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Autore: SilverKiria    03/04/2023    1 recensioni
Scorpius Hyperion Malfoy avrebbe dovuto stare alla larga da Lily Luna Potter.
Era nel corso degli eventi che le loro vite scorressero lontane l'una dall'altra.
Eppure, lui non riusciva a dimenticare la stretta della mano di quella bambina dai capelli rossi, e lei poteva fingere di odiarlo quanto voleva, ma a volte le sfuggiva un sorriso al pensiero delle storie buffe che le raccontava da piccola, in quel corridoio del San Mungo.
Lì, dove la loro storia era iniziata e le loro vite, come spesso accade, si erano unite indissolubilmente.
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Dal Capitolo 1:
[...] D’un tratto si ritrovò al suo quarto anno, in preda ad emozioni contrastanti mentre la folla di Hogwarts lo guardava in cagnesco, dirigendosi verso un ammutolito Silente.
Le spille “Potter fai schifo” gli balzarono di nuovo in mente, così come gli insulti e la paura di non superare vivo le ardue prove verso le quali lo aveva spinto una persona sconosciuta.
Rispose alla muta domanda di chiarimento di Ron con la gola secca e un orribile presentimento.
«Credo che questo sarà un anno indimenticabile per i nostri figli, anzi ne sono assolutamente sicuro.»
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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CAPITOLO 23



Harry Potter aveva sempre amato il Natale.
O meglio, da quando era entrato a far parte della famiglia Weasley, di fatto molto tempo prima di sposare Ginny, aveva sempre amato il Natale.
I ricordi orribili delle feste precedenti passate con i Dursley erano infatti stati sostituiti con facilità dal caos delle feste alla Tana: voci che si rincorrevano per i piani confusionari della casa, risate ad ogni angolo.
Il profumo della cucina della signora Weasley mentre preparava la cena per un esercito, arrivando a quantità e qualità di manicaretti che avrebbero fatto impallidire tutti gli elfi (ormai da tempo retribuiti, grazie ad Hermione) di Hogwarts.
Quindi inspirò a fondo il profumo di neve non appena si materializzò dal cancello, ammirando con gli occhi di un bambino la prima vera casa che avesse mai avuto nella propria vita.
Si prese un attimo di tempo per sorridere divertito di fronte agli gnomi che correvano trafelati, attraversando il giardino, con in mano quello che assomigliava in maniera sospetta a pezzi di formaggio stagionato e piccoli cubetti di prosciutto. L’ultimo della fila stava addirittura arrancando vistosamente sotto il peso di un intero rotolo di salsicce, che lo seguivano sbattendo sull’erba.
Le luci magiche che erano sospese lungo il prato cambiavano colore, rendendo ancora più magica l’atmosfera.
Harry riuscì perfino a sentire le urla della signora Weasley arrivare dalla cucina, e decise che quello era il segnale di fare la sua entrata, anche per capire il motivo di tanta agitazione.
Una volta aperta la porta infatti, si sentì accogliere da un piccato «Mamma! Te lo giuro, non ho mangiato io l’aperitivo! Sì okay, una fetta o due di formaggio, ma di certo non tutto il vassoio! E poi scusa, cosa diavolo me ne farei di un rotolo di salsicce crudo
Ron stava salendo di fretta le scale verso i piani superiori, probabilmente cercando riparo in bagno dalle recriminazioni della madre, che invece lo seguiva rapida, continuando ad accusarlo con veemenza.
«Se non sei stato tu, chi diavolo dovrebbe essere stato, eh
Harry fece fatica a trattenere una risata, mentre Ginny gli veniva incontro, con l’aria di chi la sapeva lunga.
«A casa mi spieghi, vero?» domandò infatti, dopo averlo baciato sulla bocca con passione.
Dalla notte del Ballo del Ceppo erano rifioriti, innamorati come forse non lo erano mai stati.
Ginny portava un vestito blu scuro che si allargava a campana poco sopra le ginocchia, e mentre la abbracciava Harry ne sentì la morbidezza, e si chiese quanto poco rumore avrebbe fatto, quando quella sera glielo avrebbe sfilato di dosso.
«A volte giuro che mi sembra di essere ancora ad Hogwarts!» esclamò Hermione, arrivando anche lei dalla cucina e salutando Harry, che si affrettò a ricomporsi, anche se entrambe si accorsero del leggero rossore che gli imporporò le guance.
«Ciao Herm, come stai?» chiese il Grifondoro alla migliore amica, mentre si accomodavano tutti sulle poltrone che erano state letteralmente stipate di fronte al camino.
Harry soppesò l’idea di proporre qualche sistemazione meno contraria alle norme antincendio, ma quando vide Arthur tutto felice che continuava a portare dentro la stanza le sedie più disparate che avesse mai visto, si disse che in fondo una ventina di maghi avrebbero potuto controllare la situazione.
Lo andò a salutare, abbracciandolo brevemente.
«Harry! Hai visto? Ho fatto tutto io, alla babbana. In effetti, è un passatempo molto divertente, li invidio un po’. Sai, ho saputo che c’è gente che viene persino pagata per spostare le cose quando traslochi! Personalmente non capisco…io lo farei gratis, anzi, pagherei per farlo! È un ottimo allenamento dopotutto!» esclamò l’anziano signore, la testa pelata lucida dal sudore, a riprova di quanto aveva appena detto.
Harry si limitò a convenire con lui sulle “stranezze babbane”, come aveva imparato molto tempo fa.
Quando Molly chiamò il marito da qualche parte dei piani superiori, Harry ne approfittò per staccarsi dal gruppo che si stava raccogliendo all’ingresso.
Sentiva già le voci di George, Percy, Charlie e delle rispettive mogli, ma come ogni anno andò verso il suo posto preferito di tutta la Tana, prima di andare a salutarli.
Prese la piccola scala a chiocciola che dalla stanza attigua al salotto portava, ovviamente diventando sempre più obliqua, fino ad un piccolo attico.
Ginny gli aveva detto che era stata la nursery per ognuno di loro, di modo da far dormire gli altri fratelli e lasciarli almeno un po’ liberi dai pianti incessanti degli ultimi nati in casa Weasley.
In effetti, l’uomo scorse due brandine impolverate appoggiate al muro della piccola stanza circolare, e sorrise fra sé e sé, immaginando Arthur e Molly darsi il turno per dormire con il neonato di turno.
La parte che però lo aveva attirato molti anni fa era una piccola rientranza della camera, dove i Weasley avevano appeso foto di ogni festività natalizia passata in quella casa.
La prima ritraeva dei giovanissimi Molly e Arthur, neosposi, in quella che sembrava una Tana molto più piccola e meno strampalata dell’attuale.
Ogni volta che posava gli occhi su quel ricordo, Harry non riusciva a fare a meno di pensare a quanto fosse buffo il tempo.
Si sarebbe presto ritrovato anche lui, anziano, con nipoti e magari pronipoti, a fissare la foto che invece ritraeva lui e Ginny, appena sposati, intenti a brindare con Ron ed Hermione?
D’altra parte, l’evidenza di quanto tempo fosse passato in un secondo era proprio lì, e aveva la forma di un piccolo Harry Potter, probabilmente appena dodicenne, sorridente, che indossava un maglione natalizio.
In realtà quella foto era stata scattata d’estate, dopo che Fred e George erano venuti a salvarlo dalle grinfie degli zii.
Si ricordò come Molly e Arthur gli avessero chiesto di posare con il proprio maglione, nonostante il caldo soffocante di agosto inoltrato, ricevendo non poche accuse di essere impazziti da parte dei figli.
Non gli spiegarono il motivo, e solo parecchi anni più tardi Harry ne venne a capo, ma già allora aveva acconsentito senza problemi.
Dopotutto, i genitori non farebbero mai qualcosa che potrebbe nuocere ai figli, e lo sguardo estasiato, anche se leggermente imbarazzato del piccolo Harry in quella foto, sembrò proprio quello di un bambino costretto a farsi fotografare dai propri amorevoli e zelanti genitori.
Già all’epoca, sapeva che forse aveva trovato davvero una casa per la vita.
Le foto si susseguivano una dietro l’altra, scatti rubati, pancioni nascosti appena dai maglioni Weasley, occhi lucidi dall’alcool e dalla gioia.
Harry trovò la sua preferita, la staccò dalla parete e la accarezzò con affetto, come un amico appena ritrovato.
James aveva sette anni, e stava cercando di fare uno spettacolo di ombre cinesi per far ridere Lily.
Il suo scricciolo rosso rideva estasiata, mentre Albus appariva di soppiatto da dietro il divano, con un vaso pieno di terra che, cosa che la foto non catturò, di lì a poco avrebbe rovesciato sulla testa di un adirato James.
Ancora oggi, si chiese sorridendo se Lily stesse davvero ridendo per le ombre cinesi di Jamie, o se stesse invece assaporando lo scherzo che di lì a poco sarebbe accaduto.
«Harry! Sono tutti qui, sono arrivati anche i ragazzi da Hogwarts, dai!»
Ginny lo riportò alla realtà e il Grifondoro riattaccò con dolcezza la fotografia magica al proprio posto sulla parete.
Era il 24 dicembre 2023, ed Harry Potter stava per festeggiare un’altra vigilia di Natale in Casa Weasley.
 
La cicatrice non gli faceva più male da ventiquattro anni. E andava tutto anche meglio di quanto avrebbe potuto sognare.
 

***

 


Scorpius si slacciò con foga il nodo della cravatta per quella che sembrò la ventesima volta, sbuffando di fastidio. Il povero pezzo di pregiata sartoria italiana si piegò di malagrazia, quasi implorando pietà sotto le mani concitate del Serpeverde. Il biondo iniziò a stringere le mani a pugno e rilassarle, ripetendo un vizio che sembrava non averlo lasciato da quella sera di una settimana fa.
«Quindi è finita?»
Le sue parole gli tornarono in mente per l’ennesima volta, e per la rabbia decise di strappare il malaugurato accessorio dalla camicia e lanciarlo con rabbia dall’altra parte della stanza.
«Forse non è nemmeno cominciata» mormorò piano a sé stesso, ma era la voce di Lily quella che gli sussurrava nelle orecchie.
Con quel suo sguardo indecifrabile incollato all’anima.
Erano passati quattro giorni dal Ballo del Ceppo, ma gli sembrò di aver vissuto metà della sua vita in quello stato di trance.
Zoe era ritornata nella sua vita, e continuava a cercare di convincere sé stesso che presto sarebbe sembrato di nuovo normale…che sarebbe stato di nuovo felice Perché di fatto, negli ultimi quattro giorni, si era sentito come se qualcuno lo avesse trascinato in una realtà parallela.
Il Natale era sempre stato uno dei suoi momenti preferiti: da che ricordava, Ethan e Selene si erano presentanti ogni anno al Malfoy Manor il 22 dicembre, con la scusa di passare a fare gli auguri di Natale.
Salvo poi trasferirsi de facto lì per tutte le vacanze natalizie.
Un sorriso malinconico incorniciò il viso del Serpeverde, al ricordo delle rimostranze che Selene faceva sempre agli inviti di Astoria, sentendosi un peso.
Mentre Ethan allungava felice una mano verso il fornitissimo mini bar di casa Malfoy, ignorando platealmente gli sguardi incendiari della migliore amica.
Quel 22 dicembre però, per la prima volta da sei anni a quella parte, a presentarsi alla porta era stata Zoe, da sola.
Il Serpeverde si era sentito quantomeno sollevato di non dover trascorrere da solo tutte le vacanze, anche perché aveva percepito una strana aria tra i genitori.
Astoria e Draco non erano tipi da litigare, anzi, con enorme risentimento di Scorpius sapevano essere ancora estremamente affettuosi, l’uno con l’altra.
Un moto di ribrezzo e imbarazzo gli corse lungo la schiena, al pensiero di quando aveva chiesto a sua madre se potesse uscire a cena con Ethan, a quindici anni, da dietro la porta della toilette, dove la donna stava facendo un bagno caldo.
Peccato che dopo la risposta affermativa di lei, si fosse aggiunto un “Non fare tardi” da parte del padre, seguito da una smorfia smorzata di dolore, probabilmente dovuta al calcio che Astoria gli aveva inferto.
Eppure, dalla notte del Ballo del Ceppo, Scorpius aveva percepito un’atmosfera fintamente tranquilla, ma si era detto, o aveva provato a convincersi, che fosse solo la sua sensibilità distorta dovuta ai propri problemi personali.
Si chiese d’un tratto cosa stessero facendo Ethan e Selene. Zoe gli aveva detto che il gemello non si era nemmeno presentato a casa Flint, scatenando la glaciale furia del padre, e il biondo non aveva difficoltà a crederlo.
Aveva stretto Zoe in un abbraccio, vedendola scossa, turbata dalla infranta illusione di potersi riconciliare con il fratello durante le vacanze natalizie.
D’altra parte però, Scorpius non si era sentito per nulla sorpreso: le rivelazioni di Zoe lo avevano scosso nel profondo, e non osava immaginare quanto avessero distrutto Ethan.
Strinse i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi delle mani, pregando che il dolore che ne seguì riuscisse a renderlo più lucido.
Invece, come un crudele scherzo del destino, il gesto non fece altro che riportargli nuovamente alla mente un altro doloroso scenario, che la sua immaginazione gli stava propinando ogni notte.
Dal bacio con Lily, in quella radura che sembrava racchiusa ora solo dai distanti contorni della propria fantasia, una parte di sé aveva dipinto piano piano l’idea di essere presentato come suo fidanzato a breve.
Magari…a Natale?
Si era immaginato senza neanche accorgersene i dettagli delle festività a casa Weasley, attorniato da ex nemici come James e Albus che ora lo prendevano scherzosamente in giro, ma senza quell’antagonismo che li aveva definiti per sette anni.
Le conversazioni interessanti che avrebbe fatto con Harry Potter, memore del fugace momento condiviso al matrimonio di Victoire Weasley, e magari chissà, perfino qualche augurio di felicità alla coppia appena nata.
E poi, come gli incubi gli avevano dolorosamente impedito di dimenticare, il regalo che sapeva già avrebbe fatto a Lily per il loro primo Natale assieme.
Si alzò meccanicamente, aprendo un cassetto della scrivania, e accarezzò con affetto il piccolo cofanetto blu notte di velluto che si celava in fondo.
Lo aprì piano, quasi fosse lui la causa della fitta al petto che gli stava mozzando il fiato.
Il suo sguardo lucido si posò su una collana dell’argento più fine, al cui centro pendeva un singolo diamante, piccolo, ma talmente luminoso da sembrare una stella nel cielo d’estate.
Era appartenuto a sua nonna, Amelia Greengrass, e sin dal giorno in cui aveva capito quanto amasse Lily, una parte di sé aveva preso la decisione di donarlo a lei.
Una piccola stella, in un cielo d’estate.
La sua piccola stella, in un cielo d’estate.
«Scorp? Sei pronto?»
Scorpius trasalì e rimise in fretta e furia il gioiello nel suo nascondiglio, appena in tempo.
Zoe entrò nella stanza, bella come in un sogno, il fisico fasciato da un abito rosso vermiglio, i capelli legati in una treccia che le scendeva con grazia lungo la schiena scoperta.
Scorpius sorrise senza accorgersene, ricordando come in un tempo lontano, forse in una vita passata, anche quello fosse stato un suo sogno.
Sperando in un soffio, che un domani sarebbe stato abbastanza.
«Sei bellissima Zozo.» le disse andandole incontro e baciandola sulla fronte.
La ragazza lo punzecchiò sul naso, odiando come sempre il soprannome che lei e Ethan le avevano affibbiato anni prima, ma in fondo immensamente felice, perché non avrebbe mai pensato di sentirlo di nuovo.
Non da lui. Non dal suo Scorpius.
«Anche tu non sei male Malfoy, ma ti sei dimenticato un particolare mi sa» lo prese in giro, adocchiando la cravatta ormai scompostamente abbandonata sul pavimento.
Prima che Scorpius potesse inventarsi qualche scusa, Zoe la chiamò a sé con la magia, e con un colpo di bacchetta gliela sistemò attorno al collo, annodandola in modo elegante.
Scorpius la ringraziò, forse ancor di più per aver omesso le domande sul perché non fosse ricorso alla magia.
Domande a cui non avrebbe saputo dare risposta.
«Elias ha detto che la cena sarà servita fra poco, Astoria e Draco stanno per scendere» disse la Corvonero, e lui annuì, chiedendole di fare strada.
Grazie ai suoi riflessi da Cercatore, aprire di nuovo il cassetto della scrivania e sentire il velluto accarezzargli il palmo della mano, prima di farlo cadere in tasca, fu uno scherzo.
La macchia rosso fuoco del cofanetto sparì con un tonfo sordo in fondo alla giacca del ragazzo, mentre scesero le scale per raggiungere i suoi genitori alla cena della vigilia di Natale.
 

 
***

  

 
Draco iniziò a salire lentamente le scale di marmo del Malfoy Manor, la mente pesante tanto quanto il cuore, che sembrava volergli affondare nel petto.
Astoria non gli aveva praticamente più rivolto la parola nei giorni precedenti, se non per dirgli cose urgenti o di fronte a Scorpius e Zoe.
Il figlio era tornato il giorno dopo il Ballo del Ceppo, mentre la Corvonero si era presentata alla loro porta la sera del 22 dicembre.
Dal momento dell’arrivo di Scorpius, Astoria aveva iniziato un teatrino studiato a regola d’arte per non farlo preoccupare, riprendendo come se non fosse successo nulla a scherzare con Draco, flirtare e a volte persino baciarlo, causando i soliti commenti infastiditi di Scorpius.
L’uomo però si sentiva morire dentro ogni secondo di ogni giorno, perché non una sola di quelle volte aveva sentito altro che disgusto nei suoi confronti.
Il martirio finale era stata la sistemazione per la notte: Astoria non aveva voluto insospettire nemmeno gli elfi domestici, per questo Draco aveva continuato a dormire con lei nel loro letto.
Tuttavia, ogni tentativo di contatto, ogni sussurro di scuse, ogni lacrima silenziosa era stato completamente ignorato.
Quando erano da soli, Astoria faceva semplicemente finta che non esistesse.
Non era semplicemente arrabbiata: era delusa.
Draco strinse i pugni, respirando profondamente, prima di entrare in camera.
Astoria gli dava le spalle, si stava preparando per la cena, ed era un sogno.
Indossava un’elegante tuta intera dalle rifiniture in pizzo, nera con piccoli dettagli verde scuro.
I capelli erano stati lisciati dietro alle orecchie, stretti da invisibili forcine, ma Draco avrebbe saputo esattamente dire quante e dove fossero.
Perché aveva passato notti intere a toglierle, una per una, mentre la stringeva a sé.
«Sei bellissima.»
Le parole gli uscirono piano, gravi, come fossero il più oscuro dei segreti.
Non aveva pensato di dirlo ad alta voce, sapeva che non avrebbe fatto nessuna differenza, ma semplicemente non era riuscito a trattenersi.
Con sua sorpresa, Astoria gli lanciò uno sguardo attraverso lo specchio, e per un secondo, un millesimo di secondo, la vide per com’era dietro la maschera che stava portando da giorni.
E gli si spezzò il cuore.
Lei distolse velocemente lo sguardo, cercando di non crollare, tentando di ricacciare dentro di sé il buco nero che la stava inghiottendo.
Il buco nero che aveva sentito ogni carezza di Draco, ogni lacrima versata, ogni scusa sussurrata.
Aveva passato notti intere in un limbo tra la delusione e la voglia di perdonarlo, incapace di andare avanti, incapace di tornare indietro.
Aveva passato notti intere a mordersi le labbra fino a farle sanguinare, pur di non urlare dalla frustrazione.
Negli anni a seguire, Draco pensò che forse avrebbe dovuto fare un passo avanti in quel momento, cogliere l’occasione, stringerla a sé e lasciare che lo odiasse, fino a tornare ad amarlo.
Avrebbe dovuto approfittare di quell’attimo, di quella crepa nella maschera, di quel labbro tremante, ma non ci riuscì.
Continuò a guardarla in silenzio, come se il tempo si fosse fermato.
Come se non avesse più senso neanche un minuto di quella vita, senza il sorriso della sua parte migliore.
«Astoria…» sussurrò piano, ma lei si voltò di scatto, bloccandogli un’altra volta il dolore in fondo alla gola.
«I ragazzi ci stanno aspettando per cena. Ti ho preparato i vestiti per cambiarti sopra il mobile in bagno, non fare tardi».
Gli passò davanti per uscire, Draco mosse piano la mano per bloccarla, ma non ci riuscì.
Era sicuro che, uscendo, avesse visto una lacrima solitaria rigare il volto che più amava nell’intero pianeta.
E Draco Malfoy sentì di esservi appena annegato dentro.
 

 
***

 

 
Non gli era mai piaciuto il Natale.
Da che aveva memoria, si era sempre sentito fuori posto in quel guazzabuglio disordinato di voci sconnesse, risate assordanti e scherzi che, ovviamente, finivano quasi sempre per avere lui come mira prediletta.
Perché lui era sempre stato la loro mira prediletta.
Aveva passato gran parte delle vacanze natalizie in camera sua per anni, cercando di lavorare più sodo di tutti, con l’ossessivo desiderio di scappare da quella misera casa che gli era sempre stata così tremendamente stretta.
Sì perché lui, ne era sempre stato certo, era destinato a grandi, grandissime cose.
Non avrebbe seguito le orme di Charlie, finendo per vagabondare in giro per il mondo, né di Bill, schiavo della famiglia nonostante una promettente carriera in banca.
Percy Weasley aveva sempre saputo che sarebbe stato l’unico in quella famiglia a riuscire ad arrivare in vetta, addirittura Primo Ministro della Magia e poi chissà.
Un futuro radioso, una promessa di libertà e gloria, quanto di più possibile distante dal sudiciume claustrofobico al quale era sempre stato abituato.
Finalmente avrebbe potuto porre fine alla sequela di vestiti smunti di seconda o terza mano, libri e oggetti usati, persino il cognome già sporcato dalla poca ambizione del padre all’interno del Ministero.
Si poteva leggere orgoglio, fierezza, certezza di riuscire, negli occhi del Percy diciannovenne che guardava infastidito il resto della famiglia, all’interno del ritratto di famiglia appeso all’entrata.
 
Ma il Percy Weasley che fissava ora quella foto nel 2023 non era felice, orgoglioso, e fiero di quella giovane versione di sé.
Il Percy quarantasettenne dovette come al solito stringere i pugni fino a sentire le unghie perforare la carne, pur di non cedere alla tentazione di strappare la prova di quanto fosse stato insopportabile, borioso e imperdonabile.
Ma soprattutto, dovette stringere le labbra per non lasciar trapelare il dolore sordo che dopo venticinque anni ancora sapeva svegliarlo di notte, richiedendo il suo tributo.
Sì perché in quella foto Fred Weasley lo stava abbracciando con affetto, sapendo perfettamente quanto gli desse fastidio, incoraggiato dalle risate appena trattenute di George.
Fred lo stava abbracciando con amore, e lui avrebbe venduto l’anima per entrare in quella foto, uccidere quell’idiota vanaglorioso che era stato, e stringere Fred a sé fino a farlo soffocare d’amore.
 
«Smettila Percy, basta».
George gli posò la mano sulla spalla e in quello stesso istante Percy sentì lacrime amare scendergli sulle guance, ma non fece nulla per fermarle.
Il resto della famiglia sembrava non notarli, troppo intenti ad aggiornarsi sugli ultimi eventi per accorgersi di quello che stava succedendo.
Percy ebbe l’impressione che l’unico ad essersene reso conto fosse stato Bill, ma forse si sbagliò, perché l’uomo distolse lo sguardo dalla scena.
Incapace, a insaputa di Percy, di perdonarsi a sua volta fino in fondo, per averlo lasciato solo a gestire un dolore troppo grande.
«Dovevo essere io» disse a denti stretti, così a bassa voce che si chiese se George lo avesse sentito.
Nonostante fosse di due anni più grande del fratello, l’uomo lo sovrastava di pochi centimetri, e Percy ne fu grato, perché appena disse quelle parole di colpo ebbe un tuffo al cuore, al pensiero che George potesse annuire, condividendo il proprio pensiero.
«No» rispose semplicemente George, ma Percy non era ancora pronto ad arrendersi.
Non era ancora in grado di finire una guerra che per tutti si era già da tempo conclusa, ma che continuava imperterrita, per lui. Solo per lui.
«Se fossi stato io…se fossi morto io…nessuno se ne sarebbe accorto. Avreste pianto, ogni tanto sareste tristi, forse. Ma lui…lui rendeva tutto più colorato, più vivo. Il Natale era la sua festa preferita, lui avrebbe saputo far gioire ognuno di voi, rendervi felici come io…come io non ho mai saputo fare» sussurrò piano, la voce rotta dal pianto silenzioso in cui gli sembrava di star annegando da tutta la vita.
Si aspettava che George negasse, che lo rassicurasse, che lo abbracciasse, perfino.
Quindi, quando invece il fratello parlò, fu talmente sorpreso da ciò che disse che senza accorgersene si voltò verso di lui, la bocca aperta per lo stupore.
Due minuti dopo, le lacrime sarebbero riprese, ma per un altro motivo.
 
«Forse è vero. Fred…Fred mi manca come l’aria, non so se qualsiasi altra persona al mondo, tranne Roxanne e Freddie, potrebbero mai farmi lo stesso effetto. Forse nemmeno Angelina. Di certo però…non tu».
«Ho passato mesi dopo la sua morte a chiedermi perché non fossi morto tu. Perché fosse rimasto il fratello che non mi aveva mai amato, il fratello che ci aveva sempre odiati, detestati, tutti. Quello che se n’era andato di casa, sputando sul piatto ricco d’amore che i nostri genitori si erano spaccati la schiena per darci, ogni santo giorno della nostra vita.»
Percy pensò che il cuore gli si sarebbe fermato nel petto. Basta. Smettila. Fermati. Un cuore non può sopportare tanto dolore.
«Ti ho odiato più di quanto abbia mai ammesso, in quei mesi. Perché se fossi stato io con lui, ora sarebbe vivo. Perché se tu non avessi scelto proprio quel cazzo di momento per fare la tua prima battuta decente in vent’anni di vita, lui ora sarebbe qui a ridere con noi. Ma sai una cosa…»
Percy trattenne il fiato, temendo ciò che sarebbe uscito dalla bocca di George.
Le labbra di lui però, fino a quel momento strette in una smorfia di disgusto, si aprirono nel più bel sorriso che Percy pensò di aver mai visto in vita sua.
Si commosse prima ancora di accorgersene, prima ancora di sentire le parole del fratello minore.
Perché il sorriso di George non era mai sembrato così uguale al sorriso di Fred, e Percy ebbe l’incredibile occasione di vivere un momento con il suo fratellino, di vedere come sarebbe stato bello a quarantacinque anni…di vedere quanto lo avrebbe amato, nonostante tutto.
 
«Ho conosciuto tante persone in questa vita, ma nessuna, nemmeno una, mi ha mai stupito e reso più fiero di te, Percival Weasley. Negli ultimi venticinque anni sei diventato l’uomo che non sapevamo potessi essere, e ci hai resi più felici di quanto io o Fred abbiamo mai anche solo sognato di fare, con degli stupidi scherzi. Tu non ci hai fatti ridere Percy, è vero. Ma fidati se ti dico che ci hai fatti piangere di gioia, senza che tu lo sapessi. Io, Bill, mamma, papà…tutti. Ci hai dimostrato quanta forza tu abbia, e la tenacia con cui sei riuscito a crearti una vita ricca di amore Percy…è senza parole. Io vivrò sempre senza un pezzo di me, e il dolore a volte è talmente lacerante che vorrei smettere di esistere, pur di farlo cessare. Ma poi guardo te, e penso che quello che ho fatto io in questi venticinque anni…quello che ho patito io, non dev’essere nulla in confronto a quello che hai sofferto tu.»
«Io soffro per il dolore di aver perso un fratello che sapeva quanto lo amassi, con cui ho un’infinità di ricordi felici, e che so vegliare da lassù su di me e la mia famiglia. Tu…tu devi aver vissuto venticinque anni piangendo un fratello che pensi ti odiasse, a cui non hai quasi mai rivolto parola gentile o gesto d’affetto, e che seppur morto ridendo…tu pensi sia morto per colpa tua. Percy…basta. Questo fardello deve finire. Perché lo sai? Io credo invece che Fred sia lassù, e tu sia la cosa che lo rende più felice al mondo: sapere che la sua morte ti ha fatto rinascere, ti ha mostrato al mondo per la persona meravigliosa che sei. Questo lo rende felice, questo lo manterrà vivo. Non avrai forse tanti ricordi con lui mentre era qui…» concluse George, abbracciando il fratello e permettendogli di crollare tra le proprie braccia, così simili eppure così diverse da quelle di Fred «…ma guardati attorno. Ognuno di noi ha ricordi di te felice, che ci rendi la vita migliore, e ci stupisci, giorno dopo giorno. E credimi, sono uno migliore dell’altro…e in ognuno di essi l’amore di Fred non mancherà mai».
 
L’anno successivo Percy Weasley si sarebbe ritrovato di nuovo di fronte a quella foto, ma con un sorriso talmente grande da far commuovere anche i piccoli George e Fred della foto, mentre il suo alterego li abbracciava forte, ricordandosi del discorso dell’anno precedente.
Si sarebbe guardato intorno, facendo scorrere lo sguardo su quella grande, rumorosa e incredibile famiglia.
Avrebbe soffermato poi l’attenzione sulle sue ragazze, intente a ridere sul divano, finché Audrey non fosse venuta a recuperarlo, una tazza di cioccolata calda tra le mani, e un sorriso in volto.
«Tutto bene amore?» gli avrebbe detto, mentre lui la stringeva a sé e le baciava delicatamente la fronte.
Gli occhi sarebbero poi stati catturati da una figura di fronte a lui: George Weasley lo avrebbe guardato alzando la sua tazza di cioccolata, come a brindare silenziosamente nella sua direzione, un sorriso in volto, in attesa di prendere in braccio il neonato che qualcuno gli stava per porgere.
 
Avrebbe poi guardato sua moglie negli occhi, il maglione pervinca uguale a quello che stava indossando lui, nemmeno a farlo a posta, e avrebbe annuito, grato, felice…in pace come non lo era mai stato.
 
«Va tutto benissimo amore. Non so se te l’ho mai detto ma…io ho sempre amato il Natale».
 
 

***

 
Lily camminava per la Tana, una tazza di fumante cioccolata calda in mano, e la mente persa in luoghi reconditi.
Aveva cercato di essere il più naturale possibile, specialmente mentre salutava i genitori e James, ma aveva anche temuto di vedere un lampo di preoccupazione negli occhi azzurri del fratello maggiore.
Per questo lo aveva evitato tutta la sera, e d’altra parte le era allo stesso tempo sembrato che James stesso avesse qualche pensiero fastidioso in testa.
La Grifondoro ad ogni modo aveva partecipato a qualche conversazione di gruppo, risposto cortesemente (e sperava anche entusiasticamente) alle domande di zii e zie su come andasse lo studio, evitando al contempo qualsiasi possibile quesito in ambito sentimentale.
La verità del resto, confessò tra sé e sé sedendosi sulle scale del corridoio che separava la sala da pranzo dalla cucina, era che dal Ballo del Ceppo non aveva davvero più saputo cosa pensare.
«Potrei renderti felice…dammi la possibilità di renderti felice».
Anche a distanza di giorni, le parole che Emmett le aveva rivolto in quel corridoio di Hogwarts continuavano a torturarla.
Sarebbe stato così semplice, dopotutto.
Scorpius l’aveva lasciata andare, Scorpius aveva baciato Zoe.
Scorpius non aveva scelto lei.
E allora perché maledizione, perché fare la cosa più logica, scrivere ad Emmett, accettare di conoscere meglio un ragazzo intelligente, bello e gentile sembrava così dannatamente difficile?
Perché -si chiese bevendo con troppa foga la cioccolata calda e finendo con l’ustionarsi la lingua- sembrava così…maledettamente sbagliato?
Eppure lei aveva lottato, ci aveva provato. Nessuno le aveva mai assicurato che Scorpius sarebbe davvero diventato il suo fidanzato.
Nessuno avrebbe mai scommesso sulla loro strana e improbabile storia d’amore, men che meno lei stessa, fino al bacio alla radura.
Poi però si era lasciata andare sempre di più, senza neanche rendersene conto, e aveva finito col dare per scontato tante, troppe cose.
La risata di suo padre le arrivò come distante anni luce, e Lily si voltò, per intravedere il profilo di Harry Potter che rideva, appena visibile dall’uscio della sala da pranzo, alla battuta di qualcuno che Lily non riusciva a scorgere dalla sua posizione.
Si morse il labbro, sorridendo amaramente, perché nel giro di un secondo la sua mente masochista aveva immaginato che l’altra persona fosse Scorpius.
Dopotutto, in notti di febbrile speranza che parevano appartenere ad una vita fa, aveva sognato proprio scene di quel tipo: Scorpius Malfoy, suo fidanzato ufficiale, lì alla Tana, per Natale.
Giocando a scacchi magici con Albus, discutendo animatamente di Quidditch con James, facendo i complimenti a nonna Molly per la sua cucina, fingendosi come tutti ammaliato dalle stranezze babbane, per far contento nonno Arthur.
L’aveva visto in un futuro possibile lì con loro, a suo agio, mentre le teneva la mano, ridendo delle battute dei cugini, gioendo del calore natalizio che quella vecchia casa malandata sapeva infondere anche nel cuore più freddo.  
L’aveva visto aprire il proprio cuore ad ognuno di loro, rivelando quanto immensamente dolce e gentile sapesse essere.
Ma non era vero, Scorpius non era stato dolce. Scorpius non era stato gentile.
Bevve con avidità la cioccolata calda, questa volta ricercando il dolore provocato dall’ustione, pur di smettere di pensare, pur di far cessare i ricordi.
Eppure questi fluivano liberi, di fronte a lei, e lo sguardo perso di lui mentre le chiedeva se fosse finita, le ultime note di Atlas Hands che echeggiavano per il salone, e gli applausi di chi stranamente sembrava non sapere cosa si provasse, a sentire il cuore andare in frantumi.
Quando arrivò all’ultima goccia della sua tazza, il vestito rosso rubino che le scopriva le gambe pallide ormai spiegazzato sotto di lei, Lily Luna Potter aveva ormai preso una decisione.
 
«Lils, Vic ti stava cercando. Tutto bene?» le domandò Sophie, lo sguardo preoccupato.
Lily sfoderò un sorriso a trentadue denti, per la prima volta da giorni sentendo il petto un po’ più leggero, e grata di aver scelto cosa fare.
Per quella sera sarebbe stato sufficiente, per quella notte avrebbe potuto bastare: ora voleva solo lasciarsi alle spalle tutto il dolore dei giorni passati, e godersi il Natale in famiglia.
 
Non quello che si era sognata, non quello a braccetto di quella persona…quello presente, in cui aveva rubato a Sophie il calice di succo di zucca ed era corsa via, le risate degli altri che la seguivano da camera a camera, quasi avesse dieci anni.
Quasi avesse dieci anni, la felicità dipinta in volto…e un cuore integro nel petto.



Angolo autrice:

Rieccomi! Finalmente anche il capitolo 23 è fuori. Come qualcuno noterà, ho accorpato il capitolo 22.5 (il primo pov, quello di Harry), col resto di questo capitolo, di modo da dare maggiore fluidità alla storia.
Confido di riuscire a pubblicare il capitolo 24 nelle prossime due settimane, ho già la scaletta pronta, quindi si tratta "solo" di mettermi a lavoro. Avrò meno tempo libero di quanto io ne abbia avuto per scrivere questo, ma prometto di non sparire di nuovo! 
Che ne pensate di questa prima parte natalizia? So che con l'inizio della primavera forse richiede uno sforzo in più per entrare nel mood, ma devo dire che dopo aver eliminato qualche pov un po' OC, sono molto soddisfatta di com'è venuto fuori! :)
Ammetto di aver un po' pianto scrivendo di Percy. E' un personaggio abbastanza odiato/tollerato, ma posso solo immaginare quanto dolore si sia portato dietro, in tutti quegli anni. Sono felice che George lo abbia aiutato a vedere finalmente la luce alla fine del tunnel <3
Comunque Arthur e le sedie best character ever direi ;)
Spero di sentire presto le vostre opinioni, ci vediamo al prossimo capitolo, grazie mille come sempre per tutto l'amore che riservate a questa storia incostante, ma (spero) sempre pronta a farvi compagnia <3

SilverKiria

Ps: ho visto che la foto di Percy è leggermente sproporzionata, ma purtroppo EFP non dà modo di modificarne la grandezza all'interno dell'editor, e non ho tempo di ricaricarla corretta, anche perché il sito che usavo per hostare le foto/gif non è più attivo :/ Scusate l'inconveniente, ma penso sia bello vedere come sarebbe stato Percy da adulto, e volevo a tutti i costi usare l'attore che conosciamo, ma sto poro Cristo mi sa che non ha avuto molta fortuna in campo attoriale, quindi bisogna accontentarsi di quello che si trova su internet :')
  
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