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Autore: Humano    24/02/2023    2 recensioni
Sakura ritorna dopo quattro anni a Konoha, un anno dopo Naruto e Sasuke. Ritornando, trascinerà gli aspetti di una vita solitaria, in una quotidianità che non le apparteneva da tempo, persa ormai, nel rancore di eventi passati:
-Si sentiva persa ogni qual volta il cielo si oscurava, ricordandole piccoli frammenti di vita che aveva dimenticato, immaginandoli della stessa sostanza del sakè. Agenti inebrianti che offuscavano la mente, annebbiando quegli impulsi rancorosi fatti di rabbia che le avevano infettato i pensieri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team 7 | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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CASA








Era tornata il quindici settembre a Konoha, un’insolita coincidenza che l’aveva costretta a cercare qualcosa che potesse lasciare al sesto hokage, la stessa che le aveva permesso di trovare uno dei primi manoscritti di Jiraiya. Kakashi non sapeva che quell’acquisto era stato dettato da un irritante impulso nostalgico, rendendosene conto aveva trovato adatto darlo a chi l’avrebbe apprezzato per quello che realmente doveva rappresentare. Un romanzo. Un oggetto che doveva mostrarsi per la sua apparenza e non per quelle memorie lontane che le erano affiorate alla vista.
Si sentì come una neonata che imparava a camminare per la prima volta nella sua città natia. Quel contrasto tra nuovo e famigliare ne accentuava lo stato alienante, com’era possibile sentirsi estranei a casa propria? I primi passi che fece furono verso la casa dell’Hatake, ormai nuovo capo villaggio, giustificandosi che se avesse avvisato lui, rappresentante del popolo della foglia, avrebbe indirettamente avvisato tutti senza doversene davvero occupare.
Fu poco incline a rispondergli quando la informò del ritorno dei due ragazzi, la incentivò solo a pensare a quali vie doveva evitare per non incontrare nessuno quel giorno. Quando Naruto partì per raggiungere Sasuke, giustificò tutti quegli impulsi di rabbia e rancore che la stavano logorando la mente, distruggendo la rete artificiale di giustificazioni, che tratteneva il peso delle sue false convinzioni. Il viaggio di redenzione di Sasuke le sembrò l’ennesima vigliaccheria, che finì per accettare forzatamente con finta semplicità, eppure, quando cinque mesi dopo Naruto lo seguì, non prima di essersi dichiarato con sincera dolcezza a Hinata, promettendole di restarle accanto solo dopo il suo ritorno, riscoprì quei sentimenti di frustrazione e rancore che aveva col tempo fatto tacere.
Profondamente provata, si chiuse in un selettivo mutismo, allenandosi a pensare cosa valesse davvero nella sua vita, per non cadere in uno stato profondo di indifferenza verso il mondo. Quelle mancanze incolmabili le parevano crescere silenziose mentre si sforzava a vivere una quotidianità ormai disturbata. Aveva incominciato a bere quasi meccanicamente, contenendosi, consumava quel che gli bastava per rilassarsi prima di chiudere le palpebre e riaprirle bruscamente dopo, permettendole di giustificare quelle visioni notturne che le avevano fatto perdere il sonno. Si sentiva persa ogni qual volta il cielo si oscurava, ricordandole piccoli frammenti di vita che aveva dimenticato, immaginandoli della stessa sostanza del sakè. Agenti inebrianti che offuscavano la mente, annebbiando quegli impulsi rancorosi fatti di rabbia che le avevano infettato i pensieri.
Aveva bramato di andarsene, al di fuori di quei confini che le soffocavano la mente, intrappolandola in un ruolo che non sapeva più recitare. Così fece.
 
Si fermò sorpresa davanti l’entrata di una casa, il portoncino verde, un tempo ben curato da ridipinture periodiche, era segnato da insolite macchie grige che ne rivelavano la pittura originale mentre piccole ortiche invadevano lo stipite, cercando di svilupparsi nelle sue strette fessure. Uno strano senso di angoscia la pervase l’animo, turbandola. Posò le dita sul citofono, premendolo non prima di inalare un po’d’aria.
 
-Non risponderà nessuno.
 
Voltandosi riconobbe l’anziano che si poggiava a fatica sulla soglia dell’abitazione accanto. Gli anni l’avevano privato di qualche centimetro, gli occhi scuri erano nascosti dalle palpebre ormai cadenti, accentuandone il taglio a mandorla.
 
-Nessuno ci abita più – concluse studiandola.
 
L’uomo non vide lo sguardo corrucciato di lei, ombrato dal copricapo del mantello, ma poté intravederne le labbra piccole e rosate, illuminate dal biancore della luna. Sakura fece un passo indietro, visionando il piccolo complesso della casa.
 
-È stata messa in vendita? – chiese Sakura trapelando una sincera confusione.
 
-Si, l’hanno già acquistata però – le si avvicinò poco, giusto per partecipare a quella contemplazione. –  ci abitavano persone gentili. Erano miei amici.
 
Si sorprese quando si accorse che negli occhi anziani di lui, piccoli riflessi di luce si intravedevano in quelle fessure così piccole mentre cercava di non lasciarsi commuovere. Dandole le spalle, ritornò tremolante vicino all’ingresso della sua abitazione.
 
-Chi erano?
 
L’anziano la guardò incuriosito, fermato prima che rientrasse nella sua abitazione da quella che le appariva una straniera di passaggio.
 
-Un piccolo nucleo famigliare del clan Haruno. Il marito purtroppo è deceduto durante la grande guerra ninja, lasciando la moglie e la figlia. È famosa sua figlia sa?
 
-Davvero? – disse fingendosi sorpresa
 
-Quel clan non aveva mai avuto un esponente di grande importanza in realtà, lo stesso padre era solo un genin, ma sa com’è, in tempi di guerra i titoli di grado non fanno differenza. – si fermò per stiracchiarsi le gambe, non avendo la stessa resistenza di qualche anno prima. – Sua figlia era allieva di Tsunade-sama, da lei ha ereditato il titolo di jonin leggendario della foglia. Ormai è da anni che non la vedo.
-Sua madre ha aspettato inutilmente il suo ritorno per molto tempo. – continuò– è morta tre mesi fa, senza vedere la figlia tornare.
 
Sentì il respiro accorciarsi nonostante il corpo le chiedeva più ossigeno con battiti veloci. Era diventata cassa acustica di quei suoni invadenti e ritmici che la stavano lentamente soffocando. Pungenti, premevano per uscire dal quell’involucro di carne che li bloccavano all’interno del corpo di lei. Sempre più forti, sempre più affilati.
 
-Solo i kami sapevano dov’era la figlia, per questo pregava sempre. – stette per richiudere la porta quando senti la mano di Sakura poggiarsi sulle spalle piccole e anziane di Huromi. Lo stesso anziano che l’aveva vista crescere.
 
-A chi appartiene la casa adesso?
 
-Naruto Uzumaki l’ha comprata tre mesi fa, con tutto il mobilio.
 
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Sakura non comprese mai quello strano attaccamento che quattro anni prima della sua partenza, le avevano occupato i pensieri, l’aveva vista solo una volta eppure trovò qualcosa di famigliare in quell’edificio. Quando l’acquistò, si convinse di soddisfare un suo capriccio e non ne aveva dato più peso considerando che non aveva tempo per coltivare fantasie troppo complesse. Fu questo atteggiamento a farle sottovalutare quell’avvenimento insolito, che da lì a poco si sarebbe trasformato in una profonda consapevolezza da cui difficilmente si sarebbe separata. Quella casa era vecchia e danneggiata, il proprietario l’aveva vinta giocando d’azzardo con alcuni giocatori occasionali della zona del quartiere Zaki, lontano dal centro di Konoha. Era stata la prima volta che avrebbe preferito perdere una partita piuttosto che vincere un cumolo di macerie, senza poterci guadagnare il denaro complessivo di due partite perse.
 
Quando Sakura se ne interessò, la guardò scettico dalla fessura della porta, pensando che fosse una scusa per entrargli in casa e rubare il poco che le gli rimava da scommettere.
 
-So che può sembrare arrogante da parte mia – disse chiaramente lei – ma ho portato le carte per il passaggio di proprietà e l’intero pagamento per…
 
Quando la porta si aprì con estrema velocità sentì l’odore di fumo invaderle le narici e premerle sugli abiti, quasi impregnandoli. Il sorriso del sessantenne traboccava di euforia, tanto da segnare profonde pieghe sugli angoli della bocca rugosa. Le accennò di entrare con gesti carichi di foga, avvertendone la forza dagli spostamenti d’aria.
 
-Non si preoccupi, sarò molto veloce – disse lei rifiutandone l’invito mentre gli passava i moduli.
 
-Apprezzo le persone che vanno dritte al punto, come sapeva che avevo intenzione di venderla? - chiese con interesse mentre guardava con finta diffidenza le carte che le aveva reso, cercando di iniziare a preparare il terreno per uno scambio di offerte.
 
-Ultimamente molte case in quella zona sono state vendute, ho pensato che fosse inclusa anche questa – bugia.
 
Sakura aveva avuto a disposizione tutti gli archivi delle residenze cittadine di Konoha per informarsi su quella struttura e sugli scambi di proprietà effettuati negli ultimi cinquant’anni, sapeva anche che il suo ultimo proprietario, che le stava attualmente di fronte, era un accanito giocatore d’azzardo, denunciato tre volte in un mese per non aver reso indietro il denaro prestatogli.
Non avrebbe rifiutato.
 
-Un po’ azzardato da parte sua signorina- disse gonfiandosi il petto – vede, la mia intenzione è forte nel lasciarvela ma… -Sventolò le carte mentre cercava un appiglio logico che potesse metterla in difficoltà nella trattazione.
 
-ma non vi nascondo il mio rammarico nel darla via dopo tutti questi anni. – concluse teatralmente, chinando il capo fuori dallo stipite.
 
Non ne fu sorpresa e non la smosse nemmeno quando provò a venderla al doppio del suo valore. Seccata per il prolungato tempo di trattazione, sospirò fingendosi dispiaciuta. Facendo un inchino di ringraziamento e indietreggiando per andarsene.
 
-quasi mi scordavo- disse Sakura, simulando una dimenticanza -un uomo mi ha lasciato questo mentre aspettavo che mi aprisse. Mi ha chiesto di dargliela. - Gli mostrò una busta rossa.
 
Non gli servì nemmeno aprirla per capire quale sventura fosse stata riportata con inchiostro su carta. Sakura intravide delle piccole gocce uscire dai pori della fronte dell’anziano, che tremolante prese la busta tra le mani.
 
-Ripensandoci, chi sono io per dire di no a un’offerta così ragionevole, ha una penna?
 
L’aveva comprata per un’insolita e vecchia necessità di isolamento, così eccessivamente grande e trascurata da attirarla con estrema curiosità. Era antica e usurata dal tempo, solo polvere e crepe che l’edera stava lentamente assorbendo, quasi a renderla meglio partecipe di quel distante paesaggio di periferia.
Guardandola ora, dopo quattro anni, capiva la natura di quella forza che l’aveva attirata la prima volta che la vide. Stanca si tolse dal petto la chiave, che inutilizzata da anni le avvolgeva lo snello collo, fungendo da catenina. Aprì il cancello d’entrata, sorpresa che reggesse ancora, e camminò fino alla porta di casa guardandosi intorno. Quando richiuse dietro di lei la porta, poté vedere per la prima volta i grandi interni.
Poggiò la borsa in quella che sembrava la sala per gli ospiti e senza che se ne rendesse conto, si sedette meccanicamente sul parquet, abbandonandosi, poggiando le minute spalle sulla porta scorrevole che dava verso il giardino incolto.
 
-non è poi così vecchia…- sussurrò prima di cedere al sonno.
   
 
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