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Autore: Saekki    09/04/2023    2 recensioni
"...Qualcosa di antico aveva deciso di muoversi, strisciare tra le ombre per reclamare il compiersi di un'antica vendetta. I tempi erano maturi, i venti di tempesta soffiavano forti, il grande disegno si sarebbe compiuto." Calatevi insieme ad Ilyria, la protagonista di questa storia, nel selvaggio mondo di Ophiria. Tra misteri ed antichi rancori, un passato da svelare ed un mondo che scivola sempre più verso il nero abisso, riuscirà la ragazza dai capelli corvini a trovare la propria strada?
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Cap.5- Colui che conosce.

 

 

Ilyria era seduta a ridosso di un grande albero in noce, una folata di vento le sollevò i capelli corvini, scompigliandoli, mentre inspirando a fondo assaporava l'aria di quel primo pomeriggio, carica degli odori della nuova stagione, quello dei fiori appena sbocciati, del polline degli alberi, ascoltando il canto degli uccelli. Si rilassò contro il grande tronco che le sorreggeva la schiena, sollevando lo sguardo in alto per intercettare la figura di Daminen sdraiato su di un ramo a qualche metro da terra, una gamba puntellata contro quest'ultimo mentre l'altra pendeva, ciondolando nell'aria. Si trovavano sul limitare del territorio che poteva ricadere nella giurisdizione del villaggio di Acque Grigie, sulla collina a nord, per essere precisi, lì dove la strada maestra costeggiava il Grande Verde per condurre attraverso le lande orientali verso Dakia e poi, continuando, verso la capitale imperiale, Septima Magna. La strada lastricata costruita generazioni prima aveva retto alla prova del tempo, fornendo supporto ai viaggiatori in tutto l'impero ma di recente gli scambi si erano interrotti e non per volere degli uomini.

Il piccolo scorcio del Grande Verde che si stagliava all'orizzonte ricordò ad Ilyria quanto vicine fossero le terre degli umani a quelle dei mezzi uomini. Si trattava di un'immensa foresta, che si diramava a perdita d'occhio verso nord, alcuni dicevano fino a raggiungere la costa settentrionale del continente, migliaia di ettari di alberi, letteralmente il confine di un regno silvano che spesso era entrato in contrasto con l'impero mentre gli insediamenti umani si espandevano e la foresta veniva progressivamente abbattuta per far spazio alle coltivazioni gli scontri con i mezzi uomini furono impossibili da evitare. Ancora ricordava quando, da bambina, vide per la prima volta un centauro, catturato da dei cacciatori. La bestia era enorme, per metà uomo e per metà cavallo, la metà inferiore di un lucido manto nero mentre dal ventre iniziava la metà umana, la pelle candida ricoperta di tatuaggi tribali, la muscolatura tonica, una chioma nera che era stata recisa di netto mentre il volto era imbrigliato con una pesante museruola in ferro, incatenato affinché non potesse scappare e rinchiuso in una grande gabbia che i cacciatori di bestie stavano trasportando in direzione della capitale. I Venatores, questo era il loro titolo ufficiale, erano al soldo dell'impero, specializzati nel braccare i mezzi uomini ed assicurare la pace nelle terre di confine. Per qualche tempo perfino lei da bambina aveva sognato di trasferirsi ed accedere alla grande Accademia di Caccia di Septima Magna, sogno ben presto estinto dalle parole della vecchia Elowen che le aveva ricordato come in quell'accademia potessero accedere solo i figli delle nobili famiglie imperiali, nonché i rampolli della famiglia regnante, non di certo una contadina come lei. E così erano sfumate anche le fantasie di gloria di una giovane ragazza, il sogno di esplorare, di inoltrarsi in quelle foreste e combattere da vera eroina contro bestie mitiche rimase solo un sogno.

Stava per alzarsi, un mezzo sorriso in volto quando il vento, che insinuandosi tra le fronde degli alberi, smise di colpo di far frusciare le foglie. Una calma piatta, innaturale quasi. Aggrottando le sopracciglia Ilyria si mise in piedi, osservandosi intorno, nulla sembrava essere cambiato, se non quell'improvviso silenzio che era piombato tutt'intorno. Sollevando un braccio verso l'alto cercò la gamba di Damien, senza trovarla, la mano fendé l'aria a vuoto. Sollevando lo sguardo di scatto non trovò la figura dell'amico che poco prima era sdraiato su quel ramo mentre in quell'esatto istante uno stormo di corvi gracchianti solcò il cielo, il battito di ali e quei versi striduli la fecero rabbrividire mentre voltandosi cercò con gli occhi il proprio compagno.

< Damien dove sei, torniamo al villaggio! >

Si voltò ancora una volta nella direzione opposta, il mondo sembrava vorticare rapidamente, mentre il rumore di quello stormo di uccelli non si placava

< Non sto scherzando, non è il momento di giocare, vieni fuori! >

La voce della ragazza era rotta, quasi implorante, lo sguardo venne tuttavia catturato da un lampo di luce proveniente dal Grande Verde all'orizzonte, che poco prima si era soffermata ad osservare. Nuvole di tempesta sembravano avvicinarsi rapide, nuvole che prima non aveva notato che riempivano la volta celeste con il loro colore bluastro frammisto a lampi. Ilyria fu costretta a tenere la gonna del proprio umile vestito con entrambe le mani quando un vento impetuoso iniziò a soffiare in sua direzione, costringendola a socchiudere gli occhi, fili d'erba strappati dal terreno iniziarono a vorticare nell'aria, i rami del grande albero di noce che si piegavano sotto la forza del vento, ondeggiando con violenza. Il fronte temporalesco si avvicinava a vista d'occhio ma Ilyria non si mosse da dove si trovava, sembrava aver perso il respiro, come se tutta l'aria che le stava soffiando contro avesse strappato via quella che aveva nei polmoni, impedendole di riempirli nuovamente. Con la bocca aperta, annaspando per un respiro si accasciò al terreno sulle ginocchia, portando una mano al petto, stringendo il vestito in un pugno mentre sentiva il cuore scalpitare, scoppiare, bruciare come una tempesta di fiamme. Provò ad urlare ma nessun suono uscì dalla bocca, la gola completamente paralizzata mentre il cielo era stato completamente ricoperto da quella coltre di tempesta. Gli occhi violetti sbarrati ad osservare la volta in tumulto. Provò ad alzarsi, puntellando un piede contro il terreno e reggendosi all'albero ma senza successo, crollò nuovamente a terra come se una forza ignota la stesse spingendo verso il basso. In quella posizione e solo con un braccio a tenere il busto sollevato facendo da perno contro la terra, il fragore delle saette unito a quello dei tuoni le riempì le orecchie, sollevando ancora gli occhi stavolta intravide qualcosa nelle nuvole, la sagoma di grandi ali membranose che si stagliavano contro quello sfondo di tempesta, in quella cacofonia di suoni i tuoni divennero ruggiti, tanto assordanti da scuoterle le ossa.

Gli occhi della ragazza erano sbarrati, pietrificata dal terrore iniziò a tremare, sentiva ogni centimetro del proprio corpo bruciare, ogni muscolo contratto fino al proprio limite. Un urlo acuto le abbandonò le labbra, stavolta con successo, mentre sfinita e stremata si accasciò al terreno, il volto poggiato di lato contro il suolo mentre la propria vista si annebbiava, fino a spegnersi del tutto nel buio.

--

< Non è la prima volta, mentre dormiva qualche settimana fa è successa la stessa cosa. >

La voce di Damien, preoccupata, riempiva la stanza da letto di Emmet mentre il biondo era seduto ai piedi del letto che apparteneva al ragazzo figlio dell'erborista, letto che al momento era occupato da Ilyria, priva di conoscenza, scossa da brividi e con le gote arrossate, uno straccio zuppo di acqua fredda poggiato sulla fronte nel vano tentativo di far scendere la temperatura corporea. Il volto del biondo era contratto in una smorfia di preoccupazione mentre il ragazzone dagli occhi verdi aveva poggiato una mano sulla sua spalla provando a rassicurarlo. Tirando su con il naso il ragazzino passò il dorso della mano contro l'occhio destro, strisciando via una lacrima e sollevando lo sguardo su Sylvia, che per tutto il tempo era rimasta in piedi appoggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate sotto il petto, il volto corrugato in un espressione dura e riflessiva. Mentre il silenzio era calato nella stanza la tensione venne rotta da un vigoroso bussare contro la porta della bottega al piano inferiore. Voltandosi la donna scese le scale, con incedere calmo mentre ancora una volta il pugno di chi era all'esterno si schiantava con fragore ed insistenza contro le assi in legno.

Aprendo la porta l'erborista si trovò davanti a sé la figura in armatura di Alair, la carnagione olivastra dell'uomo in netto contrasto con quella candida della donna, il suo sguardo scuro che sfidava quello dell'altra posto più in basso.

< Ho sentito che una delle rifugiate sta male, si trova qui? >

E seppure quella potesse sembrare una domanda il tono lasciava intendere tutt'altro, perentorio e duro, sembrava voler ricevere una risposta che sapeva già di avere. Nel contempo dalla piccola balaustra che si affacciava sul piano inferiore Damien ed Emmet, in silenzio, si erano accovacciati per osservare la scena rimanendo in silenzio. Sylvia incrociò nuovamente le braccia sotto il petto, un sorrisetto a storpiarle il labbro prima di rispondere.

< Ilyria si trova qui, mi sto prendendo cura di lei. C'è forse qualche problema? >

Il tono era palesemente di sfida, c'era della tensione tra i due, tensione palpabile che nessuno sapeva dove affondasse le proprie radici. Alair sbuffò di colpo, la mano guantata d'acciaio che si andò a poggiare e stringere il pomo della spada tenuta nel fodero, assottigliando lo sguardo si avvicinò all'altra, chinandosi leggermente in avanti.

< Non ho ancora le prove per incriminarti, Sylvia, ma se hai usato la magia su quella ragazza avrò finalmente una scusa per avere la tua testa su un palo nel centro della piazza. Sai quali sono le leggi dell'impero. >

Tornò eretto, voltando di poco il capo e sputando a terra con disprezzo, prima di puntare il dito contro l'erborista, un ghigno feroce sul volto

< Un solo incantesimo e avrò la tua vita, strega. >

Si girò di scatto, allontanandosi dall'entrata della bottega e facendo cenno alle due guardie che aveva portato con sé di seguirlo, fino ad allora rimaste nascoste dietro l'angolo dell'abitazione.

< Sempre un piacere parlare con te Alair! >

Aggiunse poi sarcastica la donna, sporgendosi di poco oltre l'uscio prima di rientrare e richiudersi la porta alle spalle. Si portò le mani alle tempie, comprimendole leggermente mentre la schiena si appoggiava a quella porta da poco richiusa, le dita che si muovevano in modo circolare mentre una vena pulsava visibilmente sulla fronte. Quegli occhi color foresta si sollevarono sui due ragazzi che erano rimasti accovacciati alla balaustra del piano superiore.

< Emmet, Damien, mi servirà il vostro aiuto. >

Sentenziò la donna osservando i due giovani con occhi affilati, il tono che non ammetteva nessun tipo di replica

< Madre, avete sentito il pretore, non potete... >

Provò a controbattere il ragazzo più grande mentre Damien guardava confuso la scena, chiedendosi il perché di tanta preoccupazione e confusione. La donna sollevò una mano verso l'alto, come a scacciare una mosca invisibile, mentre avanzava lungo la propria bottega, movimenti rapidi mentre apparentemente a caso afferrava questa o quell'erba, tenendole delicatamente in pugno.

< Non è per lei, devo contattare qualcuno. Prendi il sale, fai come sai e tu Damien, vieni con me.>

Concluse poi, lo sguardo estremamente serio mentre, dopo aver raccolto tutto il necessario, salì le scale, avvicinandosi ai ragazzi che avevano aspettato al piano superiore. Una mano si mosse in direzione del volto del biondo, accarezzandolo dolcemente mentre scrutava lo sguardo di quest'ultimo.

< Le mie conoscenze non bastano per salvare Ilyria, devo chiedere consiglio al mio maestro e l'unico modo per contattarlo è quello non ortodosso. >

La mano dell'erborista scivolò lentamente verso il basso, sulla spalla del ragazzo e poi sul suo braccio, fino a sollevare di poco la sua mano e portarla all'altezza del proprio viso, stringendo con decisione il polso e girandone il palmo verso l'alto con un movimento repentino portò la propria bocca al suo indice, bucandone il polpastrello con un canino affilato, per poi far cadere una goccia di quel sangue scarlatto sul mazzo di erbe essiccate. Gli occhi verdi della donna iniziarono a brillare di luce propria, un sorriso a solcarle le labbra mentre scrutava quelli del biondo prima di bisbigliare.

< Zabyt' i spat'. >

A quel comando il giovane cadde all'indietro, prontamente afferrato dalle forti braccia di Emmet, che con un sospiro prese il ragazzo più giovane in braccio, dirigendosi verso la stanza della madre dove lo adagiò sul letto, coprendolo poi con una coperta in lana. Passandosi una mano tra i capelli il figlio dell'erborista uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

< Sei sicura che sia proprio necessario? >

Emmet deglutì con forza mentre rivolgeva quelle parole alla madre, voltandosi in sua direzione, vedendone il bagliore degli occhi pian piano scemare fino a tornare alla normalità.

< Una goccia di sangue di persona cara, verbena essiccata per sei mesi e belladonna di due inverni fa. Non potevo fare altrimenti e lo sai. Ora lasciami sola per le prossime ore e sorveglia la porta. >

Sylvia entrò nella stanza che accoglieva la ragazza chiudendosi la porta alle spalle e serrandola con la chiave. Un sospiro le abbandonò le labbra nell'osservare la ragazza distesa ed apparentemente febbricitante. Si avvicinò lentamente, portando le dita della mano libera alle palpebre serrate con forza, aprendole per scoprire quelle iridi violette che splendevano con intensità, un bagliore deciso, potente e pulsante. Mordendosi il labbro inferiore la lascò andare per poi inginocchiarsi sul pavimento.

Iniziò a mormorare parole sconosciute, una lingua arcaica che riempiva l'aria con vibrazione ignote, un gessetto rudimentale tracciava segni e simboli antichi quanto il tempo, il rumore del gesso contro le assi del legno riempi la stanza per i minuti a venire, accompagnato da quella cantilena. La donna in ginocchio si ritrovò davanti a quello che era un intreccio di rune e forme geometriche, al centro del quale aveva deposto le erbe intrise di sangue. Messo da parte il gesso portò le mani vicine all'offerta su quell'altare improvvisato, gli occhi serrati mentre le parole farfugliate divenivano sempre più fitte e serrate, la cantilena sempre più incalzante finché, improvvisamente, quell'offerta prese fuoco, bruciando prima di rosso e poi di un vivido blu che riempì la stanza con quei bagliori inusuali. Sylvia aprì nuovamente gli occhi, che ancora una volta brillavano di un verde intenso, mentre osservava quelle fiamme che lentamente prendevano ondeggiavano seguendo i movimenti delle mani della donna intorno ad esse.

< Tot, kto znayet, rispondi alla mia chiamata, chiedo il tuo aiuto in tempi bui e ignoti. >

Con un guizzo le fiamme presero a danzare con più vigore, sempre più rapidamente fino ad acquietarsi, un sospiro abbandonò i polmoni della donna che esausta lasciò cadere le mani lungo i fianchi, come se fosse priva di forze, gli occhi che dopo aver brillato intensamente tornarono normali, privi di quella luce fulgida. Ondeggiando lentamente le fiamme di quel fuoco arcano si mossero per loro volontà, mentre una voce profonda e pacata riverberò nella stanza nella quale ombre sinistre continuavano a cambiare forma.

< Travnik, sono decenni che non sento la tua voce. Ma avevo previsto la tua chiamata, anche se ne ignoro i motivi. >
Le parole sembravano storpiate, come se fossero pronunciate a fatica da quella voce gutturale che sembrava fare eco fin nelle ossa dell'erborista.

< Maestro, non vi avrei disturbato se non fosse di vitale importanza. Questa fanciulla... Non credevo fosse possibile quando l'ho vista ma adesso ne ho la conferma, per quanto sembri assurdo. >

Una lunga pausa seguì quelle parole prima di continuare.

< L'energia al suo interno la sta consumando, brucia con il bagliore di mille soli, più di quanto abbia mai visto fare ad essere vivente, ed è solamente un'umana. E non ho idea di come salvarla. >

Il fuoco dai bagliori azzurri posto d'innanzi a Sylvia si acquietò, ondeggiando placidamente, prima che un guizzo di scintille sprizzare da un rametto scoppiettante.

< Non lasciare che si accorgano di lei, tienila nascosta. Usa il terzo sigillo di Man'Lor, dovrebbe essere sufficiente fino a quando ti contatterò di nuovo. Abbi fede, Travnik. >

E con quella breve frase di conclusione gli ultimi residui di quel fuoco arcano si bruciarono, le ultime parole morenti e distorte si persero nell'aria mentre i rimasugli si sgretolavano lasciando un cumulo di cenere bianca ancora fumante. Portando un pugno chiuso alle labbra e meditando sulle parole che aveva ricevuto Sylvia restò in silenzio davanti ai resti di quel cerchio rituale oramai consumato. Prima l'attacco di una bestia sconosciuta e adesso questo, cosa poteva significare?

 

 


-- Non mi sono dimenticada di pubblicare, niente paura! Vi auguro una buona pasqua a chi sta leggendo questa piccola storia. Per quanto riguarda il capitolo finalmente iniziamo a scivolare verso la componente più fantasy, tante domande e poche risposte che avranno lentamente una risposta. Fatemi sapere se preferireste avere una traduzione delle parole qui nella sezione a pié di pagina oppure preferite scoprirle pian piano, comunque sia, al prossimo capitolo! <3 

   
 
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