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Autore: berettha    09/03/2023    5 recensioni
BARTYLUS, Barty Crouch jr x Regulus Black.
||La vita di Regulus dai primi anni ad Hogwarts, sino alla presa del Marchio Nero ed oltre ancora.||
Dal testo: Portami a casa Sirius, cambiami i vestiti, sistemami i capelli dietro alle orecchie, fammi sentire il tuo tocco sulla pelle, asciugami i capelli e lascia che io posi la testa sulle tue gambe.
Raccontami di Hogwarts, di James Potter e di quella volta che avete volato sopra al Lago Nero: come era il vento? Lo sentivi tra i tuoi capelli? Ti faceva lacrimare gli occhi?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Evan Rosier, Famiglia Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Primo Anno, capitolo uno. 
Con amore. 

“Sbrigati, perderemo il treno!” Regulus lo supplicava, scuotendolo per la spalla. “Sono le dieci e quaranta! E quaranta! 
“C’è ancora un sacco di tempo, smettila! E fai la guarda alla porta!” Gli intimò, rabbioso. 
Ovviamente non erano partiti in ritardo. Anzi, Regulus si era svegliato di buon'ora proprio per arrivare in anticipo a King’s Cross. 
Il problema, era stato Sirius. 
Come c’era da aspettarselo Walburga gli aveva tagliato i capelli il giorno prima. Nemmeno se ne era accorto, all’inizio.  
Regulus, che era di fianco a lui, aveva semplicemente visto le ciocche cadere, mentre sua madre passava accanto a loro con la bacchetta levata.  
“Sembravi trasandato.” Non era una giustificazione per il gesto, ma un dato di fatto. La mamma non giustificava mai le sue scelte.  
Forse pensava di non averne bisogno.  
Per questo, alle dieci e quaranta, dopo aver salutato Kreacher che li aveva portati fin lì con una Smaterializzazione congiunta, si erano chiusi in un bagno della stazione cercando di far ricrescere i capelli.  
“Non puoi usare la magia!” Sussurrò Regulus, guardando con apprensione la porta alle loro spalle.  
“Non lo scopriranno mai.” Rispose risoluto l’altro, puntandosi la bacchetta alla testa. 
“E se perdiamo il treno?”  
“Non succederà.” Provò con qualche altro incantesimo, riuscendo ad allungarli almeno fino al mento. Non sembrava soddisfatto, mentre osservava con attenzione il riflesso dello specchio davanti a lui. Fece pure qualche smorfia, provò a spettinarseli con le mani. “Che dici può andare?”  
, ma per favore andiamo.” Lo pregò per l’ennesima volta.  
“Tu non vuoi fare niente per i tuoi?”  
Regulus si guardò allo specchio, alzandosi sulle punte dietro al fratello. Aveva ancora il naso spellato per il sole, qualche lentiggine che poi sapeva sarebbe sparita nel giro di qualche giorno. I capelli, praticamente rasati, non gli avevano mai dato noia, non fino a quel giorno. 
Era semplicemente una cosa che aveva accettato, sua madre non voleva che li avesse troppo lunghi, e tenerli corti era l’unica alternativa.  
“Oh andiamo, tanto non avremmo avuto tempo in ogni caso.” Forse ci mise troppo a rispondere, perché fu Sirius questa volta ad afferrargli il braccio per portarlo fuori dal bagno, a rotta di collo verso la Piattaforma. 
“Avevi detto che avevamo tempo!” Gli urlò Regulus, sudato e ansimante, mentre si trascinava dietro il baule.  
“Mi sono sbagliato, fammene una colpa!”  
 
Il treno scintillava davanti a loro, rosso e brillante da ferire gli occhi.  
Già gremito di studenti, Sirius e Regulus dovettero sgomitare per raggiungere lo scompartimento degli amici del primo, dove li stavano aspettando tenendoli i posti. 
“Siri!” Lo salutò un ragazzo con gli occhiali.  
Sirius lasciò la mano di Regulus, per cui lo aveva trascinato fino a quel momento per evitarlo di perderlo tra la folla di studenti, per andare a salutare il suo amico. 
Siri?” Chiese Regulus, inarcando un sopracciglio. 
“Vogliono darsi per forza dei soprannomi, io l’ho detto che è stupido.” Gli disse il ragazzino alla sua sinistra, per rispondere alla sua confusione. “Sono Remus, comunque.” Aggiunse poi, offrendogli la mano. Lo sorpresero le fini cicatrici che incorniciava il suo volto, ma cercò di non fissargliele troppo. 
Regulus sorrise, mentre gliela stringeva. “Regulus, piacere.”  
In fondo alla carrozza, un ragazzino soffocò una risata. “E’ un nome buffo.” Si giustificò, quando quello-con-gli-occhiali-che-aveva-chiamato-suo-fratello-Siri gli lanciò un’occhiata assassina.  
“James Potter.” Si presentò successivamente, “E quello là è Peter, ma qualche volta è più simpatico.” 
“Hey!” 
“Zitto, Pete.”  
Ah! Il famoso James, quello degli scherzi, delle punizioni.  
Gli sorrideva dall’altra parte dello scompartimento, con il colletto della polo rossa e le ginocchia dei jeans macchiate leggermente d’erba. Walburga non avrebbe mai permesso che Regulus o Sirius uscissero di casa in quel modo... 
Sirius non lo considerò molto, per il resto del viaggio, e Regulus non considerò molto loro. 
Guardava fuori dal finestrino, mentre loro parlavano di persone che non conosceva, racconti che non aveva vissuto, luoghi che non sapeva dove fossero. 
Forse non gli aveva scritto alcuna lettera lo scorso anno perché erano semplicemente successe troppe cose, troppi nomi, troppi fatti per farli stare in qualche pagina di pergamena.  
O forse, Regulus era semplicemente passato in secondo piano.  
 
Arrivarono ad Hogsmeade, che si era già fatta sera. 
Una quarantina di ragazzini terrorizzata arrancavano dietro il guardiacaccia di Hogwarts, cercando di non calpestarsi i mantelli a vicenda o di non cadere nel Lago al momento di salire sulle barchette che li avrebbero condotti alla scuola.  
Regulus si stringeva nel mantello, coprendosi il naso già infreddolito, mentre guardava l’acqua scura agitarsi sotto la sua imbarcazione. 
“Mi hanno detto che c’è una piovra gigante.” Gli disse la ragazzina davanti a lui, osservandolo con due grandi occhi curiosi. Teneva i capelli biondi raccolti con in una crocchia in cima alla testa, con in mezzo la bacchetta per tenere insieme le ciocche. 
“Anche a me l’hanno detto.” Rispose Regulus, cercando di essere gentile. Ricordava vagamente che Sirius l’avesse accennata a quel Remus Lupin, durante il viaggio in treno. 
Cazzate.” Rispose il bambino alla sua destra, sputando fuori la parolaccia, dandosi delle arie. “Mio padre non mi avrebbe mai mandato in una scuola con qualcosa di così figo.”  
Da quando si era seduto, quel bambino, non aveva fatto altro che osservarlo, e Regulus si era sentito così tanto in imbarazzo. Erano i capelli? Lo stava guardando per i capelli?  
Sirius aveva ragione, avrebbe dovuto sistemarli in qualche modo. 
E pure, si muoveva talmente tanto che non solo non faceva altro che sfiorarlo accidentalmente, ma Regulus aveva pensato che sarebbe potuto cadere da un momento all’altro giù dalla barca, dritto nelle fauci della piovra.  
Ebbe un brivido, pensando a cosa potesse nascondersi sotto di loro, quali altre creature terribili potevano nascondersi tra le alghe e le rocce.  
Non gli era mai piaciuta l’acqua. 
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Tutti lo avevo guardato, e lui lo aveva odiato.  
Poi avevano applaudito, e un po’ aveva odiato anche quello. 
Era scivolato sulla panca della sua Casa, tenendo lo sguardo basso mentre Lucius si alzava per andare vicino a lui. Gli mise un braccio sulle spalle, sussurrandogli all’orecchio: “Saranno tutti molti orgogliosi a casa.” Forse gli aveva voluto fare un piacere, ma invece gli era sprofondato il cuore sotto ai piedi. 
Tutti, tranne una persona, quello sarebbe stato evidente. 
Il Cappello Parlante aveva avuto qualche istante di indecisione: Grifondoro? Vedo tanto coraggio, ti sarà utile in futuro. Scelte difficili ti verranno poste... 
E poi Regulus, semplicemente, aveva avuto paura e tutto quel coraggio non era proprio riuscito a sentirlo. 
Paura di sua mamma, della sua bacchetta, della porta chiusa dell’ufficio del padre che rimaneva chiusa, non importa quanto avesse potuto batterne il legno con i pugni. Di Sirius, che era tanto lontano. Lo avrebbe protetto? O sarebbe stato troppo occupato con James Potter?  
Aveva avuto paura Regulus, dell’acqua scura del Lago, di quello che avrebbe potuto fargli Walburga, di sua cugina e del suo ragazzo che lo guardavano dal tavolo del Serpeverde con gli occhi ridotti a fessure. 
Sei sicuro? Aveva domandato il Cappello, per l’ultima volta. 
Sì, aveva risposto Regulus con il cuore in gola. 
Non voglio avere paura. 
Aveva volontariamente ignorato lo sguardo di Sirius, mentre si andava a sedere al tavolo dei Serpeverde, e sperava che non avrebbe dovuto affrontarlo prima di domani mattina a colazione. O a pranzo, se fosse stato fortunato e Sirius avesse mantenuto il vizio di saltarla per dormire qualche minuto in più. 
Vicino a lui, prese posto il ragazzino della barca, che scoprì chiamarsi Crouch Bartemius Junior. E pensare che quel Peter Minus aveva osato ridere del suo, di nome. 
Di nuovo, gli si sedette così vicino che non riuscivano a non toccarsi. Regulus dovette nascondere l’imbarazzo. “Barty.” Gli sibilò, mentre cercava di controllare un tic alla bocca. “Barty, mi chiamo Barty.”  
“Okay?” 
Non mangiò troppo, lo stomaco ancora chiuso per gli avvenimenti del giorno. 
Quando Lucius e Narcissa si alzarono -rispettivamente Caposcuola e Prefetto- per portare i ragazzi in Dormitorio dopo il banchetto, Regulus trattenne a stento un sospiro di sollievo. 
Non vedeva l’ora di scivolare nel suo letto, addormentarsi e cacciare via tutto dalla sua testa. Sirius era un problema del giorno dopo, ormai.  
Provò a salutarlo con la mano, mentre gli studenti si incamminavano fuori dalla Sala Grande in lunghe file disordinate, ma era talmente occupato a scambiarsi figurine delle Cioccorane con Peter che nemmeno se ne accorse.  
Fu James, invece, a ricambiare il saluto, aprendosi in un sorriso. Regulus si vergognò molto, mentre un grumo di bile e gelosia prendeva possesso del suo stomaco. 
̥˚✧.·:*¨༺ ༻¨*:·.✧*̥˚ 
Il dormitorio somigliava terribilmente alla sua camera di Grimmauld Place, cosa che gli fece provare un forte attacco di malinconia mentre chiudeva il baldacchino del proprio letto. 
Stesse pareti verdognole, stessi rosoni con intricati mosaici di serpenti e altre creature striscianti. Lì però non entrava la luce del sole, ma quella del Lago.  
Cercava di non pensarci troppo, ma il pensiero di trovarsi sotto quelle acque scure ed agitate che aveva visto qualche ora prima, gli dava i brividi. Non osava avvicinarsi troppo alle finestre, per paura di veder un grande occhio giallo fissarlo al di là del vetro, un tentacolo bussare per venirlo a prendere. 
Barty non aveva smesso un secondo di parlare, da quando erano arrivati: addirittura, quando era stato il suo turno per usare il bagno aveva tenuto la porta aperta, per poter continuare a parlare.  
Parlò di tutto, condendo il discorso con un centinaio di imprecazioni e bestemmie varie, la maggior parte contro il padre che a quanto sembrava, doveva esser stato severo quasi quanto la Walburga.  
“Bart?” Lo chiamò un ragazzino alto e magro di cui Regulus non aveva afferrato bene il nome. Zabini, forse? 
“Sì?”  
“Ti prego sta zitto.”  
Si alzò qualche risata, mentre le luci si spegnevano e la maggior parte dei respiri diveniva regolare.  
Pensò a Sirius, che probabilmente non si era ancora neanche infilato il pigiama nonostante l’ora.  
Ripensò a quando a Grimmauld Place erano soliti infilarsi sotto le coperte, per poi rimanere a parlare per ore e ore: “Ma secondo te, tra un Lupomannaro e un Molliccio, chi potrebbe vincere? No, perché il Molliccio prenderebbe la forma della paura del Lupo, quindi, sarebbe più forte e poi...” E Regulus pendeva dalle sue labbra. 
Avrebbe potuto dirgli che il cielo era viola, le nuvole rosa e il mare della Normandia una lastra di ghiaccio che lui ci avrebbe creduto.  
 
Il giorno dopo, puntuale come un orologio per la colazione, arrivò il gufo di famiglia portando una lettera per Regulus.  
 
Caro Regulus, 
Abbiamo saputo del tuo smistamento grazie ad un gufo di Cissy. 
Siamo incredibilmente orgogliosi di te, scrivici presto. 
Con amore, Papà e Mamma. 
 
Sentì un leggero rossore diffondersi sul suo volto: scritta totalmente di suo pugno, suo padre gli aveva addirittura inviato una lettera. E pure la mamma l’aveva firmata, con amore. 
Qualche volta si rendeva conto di esser amato, davvero.  
Si percepiva dalle attenzioni che gli venivano date a casa, dai vestiti nuovi piegati sul letto, o quando suo padre tornava a casa con un giocattolo nuovo, ma averne la certezza, scritta nero su bianca, era tutta un’altra storia.  
“Mio padre voleva inviarmi una Strillettera, ma mamma lo ha fermato.” Barty si sporse sulla sua spalla per leggere la lettera che teneva ancora tra le mani, la voce impastata per il quantitativo di porridge che si era infilato in bocca con una sola cucchiaiata.  
“Come mai una Strillettera?”  
“Papà preferiva che finissi in una Casa più tranquilla mi sa, e poi il solito: la mia intelligenza è sprecata e bla bla bla.” Gli sputacchiò qualche briciola sulla divisa scolastica, mentre si cimentava nell’imitazione di Crouch senior.  
Anche mamma inviato a Sirius una Strillettera, solo un anno prima. La ricordava ancora in abito da notte chinata sullo scrittoio, che muoveva la piuma furiosa sulla pergamena rossa. 
“Mi dispiace.” Mormorò, ma la sua attenzione era già scemata verso il tavolo dei Grifondoro: come aveva sperato la sera precedenza, Sirius non era lì. 
Nessuno dei suoi amici c’era, in realtà. 
Poco male. 
 
Le lezioni iniziarono col botto.  
Letteralmente. 
Per la sua prima lezione di Pozioni, fu messo in gruppo con Evan Rosier, un ragazzino pallido e allampanato, e ovviamente Barty che sembrava gli volesse stare più attaccato possibile. 
Regulus capì in fretta come mai il padre di Barty pensasse che fosse sprecato, con i Serpeverde: quel ragazzo era geniale.  
Non solo aveva risposto a tutte le domande correttamente, lasciando a bocca aperta pure Lumacorno - “Dovrò dire al signor Piton che ha un degno rivale in questa materia!” aveva tubato allegro.-, ma la pozione Obliviosa che stava preparando sembrava essere del livello di un pozionista molto più esperto. 
Sembrava, almeno finché Rosier preso dal panico aveva aumentato le dosi delle bacche di vischio, portando il risultato ad una consistenza molliccia e verdastra che esplose fuori dal calderone, macchiando le loro divise. 
Non pensava di aver mai riso così tanto in vita sua, gli faceva male la pancia e si sentiva le guance accaldate, mentre invece Evan sembrava sinceramente dispiaciuto “Ci siamo giocati il primo voto dell’anno...”  
“Non mi importa nulla dei voti.” Gli rispose Barty, risoluto.  
Anche la prima lezione di volo fu grandiosa, ad Erbologia si punse con un Pungitopo ma nulla di grave e prima che potesse rendersene conto fu già ora di pranzo.  
Adesso avrebbe sicuramente incontrato Sirius, e avrebbe dovuto affrontare quello che stava rimandando ormai da ore. Mentre Evan e Barty parlavano di Quidditch, dei provini che avrebbero sicuramente superato brillantamente, lui cercava di tenere a bada l’ansia. 
“Terra chiama Reg Black, ci sei?” Evan gli sventolò una mano davanti agli occhi, per richiamarlo alla conversazione. 
“Uhm?”  
“Farai anche tu i provini, no?”  
“Penso di sì.” 
“Che posizione?”  
“Cercatore.”  
Cercatore?” I ragazzini si voltarono verso la voce. Regulus trasalì leggermente. “Non dovresti prima imparare ad andare sulla scopa senza pisciarti sotto?” Sirius si avvicinò al fratello, mettendogli un braccio attorno alle spalle. “Sto scherzando, non fare quella faccia.”  
“Okay?” Da quando era tornato da Hogwarts, gli era sembrato diverso, adesso capiva come mai. Con la camicia abbottonata male, la cravatta allentata sul colletto e i capelli sparati in ogni direzione, non sembrava solo più felice o rilassato: era sé stesso, sudato e con gli occhi che brillavano. Regulus sapeva già da tempo quando stretto si sentisse Sirius confinato a Grimmauld Place, ma non pensava così tanto.  
C’era pur sempre lui, laggiù a Londra. Non era più abbastanza?  
“Serpeverde, comunque, bravo. Ben fatto Reggie, scommetto che mamma si è addormentata piangendo di gioia.”  
Non riusciva a capire se fosse ironico o meno. Lo guardava sorridendo, ma il sorriso non si estendeva agli occhi.  
Si voltò verso i suoi amici, Evan che evitava accuratamente di guardare la scena, concentrandosi sulla cinghia della sua borsa, Barty che invece fissava Sirius in cagnesco con aria di sfida, sebbene fosse svariati centimetri più basso.  
“Mi ha mandato una lettera, questa mattina...”  
il sorriso di Sirius iniziò a vacillare. “Oh.” 
“Ha detto che ti saluta, anche papà.” Era bravo a mentire, al contrario di Sirius.  
“Va bene. Salutameli anche tu, se gli rispondi.”  
“Va bene.” 
 
Si chiese se d’ora in avanti le loro interazioni sarebbero state tutte così, mentre leggeva per la sesta volta lo stesso paragrafo di Trasfigurazione. 
La legge di Gamp sulla Trasfigurazione degli Elementi rappresenta la legge magica... 
Evan, davanti a lui, sonnecchiava con la testa in mezzo ai libri, mentre Barty si scarabocchiava le mani impaziente di scendere in Sala Grande per la cena.  
...a fondamento della Trasfigurazione. Essa stabilisce... 
La scuola non era iniziata nemmeno da un mese, che già Sirius era stato beccato da Gazza riempire gli armadi delle scope di Caccabombe, non una ma ben due volte.  
La sera prima, lo aveva visto aggirarsi per i sotterranei armato di secchio d’acqua e mocio, seguito dalla Signora Norris. Papà gli aveva inviato un altro gufo, rammentandogli quanto orgogliosi fossero di lui, ma soprattutto di non perdere tempo dietro al fratello maggiore e ai suoi amici.  
Essa comprende... No, no, essa stabilisce... 
Stava mentendo ad entrambe le “fazioni”. Ad Hogwarts mentiva a Sirius sulle lettere che riceveva, i gufi che mandava mentivano sul suo rapporto con Sirius,  
Non è possibile evocare dal nulla... No, è possibile, ma non sarà duraturo... 
Chiuse il libro con uno scatto, svegliando di soprassalto Evan. 
Regulus, e questo lo sapeva bene, era un ragazzino estremamente arguto per la sua età.  
Si sarebbe inventato qualcosa. Sirius avrebbe fatto pace con la mamma e di conseguenza con papà. 
Sarebbe andato tutto bene. 
Doveva solo capire come fare. 
 
 
 
 
 
Note: Ciao! Primo capitolo vero e proprio pubblicato, <3  
Qua iniziamo a conoscere i vari personaggi, oltre a Reggie e Sirius. :’)  
Ci sentiamo la prossima settimana, grazie mille per aver letto. <3

   
 
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