CAPITOLO 2
RICORDI PERDUTI
RICORDI PERDUTI
POV: MELVILLE
Sono passati cinque mesi da quando ho deciso di convivere con Cedric.
Sono passati cinque mesi da quando ho deciso di convivere con Cedric.
L'anziano e gentile signore si è offerto volontario nel prendermi sotto la sua protezione fino a quando io non riesca a recuperare la mia memoria.
Già... i miei ricordi.
Sembra che più io resti qui, più loro cercano di evitarmi, svanendo invece di tornarmi alla mia mente.
Si stanno oscurando giorno per giorno e io non riconosco il motivo.
Li sto perdendo... la voce di quella ragazza non la ricordo quasi più.
È sempre più silenziosa, sussurra con un tono invisibile.
Vengo assalito costantemente dalla paura di perdere la mia identità.
Chi sono io?
Da dove provengo?
Perché sono qui?
Continuo a suonare la mia ocarina, quella melodia in particolare così che non svanisca dalla mia memoria.
Ancora non conosco la verità dietro queste melodiose note musicali.
È un suono dolce, così armonico, familiare.
Io penso che la musica non sia umana, è una misteriosa magia. Essa sembra che parli al posto nostro, raccontando una storia composta solo da uno spartito scritto nei minimi particolari.
Copre ogni silenzio dell'atmosfera che ci circonda quotidianamente.
Quello che ho scoperto è che la musica mette in contatto gli altri e chi la suona, ma non solo, a volte ti isola con te stesso parlandoti con note sognanti portandoti in un luogo sperduto della memoria e ti immerge in un mondo illusorio nella tua testa.
Si considera, quindi, un rifugio.
È sia chiarezza che disordine, un'eterna evanescente nota del caos.
Eppure nonostante io la continui a soffiare dalla mia ocarina, ci sono momenti in cui mi sento avvolto da una straziante malinconia, come se inavvertitamente riuscissi a sentire la soffocante amarezza che si cela in una ferita.
Una lacerazione non fisica, ma mentale.
Invade la mia testa e mi costringe ad abbassare le mie sopracciglia in una triste curva.
Ho iniziato ad occuparmi dell'orto, mi assicuro che le zucche possano crescere ma i corvi sono spaventati da me e la comunità del piccolo paese non mi vede di buon occhio.
Non ne conosco il motivo.
Sarà per via di questi fili di grano che sporgono dal mio viso?
O magari sono i miei occhi ambrati a far loro paura?
Sto vivendo di incognite da quando mi trovo qui.
Domande che spero possano trovare delle risposte, ed è a proposito di queste che mi rivolgo alla luna.
Lei, però, si dimostra continuamente impassibile.
Mi guarda, so che lo fa, o semplicemente me ne convinco soltanto.
L'immenso satellite non dà alcuna soluzione, nessun parere.
Forse sto solo sbagliando il ragionamento.
Probabilmente siamo noi attraverso la propria percezione che generiamo la luna stessa, ognuno attraverso una prospettiva diversa mentre la guardiamo.
Di conseguenza non ha mai una risposta che risolva completamente la nostra richiesta, perché ogni giorno ce ne sarà una diversa, simile probabilmente, ma che non ci appagherà per sempre.
Concludendo non avrò mai un responso preciso che mi convinca del tutto dato che la sua prospettiva muta continuamente.
Con questo non sto dicendo che la luna sia un elemento negativo per me.
Quasi mi costringe ad una solitudine dettata dalla finzione, perché in realtà durante la notte non sono solo.
Ci sono io e lei, la luna.
In quel momento aleggia intorno a noi una pace profonda, silenzi in cui le ho detto tutto senza aprire la bocca, la mia ombra tormentata da infinite e stressanti domande viene assorbita dalla tranquillità della notte in cui tutto si confonde, si sfuma, si sfoca, diventa impreciso, nebuloso, e tutte le forme diventano un tutt'uno con essa.
La luna rimane una compagna silente nella notte che, a differenza del sole, unisce tutte le sagome nel silenzio senza separarle con la sua potente luce.
Ci sono tante cose da dire anche sulla stella madre del sistema solare, lei procede attraverso diverse fasi della giornata e in ognuna di esse riesce a connettersi con noi ma parlandoci senza filtri, non si nasconde in alcuna quiete, ma con la sua irrefrenabile chiarezza ci fa riflettere.
Quando vi è l'alba, il sole ci risveglia, prende il sopravvento sul buio della notte. Ci fa mettere un punto ai pensieri dettati alla luna. Ci fa pensare ad un cambiamento che vogliamo fare nella nostra giornata.
L'alba è l'ispirazione, la voglia di attuare un'azione che per il momento resta soltanto nella propria testa.
Quando arriva il mezzogiorno esso brucia più forte, è il momento in cui il lavoro diventa più intenso e ci serve la carica e l'energia della luce provocata dai raggi del sole.
La sua benedizione trasmette la carica all'orto, lasciando che le zucche si illuminino sotto la sua luce, esse si caricano sia dell'energia del sole che di quella di colui che ha perseguito il lavoro per loro, nonché il sottoscritto.
Infine c'è il tramonto, la fase in cui mi ritrovo ora.
L'attimo in cui bisogna fare i conti della giornata che abbiamo trascorso, analizzando se abbiamo superato tutti gli obiettivi prefissati durante il giorno, specchiarsi e domandarsi in che modo abbiamo svolto il nostro lavoro e se possiamo migliorarlo.
In questo momento mi ritrovo seduto sulla staccionata in legno, circondato dalle spighe di grano e dalle zucche aranciastre.
Ed è in quel preciso istante che la vedo, quella figura considerata eterea, con la pelle abbronzata macchiata di chiazze rosee.
I suoi folti capelli castani le incorniciano la testa come una aureola luminosa che brilla attraverso un nastro giallo che le ricade agli angoli del viso.
I suoi occhi color arancio dettano le infinite sfumature della spiritualità e sotto di essi ci sono disegnate due piccole sagome di un sole raggiante color oro.
La sua faccia è cosparsa di lentiggini e un rossetto scuro le colora le labbra.
Sui suoi vestiti domati dai colori caldi, vi sono numerosi ciondoli e disegni che ricordano la forma della stella madre del sistema solare, ornati sui guanti, sulla cintura, sulle calze ed infine sulle scarpe.
<< Ciao Melville, come è andata la giornata? >> Mi chiede Sol, lo spirito del sole, avvicinandosi a me e il suono dei suoi tacchi riecheggia per tutto il campo attraverso un immaginario eco.
<< Come le altre >> Le rispondo con un tono basso della voce per poi abbassare lo sguardo per guardare altrove.
Me la ritrovo di fronte e riesco a percepire il suo calore a pochi centimetri di distanza.
<< È riuscita a scoprire qualcosa sul mio passato? >> Stavolta sono io a fare la domanda, a quel punto la guardo in viso fissandolole le pupille bianche per essere sicuro di avere una risposta sincera da parte sua.
"Le mani sono le prime a parlare, poi c'è la sincerità negli occhi"
Cedric mi ha consigliato di vedere sempre gli occhi della persona con cui sto avendo una conversazione, soprattutto se seria come questa.
Attraverso il loro colore e il loro movimento percepisco la finzione contraddistinguendola dalla verità, o almeno ci provo.
<< Purtroppo no, come ben ti ho detto l'unica a sapere della tua memoria è Moon. Io mi occupo principalmente del lavoro e delle energie, è lei che riguarda l'animo delle persone >> Sospira per poi grattarsi la nuca.
Comincio a muovere le gambe nervosamente avanti e indietro, so bene che Moon, lo spirito della luna, non si farà vedere nemmeno oggi.
Sono ormai cinque mesi che l'aspetto ma ci ho quasi perso le speranze.
Vorrei non buttarmi giù neanche stavolta ma ogni giorno che passa mi diviene difficile trattenermi all'impulso di rattristarmi.
Senza accorgermene stringo forte la staccionata spingendo con le unghie e inizio a mordere compulsivamente il mio labbro inferiore tirandone via una piccola parte di pelle.
Un sapore terribile mi fa assumere un'espressione disgustata facendomi capire che sto continuando ad ingoiare il sangue che sta uscendo dalla lesione che mi sono appena procurato sul labbro.
<< Melville! >> Mi chiama preoccupata e io strofino lentamente il palmo sulla mia bocca per pulirmi senza dire niente.
<< Vedrai che ricorderai ogni cosa, ne sono certa >> Mi sussurra con un tono delicato per poi poggiare la mano sulla mia spalla per confortarmi.
<< Grazie Sol >> La ringrazio con un tono basso della voce e sorrido dolcemente... ma non la guardo negli occhi.