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Autore: Jamie_Sand    29/03/2023    3 recensioni
Nel pieno della seconda guerra magica, lontano dalla famiglia, senza più una fidanzata e con ben pochi amici rimasti al suo fianco, il giovane Percy Weasley cerca di fare del suo meglio per limitare i danni.
Poi, una notte di fine ottobre, l'incontro con una babbana di nome Audrey Manning.
Genere: Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Audrey, Famiglia Weasley, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Prologo


Ogni giorno, già da quando era solo uno degli studenti migliori di Hogwarts, Percy Weasley aveva l’abitudine di aprire gli occhi alle cinque e mezza del mattino in punto. Non importava che si trattasse di un lunedì pieno di buoni propositi o di una lenta e noiosa domenica, non era necessario nemmeno mettere su una sveglia, semplicemente Percy si svegliava di botto e pieno di quell’energia che i suoi fratelli — che invece amavano poltrire a letto fino a tarda mattinata — avevano sempre trovato insana e molto irritante.

Aveva sempre amato l’alba, fin da bambino, era un momento silenzioso e solo suo. Trovava qualcosa di estremamente rassicurante nei raggi del sole che tornavano a splendere puntuali, sempre, ogni singolo giorno, nonostante tutto. Ultimamente, però, Percy Weasley faceva una gran fatica a lasciare la calda e accogliente tana che era il suo letto per dirigersi nel suo freddo e a tratti inquietante ufficio. 

Per questo rasentava il ritardo quasi ogni singola mattina. 

Scrimgeour era morto da tre mesi e adesso nell’atrio del Ministero della Magia era comparsa una statua, il simbolo del dominio dei maghi sui babbani. Percy si fermò a guardarla, tentando di non apparire apertamente inorridito davanti ai corpi di pietra di quelli che presumibilmente dovevano essere babbani, schiacciati da due grossi maghi, di pietra anche quelli. Poi tornò a muoversi tra la folla che riempiva l’ingresso. 

Il suo ufficio si trovava al primo livello, il più importante: probabilmente da ragazzino sarebbe impazzito dalla gioia nel sapere che un giorno si sarebbe ritrovato a passare l’intera giornata tra l’ufficio del Sottosegretario Anziano e quello del Ministro della Magia, ma adesso la sola idea di mettere piede lì dentro gli causava un generale malessere.

Stava perdendo sé stesso, pezzo dopo pezzo: assisteva a interrogatori ingiusti senza muovere un dito, stava a guardare mentre il Ministero spediva ad Azkaban o chissà dove decine di maghi e streghe colpevoli solo di essere nati da genitori babbani. 

Ma forse Percy aveva iniziato a dimenticare chi fosse già anni prima, quando aveva rinunciato alla famiglia per quel posto, per diventare il più giovane assistente del Ministro di sempre. 

Ci aveva messo del tempo ad accettarlo, ma sentiva molto la loro mancanza. Sentiva la mancanza della sua famiglia, gli mancava la Tana, ma soprattutto sentiva la mancanza di tutte le cose che aveva sempre odiato dello stare lì. 

Gli mancava il perenne rumore di sottofondo che si sentiva in casa, le porzioni spropositatamente abbondanti che sua madre gli metteva nel piatto a pranzo a cena, gli mancava ritrovarsi ad essere vittima degli scherzi di Fred e George, parlare di lavoro con suo padre e persino aiutare Ginny con i compiti delle materie più noiose. 

Non poteva tornare, e stavolta non era solo il suo orgoglio ad impedirglielo: la sua intera famiglia era sotto sorveglianza, avvicinarsi nuovamente a loro sarebbe stato come mettersi un cartello al collo con su scritto “traditore” a caratteri cubitali. 

Così resisteva. Era bravo a resistere. 

Quasi senza accorgersene, — e per fortuna senza imbattersi in suo padre nell'ascensore, cosa che accadeva purtroppo piuttosto spesso — il giovane Weasley arrivò nel suo studio, chiudendosi la porta alle spalle. 

Era una stanza ampia, con un camino per l’inverno che qualcuno aveva acceso per fargli trovare l’ufficio già caldo, e le pareti tappezzate di libri e grossi fascicoli. Al centro c’era la sua scrivania, ingombra di innumerevoli carte, ma nessuna fotografia, nessun affetto personale. Dopotutto cosa avrebbe mai potuto incorniciare? Non aveva più nessuno. 

Percy fece appena in tempo ad accomodarsi sulla comoda poltrona al di là della scrivania che la porta davanti a sé si spalancò con un cigolio, attirando la sua attenzione. Sulla soglia era appena apparso un uomo alto, con la barba e ben vestito che si avvicinò a lui senza nemmeno essere invitato ad entrare, porgendogli un bel po’ di fascicoli rilegati. 

- Weasley. - Scandì Albert Runcorn, un po’ come se il suo cognome fosse un insulto o un aggettivo denigratorio. - Ho qui i nuovi fascicoli di presunti Nati Babbani da prendere in custodia entro domani mattina. Il Ministro deve emanare i mandati di cattura, sai cosa devi fare. - 

- Certo, signore. - Rispose Percy. - Le farò avere tutto entro l’ora di pranzo. - 

Runcorn scoprì i denti in un ghigno. Quell’uomo sembrava godere delle disgrazie altrui come nessun altro al mondo. Adorava assistere a quegli interrogatori, adorava spedire chi per lui insudiciava la magia ad Azkaban, gli dava un certo brivido di soddisfazione. Ma erano i traditori del proprio sangue quelli che più di tutti, secondo le sua onesta opinione, meritavano la pena più dura: i Weasley i primi tra tutti.

Tuttavia gli sembrava pazzesco che una persona come Arthur Weasley fosse stato capace di generare un essere tanto diligente e stacanovista come Percy. In qualche modo… sì, stimava quel ragazzino. 

- Bravo, Weasley, bravo... - Gli disse, stavolta molto più dolcemente, prima di voltarsi per tornare sulla soglia. - Sei un bravo ragazzo, Weasley. Il Ministro ha fatto bene a tenerti. -

- La ringrazio, signore. - Rispose rapidamente il giovane. 

Runcorn fece di nuovo quella smorfia che per lui doveva essere un sorriso, poi poggiò la mano sulla maniglia e uscì, lasciandosi alle spalle un teso silenzio.

Percy attese qualche secondo dopo che la porta si chiuse per esalare un lungo sospiro, prima di afferrare il primo fascicolo. Ricordava bene il giorno in cui aveva trovato quello di Penelope tra quelli di tanti altri Nati Babbani come lei. Ricordava quanto si era sentito sollevato all’idea che lei fosse riuscita a scappare via in tempo, nonostante questo avesse significato la tragica fine della loro storia d’amore. 

Gli mancava anche lei. 

Gli mancavano i suoi soffici capelli biondi, il profumo della sua pelle, il suono della sua voce, gli mancava vedere il suo sorriso a fine giornata, quando tornava a casa. 

Da quando se ne era andata, il monolocale in cui avevano vissuto insieme sembrava essersi paradossalmente ristretto, diventando una tomba di solitudine e silenzio. Certo, le cose tra loro ultimamente non stavano andando benissimo, Penny aveva paura per sé stessa e per la sua famiglia, era sempre nervosa, scostante, un po’ come se stesse cercando di liberarsi di lui, o forse di liberarlo dal peso di una relazione con una Nata Babbana. D’altra parte Percy non era riuscito a far nulla per tenerla davvero vicina. Non l’aveva seguita in Spagna come lei ad un certo punto gli aveva proposto, si era chiuso in sé stesso, nei suoi sensi di colpa, nelle sue angosce, ma di certo non aveva smesso di amarla. Il problema stava nel fatto che non sapeva dimostrarglielo. Non aveva mai imparato l’amore nonostante i suoi genitori gliene avessero dato tanto, durante l’infanzia. 

L’unica speranza era che forse un giorno si sarebbero rivisti, magari a guerra finita e con il trionfo del bene sul male; a quel punto Percy l’avrebbe guardata negli occhi e, per la prima volta in assoluto, glielo avrebbe detto. Le avrebbe detto che l’amava e che niente, mai più, sarebbe stato capace di dividerli. 

E pensare che l’aveva scelta con una tale logica, durante la scuola: voleva avere una ragazza alla sua altezza, magari un altro prefetto, voleva che fosse bella, intelligente, simpatica ma mite. 

Ecco, Penelope Light rispettava ogni suo canone, era come se la ragazza ideale fosse uscita dalle sue fantasie più vivaci per stare proprio con lui. Era perfetta, era perfetta in tutto. E poi, sorpassata la logica e con tutto quel tempo che avevano passato insieme durante le ronde, si erano innamorati per davvero.

Percy sospirò di nuovo e finalmente si decise a staccarsi dal pensiero della sua Penny per mettersi a sfogliare quei fascicoli. 

Foto. Nome, cognome, età, indirizzo, membri della famiglia.

Foto. Nome, cognome, età, indirizzo, membri della famiglia.

Foto. Nome, cognome, età, indirizzo, membri della famiglia.

Spesso si trattava di persone molto giovani, ad alcuni era appena arrivata la lettera per Hogwarts. Erano dei bambini che venivano strappati ai loro genitori, adolescenti a cui veniva strappata la vita. 

Percy impiegò circa un’ora a leggere attentamente ogni singolo fascicolo, fino ad arrivare all’ultimo, quello di una certa Lucy Manning, di anni 15, che viveva a Londra, a Celery Street n°17, insieme a sua sorella Audrey e a sua madre Erin, e poi abbandonò tutto sulla superficie di mogano della sua scrivania. 

Quella volta i Nati Babbani da avvertire del pericolo erano più del solito, ma ci sarebbe riuscito, come al solito. 


Ciao a tutt*! 

Ebbene sì, ho finalmente detto addio agli amati personaggi della mia precedente storia per buttarmi in qualcosa di nuovo! L’ultima volta che ho scritto di Percy Weasley l’ho trattato talmente male che se l’avessi fatto fuori probabilmente gli avrei fatto un favore, dunque eccomi qui e prometto che questa volta sarò un po’ più buona con lui (ma solo un po’, perché soffrirà. Amo troppo il dramma per far finire tutto troppo bene e chi ha letto “lascia che ti racconti la storia” lo sa). 

Comunque non ho un piano preciso per questa fan fiction, non ho idea di quanti capitoli sarà, probabilmente cambierò qualcosa in corso d’opera e sinceramente non sono nemmeno certa che riuscirò a finirla, ma forse è la totale mancanza di fiducia in me stessa che sta parlando in questo momento. 

Ad ogni modo grazie per aver letto fin qui.

Ovviamente le recensioni sono sempre molto gradite! 

Alla prossima, 

J. 

   
 
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