliore amico” – pronunciò quelle ultime due parole con un fare allusivo che Gilderoy non comprese – “ma forse non era così. Forse hanno iniziato a collaborare a scuola, e poi la collaborazione è continuata e si è spostata su un piano molto più professionale, quando lui ha ripreso in mano la Tu-Mi-Streghi”.

Forse.

Gilderoy stava cercando di seguire quel brandello di pensiero, confuso dal gran numero di informazioni che gli erano piovute addosso quella mattina, ma venne presto interrotto da Septimus. 

“Bene. Molto bene davvero. Grazie, Rita, grazie di cuore. Ora, Gilderoy, torna pure in ufficio, io e Rita dobbiamo parlare di alcuni affari noiosi…”
Affari noiosi che probabilmente avevano la forma di un accordo, di un dare per avere. 

Cose di cui Gilderoy non avrebbe dovuto preoccuparsi, se non ad affari conclusi. 

Si alzò, confuso, e fu solo quando raggiunse il proprio ufficio che si accorse di avere stretta in mano la fotografia di Zara Battenberg. Non il primo piano,  e neanche la foto di lei ragazzina, ma la fotografia scattata all’aperto. 

Se la fece scivolare in tasca con un sospiro. 

Del resto, se il piano di Septimus fosse andato in porto e lui avesse dovuto fingersi innamorato di lei, tanto valeva cominciare a recitare la parte dell’ammiratore incapace di staccarsi dal ritratto della sua amata.





 

 


 

Note: 

Ormai questa storia si avvia alle sue battute finali, e i nodi stanno cominciando a venire al pettine.
Chiedo scusa se questo capitolo presenterà delle imprecisioni, ma  ho scritto e editato quasi tutto con la febbre. Sì, avrei potuto aspettare e sistemare tutto con calma quando starò meglio, ma ormai con questa storia ho sempre il terrore di “perdere l’attimo”, e che ogni ritardo comporti un giro infinito di imprevisti, quindi insomma, mi butto comunque.

Ci tengo a sottolineare che il metodo utilizzato dalla Skeeter per trovare Zara è lo stesso che hanno usato i giornalisti del Sole 24 Ore per scoprire la vera identità di Elena Ferrante: hanno analizzato le entrate della casa editrice E/O, hanno notato che una persona che ufficialmente figurava solo come traduttrice era stata pagata decisamente più di quanto un semplice lavoro di traduzione avrebbe implicato e hanno unito i puntini. Insomma, non è farina del mio sacco, ma mi divertiva provare ad inserire questo episodio in questo contesto. 

Grazie a chiunque abbia avuto la pazienza di arrivare fino a qui!
 

   
 
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