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Autore: Clodie Swan    31/03/2023    3 recensioni
Questa partecipa al contest “D&D Mania” indetto da Ghostro sul forum di Efp"
Una misteriosa Glaciazione comincia ad avanzare nelle terre del Continente Verde. Il giovane mago Damien, sospetta che ci sia qualche magia oscura dietro ed inizia ad indagare. La sua ricerca lo porterà nella Foresta delle Lame, dove la sua strada incrocerà quella di altri incredibili personaggi, che lo aiuteranno a portare a termine la sua missione. Maghi, guerrieri, principesse, sono i protagonisti di un'avventura fantasy divertente e appassionante.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Ottavo
Il Santuario
 
 
Le vie cave condussero i cinque compagni per un sentiero tortuoso, racchiuso da pareti fredde, levigate e coperte di muschio. Il silenzio era inquietante, specie per la presenza dell’eco e di folate di vento, simili a sussurri, che ogni tanto si diffondevano nella galleria. Finalmente giunsero ad una piccola radura su cui si apriva una caverna dalla soglia circolare, sul fianco di una montagna massiccia. «È lì dentro» spiegò Stella.
Il tunnel non era che la forma fossile di un'eruzione di lava molto fluida, che una volta fuoriuscita dal vulcano, aveva impresso il passaggio della sua colata. Le pareti erano di roccia lavica ed erano rischiarate da un bagliore proveniente dal fondo della galleria, che dava loro una sfumatura rossastra.
«C’è qualcosa che non va» mormorò Stella nervosa.
«Teniamoci pronti» suggerì Damien. Garni sfoderò la scimitarra, Kewst roteò il suo martello, ed Emeryl tenne ben saldo il suo bastone da Din Nadair. Damien radunò dentro di sé tutto in suo potere e procedette lentamente insieme agli altri con i sensi più all’erta possibile. Stella teneva la mano premuta sulla sfera blu e, con gli occhi chiusi, respirava affannosamente. Qualcosa sembrava turbarla molto.
Damien le fu accanto. «Coraggio ci siamo noi con te» le disse stringendole il braccio con delicatezza. Stella aprì gli occhi e annuì. Man a mano che procedevano, il calore cominciò a farsi sempre più forte. Garni si mostrò compiaciuto e cominciò a togliersi i pesanti abiti invernali, lasciandosi solo la camicia sbottonata sul petto. Sopra vi recava tatuato il simbolo della sua affiliazione con i lupi di Niihel. «Che bel calduccio mi sento a casa!»
Gli altri ignorarono la sua battuta, ma deposero i mantelli eccetto Kewst, che decise di restare vestito com’era, e Stella che per niente al mondo avrebbe lasciato la sua pelliccia di leone bianco.
Damien sentì un forte senso di oppressione che gli ricordò per un attimo il suo incontro con il ciambellano. Anche gli altri parevano percepirla.
«Questo posto è impregnato di magia oscura, Damien» gli disse Kewst.
Si fecero forza e arrivarono nel punto in cui la luce era più forte.
«Qui arde il fuoco sacro della Dea O’Shu Tal, la guardiana e protettrice di quest’isola» spiegò Stella «La luce deve provenire dal suo altare».
Quando arrivarono nel santuario scoprirono una realtà ben diversa: l’ambiente era illuminato da numerose torce appese alle pareti; al centro della stanza vi era una grata da cui fuoriusciva un fascio di luce azzurra che saliva verso l’altro nel condotto vulcanico. Di fronte alla grata vi era una statua di una donna dalle fattezze leonine che teneva in mano un braciere. Questo però era spento. Stella soffocò un grido.

Di colpo la stanza fu invasa da strane sagome scure che cominciarono a muoversi caoticamente intorno al gruppo. Erano informi e somigliavano a delle macchie di inchiostro.
«Le ombre!» gridò Garni.
I cinque giovani si misero in cerchio spalla contro spalla ed attivarono i poteri delle loro armi. Emeryl  innescò il potere del fulmine convogliandolo attraverso il suo scettro e cominciò a colpire una ad una le orribili creature oscure; Stella utilizzò le arti divine per rendere incandescente la sua alabarda e falciare le ombre girando su sé stessa; Kewst fu ben lieto di sperimentare per la prima volta il suo martello a due mani, potenziato dalle rune che Emeryl vi aveva inciso, e le colpì agilmente facendole esplodere; Damien evocò una sfera di luce in grado di avvolgerlo completamente, polverizzando o facendo fuggire le ombre che tentavano di avvicinarglisi.
«Chiudete gli occhi, amici!» gridò Garni «Fidatevi di me».
Appena vide che gli obbedivano, Garni impugnò forte la scimitarra facendola risplendere intensamente. La stanza s’illuminò a giorno e le ombre svanirono come fumo. «Adesso potete riaprirli» avvisò i compagni con un sospirò affaticato.
Damien gli andò incontro. «Come ti senti?» chiese ricordando gli effetti collaterali che l’incantesimo della spada comportava.
«Benone,» rispose il giovane entusiasta con gli occhi chiusi «a parte un feroce mal di testa». Barcollò ma Damien e Stella si affrettarono a sorreggerlo.
«Non vi preoccupate: posso sopportare un po’di emicrania pur di non diventare cibo per ombre».
«Non siamo soli» disse Kewst attirando la loro attenzione verso una nicchia nella parete accanto alla statua. 
Una figura maschile avanzò verso di loro con uno sguardo ostile. Indossava gli stessi paramenti sacerdotali di Stella e come lei aveva i capelli bianco argento, lunghi e lisci fino alle spalle e le orecchie da felino. Ma i suoi lineamenti, segnati dal tempo, avevano una forma decisamente più leonina che umana. Damien comprese subito che doveva trattarsi di un leonid, del sacerdote Shuva per l’esattezza.
«Un’impresa notevole, devo riconoscerlo» sentenziò con voce gelida «Avete spazzato via le ombre con facilità. Peccato che ne abbia molte altre nel mio arsenale.»
Stella lo fissò con tutto l’odio che era in grado di trasmettergli, stringendo i pungi e lottando contro l’impulso di aggredirlo.  «Perché?» Fu tutto quello che riuscì a dire.
«Principessa, vedo che perseguite nell’indossare indegnamente le vesti sacre» osservò sprezzante Shuva «Poco importa. Quel credo ormai è caduto. Servo un altro e più potente signore».
«Come hai potuto!» Gridò Stella lanciandosi contro di lui prima che potessero fermarla. Con un semplice gesto, il leonid sollevò una mano e la fece volare contro la parete. La fanciulla incassò il colpo e atterrò agilmente ringhiando di rabbia. I quattro puntarono le armi contro Shuva.
«Per favore, risparmiatevi la fatica. Le vostre armi non possono niente contro di me» ribatté impassibile il sacerdote.
«Sei tu che hai causato la glaciazione? Hai liberato Gelmir?» chiese improvvisamente Damien.
Shuva lo guardò con arroganza «Tu devi essere lo storico ficcanaso. Il ciambellano mi ha parlato di te. È da qualche tempo che ti tengo d’occhio. Sapevo avresti dato un sacco di noie. No, non ho liberato Gelmir: io mi servo del suo potere attraverso quel raggio che esce dalla sua cella, dove è stato chiuso da duemila anni. Gli ho promesso la liberazione completa se mi aiuterà nel mio piano».
«E quale la distruzione dell’umanità?» chiese ancora Damien, alterandosi.
«Esattamente» spiegò Shuva. «Questa terra apparteneva a noi Leonid, figli della Dea O’Shu tal. Eravamo destinati a vivere come dei non come servi degli umani. Ma i miei antenati ritennero saggio stringere una Alleanza con gli umani e mescolarsi con loro. Un sacrilegio. E la Dea sembrava approvare questo orrore. Così decisi di entrare nel sacerdozio per poter accedere al santuario e attuare i miei propositi. Spensi il fuoco sacro che teneva legato Gelmir e gli permisi di cominciare a diffondere il suo potere nel mondo attraverso il vulcano. Alcune delle ombre che erano state imprigionate con lui, si sottomisero a me. Iniziammo a colpire nelle terre più lontane per non destare sospetti. Soltanto quest’isola sarebbe stata risparmiata. Il Ciambellano fu il primo a sospettare qualcosa e tentò di parlare con re Dukan, ma questi non credeva alle leggende e rise dei suoi timori. In segreto parlai io con il Ciambellano e lo convinsi ad unirsi a me. Non aveva mai avuto simpatia per i maghi e fu ben felice di perseguitare le Din Nadair e di bandire la principessa. Con il re in suo potere, avrebbe governato lui di fatto. Il sultano fu presto dalla mia parte: fermò la produzione di armi contro le ombre e sterminò tutti i maghi ed i discendenti di Aheli. E poi fu la volta del principe. Il re non mi avrebbe mai appoggiato, mentre quel ragazzino viziato era un ribelle ambizioso che non desiderava altro che prendere il potere. Grazie a lui feci fuori tutti i leonid più potenti, fedeli alla famiglia reale, che avrebbero potuto ostacolarmi. Feci cercare a lungo la principessa, di recente mandai anche una legione di soldati a cercarla. Bloccai la navigazione congelando il mare, purtroppo non è bastato a fermarvi».
«Perché odi tanto gli umani?» chiese Emeryl fremendo di rabbia.
«Gli umani sono crudeli, corrotti, maltrattano il loro prossimo e perseguitano i deboli. Una razza simile non merita di vivere» sbraitò Shuva.
«E per combattere una civiltà corrotta ti sei alleato con gente corrotta? Non hai fatto le stesse cose di cui accusi gli umani?» lo accusò Damien fissandolo negli occhi.
«Mi sono solo difeso, per ridare la libertà alla mia gente. I miei alleati valgono ben poco, lo so bene, adesso che non ho più bisogno di loro, potrò sbarazzarmene. Tuo fratello, Stella, non godrà a lungo il suo regno. Il sultano, giovane di Niihel, cadrà con tutto il suo impero. Ed il ciambellano, Principessa Emeryl, pagherà molto presto per le sue azioni malvagie. Tutti presto periranno: anche coloro che hanno imprigionato il tuo protettore, Grimson, e i compagni di scuola che ti tormentavano Kevest Lamarcana. So tutto di voi, della vostra banda di trovatelli e di rinnegati. Non tentate, proprio voi, di difendere gli umani con me. Arrendetevi e sottomettetevi a me, e forse potrò lasciarvi in vita».
«Preferiamo morire» gli rispose risoluta Emeryl.
Il sorriso compiaciuto del sacerdote indicò che sperava di sentire quella risposta. «In questo sarò ben lieto di accontentarvi».

Ad un suo cenno, un nuovo sciame di ombre, dalle forme aguzze che si allungavano come tentacoli invasero il santuario, più numerose di prima.
Garni fendette di nuovo la scimitarra e ne distrusse la metà, ma queste continuavano ad arrivare. Sempre di più e ancora di più.
«Garni non puoi farcela» gli gridò Damien, cercando di tenerne a bada più che poteva con il suo potere «Sono troppe per te!».
«Andate a catturare quel pallone gonfiato» replicò il ragazzo «qui ci penso io».
Inutili furono gli sforzi di ogni membro del gruppo di catturare o attaccare Shuva. Il leonid era preparato a ciascuno dei loro attacchi e sembrava esultare nell’umiliarli.
«Gar di Niihel, tu vieni dal nulla e non sai quale sarà il tuo futuro. Non sai che cosa fare della tua vita».
«Ce l’ho già un padre, vecchio gatto spelacchiato!» gli gridò Garni senza degnarlo di uno sguardo continuando a combattere furioso con le ombre
«Stella tu non sarai mai regina: non sei abbastanza forte. Sei solo una minaccia per chi ti circonda. Kevest non sei che un inutile umano, privo di poteri, i tuoi ti hanno disprezzato, tuo padre ti ha gettato nelle fogne facendoti sentire un fallimento. Le tue compagne Emeryl sono morte a causa tua nella foresta. Eri tu l’obiettivo principale. E tua madre non sarebbe stata bandita se non fosse stato per te. Non era lei ad avere il sangue magico, ma i reali di Magena! Il potere del fulmine lo hai ereditato da essi.  Tu e tuo nipote: il figlio che tuo fratello ha avuto da quell’Elfa e che ha abbandonato ai confini del regno».
«Cosa?» mormorò Damien sconvolto.
«Tua madre era un’Elfa introdotta come spia alla corte di Magena, sedotta dal principe. Dovette fuggire ferita a morte con te neonato, si sacrificò per metterti in salvo. Tutto per via della malvagità degli umani».

Gli attacchi dei quattro giovani verso il sacerdote si fecero più intensi e dominati dalla rabbia, nonostante le sue parole gli avessero gettati nella distrazione facendo perdere gran parte della loro efficacia nel combattimento. L’unico a non sembrare troppo sconvolto, era Kewst.
«Quello che hai detto di me è vero» rispose. «Quelle cose sono accadute sul serio. Ma sai cosa ti dico: sono sopravvissuto! Siamo tutti dei sopravvissuti. E adesso sopravvivremo a te! Non date ascolto alle sue parole: sta solo tentando di confonderci».
 Nonostante l’incoraggiamento di Kewst, lo scontro rimaneva inalterato. Shuva parava tutti i colpi e li restituiva, grazie al potere del cristallo azzurro. Garni dietro di loro sembrava in seria difficoltà: le ombre continuavano ad arrivare e le sue forze cominciarono ad abbandonarlo, e per quanto i suoi sensi si fossero sviluppati, doveva continuare a combattere privo della vista. Anche Damien si sentì allo stremo.
Emeryl ebbe un violento scatto d’ira e scagliò una raffica di fulmini contro Shuva che li deviò scagliandoli contro il soffitto. Il tetto del santuario cominciò a tremare e alcuni massi cominciarono a cadere.
«Che succede, gente?» chiese Garni dopo aver distrutto un altro gruppo di ombre «Qui piovono sassi.
«Sta franando la grotta» gli fu risposto.
«Di bene in meglio» borbottò senza smettere di fendere colpi.
Damien guardò quella che sembrava una situazione senza via d’uscita: sarebbero stati uccisi dalle ombre, dalla magia oscura di Shuva, o sarebbero finiti morti schiacciati.
«Non c’è più nulla che possiamo fare» mormorò Emeryl, è finita.
«Forse abbiamo un’ultima possibilità», disse Damien improvvisamente colpito da un’idea «Potrebbe essere una follia…» Con un cenno del capo indicò la grata dove era prigioniero Gelmir.
«Vuoi liberare un titano?» chiese sbigottito Kewst
«Dì la verità Shuva» chiese Damien rivolto al sacerdote, «non hai nessuna intenzione di liberare il titano, vero? Perché rinunciare a tanto potere?»
«Perché, infatti» rispose Shuva. «Non ho nessuna fretta…
Damien diede uno sguardo d’intesa ai compagni e si avvicinò il più possibile alla grata.
Garni era allo stremo, ancora pochi secondi e sarebbe crollato.
«Adesso!» gridò Damien. Una forza insita dentro di lui che aveva sempre represso per paura uscì fuori, libera. Damien se ne sentì avvolgere e la lasciò andare. Scagliò tutto il suo potere contro la grata, seguito da Emeryl e Stella. Kewst cercò di impegnare più che poteva Shuva che aveva compreso la loro intenzioni e cercò di fermarli. Ma ormai era troppo tardi.
Senza il fuoco sacro e con tutta la potenza dei tre giovani, la grata si dissolse ed un getto potente di acqua gelida uscì fuori. Le ombre vennero risucchiate in quel turbine e dalla roccia spuntarono delle lame di ghiaccio. Una di queste trafisse Shuva al cuore uccidendolo all’istante. La temperatura nella stanza si abbassò drasticamente e il ghiaccio ricoprì le pareti del santuario. Tremando Damien, si fece strada in mezzo agli spuntoni di ghiaccio e si precipitò da Garni che era riverso a terra in preda ad un attacco epilettico. Gli altri accorsero per aiutarlo e mentre Kewst teneva fermo Garni, il mago recuperò una pozione dalla sua bisaccia e aiutato da Stella gli praticò un incantesimo di guarigione. Garni si riprese e lentamente aprì gli occhi.
«Oh Garni, sei stato grandioso» disse sollevato, abbracciandolo «non ci saremmo riusciti senza di te».
«Ne dubitavi?» ridacchiò il giovane, ancora stremato «Cosa mi sono perso, a proposito?»
«Abbiamo liberato Gelmir».
Garni sollevò la testa incredulo ed insieme agli altri volse lo sguardo verso il getto di ghiaccio che terminò la sua fuoriuscita. Il freddo era insopportabile ma all’improvviso tutto il ghiaccio cominciò a ritirarsi, riunendosi in una forma umana, alta più di due metri ma comunque abbastanza accessibile per interagire con i cinque giovani che rabbrividendo ancora per il freddo lo guardavano impressionati. L’essere che avevano di fronte aveva le sembianze di un uomo alto e longilineo, dalla pelle azzurra, i capelli corti e bianchi, il volto giovane e senza tempo, una tunica argentata che gli fasciava i fianchi e una parte del torace. I suoi occhi del colore del ghiaccio ricordavano in parte quelli di Kewst.
«Avevi ragione, giovane mago. Non mi avrebbe mai liberato. Immagino di dovervi ringraziare».
Nessuno osò rispondere, troppo impegnati a battere i denti. Il titano alzò una mano e assorbì dall’aria una grossa nuvola che scomparve nel suo palmo. Il freddo calò decisamente dando un sollievo immediato a tutti i presenti.
«Cosa abbiamo: un mago, un’incantatrice, la principessa di Iberia, un discendente dei giganti e un erede di Aheli. Era molto tempo che non ne vedevo uno» Garni riacquistata la vista lo guardò senza capire. «I tuoi occhi, giovane niihelita. Sono la prova delle tue origini. Aheli aveva gli stessi occhi. Per questo sai maneggiare le armi di luce meglio di qualunque altro umano. Il sultano diede loro la caccia per anni, sterminandoli, facendoli ritirare in piccoli villaggi ai margini dell’impero».
Garni sussultò ripensando al racconto del suo ritrovamento.
«Che cosa farà adesso? Creerà di nuovo il regno del Gelo?»
«Potrei farlo. Ma dopo duemila anni passati in prigione, le ragioni per cui lo invasi la prima volta non sono più validi. La mia gente ha lasciato questo mondo e tutta la mia rabbia adesso è tutta per le persone come Shuva. Se invadessi il mondo e abbattessi l’umanità non farei che assecondare il suo piano, quindi pensò che tornerò a casa. Posso sempre tornare ad invaderlo tra qualche migliaio di anni. E poi mi diverte il fatto che è stato battuto da voi: la banda dei rinnegati e dei trovatelli».
Così dicendosi dissolse in un vento gelido che scomparve lungo il cono del vulcano.

Dal cratere scese un raggio di sole che illuminò tutta la stanza. Il fuoco tra le mani della statua si riaccese. Senza aspettare altro, i cinque corsero indietro lungo il tunnel, la via cava, notando con stupore che il cielo plumbeo si stava aprendo. Non appena si ritrovarono all’aperto videro che il potente maleficio era finalmente cessato: il cielo era di nuovo limpido e il ghiaccio che ricopriva le acque del mare si era sciolto lasciando di nuovo le onde libere di infrangersi sulla riva.
Il sollievo fu talmente grande che si lasciarono cadere in ginocchio, esultando, con lacrime di gioia e grida entusiaste. Garni gridava più forte di tutti.
«Ce l’abbiamo fatta! Lo abbiamo fatto insieme» disse stringendo a sé tutti quelli che aveva vicino. Nessuno respinse gli abbracci, Kewst fu sorpreso felicemente di ritrovarsi Emeryl stretta a sé.  Lei gli sorrise poi si rivolse a Damien: « Nipote…»mormorò
Damien diede sfogo alle lacrime. «Devo chiamarti zia?»
«Se ci provi ti incenerisco» lo minacciò scherzosamente Emeryl
«Adoro le riunioni di famiglia!» disse Garni asciugandosi gli occhi
Tutti risero e rimasero per diverso tempo lì seduti sulla spiaggia a godersi il sole.
 
 
  
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