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Autore: blackjessamine    07/04/2023    3 recensioni
[HarryPotter!AU]
La delegazione di Durmstrang salpa alla volta della Scozia: a bordo, giganti che non sono più in grado di obbedire ai propri insegnanti, ladri con piani precisi in mente, spettri in cerca di un obiettivo e contadini con un inspiegabile bisogno di assistere a delle esplosioni.
[Storia partecipante al "Torneo Tremaghi – Multifandom Edition" organizzato dal gruppo facebook "L'Angolo di Madama Rosmerta"]
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Inej Ghafa, Jesper Fahey, Kaz Brekker, Matthias Helvar
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seconda Prova

Parte Prima



 

Matthias stringe le braccia al petto, guardandosi attorno con circospezione: vorrebbe tanto Schiantare la maggior parte delle persone presenti in nell’aula, ma qualcosa lo trattiene. Qualcosa che, in maniera molto disturbante, non si avvicina neanche lontanamente al senso di giustizia che dovrebbe ricordargli che lasciare privi di sensi tre compagni e due studenti della scuola che lo sta ospitando è scorretto sotto tutti i punti di vista, quanto piuttosto una vaga sensazione di pericolo. Non ha propriamente paura di Kaz Brekker, ma qualcosa gli dice che sia più saggio evitare di farlo. Fahey si muove talmente tanto che con tutta probabilità finirebbe per mancarlo e colpire per sbaglio Inej, e Matthias non vuole davvero farle del male. Quanto al ragazzino di Hogwarts, be’, è praticamente un bambino, e Matthias ha smesso di fare la lotta con i bambini quando aveva all’incirca otto anni.
Nina è un’altra cosa.

Nina, che lo fissa come se fosse in grado di leggergli nella mente tutti i suoi propositi bellicosi – e magari lo sa anche fare, Matthias non se ne stupirebbe – solleva un sopracciglio in un chiaro gesto di avvertimento.

“Matthias, tesoro, vuoi provare a parlare dei tuoi sentimenti? Ti vedo sull’orlo di una crisi di nervi. Qualcosa ti turba?”
Matthias stringe le braccia al petto, cercando di mettere insieme le parole giuste per esprimere come qualsiasi cosa in quella stanza lo stia turbando, a cominciare dalla gamba di Brekker allungata sulla sedia come se l’aula e il castello e l’intera Inghilterra gli appartenessero, per finire con il modo in cui il ragazzino con i capelli rossi sta tormentando la piuma che stringe fra le mani. Ci sono troppe parole che gli volteggiano in testa e nessuna è quella giusta, quindi finisce col partire dal fondo, un dito puntato eloquentemente contro il ragazzino.

“Lui. Lui mi turba”.

Il ragazzino sobbalza proprio come se Matthias gli avesse puntato al petto la bacchetta.
“Io? Che ho fatto, io?”
Prima che Matthias possa spiegargli che unirsi al gruppo di Brekker e buttarsi in quell’impresa folle è un errore sotto tutti i punti di vista, Jesper Fahey scoppia a ridere. Più che una risata, è un ululato, accompagnato da palmi sbattuti con forza sulle ginocchia e occhi pieni di lacrime puntate sul minuscolo inglese. 

“Oh, Santi, fallo di nuovo, Helvar! È stata la cosa più divertente del mondo!”

“Non è stato divertente per niente”, borbotta il ragazzino, le guance rosse quasi quanto i suoi capelli.

“Perché lui è qui? Perché tu sei qui?”
Matthias si rivolge di nuovo a Nina, sperando che lei abbia pietà e lo porti via da quella stanza piena di persone niente affatto raccomandabili. Nina, tuttavia, sembra divertirsi tanto quanto Fahey, e si limita a lanciarsi in bocca una manciata di Gelatine Tuttigusti +1.

“Helvar”, comincia Brekker, la voce affilata come una lama, quasi volesse chiarire che il momento degli scherzi è finito e che è necessario tornare a parlare di cose serie.

“Wylan è qui perché possiede delle conoscenze di cui abbiamo bisogno. Nina è qui perché… perché a quanto pare non le piace l’idea che tu muoia durante la Seconda Prova”.

Nina annuisce con fare distratto, come se Brekker stesse parlando di prendere un voto appena sotto la media in un’interrogazione di metà semestre. 

“E non ti è passato per la mente che io non voglia l’aiuto di questo bambino né di qualcuno di voi?”
Kaz lo fissa a lungo, senza rispondere. Matthias non ha mai avuto paura di sostenere lo sguardo di nessuno, ma gli occhi di Brekker sono due pozzi così privi di luce che per un attimo la sua decisione vacilla. Matthias ha accettato il fatto che dovrà collaborare con Inej e con Jesper per superare la Seconda Prova, ma questo non significa che voglia accettare l’aiuto di qualcuno come Kaz Brekker. O di Nina, che resta pur sempre una studentessa di Hogwarts. Per non parlare del ragazzino con i capelli rossi. Non è così che dovrebbe funzionare la prova, e non è così che lui vuole superarla: non gli importa di vincere, non davvero. Gli importa solo di misurare le proprie capacità e di fare il meglio possibile rispettando le regole imposte dagli organizzatori, non vuole barare associandosi a un ragazzo che in vita sua non ha mai rispettato nessuna regola – e probabilmente ha già infranto più leggi di quante un semplice studente non ancora diplomato dovrebbe anche solo conoscere. 

“Ascolta bene, Helvar. So che puzzi così tanto di decenza che il tuo odore potrebbe raggiungere Durmstrang da qui, ma, sorpresa sorpresa, gli altri Campioni non sono come te”.

Il bastone sollevato di Brekker soffoca sul nascere ogni protesta di Matthis.

“Non solo i nostri Campioni, anche tutti gli altri. Credi davvero che Madame Maxime non stia dando tutti gli aiuti possibili ai suoi Campioni? E credi che a Hogwarts si stiano comportando diversamente?”
Matthias non risponde. Sa bene che i Campioni delle altre scuole stanno ricevendo aiuti al di fuori del regolamento, e anche il professor Brum ha offerto il suo aiuto a Matthias – per tenere alto l’onore di Durmstrang. Aiuto che Matthias ha rifiutato, trascorrendo il resto del tempo cercando di evitare la delusione rabbiosa del professore. 

L’aiuto di Brekker, però, è un’altra cosa. Perché Matthias sa che non si tratterebbe solo di accettare qualche consiglio, di farsi insegnare degli incantesimi che lui non conosce o di rubare qualche suggerimento dagli insegnanti. Accettare l'aiuto di Brekker significa infrangere regole e leggi, significa voltare le spalle a qualsiasi tipo di morale, significa approvare il fatto che, con ogni probabilità, il piccolo Wylan sia stato costretto a collaborare solo a fronte di un pericoloso ricatto.

"Matthias, tu in quelle fogne ci finirai senza bacchetta. È chiaro? Non puoi permetterti di non accettare l'aiuto di un gruppo di amici".

Matthias sostiene a lungo lo sguardo di Nina, per poi scuotere comunque la testa.

"No?"

"No. Io…"

Sì, il Torneo Tremaghi è nato per misurare le capacità magiche dei Campioni, privarli quindi della possibilità di eseguire magie è qualcosa di subdolo e anche vagamente incomprensibile. Ma quei ragazzi non sono amici di Matthias. E Matthias non si fida di loro, né capisce perché a farlo sia proprio Nina. 

Uno sguardo d'intesa vola tra Inej e Brekker, ma è la ragazza a prendere la parola questa volta.

"Quando sarai in quel condotto, dovrai fidarti di me e Jesper. E io e Jesper, ti piaccia o no, non abbiamo intenzione di arrivarci impreparati, perché abbiamo ottimi motivi per vincere questo Torneo. Tu ora puoi uscire da questa porta, ma noi continueremo a studiare la mappa delle tubature con Wylan e continueremo a lavorare con Nina per raccogliere quante più informazioni possibili".

Matthias non ha mai sentito la piccola Suli pronunciare così tante parole tutte insieme, ma la sua voce ha la definitività di un coltello piantato nel petto. 

Matthias sa che Inej ha ragione.

La Seconda Prova non è stata pensata perché lui possa superarla da solo. Non è strutturata perché questo sia possibile: può solo ritirarsi – e perdere l'onore assieme ai soldi di cui ha bisogno, se vuole costruirsi un futuro lontano dal professor Brum – o decidere di collaborare con chi non ha alcuna intenzione di rispettare le regole. 

Oppure può tentare di strappare a Brekker e alla propria coscienza una via di mezzo: può decidere di fidarsi di lui e della sua banda ma non di aiutarli attivamente a infrangere alcuna regola.

“Va bene. Voi fate quello che volete, infrangete le regole che volete, ma io me ne chiamo fuori. Mi allenerò da solo, e il giorno della prova mi fiderò di voi, ma non voglio sapere niente dei vostri traffichi”.

Brekker sorride. 

E quando Brekker sorride, significa che qualcosa di orribile sta per succedere. 

“Oh, ma tu ci sei già dentro con tutte le tue enormi scarpe, Helvar”.

Per quanto Brekker si sforzi di impegnarsi a rendere la sua voce il suono dolce di un flauto, ogni cosa suona come una minaccia. 

“Ci sei talmente dentro che ti sei reso complice del furto della planimetria delle tubature della scuola”.

“Certo che non l’ho fatto”.

Il sorriso di Brekker si allarga ancora di più.

“Oh, materialmente no, quello no. Ma di sicuro ti sei reso complice nascondendo la refurtiva… che è proprio lì, all’inizio del capitolo dodici del tuo libro di Incantesimi”.

Matthias si affretta a trovare il libro giusto nella sua borsa, ripetendosi che è impossibile che qualcuno di loro si sia avvicinato alle sue proprietà. Ha incantato lui stesso la borsa dei libri perché nessuno possa metterci le mani.

Eppure, quando apre il libro al capitolo dodici un ampio foglio di pergamena percorso da linee sottili di inchiostro sbiadito gli scivola in grembo. 

La planimetria del sistema idraulico della scuola di Hogwarts. 

Non la planimetria incantata che Brekker sostiene potranno utilizzare il giorno della prova, no. Una planimetria che ha tutta l’aria di essere stata trafugata dagli archivi di un Ufficio di Manutenzione Magica, sempre che quegli scriteriati degli inglesi si affidino a qualcosa di simile, invece di sperare semplicemente che la loro scuola resti in piedi per grazia del talento di qualche mago morto centinaia di anni prima. 

“Brekker”.

Matthias fa un respiro profondo, cercando di ricordarsi quanti buoni motivi ci siano per non strangolare Kaz e tutti i suoi complici. 

Un movimento di bacchetta, e la planimetria sfugge dalle mani di Matthias per atterrare con grazia in mezzo alle dita guantate di Kaz Brekker.

“Helvar”, lo scimmiotta lui, un sorriso affilato sulle labbra.

“Abbiamo un lavoro da svolgere”.

 

***


 

Matthias sta annegando nel buio. 

Perdere i sensi è come precipitare, ma in quel luogo dimenticato da Djel ogni cosa è al posto sbagliato: sta riprendendo coscienza, ma i suoi sensi sono ancora addormentati, e la sensazione di scivolare in una corsa inarrestabile verso il buio va a creare uno straniamento che, per un istante, rischia di ricacciare Matthias nell’incoscienza.

Poi i sensi tornano ad acuirsi, e Matthias è dolorosamente consapevole dell’acqua fredda che inzuppa il mantello, delle braccia strette al corpo e dei sobbalzi che lo scuotono ogni volta che la tubatura in cui sta precipitando presenta una giuntura poco liscia.

E poi la sensazione di precipitare si trasforma in un pigro scivolare, le braccia trovano spazio per allargarsi e Matthias sospetta che, se volesse, potrebbe provare ad alzarsi a sedere, ma l’idea di picchiare la testa e perdere di nuovo i sensi non è per niente allettante. 

Il movimento nel buio, unito al sapore acre che gli impasta la bocca e gli appesantisce lo stomaco, gli provoca una leggera nausea. È quindi con sollievo che accoglie la graduale diminuzione della pendenza di quella tubatura. Con meno sollievo accoglie invece la pozza di acqua fredda e vischiosa – deve essere solo acqua, non vuole pensare a tutte le battute disgustose che Jesper Fahey ha continuato a sussurrargli all’orecchio nell’ultima settimana, battute a base di gabinetti e contenuti delle tubature – che gli inzuppa il fondoschiena.

Matthias tasta con circospezione l’aria attorno a sé, gli occhi spalancati sul buio, felice di rendersi conto di trovarsi in un condotto ampio abbastanza perché possa smettere di stare seduto nell’acqua. Si solleva in piedi, combattendo contro una nuova ondata di nausea, e resta immobile. L’unico suono che riesce a sentire è un vago sciabordio che riecheggia in lontananza. Non c’è traccia delle battute di Jesper, né del pacato mormorìo di Inej.

Forse ha capito male le istruzioni: l’inglese della professoressa McGrannitt ha un’inflessione a dir poco incomprensibile per lui – Matthias avrebbe di gran lunga preferito che fosse il preside Silente a riunire i Campioni per dare loro le ultime istruzioni per la Seconda Prova, con il suo inglese a volte un po’ arcaico ma dalla pronuncia pulita, quasi scolastica. Matthias, pigiato su una sedia troppo piccola nell’ufficio sovraffollato della vicepreside, ha ascoltato la donna spiegare che loro avrebbero dovuto bere una pozione disgustosa che li avrebbe fatti cadere in un sonno profondo, sarebbero poi stati trasferiti in un condotto dell’impianto idraulico della scuola per essere infine risvegliati al momento dell’inizio della prova dalla voce dei compagni di scuola che, armati di una mappa magica, avrebbero guidato il Campione fino a raggiungere la meta prestabilita. Il tutto senza bacchetta, naturalmente, perché per qualche arcano mistero quegli inglesi pazzi vogliono dimostrare al mondo che un torneo di magia potrebbe essere vinto anche dai babbani. Una cosa completamente priva di alcun senso logico, ma del resto in quella scuola di logico non c’è proprio niente – partendo dai professori non diplomati, passando per fantasmi molesti che si appostano nei bagni per spiare le persone senza vestiti e arrivando ai custodi totalmente incapaci di fronteggiare degli studenti armati di bacchetta.
E ora Matthias si è risvegliato, ma non c’è traccia della voce di Jesper o Inej. Forse i suoi compagni hanno deciso di abbandonarlo a marcire nelle fogne di quello stupido castello – da Jesper se lo aspetterebbe anche. O forse tutte le regole che hanno infranto si sono trasformate in un’espulsione che lo condannerà a marcire in quelle fogne: Inej gli è sempre sembrata impossibile da cogliere in flagranza di reato, ma chissà, forse anche gli Spettri hanno dei punti deboli in grado di condannarli. 

Quello che è certo, però, è che Matthias non ha alcuna intenzione di marcire nelle fogne di un castello di pazzi nel cuore della Scozia. 

 

Matthias allunga il braccio destro – un braccio così nudo senza bacchetta da farlo sentire vulnerabile come un bambino del primo anno finito per errore in mezzo alle lezioni avanzate del professor Brum – e presto le sue dita si trovano a sfiorare la superficie fredda, liscia e umida del condotto. Stende il braccio destro in avanti e, sentendosi goffo come non è mai stato, comincia a procedere lentamente in avanti. 

Non è sicuro che la direzione che sta percorrendo sia quella corretta, ma del resto non ci sono svolte e ritiene piuttosto improbabile che debba risalire lo scivolo che l0 hanno appena costretto a percorrere. 

Non ha idea di quello che farà quando arriverà a un bivio, ma spera che per allora qualcuno dei suoi compagni di scuola riesca a sfuggire a qualsiasi cosa li stia trattenendo lontano dalla mappa incantata e si degni di dargli qualche indicazione sulla direzione da seguire. 

Un fruscio.

Matthias lo avverte, un fruscio così vicino che sembra quasi risuonare solo nella sua testa. Non riesce a capire quale sia la direzione da cui proviene il suono: probabilmente la conformazione delle tubature fa viaggiare i rumori in un modo che lui fatica a comprendere, e la cosa non fa altro che disorientarlo.
Come se avesse davvero bisogno di essere ulteriormente disorientato.

Si immobilizza, le braccia sollevate per difendersi da qualsiasi cosa possa annidarsi nelle tubature e il suono gli esplode di nuovo nella testa, accompagnato da quello che, inconfondibilmente, è un colpo di tosse. 

Un colpo di tosse, una parolaccia, e la voce di Jesper che esplode come un tuono nel condotto.

“Il puntino si sta già muovendo! Possibile che sia già stato attaccato da qualcosa? Stiamo guardando il suo cadavere trascinato dal figlio illegittimo del Basilisco che viveva da quelle parti?”
“Jesper?”
“Helvar! è la tua voce che sento o sei già un fantasma?”
“Perché non mi hai svegliato?”
Trambusto, un suono amplificato simile al tamburellare di dita sulla superficie di un tavolo, un altro fruscio di pergamena, e poi la voce di Jesper torna a risuonargli nella testa.

“Perché non sei la bella addormentata e io non voglio prendere il posto della Zenik”.

Suo malgrado, Matthias si ritrova a fare una smorfia che è a metà strada tra un digrignare di denti esasperato e un sorriso. La medesima espressione che fa ogni volta che si trova vicino a Nina. Il fatto che lei abbia cominciato a fargli quell’effetto anche quando non è presente è un chiaro segno di quanto la sua sia decisamente una cattiva compagnia e di quanto pessima sia la sua influenza su di lui, ma  Matthias è del tutto incapace di rinunciare a quell’influenza.

“Ti abbiamo perso, Helvar? 

“No, ma dovrebbe essere il tuo lavoro fare in modo che io non mi perda qui, giusto?”
Un altro lungo silenzio in cui Matthias, esasperato, resta immobile. Immobile a contemplare il tempo che scivola via, tempo che dovrebbe impiegare per uscire da quel labirinto di tubature. 

“Non sono sicuro di poterlo fare. La prova inizia tra cinque minuti, e tu non dovresti essere ancora sveglio… perché sei già sveglio? Hai fatto i capricci e hai sputato mezza pozione?”
Matthias ripensa alla fialetta minuscola che è stato costretto ad assumere nell’ufficio della vicepreside di Hogwarts, una fiala delle stesse dimensioni ridicole di quella rifilata a quel ranocchietto rachitico che è il Campione di Hogwarts. Forse a Hogwarts non insegnano che prima di somministrare una pozione bisognerebbe prendere in considerazione la stazza del paziente.

“Quindi ci risentiamo fra cinque minuti?”
Una risata, improvvisa e inaspettata come un’esplosione, risuona nella testa di Matthias. 

No, Helvar, ti pare che sprechiamo cinque minuti di anticipo piovuti dal cielo? Vai avanti. Direzione Nord-Est”.

Matthias vorrebbe protestare e far notare che è scorretto cominciare la prova in anticipo, ma, del resto, se riesce a sentire la voce di Jesper e Jesper riesce a vedere la sua posizione sulla mappa incantata in dotazione ai Campioni, deve significare che in qualche modo per loro la prova è già cominciata.

“Mi vuoi spiegare come dovrei fare per sapere qual è la direzione Nord-Est?”
Un sospiro, e Matthias è quasi certo di poter immaginare l’espressione esasperata sul viso del suo compagno di scuola.

“Mi vuoi dire che durante tutti i suoi campi estivi Brum si è ricordato di insegnare ai suoi cocchi come si usa una Maledizione Senza Perdono ma si è dimenticato di insegnarvi a usare una bussola?”
Matthias stringe i pugni, gli occhi chiusi ad allontanare ondate di ricordi con cui da mesi non riesce più a fare i conti. Vorrebbe dire che non è vero, vorrebbe smentire qualsiasi cosa. Vorrebbe ricostruire l’immagine mentale che il sé ragazzino ha cullato per tanti anni, imponendosi giorno dopo giorno una disciplina sempre più dura per dimostrarsi all’altezza di prendere parte ai seminari del professor Brum.

Per migliorare.

Per essere un bravo mago, un bravo cittadino, un soldato pronto a mettere la propria bacchetta al servizio di Fjerda.
Non per essere il mostro nascosto nel buio per combattere una guerra impari con armi prive di qualsiasi giustizia.

La voce di Nina, tremante di indignazione, torna a frustargli i ricordi. Nina che sogna di diventare Auror, di combattere l’oscurità nascosta nei metodi del professor Brum, Nina che è incapace di scendere a compromessi e di accettare il silenzio confuso che cala fra di loro ogni volta che Matthias si rifiuta di affrontare di petto le incertezze che lo hanno portato a prendere le distanze dai compagni di scuola con cui ha trascorso innumerevoli estati.

Non ci può pensare ora. Non può pensare a Nina, né può pensare al professor Brum e a quei valori che cominciano a stringergli il petto come catene.

Ha una prova da superare, una fogna da lasciarsi alle spalle, e per farlo deve trovare il modo di far ragionare Jesper Fahey. 

“Mi spieghi dove dovrei trovare una bussola, qui?”
Un altro sospiro.

“Santi, Helvar, è proprio vero che chiunque può diventare  Campione, di questi tempi. Non vedi che ce l’hai al polso?”
La mano di Matthias corre automaticamente a sfiorare l’orologio che porta al polso. Passa un dito sul quadrante, stupendosi nel sentirlo leggermente più largo e piatto di quanto lo ricordi. Anche il cinturino, ora che ci presta attenzione, sembra un po’ più largo. 

Deve trattarsi di suggestione. L’essere completamente al buio lo sta disorientando più del previsto, perché si sarebbe sicuramente accorto se qualcuno gli avesse sostituito l’orologio che porta abitualmente con un altro strumento. 

A meno che… 

Brekker. Io lo ammazzo, quel demone”.

“Ti ricordo che per ammazzarlo devi prima uscire da lì, quindi ora ringrazia per il regalo e inizia a muovere quei piedoni che ti ritrovi in direzione Nord-Est”.

Matthias si concede giusto un istante per respirare a fondo e scacciare quell’impellente bisogno di prendere a schiaffi nel medesimo istante Kaz Brekker e Jesper Fahey, poi si costringe a sibilare:

“Mi spieghi come dovrei vedere l’ago di questa bussola? Non ho una bacchetta, e…”
“Con una bonelight, ovviamente”.

Questa volta Matthias non trattiene un verso disgustato: quegli orribili globi di vetro riempiti di polvere di ossa di pesci bioluminescenti non sono solo vietati durante la prova, sono proprio banditi da Durmstrang. Sono strumenti da ladro, oggetti subdoli utilizzati da criminali e fuorilegge: non oggetti pericolosi in sé, ma è più che altro ciò che rappresentano, il problema. Tanto varrebbe andarsene in giro con una Mano della Gloria, visto il modo del tutto sleale con cui quella prova viene condotta.

Ovviamente”.

Matthias lascia scivolare una mano nella tasca della divisa, sfiorando la superficie liscia e fresca di una sfera di vetro che, potrebbe giurarlo, non era lì quando quella mattina si è vestito nella sua cabina.

È una bonelight minuscola, che può sparire nel suo palmo con facilità: il suo tenue bagliore verde è a malapena sufficiente a spandere un alone di luce malata attorno a sé, illuminando pozze di acqua maleodorante sulla superficie liscia del condotto e poco altro.
Matthias avvicina il globo di luce alla superficie della bussola, rendendosi conto che sta già proseguendo in direzione Nord-Est, e la voglia di uscire da quel labirinto di fognature per poter stringere le mani attorno al collo di Brekker e a quello di Fahey si fa sempre più forte.

Prosegue con passo deciso, in silenzio, ascoltando solo il cupo rimbombo dei suoi passi sul metallo della tubatura. Jesper tace, e per un attimo Matthias si chiede se siano già scaduti i dieci minuti che hanno a disposizione insieme – se ha capito bene le istruzioni della vicepreside, i suoi compagni potranno comunicare con lui solamente per dieci minuti a testa, una volta all’ora: lui spera di dover sentire la loro voce il meno possibile, perché non ci tiene a trascorrere tutte e tre le ore a disposizione in quel labirinto, ma sperava comunque che prima di lasciarlo al silenzio Fahey gli desse qualche indicazione in più.

 “Fahey? Mi senti?”
Matthias si sente un idiota: non ha idea se la comunicazione sia o meno a doppio senso, se quando lui smette di udire la voce degli altri Campioni, anche loro smettono di udire la sua. Probabilmente no, perché in superficie devono comunque continuare ad avere qualche vaga idea di quel che sta accadendo nelle viscere del castello.

Forse tutta la scuola può sentire quello che dice Matthias: avrebbe senso, non fosse altro che per provare a mostrare agli studenti qualcosa della prova. Dopo lo spettacolo adrenalinico offerto dagli scontri con le Acromantule, dev’essere a dir poco privo di senso assistere a una prova che non si può vedere né sentire, ma che in quella dannata scuola non ci sia niente di sensato è una verità già appurata.

Nella sua testa, la voce di Fahey continua a tacere, e così Matthias spera che la strada per raggiungere l’uscita sia semplice: proseguire in direzione Nord-Est, niente di più difficile.

Niente di più difficile, se solo le pareti della tubatura che sta percorrendo non si piegassero all’improvviso, costringendolo a compiere un angolo retto. Maledizione. Una fogna non è un oceano, in una fogna non è sufficiente sapere qual è la direzione da tenere per continuare a percorrerla, deve esserci una strada in grado di percorrere quella direzione. A meno che Matthias voglia decidere di abbattere a calci e pugni tutti i condotti che si troverà davanti, il che potrebbe essere poco utile al fine di superare la prova, ma decisamente molto utile per aiutarlo a sfogare in qualche modo la tensione e la rabbia che prova. 

Jesper avrebbe dovuto perdere meno tempo a prenderlo in giro e impiegare qualche energia in più nello studiare un percorso utile a farlo restare sulla giusta strada, avrebbe dovuto calcolare il percorso delle tubature, avvisarlo di eventuali svolte, istruirlo su cosa fare una volta persa la rotta da seguire, ma ovviamente non lo ha fatto. 

Matthias prosegue per un centinaio di metri, la bonelight stretta in mano a illuminare metro dopo metro di metallo freddo e pozze maleodoranti. Pozze che si stanno sempre più rapidamente trasformando in un vero e proprio rigagnolo di acqua che sciaguatta fastidiosamente ad ogni passo e che gli fa ringraziare Djel di aver deciso di indossare gli stivali che è solito utilizzare durante le escursioni sulla neve: suola spessa e pelle di drago, ottima tenuta contro l’umidità. Pesanti da trascinarsi dietro, ma Matthias preferisce far lavorare un po’ di più i muscoli che preoccuparsi di calze impregnate di qualsiasi cosa scorra in quelle fogne. 

 

Matthias improvvisamente si ferma: il rigagnolo d’acqua che gli scorre sui piedi si sta facendo sempre più alto, e la luce della bonelight si riflette sull’ambiente circostante in maniera diversa. C’è qualcosa, in fondo al buio. Qualcosa di diverso da un lungo tubo di metallo dentro cui camminare, un’oscurità più ampia, come… come una radura di tenebra.

Cercando di essere il più silenzioso possibile – cosa tutt’altro che facile quando, come gli ha ripetuto Nina con un sussurro nient’affatto sgradevole, si ha la stessa stazza di un orso, Matthias avanza piano, circospetto, la mano sinistra stretta attorno alla bonelight  e la destra dolorosamente consapevole dell’assenza della sua bacchetta.

Presto, però, la tensione si allenta, fino a sciogliersi in qualcosa di simile alla soddisfazione: quel grumo di ombre scure altro non è che il punto d’incontro di cinque diverse tubature, tutte molto più piccole del grosso condotto da cui Matthias è arrivato. Matthias solleva la bonelight, studia con attenzione la bussola che ha al polso e, con un moto di irritazione, si rende conto che il condotto che lo riporterà a percorrere la direzione indicata da Jesper è anche il più stretto. Così stretto che per entrarci è costretto a inginocchiarsi e avanzare carponi, la bonelight stretta fra i denti e un’espressione a dir poco disgustata all’idea di dover affondare mani e ginocchia in quella melma maleodorante.

Spera almeno che Fahey abbia imparato a leggere le mappe e sapesse che cosa stava facendo, intimandogli di proseguire verso Nord-Est.






 

 


 

Note

La divisione in due capitoli è stata fatta con l’accetta, semplicemente perché pubblicare 10.000 parole di questo mappazzone in una botta sola mi sembrava decisamente troppo (non che siano tante o troppe in generale, erano troppe per come temo di aver gestito il capitolo).
La seconda parte è già pronta, quindi arriverà entro pochissimi giorni, assieme a tutti i credits per il formato della prova. 

   
 
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