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Autore: Melisanna    07/04/2023    3 recensioni
Momenti precedenti e successivi ai libri. Momenti in cui cambia la vita dei personaggi o in cui potrebbe cambiare. Brevi incursioni nelle loro vite quotidiane.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Coppie: Albus/Gellert, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Questa storia è stata scritta in occasione di un contest sulla pagina Facebook Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom

Una viscida gemma
 
Quando era tornata a casa non aveva detto niente. Era stato troppo umiliante per aver voglia di parlarne o confidarsi. Si era scaldata un bicchiere di latte, vi aveva aggiunto un cucchiaino di miele e poi, come per un ripensamento – se doveva autocommiserarsi tanto valeva farlo bene – curcuma e pepe nero e si era rifugiata nello studio.

Aveva sentito su di sé gli occhi preoccupati di Ron, mentre si chiudeva la porta alle spalle, ma suo marito sembrava aver imparato la discrezione, dopo averla vista sprofondare in una melma di insoddisfazione e infelicità dopo la nascita di Rose.

Non era vero che li ami fin dal primo momento. Per lei non era stato così. Rose non era stata sua appena nata, era un corpo estraneo che la privava di ogni energia. Si era scordata cosa volesse dormire per più di due ore di fila e raramente riusciva a dormirne più di quattro al giorno. I capezzoli le si erano riempiti di piaghe, nonostante tutte le misture miracolose che Molly le aveva assicurato avrebbero reso l’allattamento un piacere. I capelli le cascavano a ciocche e il ventre le si era riempito di smagliature.

Si era ritrovata chiusa fra quelle quattro mura, mentre il mondo andava avanti e intanto il piccolo mostro non faceva che piangere, piangere, piangere. Perché piangeva? Cosa sbagliava? Era una madre così incapace?

Aveva perso il conto delle volte in cui aveva pensato di scaraventarla dalla finestra.

Poi era tornata a lavoro ed era stata una boccata di aria fresca. Ron si occupava della figlia per metà giornata – Dio, che invenzione meravigliosa i tiralatte! – e lei aveva riavuto finalmente i suoi spazi. Quelle sei ore al giorno senza Rose erano state una benedizione. La sua vita non era stata più limitata alle esigenze della bambina. Poteva occuparsi ciò che l’appassionava – non c’era niente come la soddisfazione di un lavoro ben fatto! –, attardarsi a chiacchierare con un collega davanti a un caffè, prendersi un’ora per andare dal parrucchiere. Dopo due settimane era tornata a casa e, per la prima volta dopo mesi, aveva guardato Ron e aveva pensato che voleva fare sesso e lui aveva aderito entusiasticamente all’iniziativa.

Si era sentita rivivere. Non aveva mai lavorato così bene. Dopo qualche mese aveva parlato con Ron e lui aveva detto che sì, certo, sua madre poteva occuparsi di Rose la mattina, e poi chissà, magari più in là lui avrebbe anche potuto decidere di lasciare il lavoro e Hermione era tornata gioiosamente a fare il tempo pieno.

Il suo ufficio veniva a capo di più pratiche di quante ne ricevesse con immacolata precisione e la prima volta che era potuta tornare in aula e occuparsi di una caso dall’inizio alla fine… bè, era stato un sogno. Aveva vinto la causa e molte altre dopo e qualche giorno prima Mr John Chapman le aveva proposto di diventare socio giovane dello studio.

Ne era stata elettrizzata. Non se lo aspettava – anche se tutti quelli che conosceva, invece, avevano giurato che loro sì, lo sapevano, che era solo questione di tempo – e il piacere di vedere riconosciute le sue capacità era stato superato solo da quello di progettare il suo futuro nel nuovo ruolo.

Ron aveva detta che certo, sì, Molly adorava stare con Rose e poi tra poco l’avrebbero potuta portare al nido e lui non seccava occuparsi della casa, gli era sempre piaciuto cucinare – e negli ultimi mesi aveva anche imparato a farlo decentemente – e Hermione l’aveva abbracciato e ringraziato e aveva anche un po’ pianto sulla sua spalla, perché lui era così caro e lei non se lo meritava.

Quella mattina, Mr Chapman le aveva presentato il contratto che lei aveva firmato con mani tremanti e le aveva mostrato il suo nuovo studio – ne era stata estasiata, che stupida! –. La sera, quando stava per andarsene, lui e gli altri soci anziani l’avevano invitata ad andare a bere con loro, per festeggiare la sua promozione e lei aveva risposto che sì, certo che sì.

Avevano bevuto – un po’ troppo forse, ma in fondo lei si lasciava andare così di rado – nella calda penombra di un club esclusivo, uno di quelli che fino a pochi anni prima era ancora riservati ai soli uomini, affondati in morbide poltrone di cuoio. Avevano parlato di lavoro, avevano elogiato i suoi ultimi successi e poi le avevano chiesto di lei, di come le andassero le cose a casa, di Ron e della bambina e pensava di avere altri figli? Benissimo, mio marito si occupa di tutto e chissà, forse più in là, non so ancora, ma mi piacerebbe. Era stata deliziata del loro interesse.

E poi lei era andata al bancone a ordinare un altro giro e mentre aspettava che il cameriere le preparasse i drink Mr Chapman l’aveva raggiunta – l’aiuto, non ce la farà mai a portare tutto da sola – e le aveva appoggiato la mano sulla schiena, in un gesto che Hermione si era chiesto se fosse troppo intimo, ma quanto in basso doveva essere una mano sulla schiena, per essere troppo intima?

– Sono fiero di lei, Hermione – aveva detto – sapevo che avrebbe avuto una grande carriera, quando l’abbiamo assunta. Lei ha tutto, intelligenza, temerarietà, inventiva, sono sicuro che diventerà un grande avvocato. Non rovini tutto… non abbia altri figli per il momento, mi dia retta. Un’altra gravidanza non le ci vuole proprio. Uno è più che sufficiente, non trova? Non vorrà che la distraggano dal lavoro?

Aveva scosso la testa, intimidita e confusa – No, io… sì forse ha ragione. Rose mi prende già tanto tempo.

– Brava ragazza – aveva detto Chapman, dandole una pacca sulla schiena. – Sapevo che avrebbe capito. E mi ascolti, deve imparare a curarsi un po’ di più. L’aspetto nel nostro lavoro è importante. Lei è una donna molto bella, Hermione, lo sa? Deve imparare a sfruttarlo, usi un po’ di furbizia. È una dote come un'altra.

L’aveva guardato in viso, senza riuscire a mettere veramente a fuoco niente tranne le sue labbra carnose e lucide di saliva e la mano dalla schiena era salita e le aveva sfiorato i capelli. E lei si era tirata indietro e aveva afferrato i due whisky incendiari sul bancone e ci si era nascosta dietro – Ci… ci stanno aspettando.

Il resto della serata era trascorso in una nebbia confusa, se ne era andata appena era stato possibile senza sembrare sgarbata e adesso se ne stava lì, seduta sulla sua poltrona imbottita, a fissare il latte dorato nella tazza che teneva il mano, come se potesse leggerci il suo futuro.

Perché l’avevano nominata socio, prima donna nella storia dello studio? – John ha molto insistito, è entusiasta del tuo lavoro, aveva detto Mr Forge – Erano mai contati il suo talento, il suo impegno, i suoi risultati? E poi che risultati aveva ottenuto, in fondo? Qualche causa andata bene, sì, ma niente di così eccezionale, non era certo il nuovo principe del foro. Cercò di riportare i suoi successi alla mente, ma davanti a tutti aleggiavano, molto più chiare e definite, le labbra di Mr Chapman, dischiuse e leggermente tremanti, una goccia di saliva proprio al centro, come una viscida gemma.

Valeva davvero qualcosa lei?

Non seppe dire quando iniziò a piangere.
 
 

 
  
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