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Autore: FragileGuerriera    09/04/2023    2 recensioni
Missing moments ispirato all'episodio 106, "Le due guerriere".
Michiru incontra Haruka e cerca di convincerla ad accettare il suo destino di guerriera Sailor, ma tra le due nasceranno numerosi scontri: Haruka è decisa a non voler sacrificare i suoi sogni per un disegno crudele di cui non comprende il significato. Al tempo stesso Michiru intraprenderà una battaglia personale per negare i sentimenti che inizia a provare per Haruka.
ATTENZIONE: all'interno della fanfiction saranno presenti scene forti (ma non violentissime) legate al sogno apocalittico di Haruka.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza serie
Capitoli:
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Buonasera a tutti, spero abbiate passato tutti una serena Pasqua!

Io ho approfittato di uno dei miei pochi giorni liberi per andare avanti con questa fanfiction (in realtà il capitolo è ancora leggermente in fase di revisione poichè quando ero ormai verso la fine del lavoro, non so contro quale tasto ho preso contro e ho cancellato tutto il lavoro fatto oggi pomeriggio T_T).

AVVERTENZA prima di lasciarvi alla lettura: come ricorderete vi avevo avvertito che il rating della storia è arancione a causa di scene forti legate al sogno di Haruka. Quelle scene sono all'interno di questo capitolo. Non sono violentissime, però non sono nemmeno blando.

Augurandovi buona Pasquetta, ringrazio le persone che stanno leggendo questa storia e chi l'ha inserita tra le seguite.

4.

Haruka stava fissando distrattamente un biglietto per assistere alle corse di macchine dei giovani esordienti; l'ultimo che aveva a disposizione da regalare ad amici o parenti. Gliene erano stati dati cinque: tre li aveva dati alla sua famiglia; uno aveva deciso di darlo a Kameda che per quanto l'avesse conosciuto da poco si era subito trovata bene in sua compagnia, mentre per l'ultimo doveva ancora scegliere il suo futuro proprietario. "O proprietaria?" si domandò pensierosa. Aveva infatti già in mente a chi dare il biglietto, solo che era titubante nell'agire. "Ma d'altronde non ho altre amicizie strette... A dire il vero, nemmeno Kameda e Michiru sono miei amici stretti. Però sono gli unici che conosco un po' meglio degli altri." si trovò a concludere, insoddisfatta dei propri rapporti sociali. Dialogava con tutti e riusciva ad aver buoni rapporti con chiunque, ma era molto diffidente. Non era sempre stata così. Da bambina socializzava in fretta, aveva tante amiche e amici; poi crescendo si era incupita, divenne incostante nel curare le sue amicizie precedenti e non legò con nessun altro. Arrivata in Giappone con suo padre e, incantata dalla terra d'origine, ottenuta la concessione di stare sola, rimase davvero sola. Non aveva calcolato che le scuole private fossero famose per avere un certo rigore etico e morale che non includeva lei, ma anzi era apertamente ostile a persone come lei. In Giappone poi era anche peggio che in America. Non poteva negare che se ne era in parte infischiata di quello che diceva o pensava la gente lì dentro, come non negava il fatto di aver comunque flirtato con alcune compagne di classe o di scuola. Ma, escluso qualche bacetto innocente dato di nascosto ad un paio di loro, in quasi un anno di permanenza nella terra del Sol Levante, aveva stretto vera amicizia solo con Kameda. Le sembrava che alle ragazze non interessasse davvero di lei, ma più delle sue possibilità economiche che sbandierava ogni volta che tirava fuori dal parcheggio la sua Porsche. Un regalo da parte del padre prima di lasciarla da sola in Giappone. Un modo per ricordarle quanto le voleva bene e un modo per farle mantenere un buon ricordo di se' intanto che non si sarebbero visti. Avendo Haruka quindici anni sarebbe stato illegale che guidasse la macchina, ma alla polizia bastava dire che era un pilota della categoria Formula per far chiudere un occhio e con I più intransigenti bastava fare il nome di papà Tenoh, precisare chi era per proseguire il suo percorso ed eventualmente dire: -Chiami pure, si renderà conto di chi è mio padre in America- per far perdere loro la voglia di multarla. Molte compagne della sua scuola sapevano che veniva da una famiglia che stava molto bene economicamente e, alla faccia della loro giovane età, ammiccavano con lei. Le sarebbe piaciuto essere popolare con le ragazze, ma le dava fastidio il pensiero che potessero in realtà essere i suoi soldi ad avere successo tra le ragazze. Senza contare che I soldi non erano nemmeno davvero suoi. C'erano dietro I suoi che la finanziavano in tutto, ma prima di andare via suo padre era stato chiaro: -Alla prima cazzata che fai ti ritiro moto, macchina e ritorni qui con noi-. Come se fosse stato nel suo stile mettersi nei guai. “Ma forse non ha così torto mio papà” pensò lei guardando poi biglietti che aveva in mano. Non poteva dare il biglietto a Michiru. Vedere quella ragazza sarebbe stata questione di vita o di morte. Forse non la sua, ma di tre persone sicuramente. Per giunta le tre persone con il cuore più puro! Una follia.

Se genitori delle due ragazze con cui c'era stata una simpatia iniziale non le avessero allontanate da lei- una la trasferirono in un altro istituto, mentre I genitori dell'altra la minacciarono di non avvicinarsi più a loro figlia se non avesse voluto che si muovessero per farla espellere dalla scuola- avrebbe già risolto il suo problema. Purtroppo però le cose, tanto erano nate velocemente tanto si erano anche concluse brevemente.

Dopo circa dieci minuti passati appoggiata al tavolo della cucina con il biglietto a picchiettare il mento o le mani, si decise che avrebbe conservato il biglietto nel cassetto della camera. Immaginando come sarebbe stato bello se da un invito alle corse fosse nata una simpatia reciproca fra lei e Michiru... Ovviamente se Michiru fosse stata una ragazza normale. Distrattamente infilò il biglietto delle corse nella tasca della giacca prima di appenderla nell'armadio. Poi si preparò la biancheria pulita e si diresse in bagno per fare una doccia calda. Era di nuovo sera. Presto avrebbe rivisto quella ragazza che le ricordava Michiru, ma al tempo stesso faticava a sovrapporla alla esile figura della pittrice e violinista. Nel giro di poche ore la morte e la distruzione avrebbero preso possesso della sua mente senza che le capisse come potesse una ragazza normale intrufolarsi nei suoi sogni per chiederla di seguirla nella sua lotta ad astruse teorie complottiste.


Il display della sveglia sul comodino segnava con le sue lucine verdi le ore 03.07 e accanto, nel letto, Haruka era girata di lato dandole la schiena. Era apparentemente il ritratto della tranquillità: una mano sotto il cuscino, le gambe piegate verso il petto e capelli leggermente spettinati. Totalmente distaccata dalla realtà, persa in una dimensione parallela, dove la fantasia da' pieno sfogo a se' stessa.

Lei è lì che parla con una vecchia amica dell'America, le dice che si trova bene, le manca un po' l'America, gli amici e la famiglia, ma aveva quasi quindici anni quando decise di restare in Giappone e aveva bisogno di mettersi alla prova cercando di cavarsela da sola. La sua amica ride con quella risata cristallina che le era mancata tanto. Le era mancata la sua voce. Le era mancata la simpatia che sapeva lasciar spazio alla serietà nei momenti in cui era richiesta. Le era mancato il suo sguardo perspicace. Le era mancata la sua amica. Forse le era soltanto mancata lei. Strano, non si era mai accorta di provare qualcosa per lei intanto che era rimasta in America. A dire il vero non si era nemmeno mai accorta che avesse capelli di quell'insolito colore verde acqua. Le chiede da quando si è tinta capelli e lei le risponde con un altra domanda: «Ti piacciono così?» e li raccoglie all'indietro in una sorta di coda. Haruka la guarda sbalordita, per quanto fossero in confidenza, da quando la sua amica aveva iniziato a civettare con lei e per giunta con tanta disinvoltura? Bella, è bella. Ha il colore del mare in quegli occhi magnetici da cui non riesce a staccare il suo sguardo. Com'è diventata bella in quei mesi in cui sono state lontane! L'impulso di posare una mano sul suo collo scoperto è irrefrenabile. «Ti... da fastidio?» chiede Haruka titubante. Non è da lei esitare nel corteggiare una ragazza, ma quella che ha di fronte non è una ragazza qualsiasi. E' una ragazza che conosce da quando era bambina; è una ragazza che sapeva tutto di lei prima che iniziasse a fare quegli incubi e si chiudesse in se' stessa diventando sempre più schiva con tutti; è una ragazza di cui non vuole perdere l'amicizia; è una ragazza di una bellezza fuori dal comune. Sarebbe bello scoprire che dietro a quel profondo sentimento reciproco, da sempre non si è nascosto altro che un dolce sentimento più che fraterno. Forse era reso ancora più bello all'idea che con lei avrebbe potuto riprendersi dal recente smacco che aveva preso da una ragazza che le svegliava i sensi solo a guardarla. Per un attimo Haruka si distrae cercando di ricordare quando è stato e con chi, ma non le viene in mente nient'altro che la pioggia. Guarda poi la sua amica per avere una risposta alla sua domanda e lei le risponde: «Non qui. Almeno nei sogni possiamo concederci di fare qualsiasi cosa.» L'enigmatica frase passa quasi inosservata ad Haruka, inebriata dal profumo del mare che una leggera brezza porta con se'. Entrambe socchiudono gli occhi e avvicinano i  volti. Si accorge che quella che è intenzionata a fare è dare il suo primo vero bacio a quella ragazza. Fino a prima aveva solo dato dei baci stampo alle altre ragazze e non perchè non volesse provare qualcosa di nuovo, ma semplicemente perchè appena le baciava per volere loro o dei loro genitori si allontanavano dicendo che era sbagliato. Il cuore le batte forte mentre realizza che quella volta no, non si sarebbe limitata a toccare le sue labbra con le proprie, ma si sarebbe presa un contatto più intimo con quella ragazza che non ha nulla in comune con l'amica che ricordava. All'improvviso la brezza diventa una forte raffica di vento che si sposta verso il mare, facendo ritirare talmente tanto le acque da scomparire dalla loro vista. Haruka si gira notando solo in quel momento che il bar dove si trovano è su un promontorio che dà sul mare. E' un attimo: il tempo di quella veloce constatazione, poi si gira dalla parte della sua amica e alle sue spalle vede il cielo che si è tinto di rosso. E' scoppiato un incendio vicino a loro. Si alza di fretta dalla sedia e dice alla sua amica che devono allontanarsi, ma lei si dispiace e scappa dirigendosi verso il fuoco. Haruka urla il suo nome, ma è troppo tardi, lei è già sparita dalla sua vista. Haruka corre perciò, contando sulla propria velocità, nella speranza di recuperarla e portarla via da quella che senz'altro non è una via di fuga. Man mano che si allontana dal bar, lo scenario che si svela ai suoi occhi è apocalittico. Un castello in rovina e in preda a un grande incendio sputa fuori gente avvolta nel fuoco che urla e che si getta a terra sperando di spegnere le fiamme; altri si prendono la testa fra le mani ustionate; donne, uomini e bambini sono morti o stanno morendo di una morte terribile e lei non può fare niente per salvarli. Come se ciò non bastasse arrivano due grandi trombe d'aria: una dalla terra e una dal mare. La prima alimenta le fiamme che divorano più facilmente tutto ciò che trovano attorno. La seconda sta andando verso la terraferma. Haruka capisce che per lei non c'è più via di scampo. Ovunque lei vada verrà risucchiata dai due tornadi. Fa il conto alla rovescia con la morte che la sta aspettando, quando i due violenti turbini d'aria si scontrano, facendo volare via persone, alberi, tetti, case, automobili, ma senza mai sfiorare lei che resta sbigottita. Pezzi di muri di castello cadono addosso alla gente, mutilando corpi ancora vivi e sofferenti, o schiacciando i resti carbonizzati di povere persone travolte.

Haruka spaventata dallo scenario che le si prospetta, sente solo il freddo e le grida dell'orrore dei testimoni di quello che è l'Inferno. Le due trombe d'aria unitesi in un unico furioso tornado si spostano ancora verso il mare portando con se' tutto ciò che trovano fino alla spiaggia ora deserta, perchè non più lambita dal mare che ritirandosi ha lasciato solo la sabbia del suo fondale. Haruka decide perciò di scappare nell'entroterra. Accanto a se', la gente è morta o sta morendo, o barcolla in cerca dei propri cari, o di soccorsi. Un uomo sanguinante che con le mani cerca di tenere ferma la mandibola fratturata le passa accanto, senza più vita negli occhi. Lei corre, corre più veloce che può, allontanandosi da quel che resta di quel castello maledetto. Si ferma soltanto quando dopo aver imboccanto una strada in salita verso la montagna, viene bloccata dal rumore spaventoso che proviene dal mare. Si volta da quella parte e un'onda anomala sta prendendo forma. Più si avvicina alla terra e più la sua altezza si fa spaventosa. Una ragazza un po' più grande di lei con i capelli legati in uno chignon la urta ed entrambe cadono. Lei la guarda e dagli occhi color ametista che si spalancano di stupore sembra che l'altra ragazza la riconosca. Apre la bocca, sta per dire qualcosa, ma poi si limita a dire «Per di qua» e riprende a correre verso la montagna. Lei la guarda, ma non si muove. Non avrebbe mai potuto pensare che un'onda potesse raggiungere tali dimensioni. Per quanto avrebbe potuto correre non sarebbe mai giunta in cima alla montagna e lo tsunami l'avrebbe sicuramente travolta. Si gira di nuovo verso il castello in rovina dove un gigantesco mostro grigio sta sbucando prendendo forma. Il cielo si è tinto di viola, una risata sardonica echeggia nell'aria mentre appaiono quelli che sembrano essere un enorme sorriso e due occhi luccicanti. Haruka ora vede che il mostro è composto dai cadaveri degli abitanti del castello, si eleva verso il cielo emettendo inquietanti suoni che sembrano voler replicare la risata appena udita. Dal suo corpo spuntano decine di teste che vagamente ricordano quelle di una diabolica manticora*... dagli occhi vuoti e luccicanti. Una alla volta si chinano afferrando corpi morti o catturando le poche persone vive per mangiarle sbranandole poco per volta. Lo tsunami arriva e lo inghiotte completamente. L'elettricità si scatena sott'acqua presumibilmente fulminando i pochi superstiti.

Quanto preannunciato dai suoi sogni è divenuto realtà. L'onda, ancora di una notevole portata, si sta ora abbattendo sulla foresta che la separa dal castello, portando con se' uno spaventoso maremoto che più si avvicina a lei più si fa potente. Haruka si arrende al suo destino quando ormai pochi metri la separano dall'onda.

Ecco però che una ragazza, dal viso angelico si frappone fra lei e il mare.

Il sogno proseguì finchè Haruka si svegliò all'improvviso. La pressione del sangue bassissima, il cuore che palpitava ancora nel petto e un freddo inquietante erano gli strascichi di quell'incubo.


Non molto distante da Haruka, le lancette dell'orologio analogico segnavano le 03.06.

Michiru poco distante da un bar sta guardando Haruka in compagnia di una ragazza che sembra avere molto in confidenza. Si domanda chi possa essere. Un'amica, una conquista che riporterà a casa sua a bordo della propria Porsche, o solo una spasimante con cui ad Haruka piace flirtare e basta?

Mentre osserva la scena Michiru prova una strana sensazione di fastidio. Non le piace il modo disinvolto in cui le due interagiscono, non le piace come Haruka sorride confidenziale con quella ragazza con cui è totalmente rilassata e a suo agio. Il suo compito è preciso, deve solo aspettare il momento propizio in cui il vento richiamerà le onde sulla Terra per portare il suo messaggio ad Haruka. Lo aveva sempre fatto anche se gli incipit dei sogni di Haruka erano continuamente diversi. A volte davvero surreali già di loro, a volte un po' più razionali.

Fino a quel momento, pur non conoscendone l'identità, era stato vagamente simpatico sbirciare nei sogni di Sailor Uranus. Se non fossero finiti tutti nello stesso modo avrebbe anche osato dire che sarebbe stato divertente vedere come sarebbero proseguite certe bizzarre situazioni che Sailor Uranus si trovava a sognare. Come quella in cui si trovava in compagnia della sua cantante preferita che le spiegava il segreto del suo successo e la bionda si sentiva privilegiata ad essere una sua grande amica a cui la cantante faceva confidenze inedite.  Michiru ridacchia fra se' e se', ma il buon umore le passa subito appena le risate di quelle due ragazze arrivano alle sue orecchie. Quel sentimento di forte fastidio si ripresenta al suo cuore. E' un sentimento mai provato prima e di cui non ne capisce il motivo. Per quanto siano in confidenza sembra esserci soltanto un rapporto di amicizia fra loro. E poi chi è lei per rivendicare qualcosa su Haruka? -Tenoh-san che mi combini? Anche nei sogni adesso mi crei confusione?- pensa Michiru mentre combatte con i suoi istinti. Deve aspettare che gli eventi si svolgano “naturalmente” nel sogno di Haruka. Eppure aspettare di compiere il suo ruolo era molto più semplice quando non conosceva l'identità di Sailor Uranus. Era una figura di cui conosceva solo la divisa, il diadema in testa come il suo, un paio di orecchini e i capelli corti. Ora che però i contatti con la guerriera del cielo si erano concretizzati anche nella realtà aspettare il suo turno si stava rivelando affatto semplice. Per quanto ancora doveva aspettare in disparte che finisse tragicamente l'incontro tra Haruka e la ragazza che le stava seduta di fianco? Quanto ancora doveva invidiare quella ragazza che stava serenamente accanto ad Haruka? -Basta non ce la faccio più!- e così pensando Michiru si lascia vincere dalle sue tentazioni e crea una connessione più intensa con Haruka. Talmente forte da poter piano piano prendere il posto dell'altra ragazza.

Ora che sta pian piano prendendo il posto della ragazza può finalmente sentire i racconti di Haruka che inizialmente non si accorge dei cambiamenti della fisionomia del volto dell'altra. Mentre la bionda parla Michiru comprende finalmente la natura del legame tra Haruka e l'altra, capendo che non c'è nulla di romantico fra loro: sono solo grandi amiche di vecchia data. Ad un certo punto Haruka porta come esempio di quanto avesse bisogno di crescere quello del suo primo pasto da sola. Un vero disastro! Michiru ride perciò, ma la sua è ancora una risata mista con quella del ricordo che Haruka conserva dell'amica. Lei infatti è più solita a ridacchiare, ma la risata che sente è una risata molto più aperta. Haruka la guarda divertita a sua volta, ma il suo sguardo su di lei si fa improvvisamente più dolce. Troppo repentino il cambiamento per essere dovuto a qualcosa che non riguarda lei. Una veloce occhiata verso il basso e vede che le punte dei capelli stanno prendendo l'inusuale colore dei suoi. Michiru si sente sollevata, ora Haruka potrà vedere solo lei. Per un attimo si vergogna di quel pensiero, di quel suo voler essere l'unica ragazza che Haruka possa prendere in considerazione fra le tante che ambiscono a diventare la sua fidanzata. Eppure lo sguardo che Haruka riserva a lei soltanto, uno sguardo che non le ha visto quando era in compagnia del ricordo dell'altra ragazza, le fa pensare che almeno nel sogno può agire nel suo interesse. Soprattutto sapendo già quale piega da lì a poco prenderà. Haruka non parla, si limita ad osservarla con uno sguardo che è tra quello stupito e ingenuo di un bambino e quello meno innocente di un felino. A un certo punto per sciogliere le personali perplessità le chiede: «Scusa se te lo chiedo soltanto ora, ma da quando ti tingi capelli?». Michiru resta un attimo spiazzata da quella domanda, ma è solo un attimo e non lo dà a vedere. Povera Haruka, non può sapere che si è permessa di alterare il suo sogno e che quella che ha di fronte non è più la sua amica! Decide perciò di lasciarsi andare ad una cosa che non ha occasione di fare spesso, ma che le piace terribilmente: provocare qualcuno. Perciò si tira su i capelli, raccogliendoli in una coda e le chiede: «Ti piacciono così?». Haruka le guarda il collo senza rispondere e probabilmente il candore della sua pelle scoperta dai capelli deve avere il suo effetto sulla ragazza dal momento che le posa una mano sopra. Il contatto con la mano di Haruka è una sensazione forte che le risveglia il ricordo della sua mano che percorreva i lineamenti del suo volto l'ultima volta che si erano viste. Forse non doveva permettere che ciò accadesse. Lei non poteva permettersi di guardare le ragazze. Da tempo stava combattendo contro l'attrazione che provava per Elza e la conoscenza di Haruka non aveva fatto altro che accendere pulsioni che non si poteva permettere dal momento che lei stessa era una ragazza. -Appunto, nella vita reale sto facendo del mio meglio- realizzò Michiru e la domanda di Haruka che le chiede se le dà fastidio la sua mano a contatto con il suo collo capita nel momento più giusto per far realizzare un pensiero in una frase: «Non qui. Almeno nei sogni possiamo concederci di fare qualsiasi cosa.» Un ultimo sguardo prima di fare ciò che in quel momento entrambe vogliono di più. Michiru sa che non sarà un bacio vero. A differenza di Haruka che è convinta di vivere la realtà, lei sa bene che è solo un sogno. Sa che nulla è reale di quello che si sta compiendo e perciò forse anche il bacio che si stanno dando non avrà alcun effetto su di lei. La mano di Haruka le ha infattti risvegliato i ricordi di quanto accaduto nella realtà, ma non avendo mai baciato nessuno, nemmeno per finta, come poteva quel gesto farle ricordare sensazioni a lei sconosciute? Però anche solo l'idea di poter baciare Haruka, cosa che non sarebbe mai accaduta nella realtà, le permette di non allontanarsi da lei, ma anzi di avvicinare a sua volta il proprio viso a quello dell'altra. Il battito del cuore accelerato, forse dovuto anche al fatto che, Michiru lo percepisce, Haruka sta iniziando a capire che lei non è la sua amica con una fisionomia differente. Ma ecco che l'evento apocalittico si avvera. L'unione leggera fra vento e mare si trasforma improvvisamente in una unione potente. Il vento forte rapisce le onde del mare e il dovere ora la chiama. Haruka si guarda intorno leggermente inquieta. Poi si volta dalla sua parte e l'inquietudine diventa terrore. Michiru si volta sapendo già cosa c'è. Ha visitato i sogni di Sailor Uranus tante volte dopo il suo risveglio e ormai conosce gli scenari spaventosi di Haruka come quelli da lei visti prima di comprendere il suo destino.

Alle sue spalle un incendio sta elevando le proprie fiamme e il proprio fumo verso il cielo. Haruka si alza di scatto dalla sedia e le dice che devono scappare, ma Michiru non l'ascolta. Ha una missione da compiere perciò le chiede scusa e poi scappa verso il luogo della distruzione. Sa che Haruka la seguirà per cercare di salvarla e quello è il giusto stratagemma per rivelarle ciò che è accaduto in un tempo remoto quando la vita su Urano fu spazzata via completamente da un nemico troppo potente da distruggere.

Michiru guarda il drammatico scenario che si sta presentando ad Haruka. Anche se lei è conscia che si tratta di un sogno si fa carico dell'angoscia di Haruka perchè con lei rivive quello che aveva provato quando faceva quel sogno, un po' diverso, ma ugualmente spaventoso. Nel suo sogno il nemico non erano le fiamme a cui successivamente si univano il vento e il mare, ma era esclusivamente il mare. Un mare sempre più turbolento, e solo dopo il suo risveglio comprese che tanta forza gli era data dal vento. Gli indizi per la sua prima missione si erano presentati fin dall'inizio: la sua compagna di battaglia sarebbe stata la detentrice del potere del vento.

Ritorna con la mente al sogno di Haruka: deve concentrarsi su di lei per consegnarle il suo messaggio.

Haruka si è appena scontrata con una ragazza più grande che sta scappando, anche lei indenne, dal castello. Per un attimo a Michiru quel volto contornato da quei lunghissimi capelli verdi non pare nuovo, ma poi la ragazza si allontana lasciando Haruka da sola. Completamente sgomenta davanti alla scena dei mostri che si sono impossessati del castello, al rimbombo della malvagia risata e all'idea che l'ora della sua morte è arrivata. Capisce che è giunto il momento per rivelarsi ad Haruka.

Quando la grande onda è a pochi metri dalla bionda, Sailor Neptuno si frappone fra lei e il mare. Haruka è incredula: quell'onda la stava per colpire e invece, immobilizzata nel pieno della sua forza e della sua altezza, non si sposta di un centimentro, ma resta alle spalle della ragazza che è apparsa dal nulla. Michiru congiunge le mani in segno di preghiera, sperando che Haruka l'ascolti.

«Chi sei tu?» chiede ad alta voce Haruka spaventata.

«Ciao, Sailor Uranus

«Mi chiamo Haruka Tenoh. Sei tu che stai fermando l'onda alle tue spalle?» domanda quasi incredula.

«Pianeta dei mari, Nettuno è il mio guardiano; ero la Principessa di Nettuno ai tempi del Regno Argentato, sono una guerriera Sailor, io sono Sailor Neptuno

Haruka è chiaramente confusa e capendo poco della sua presentazione chiede di nuovo ad alta voce: “Sei tu che stai fermando lo tsunami

«Sailor Uranus...»

«Ancora questo nome» dice Haruka con una leggera punta di fastidio nel tono.

«Ai tempi del Regno Argentato il nemico, cresciuto in seno ai nostri Reali che hanno accolto benevolmente nei loro rispettivi pianeti i suoi cinque comandanti è riuscito a ingannarli, cosicchè il suo esercito ha potuto attaccare il sistema solare esterno. Ci ha colto impreparate e sono riusciti a distruggere i nostri pianeti prima di poter attaccare il sistema solare interno» - lo sguardo di Haruka fa percepire che per quanto si sforzi di capire fa fatica a seguire il suo discorso «Quello che vedi è in parte quello che è successo a Urano ed è in parte una premonizione di ciò che accadrà alla Terra se ci faremo cogliere di nuovo impreparate per fermare il nuovo nemico

«Dio mio...» dice Haruka pensando alle scene viste poco prima, le urla sentite, i corpi straziati e carbonizzati nella posizione disperata di fuga, il rombo del tuono e il sussultare della terra che ancora sta sentendo in quel momento. «Tu credi che io possa fermare tutto ciò?»

«Quanto è vero che io posso scatenare o bloccare le onde del mare e degli oceani!» le garantisce lei.

«Ah, davvero?- domanda quasi sollevata «Dimmi: cosa posso fare? Farò qualsiasi cosa se può essere di contributo in qualche modo a salvare il nostro pianeta!»

«Dobbiamo trovare i talismani conservati nei cuori puri di tre persone.»

«Dentro al cuore di tre persone ci sono talismani?»

«Sì, le persone buone hanno un cuore puro che custodisce un cristallo. Tre di questi cristalli, una volta usciti dal cuore delle tre persone dal cuore più puro in assoluto, si trasformeranno in potenti talismani»

«Dobbiamo evitare che cadano nelle mani sbagliate, in caso contrario li dobbiamo distruggere»

«I talismani

«Sì... ed eventualmente le persone che li possiedono»

Haruka sbianca in volto nell'udire quelle parole. «Come?» forse ha capito male.

«Se è necessario dovremo ucciderle con le nostre mani. In ogni caso una volta private del loro cristallo del cuore, perderanno la vita lo stesso»

«Non è possibile, io pensavo di aver trovato una persona che potesse salvarmi.»

«E' necessario sacrificare la vita di pochi per la salvezza di molti.»

«Ma tu... Chi sei veramente?

«Pianeta dei mari, Nettuno è il mio guardiano; ero la Principessa di...» Haruka la blocca subito:«Eh, no! Non riattaccare con questo ritornello. Io voglio sapere chi sei davvero e cosa vuoi da me

«Io sono Sailor Neptuno, invoco il tuo aiuto, Sailor Uranus. Solo insieme potremo sconfiggere il nostro nemico.»

«No, no, io non so niente di questo linguaggio in codice che stai usando con me. Cosa vuoi veramente da me??» le urla a quel punto Haruka che sta iniziando ad arrabbiarsi per davvero.

«Devi ritrovare i tuoi ricordi Sailor Uranus e seguirmi in questo scontro con il male.»

«Tu... Tu sei il male!» urla a quel punto fuori di se' dalla rabbia «Sei stata tu ad ammazzare tutta quella gente! Sembri un angelo, ma porti solo dolore e distruzione. Tu... Io ti ho già vista...» si sforza per ricordare dove l'ha vista, ma senza riuscirci. Eppure tutto ciò che ha vissuto fino a quel momento è così surreale, ma al tempo stesso è un dejà-vu che le permette di capire.

Un'ultima occhiata a Michiru e le urla: «Mai!! Lasciami piuttosto travolgere dal mare, ma non ti seguirò mai! Preferisco morire io piuttosto che macchiarmi le mani di sangue innocente!!»

Detto ciò Haruka, ormai conscia che si tratta di un sogno, si sforza per fare qualcosa. Non dice nulla, ma Michiru sa benissimo cosa vuol fare: farsi forza per svegliarsi, interrompere così il sogno e scappare da una verità che non riesce ad accettare.

Michiru a quel punto si svegliò. Da quando cercava Haruka nei suoi sogni, anche dormire era diventato stancante. Ogni notte doveva cercarla e quando la trovava doveva trovare parole nuove per convincere Haruka ad accettare un destino crudele che la sua natura di guerriera Sailor doveva però accettare di compiere. Anche quella notte però la sua missione fu un buco nell'acqua. Per quanto ancora avrebbe dovuto far visita nei suoi sogni affinchè accettasse di essere una paladina della giustizia? Per quanto ancora lei avrebbe dovuto battersi contro i mostri da sola? Per il momento era sempre riuscita a cavarsela in qualche modo, ma i demoni dell'Esercito del Silenzio si facevano sempre più potenti e per quanto lei fosse una delle guerriere Sailor più forti, non sarebbe mai riuscita a portare a termine la sua missione da sola. Tremò all'idea che potesse soccombere ancora. Era angosciante il suo destino, ma ancora di più il fatto che se Sailor Uranus non avesse accettato il suo compito, la Terra avrebbe rischiato di fare la stessa fine che fecero la Luna, Nettuno, Urano e tutti gli altri pianeti ai tempi del Silver Millenium. Le guardiane del sistema solare esterno avevano capito troppo tardi che nella loro corte si nascondevano nemici assai potenti. Quando presero coscienza delle congiure che i loro fedeli alleati avevano pianificato per sbarazzarsi di loro, lei e Uranus si persero in una battaglia personale contro di essi. Ognuna aveva combattuto per salvare il proprio pianeta, ma, divise, avevano perso la loro guerra e nemici dopo aver distrutto nel modo più brutale tutto ciò che viveva sui loro pianeti si infiltrarono nel sistema solare interno, portandolo totalmente alla distruzione. Non poteva permettere che ora la Terra, unico pianeta in vita, potesse essere distrutto a sua volta. Le preoccupazioni dovute al suo infelice ruolo non le permisero di chiudere occhio, se non la mattina presto. Giusto il tempo di dormire per poco più di quaranta minuti.


La mattina qualcuno bussò alla porta della stanza da letto di Michiru. La ragazza rimise la spazzola per i capelli dentro l'apposita busta, uscì dal bagno, prese la cartella appoggiata alla scrivania e aprì la porta. -Eccola qua! Buongiorno Michiru.

-Buongiorno Elza- rispose lei cordialmente.

Ormai erano settimane che avevano preso quell'abitudine: Elza, mattiniera come Michiru, l'andava a prendere nella sua camera e insieme si dirigevano in mensa. Era stata un'idea della giovane atleta, ovviamente. Dal momento che si incontravano sempre nel refettorio con cinque o dieci minuti di differenza e se era Elza ad arrivare per prima si sedeva sempre nel tavolo in cui la pittrice era solita consumare colazione e cena, la ragazza pensò di semplificare le cose passando direttamente nella stanza di Michiru. In un primo momento aveva provato per qualche volta a tenerle il posto di fianco al suo, nella tavolata con altre ragazze con cui aveva stretto amicizia, ma Michiru declinava sempre l'invito. -E' inutile, Sua Maestà ha la camera e il tavolo personalizzato. Non t'illudere: abbiamo provato tutte a stringere amicizia con lei, ma non si lascia avvicinare da nessuno-, le disse un'amica con i capellli mori lunghi fino alle spalle. Elza ci rimase un po' male. Poi capì che l'unico modo per condividere il tempo insieme sarebbe stato andare lei dove generalmente prendeva posto Michiru.

La prima mattina che lo fece, le altre ragazze la raggiunsero in fretta con i loro vassoi in mano: -Ma che fai Elza-San**? Questo è il posto di Sua Maestà Kaioh-Sama***, se ti vede qua si arrabbierà.

-Io ci provo. Voi tenetemi il posto nel caso in cui mi rispedisca con una pedata nel sedere!- rispose ridendo insieme a loro.

In realtà quel soprannome di presa in giro nei confronti di Michiru, marcato ancora di più dall'appellativo “Sama”, iniziò presto ad infastidire Elza che, ora che iniziava a comprendere la natura di Michiru, iniziò anche a capire perchè non faceva amicizia con le altre. Le ragazze in quella scuola privata erano davvero superficiali. Anche con lei quando arrivò bisbigliarono tutte perchè non era una giapponese doc. Aveva solo il taglio degli occhi orientali, ma i capelli e la sua carnagione tradivano l'altro ramo di provenienza. Poi dal momento che le loro usanze erano molto differenti inizialmente la considerarono strana. Dal momento che lei era fiera della sua impronta brasiliana, molto allegra ed estroversa, non le diede molto fastidio il fatto che la gente la considerasse strana. Michiru invece era più riflessiva e riservata e questo non l'aiutò molto a smentire l'opinione di “persona strana e altezzosa” che si era fatta tra le compagne di classe. Tutte l'avevano avvicinata inizialmente, ma solo perchè sapevano che proveniva da una famiglia molto nobile. Anche le poche un po' più testarde insistettero non per conoscere lei, ma per conoscere il mondo da cui veniva e del quale lei invece non si sentiva far del tutto parte.

Pochi minuti dopo Michiru arrivò in mensa e si stupì di trovare Elza nel suo tavolino. Non sapendo bene cosa fare andò subito a prendere da mangiare senza nemmeno passare da lei. Elza per un attimo temette che le sue amiche avessero ragione, dal momento che, dopo lo stupore manifestatosi sul suo viso, Michiru recuperò la solita espressione malinconica e si diresse a prendere la colazione senza nemmeno passare a salutarla.

Quando Michiru andò al suo tavolo, tutte guardarono la scena per vedere che reazione avesse Sua Maestà vedendo il proprio posto usurpato da un'estranea. Forse Elza stavolta aveva davvero esagerato. Michiru la guardò e le si sedette di fronte. Tutte si stupirono del fatto che non disse nulla, ma molte inziarono subito a malignare pensando che, essendo di buona famiglia e non perdendo mai il controllo, il suo silenzio fosse una tattica per allontanare l'intrusa. Le voci arrivarono anche all'orecchio di Elza che la guardava mentre si portò il cucchiaio alla bocca. Non voleva crearle disturbo, ma, per quanto non si curasse più di tanto di quello che gli altri pensavano di lei, l'attenzione di tutte puntata su loro due la stavano mettendo più a disagio del silenzio di Michiru. Perciò si decise a parlare: -Buongiorno Kaioh-San- attirando lo sguardo dell'altra che appoggiò il cucchiaio sull'appoggia Hashi****. -Scusa se mi sono presa la libertà di sedermi qui, ma ho pensato che magari non sarebbe stato male scambiare due chiacchiere la mattina. Visto che con gli altri non ti va di stare insieme ho deciso stamattina di venire io qua. Se però la mia presenza ti da fastidio non hai che da dirlo.

Michiru si pulì educatamente la bocca e poi rispose: -No, scusa, non sono molto brava con le persone...- disse leggermente in imbarazzo - Non chiamarmi “Kaioh-San” Elza-San, te l'ho già detto. A proposito buongiorno e... cos'hai dentro il piatto?- chiese con tono incuriosito.

Elza dentro di se' tirò un sospiro di sollievo. Le ragazze nei tavoli a fianco rimasero scioccate. Anche le amiche di Elza in un tavolo poco distante non fiatarono nel vedere Sua Maestà Michiru che dopo un primo momento di silenzio, non solo non cacciò via Elza, ma anzi le iniziò anche a parlare cordialmente. Poco dopo il silenzio si trasformò in un brusio generale e pochi minuti dopo la notizia passò di secondo piano, ma senza mai abbandonare i discorsi delle ragazze, facendo perciò il giro della scuola. Le ragazze che seguivano i corsi con Elza la circondarono e anche le amiche che seguivano corsi diversi dai suoi la raggiunsero in pausa pranzo per complimentarsi con lei, ammirando il suo coraggio. -Elza-San tu sei pazza! Ora, invidio l'esuberanza e il coraggio che avete voi brasiliani!-. Quello fu il giorno di gloria di Elza, anche se lei si sentiva un po' in imbarazzo. Non era quello lo scopo del gesto di quella mattina. Voleva solo passare un po' di tempo con Michiru. Non certo diventare l'idolo delle altre compagne.

Inizialmente pensò di alternare i giorni in cui stava con le amiche con quelli in cui stava con Michiru. Voleva darle tempo per abituarsi alla compagnia di qualcuno già di prima mattina. Pian piano iniziò a stare più con lei che con le sue amiche finchè non iniziarono a far colazione sempre insieme. Fu per quello che dopo un paio di settimane Elza, senza domandare, si prese da sola il permesso di “disturbare” Michiru andandola a prendere direttamente nella sua stanza. Anche quella per Michiru fu una novità, ma dopo tre settimane divenne una piacevole abitudine.

Mentre stavano facendo la fila con i vassoi in mano per prendere ciò che più le aggradava Elza le disse: -Come sei silenziosa.

Michiru si riprese dai suoi ricordi e le rispose: -Stavo solo pensando che è da più di un mese che facciamo sempre colazione insieme.- Voleva distrarsi, non voleva pensare ai suoi fallimenti come Sailor.

-Già, nessuno ci avrebbe scommesso un soldo che sarei riuscita ad avvicinarti ulteriormente.

Michiru ridacchiò: -Nessuno mi conosce davvero. Tu sei l'unica.- pronunciò l'ultima frase sorridendo.

Elza sentì il suo cuore quasi sciogliersi per l'emozione: Michiru che sembrava tanto sofisticata ed in fondo lo era per davvero, aveva aperto il suo mondo a lei. Lei che era l'ultima arrivata della scuola, nel terzo anno delle medie, da una nazione straniera e che era una persona molto istintiva e semplice. Il sorriso di Michiru era bellissimo, anche se, come sempre, coperto da un velo di tristezza. Avrebbe pagato oro per sapere fino in fondo cosa le causava quel perenne dolore che si teneva dentro. Fino a quel momento aveva capito che in parte erano le compagne della scuola che si sentivano in soggezione in sua presenza, ma poi se ne uscivano con frasi un po' velenose appena lei non c'era. Loro non si facevano sentire, ma lei era abbastanza intelligente da capire che quando non c'era si facevano beffe di lei. Le pesava il cognome che portava, le aspettattive che tutti avevano su di lei. Aveva capito negli ultimi tempi che anche la famiglia la rendeva infelice: aveva tutti i soldi che voleva e pure un appartamentino in uno dei quartieri più altolocati dove potersi ritirare nei fine settimane o nelle festività. Però non aveva contatti con i suoi genitori. Intuiva da se' che evidentemente non ne aveva mai avuti molti. Eppure Elza sapeva che c'era qualcos'altro che la turbava. Qualcosa che le dava sempre quell'espressione triste e che l'aveva portata a maturare più in fretta rispetto alle altre ragazze della loro età.

Si sedettero al solito posto. Michiru non era una che parlava in continuazione, al contrario di lei, ma quella mattina era più taciturna del solito.

-Stai bene?

-Sì, Elza***** sto bene.- sorrise lei.

-Non hai una bella cera.

-Non ho dormito bene...

-Nemmeno stanotte? Secondo me dovresti prendere qualcosa, una tisana, un thè... Qualcosa che possa conciliare il sonno.

Magari fosse così semplice” pensò la violinista e i suoi pensieri tornarono di nuovo al loro chiodo fisso: Haruka che non le voleva dare ascolto. Scosse la testa con un flebile sorriso. -Non è così semplice.- si limitò a dire.

-Che cosa? Cosa non è semplice?

-Prendere sonno quando non si riesce a dormire.

-Tu hai troppi pensieri in testa, Michiru. Dovresti rilassarti, studiare meno e svagarti di più. La vita è una sola ed è adesso, a questa età!

Ecco perchè le piaceva Elza: lei era solare e genuina. Perchè era nata ragazza se a piacerle era Elza e ad attrarla era Haruka? Oltre alle battaglie contro i mostri e quelle che portava avanti con Haruka per convincerla a combattere con lei, doveva pure battagliare contro se' stessa e le sue inclinazioni sbagliate. Come poteva essere serena con una vita così complicata? Fu così che il malumore si prese possesso di lei. -Io ho tante cose da fare tutti i giorni e non le posso lasciare.- quella fu una delle ultime cose che si limitò a dire ad Elza.

Quel giorno non si videro ne' durante l'ora di corsa di Elza- Michiru l'andava a vedere spesso ed era allora che, totalmente sole le due ragazze spesso si concedevano qualche contatto fisico come un braccio su una spalla, una mano sopra all'altra e un guardarsi senza staccare gli occhi luna dall'altra- ne' a cena.

Per contro Michiru chiamò ancora Sasuke per sapere come stava e per scambiare due chiacchiere veloci con lui. Non aveva voglia di parlare con la gente, ma doveva sforzarsi di conoscere un ragazzo e di mettersi con lui. Nella sua mente fece capolino il volto di Hiroshi. Rampollo di una nobile casata, figlio del migliore amico di suo padre, ragazzo intelligente, tenace e con un futuro brillante. Il pretendente migliore per una ragazza del suo lignaggio. Poveretto, era abbastanza certa che avesse una cotta per lei già da quando lei si iscrisse al primo anno delle medie, ma si vedevano così poco da quando i suoi l'avevano mandata in collegio che non sapeva nemmeno come potesse credere di essere innamorato di lei. Eppure ogni volta che lei tornava a casa e suoi organizzavano ricevimenti, Hiroshi la cercava mostrandosi sempre molto galante e premuroso. Per contro lei provava un senso di tenerezza per lui ed era per questo che non voleva usarlo come esperimento per combattere le sue tentazioni più innaturali. Voleva prima provare con Sasuke e se avesse capito che con i ragazzi le cose potevano funzionare, allora forse si sarebbe fatta avanti con Hiroshi . Il cocco di papà. Suo padre stravedeva per lui, per la sua famiglia, per il cognome che aveva, per l'intelligenza e per le aspirazioni professionali che lo spingevano anche ad essere il migliore a scuola. Se loro due si fossero sposati lei avrebbe portato in casa Kaioh un altro motivo per cui essere fieri della loro unica figlia.

Sasuke rispose al telefono distogliendola così dai progetti che i famigliari avevano già disegnato per lei. -Ciao, sono Michiru.

-Ehi che sorpresa! Non sapevo che nel collegio dove stai tu potessi avere un telefono privato.

Michiru ridacchiò: -E chi ha detto che sto chiamando da un numero privato?

-C'è troppo silenzio per poter essere in un'area comune.

-Complimenti davvero! Non è che dovresti investire il tuo futuro come detective privato invece che come batterista?- domandò divertita.

-In effetti sono indeciso sul da farsi- rise lui. - A parte gli scherzi puoi rispondere alla mia domanda o è un segreto?

-Oggi sono a casa mia.

-Ahh, sei tornata dai tuoi!- rispose lui.

-Come va?- cambiò discorso lei. Non le andava di dire che quando aveva bisogno di staccare poteva ritirarsi nel suo appartamentino, poco distante dalla scuola.

-Bene dai. Stavo cercando qualcosa di interessante da vedere alla tv, ma non c'è niente. E tu, stai bene?

La conversazione proseguì altri dieci minuti al termine dei quali i due si misero d'accordo per vedersi in quel fine settimana.

Michiru si sentì leggermente in colpa con Sasuke e con Elza. Le piaceva lei, ma usciva con lui. In qualunque modo si fosse risolta la cosa uno dei due sarebbe stato illuso inutilmente. Sasuke ci sarebbe rimasto male, Elza invece, avendo stretto un legame più forte con lei, avrebbe probabilmente sofferto di più. Invidiava molto sia Elza che Haruka. Nessuna delle due aveva fatto coming out, ma Elza non le aveva mai nascosto il fatto di avere un debole per lei e Haruka bastava guardare nei suoi sogni per capire che molto probabilmente era attratta dalle ragazze e che nonostante ciò viveva abbastanza bene la propria omosessualità. La sua memoria ripercorse i dettagli del volto di Haruka. Così androgina a volte da sembrare un ragazzo e così bella da non dover invidiare nulla a una modella. Peccato. Peccato che non fosse un ragazzo davvero. Si sarebbe lasciata avvicinare con molta più facilità e forse sarebbe nato davvero qualcosa fra loro. Alcuni pensieri biricchini si fecere largo nei suoi pensieri mentre immaginò come sarebbe stato essere la sua ragazza; salire sulla sua Porsche e andare lontano per poi fermarsi in un hotel in qualche città vicina da visitare entrambe per la prima volta. Ma in hotel avrebbero preso due camere separate o una sola con letti singoli? Come sarebbe stato darle la buona notte e vederla in pigiama? E come sarebbe stata la buona notte? Un saluto o un bacio? Haruka era una ragazza da baci passionali o dolci? Aveva già baciato qualcuno? Giravano alcune voci su di lei che faceva girare la testa a tutte le ragazze e che aveva anche già avuto storie in cui si era spinta oltre ai baci, ma Michiru sapeva bene che i pettegolezzi erano le fonti meno attendibili su cui potersi basare. Lei stessa era protagonista di tante chiacchiere di corridoio su cose ingigantite o del tutto inventate. Per un attimo ritornò a fantasticare sul tipo di fidanzata che potesse essere Haruka. Una che amava le coccole o una che cercava raramente i contatti fisici? L'avrebbe chiamata sempre o avrebbe chiamato solo quando si sarebbe ricordata della sua esistenza? Appena realizzò di aver davvero pensato a quelle cose arrossì. “Ma a che razza di cose sto pensando? Neanche la conosco! Senza contare che mi sono appena messa d'accordo con Sasuke e penso a come sarebbe essere la ragazza di Haruka!” La sua giornata poteva dirsi conclusa e perciò Michiru decise di prepararsi per andare a dormire.

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* Manticora: spaventosa creatura mangia uomini della mitologia persiana e indiana.
** Elza-San: tra amici si può sostituire il nome al posto del cognome, ma è buona regola mantenere sempre il titolo onorifico.
***Sama:  è il massimo titolo onorifico che si usa in senso di riverenza per persone di uno status sociale molto alto, capi e divinità. L'utilizzo dell'appellativo -Sama, rafforzato anche dalla parola specifica "maestà" serve (all'interno della trilogia ideata da Mario Yamada, a cui si rimanda nel secondo capitolo di questa fanfiction) per far capire che le ragazze usano questo titolo per prendersi un po' gioco di Michiru, cosa che ad Elza dà molto fastidio.
**** appoggia Hashi: Hashi è il nome specifico con cui i giapponesi chiamano i bastoncini che usano per mangiare. Chiunque sia andato in unristorante giapponese un po' serio avrà constato che c'è sempre un piattino dove appoggiare i bastoncini quando non si utilizzano. Lo stesso piattino può essere usato anche per i cucchiai.
***** Elza: ora Michiru ed Elza sono molto in confidenza, motivo per il quale le due ragazze si chiamano per nome senza usare i titoli onorifici. Come avevo già spiegato nel capitolo della crociera, solo i famigliari e gli amici più stretti possono chiamare una persona per nome e senza aggiungere titoli onorifici. Per cui si è passati dal "Kaioh-San" che Michiru chiede di non usare più, intenendo che essendo amiche Elza la può chiamare Michiru-San, al Michiru ed Elza senza nessun titolo, perchè al momento attuale della storia, sono ormai molto in confidenza.
  
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