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Autore: oscar 82    02/04/2023    1 recensioni
Arthur non è morto a Camlann. Merlin lo ha salvato e ora i due sono sull'isola di Avalon, in attesa che il Re si riprenda del tutto. Da qui partono i fatti, da qui Mago e Re iniziano il capitolo più importante della loro relazione...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Merlino, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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“Stai scherzando. Avalon?”,

fece Merlin, l’incredulità sul suo viso.

“Hai mantenuto tutto questo mistero fino ad oggi per Avalon?”. 

Lui ed Arthur erano già a cavallo, in marcia, quando il Re gli aveva rivelato la destinazione del loro viaggio. 

“Fai lo schizzinoso? Mi ricordavo ti fosse piaciuto stare lì”.

“Beh, se escludi il fatto che i primi giorni ho vissuto con il terrore che la magia non ti tenesse in vita e che poi ho dovuto lavorare per tre per tutto il tempo… Sì, mi è piaciuto, in effetti”,
sbuffò Merlin. 

“Ehi!”,

esclamò indignato Arthur, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa da lanciargli, che ovviamente non trovò.

“Appena sono stato meglio ti ho sempre detto che volevo aiutare. Ma siccome sei un assoluto testardo…”

fece, alzando le spalle, un espressione innocente sul viso.
 
Merlin sorrise. In realtà, conservava gelosamente i ricordi del tempo trascorso all’isola. Era stato l’unico tempo in cui aveva veramente avuto Arthur tutto per sé, il tempo delle confessioni, delle lacrime, del vero perdono. 
Il tempo in cui aveva sentito, finalmente, quanto lui ed Arthur fossero un unico essere.
 
 
 
“Cosa sei venuto a fare alla Caverna di Cristallo, Emrys?”
La voce della Dea era indagatrice.
“Devo sapere. Devo conoscere qual è il futuro di Arthur. Perché se anche stavolta fosse in pericolo …”.
“Sai che non puoi sovvertire il Fato, Emrys”.
“Io posso. Ho piegato la morte anni fa, ed ero giovane. Ora sono più potente”, disse,alzando gli occhi,  sicuro di sè. “Voglio che Arthur resti vivo”.
 
 
 

“Sei silenzioso. Troppo silenzioso”,

osservò il Sovrano, con un malcelato tono di preoccupazione nella voce, interrompendo i suoi pensieri.

“Sto bene, Arthur”,

lo assicurò lo stregone, ed era vero. Solo, avrebbe voluto  parlare con Arthur di quello di cui era venuto a conoscenza. Detestava non poterlo fare.

“So che stai pensando al tuo viaggio. E anche lei, mi gira intorno come se volesse dirmi qualcosa”,

fece Arthur, spiazzandolo e acuendo il suo senso di colpa. La sua magia era sempre più diretta con il Re. Del resto, lo considerava suo.

“Mi spiace”.
“Non devi. Ognuno di noi ha una parte che l’altro non può avere, no?”,

sussurrò, con una lieve punta di amarezza. 
No, Arthur. Io sono tuo. Tutto di me è completamente tuo, pensò Merlin, ma tacque.
 
 
 
“E cosa farai per tenerlo in vita?”
“Qualunque cosa. Chidetemi qualunque cosa, e io la farò”.
“Oh, Emrys, tu quasi un Dio, prostrato ai piedi di un Mortale”, sentenziò la Dea.
“Arthur è tutto per me. Voglio proteggerlo, amarlo. Voglio costruire Albion con lui”, fece lo stregone. “Come mi è stato detto. Mantenete il nostro destino”.
 
 
 
 

“Sei sicuro che possiamo lasciare i cavalli?”

chiese Arthur.

“La mia magia li terrà al sicuro. Non si allontaneranno, e troveranno facilmente da mangiare. Andiamo. La barca è pronta”.

 
Misero piede sull’isola che era quasi sera. Non parlarono molto. Entrambi navigavano nel tempo trascorso, entrambi rivivevano angosce, sollievo, felicità. Arthur sistemò i giacigli per la notte, mentre Merlin si occupava del fuoco e del cibo. La magia di Merlin, cresciuta ancora negli ultimi perdiodi, sgorgava dai suoi occhi senza più incantesimi. 
 
Arthur non poteva fare a meno di catturare con lo sguardo tutte le volte che gli occhi di Merlin si coloravano d’oro liquido. Li adorava. Lo facevano sentire come il privilegiato spettatore di una meraviglia. 
 

“Allora”,

ruppe il silenzio lo stregone, mentre mangiavano accanto al fuoco.

“Me lo dici perché siamo qui?”.

 

“Sai che è trascorso un anno dalla prima volta in cui siamo arrivati? Cioè, da quando tu mi ci hai portato. Io non ero cosciente”,

precisò il Re.
Merlin annuì. Un brivido lo percorse.  Non voleva ricordare. 

“Ti ho chiesto di venire qui”,

iniziò Arthur,

“Perché è il nostro posto, e devo fare una cosa prima. Intendo, prima di combattere, se combatteremo. Semmai io …”.  
 

“Non morirai”,

tagliò corto Merlin.
Arthur si voltò puntando i suoi occhi in quelli dell’altro. Blu nel blu, mare e oceano. Stessa acqua, stessa anima profonda.
 

“Come…”.
“Lo so e basta”.
“La Caverna”,

sussurrò Arthur.
Merlin non rispose. Restò immobile, senza distogliere lo sguardo. Implorandolo di tacere, ma senza smentire. Il suo respiro appena percettibile. 

“E comunque… C’è una cosa… Che devo darti”,

disse il Re, tornando alla domanda di Merlin.
Poi si chinò, rovistando nella sua sacca e tirando fuori un piccolo sacchetto di pelle verde smeraldo, dal quale estrasse un qualcosa di simile a una  grossa moneta. 
Arthur l’ accarezzò con il pollice, delicatamente, come fosse una persona cara. Recava un’incisione, osservò meglio Merlin. Un uccello, forse una colomba. Trasalì.
L’aveva vista molte volte quell’ immagine, raffigurata sulla fascia neonatale che era stata di Arthur. 
 
Lo stemma dei De Bois. 
 

“Questo sigillo”,

esordì Arthur, la voce che tremava appena,

“apparteneva a mia madre. È il solo oggetto che ho di lei, oltre all’anello che indosso.  Voglio…Voglio che tu lo prenda. Che sia tuo”. 
 

Merlin sgranò gli occhi, il cuore gli rombava nel petto. Deglutì a fatica alla ricerca di parole.
 

“Arthur io… Non posso. Questo è… Non è a me che devi darlo”,

balbettò. Ma Arthur glielo porse, prendendogli una mano. 
 

“Taci. Non mi interrompere. Non mi interrompere, o tutto il coraggio che ho cercato, svanirà”,

mormorò Arthur. La sua mano era gelida  intorno alla propria, si accorse Merlin. Lui, che invece era sempre caldo come la più calda delle estati,   pensò, mentre continuava a guardarlo con gli occhi spalancati, il respiro frenetico. Come un Sole.
 

“Voglio che tu sappia”,

Arthur incespicava con le parole, per tirale fuori dopo tempo, dopo così tanto tempo,

“che non mi importa se c’è una parte di te che non posso avere. Sei la persona che conta di più nella mia vita. Quella che…Che amo sopra ogni altra. Sopra ogni altra”.

 Arthur aveva un’ espressione così vulnerabile mentre pronunciava la parola “amo” che a Merlin sembrò che il suo cuore si sarebbe fermato da un momento all’altro. Chiuse la mano intorno a quella del Re, il sigillo stretto nel mezzo, mentre inevitabilmente le lacrime cominciavano a inumidirgli gli occhi.
 

“Tutti i tuoi sacrifici. Quello che hai fatto e fai per me… Il modo in cui mi ami… Io non ne sono degno. Sono solo un uomo, tu una straordinaria creatura immortale. Ma ringrazio gli Dei, il Fato, chiunque mi abbia legato a te”. 

 
Merlin stava piangendo ora. Con un gesto tenero, Arthur gli asciugò le guance con la mano libera, poi lo attirò a sé in un abbraccio quasi feroce. Lui vi si abbandonò, incapace di fermare il pianto liberatorio, una piccola cosa fragile tra le sue braccia, a dispetto di ogni suo potere, il viso nascosto tra il collo e i capelli del Sovrano, umidi per sue lacrime. 
 

“Non piangere”,

gli disse con dolcezza, ma anche la sua voce era incrinata ora.
 
Lo stregone si calmò. Le sue labbra sfioravano il collo del Re. Inalò il suo calore, il suo profumo mentre, incerto, gli lasciava un timido, veloce bacio che lo scosse, facendolo tremare. Merlin lo avvertì.
 

“Arthur…”.
“Sssst. Non dire nulla”,

lo zittì, roco, stringendolo più forte.
 
Rimasero in silenzio, come Arthur aveva chiesto. Le mani unite stringevano ancora lo stemma. 
 

“Non dire più che non sei degno”, 

fece Merlin dopo un po’.

“Perché lo sei. Sei degno e io rifarei tutto quello che ho fatto. Tutto. Sono tuo. Completamente, Arthur”. 
 

E anche tu lo sei. Lo sarai.
 
 
 
“Non morirà oggi, né nella battaglia futura. Morirà quando sarà la sua ora, quando Albion sarà compiuta. Ma il germe della magia, con cui è stato curato, lo riporterà in vita. Arthur è il Re di una volta e del Futuro. Tornerà e sarai la prima persona che cercherà, perché siete un Intero. Non potete essere divisi”, disse la Dea.
“Soffrirai la sua mancanza, per molto tempo”.
“Ma tornerà”.
“Sì, Emrys. È tuo, ti appartiene. Tornerà”.
“E allora soffrirò. Non mi importa”.
 
 
 

“Solo per me, mi hai detto un anno fa”,

mormorò Arthur.

“Solo per te”.
“Allora starai con me sempre”.
“Sempre. Sempre e per sempre”. 

 
 
  
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