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Autore: Aru_chan98    14/04/2023    1 recensioni
La storia di quattro nazioni e del rapporto col loro istinto da nazione, sulla cornice della storia mondiale
Raccolta di Song-fic su Epic - The musical
Genere: Song-fic, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Over here
Look at all this food!
Look at all these sheep!
I can't believe this cave has all this for us to keep!

I've gotta hand it to you both
This is quite the treat
There are enough sheep here to
Feed the entire fleet

It's almost too perfect
Too good to be true
Why would the lotus eaters pass up on all this food?

Who are you?
 

La pecora cadde con un belato secco, il suo sangue a bagnare il terreno.

“Grande!” esclamò un ragazzo, mentre correva a estrarre la freccia che aveva appena tirato. Era insolito trovare così tante pecore vicino alla costa meridionale. Ad Albione, quella situazione puzzava un po' ma poteva essere un’occasione per fare provviste per l’inverno per il suo clan, così non disse nulla. Lui e alcuni uomini del suo clan erano andati a caccia e si erano imbattuti in un gregge di pecore.

“Il druido Calopsia aveva ragione a dirci di andare a sud” esclamò un altro uomo, dopo aver abbattuto un’altra pecora. Gli animali belavano, cercando di scappare ma ci fu poco da fare. Il clan di Albione era esperto di caccia, così come le altre popolazioni barbariche che abitavano in quelle terre. Inoltre, Albione aveva insegnato loro come intrappolare gli animali in modi che quelle persone non avevano mai visto prima, tecniche che aveva inventato durante i suoi lunghi anni di esilio nei boschi.

“Questo è strano…”

“Hedley, cos’hai trovato?” l’attenzione della giovane nazione fu catturata dalla perplessità di uno dei suoi uomini. Hedley teneva tra le mani la testa di una delle pecore uccise, impegnato ad osservarne le orecchie.

“Le orecchie di questa pecora sono strane” disse, quando la nazione si avvicinò a lui per capire cosa stesse facendo. Albione si accovacciò accanto a lui: le orecchie dell’animale erano state tagliate a metà ma non sembravano ferite casuali. Il taglio era troppo preciso per esserlo.

“Lyre! Controllate le pecore che avete ucciso” ordinò Albione al vicecapo del gruppo.

“Cosa stiamo cercando, mia terra?”

“Controllate le loro orecchie”. Albione sperava di sbagliarsi ma, man mano che i cacciatori confermavano che ognuna di quelle pecore aveva le orecchie tagliate a metà, gli sembrava sempre più chiaro che quelle pecore non erano selvatiche. Cominciò a ragionare su chi potesse essere il proprietario di quegli animali, anche se quel metodo gli sembrava famigliare. Improvvisamente, gli tornò in mente: quel modo di tagliare le orecchie degli animali che gli appartenevano lo aveva visto da Gallia, nei territori presi da…

“Chi siete?!” quella voce autoritaria interruppe il filo dei suoi pensieri, facendo scattare sull’attenti tutto il gruppo di barbari. A parlare era stato un uomo che indossava la divisa dei soldati di Roma.
 
 
 
Hey there!
We're just travelers
We come in peace

You killed my sheep
My favorite sheep
What gives you the right to deal a pain so deep?
Don't you know that pain you sow is pain you reap?
Time to drink your blood over where you stand
Your life now is in my hand
Before I'm done
You will learn that it's not so fun to take
You came to my home to steal
But now you'll become my meal
A trade you see?
Take from you, like you took from me

There's been a misunderstanding
We never came here to steal
But now that I see we've done some damage
Maybe you and I can make a deal
I'll give you our finest treasure
So long as we leave alive
You can keep the world's best tasting wine

 
Wine?
 
“Romani!” pensò, allarmato Albione. Non erano passati vent’anni che li rivedeva. La paura di Albione era che, insieme a quel soldato, ce ne potessero essere tanti altri, compreso l’impero stesso. Sarebbe stato in estrema inferiorità numerica. Doveva trovare un modo per tornare al villaggio e avvertire gli altri.

“Chi siete, barbari?!” chiese di nuovo il soldato, sguainando la spada. Si sentirono altri fruscii e improvvisamente, i barbari si trovarono circondati da altri soldati romani, che sembravano tutto tranne che pazienti. Albione si accorse che i suoi guerrieri si stavano mettendo in posizione d’attacco: doveva evitare a qualsiasi costo uno scontro. Gli venne un’idea.

“Salve! Abbassate le armi per favore, siamo solo di passaggio” disse il ragazzino, utilizzando il suo miglior latino dal pesante accento gallico. Tentava di farsi passare per uno dei cittadini di Gallia. Nel tempo che era trascorso dal suo ultimo incontro con Impero Romano, Albione si era deciso ad imparare la loro lingua, considerandola ormai utile per il futuro scontro che Impero Romano gli aveva promesso.

La guardia romana sembrò confusa all’inizio ma non abbassò la spada. Albione fece segno ai suoi di alzare le mani, sperando avessero capito che non dovevano parlare e stare al gioco. Con un po' di fortuna, sarebbero riusciti a tornare a casa illesi.

“Principales! Hanno ucciso le nostre pecore!” Albione imprecò mentalmente. La situazione stava peggiorando sempre di più e la tensione che proveniva dai suoi compagni lo agitava ulteriormente.

“Solo di passaggio? Con che diritto avete ucciso questi animali? Non avete visto il marchio di Roma?” il cerchio di soldati si fece più vicino “Dieci pecore abbattute, una per ognuna di voi. Volevate rubarle! Vi è andata male, la legge di Roma parla chiaro! Cosa avete voi, viandanti, di pari valore alla vita di dieci pecore?” Per quanto Albione avesse studiato il suo nemico, non ne conosceva bene le leggi, così non sapeva bene cosa intendesse quel soldato, anche se poteva intuire si aspettasse un qualche risarcimento e sperava non fosse col sangue, com’era solito fare Caledonia. Il sorriso sulle facce di alcuni di quei soldati non prometteva niente di buono.

“A guardarvi, mi sorprenderei se aveste anche solo qualche sesterzio o un’asse, quindi…” il principales sollevò la spada, con fare minaccioso “L’unica cosa di pari valore che avete è la vostra vita!” A quelle parole, sia Albione che i suoi uomini si irrigidirono: volevano farli schiavi! Lyre lanciò uno sguardo molto eloquente alla nazione. Avrebbero preferito morire in battaglia che diventare schiavi di un nemico che non conoscevano. “Non fare nulla di stupido” fu la risposta silenziosa di Albione, che sperava di non dover arrivare a tanto.

“Ci dev’essere sicuramente un malinteso!” si affrettò a dire Albione, arretrando leggermente. Voleva dare l’impressione meno aggressiva possibile, in un tentativo di mascherare la palese ostilità dei suoi compagni.

“Non volevamo rubare! Ci siamo imbattuti nel vostro gregge e non ci siamo accorti fossero già marchiate. Non corriamo alle conclusioni, amici miei. Sono sicuro riusciremo a trovare un accordo” mentre Albione cercava di convincerli fece un passo a sinistra, cercando di nascondere un colpo che aveva tirato al suo secondo, che stava per abbassare una mano per prendere una freccia dalla sua faretra. Quando fece quel movimento, la sua piccola bisaccia batté sulla sua coscia, ricordandogli il suo contenuto. Ad Albione venne in mente un modo per andarsene da quella situazione spinosa, magari riuscendo anche a portare via qualcuno di quegli animali abbattuti.
 
 
 
 
Have a drink!
One sip and you'll understand
The power that's in your hands
A wine so fresh
You'd never wanna eat human flesh again
Then we shall be on our way
No bloodshed in here today
A trade you see?

A gift from you and a gift from me
 
Il soldato guardò con scetticismo il ragazzino barbaro davanti a sé: cosa poteva mai avere che valesse la vita di dieci pecore romane? Albione però non si fece intimidire dal suo sguardo, andando avanti ad elaborare il suo prossimo inganno.

“Siamo venuti in queste terre per barattare coi barbari. Pelli e semi in cambio di ambra blu”

“Ambra blu?” Albione trattenne un sorriso, soddisfatto di essere riuscito ad attirare la curiosità di quel soldato. Si affrettò a slegare la sua bisaccia dal suo fianco, per poi aprirla e far rotolare alcune pietre blu nel palmo della sua mano. A prima vista, a un occhio inesperto sarebbero potuti sembrare dei pezzi di ambra blu ma non era altro che semplice resina dura. Una ragazza del clan aveva unito alcuni pigmenti di blu, lo stesso con cui i guerrieri si dipingevano il corpo in battaglia, a della resina raccolta dagli alberi, per poi regalare quelle pietre ad Albione. Lo aveva fatto come augurio che la loro caccia andasse bene, oltre che come gesto d’affetto nei suoi confronti. Per quanto se ne separasse a malincuore, si disse che Ælea avrebbe preferito vederlo tornare piuttosto che tenesse quel regalo a costo della vita.

“Molto pregiata. I barbari di queste terre la trovano scavando in alcuni punti. Molto più rara della comune ambra. Sono sicuro valga come le nostre vite se non addirittura il doppio. Pensateci, potreste diventare ricchi. Lasciateci andare via e ve la consegnerò. In questo modo avremo ripagato il nostro debito per le vite delle pecore. Un baratto come un altro” disse Albione, mentre mostrava le pietre di resina anche agli altri soldati, con movimenti lenti. Sperava non ci fosse un esperto di pietre preziose tra loro ma, a giudicare dai loro sguardi avidi, non sembrava il caso. Nonostante quello, il ragazzo restava comunque all’erta.

“Simetite…” mormorò il principales, mentre Albione rimetteva le pietre nella sua bisaccia. Non aveva idea di cosa significasse la parola che il soldato si era lasciato scappare, poteva solo sperare non fosse una cosa negativa per loro. Albione lanciò uno sguardo veloce ai suoi compagni, approfittando della distrazione del romano. Si erano accorti dell’inganno che la loro nazione stava cercando di compiere e si erano in parte tranquillizzati. Dopotutto, riponevano in lui la loro massima fiducia.  
 
 
 
 
Ahh
I’d like to thank you
Stranger, what’s your name?

My name is Nobody, Nobody, Nobody
Nobody
For your gift I’ve one to reply

I’m so glad we see eye to eye
Yes
You shall be the final man to die
What…?
Watch out!
 
 
Il tempo sembrava essersi fermato mentre il principales considerava l’offerta di Albione. La sua espressione imperscrutabile lasciava sulle spine il gruppetto di barbari, la cui unica speranza erano le parole di Albione, che si era esposto più di tutti loro. Pregavano i loro Dei nelle loro menti, di poter tornare presto alle loro case.

“Barbaro, fammi vedere meglio la merce che ci offri” disse infine l’uomo, rinfoderando la spada e allungando una mano verso Albione. Il ragazzino lo guardò con sospetto.

“Con il dovuto rispetto, come faccio a sapere che non ci ucciderete o imprigionerete comunque, una volta che vi avrò consegnato la nostra unica moneta di scambio?” chiese, esponendo il suo sospetto più grande. Si aspettava che il soldato si sarebbe arrabbiato, invece diede ordine agli altri soldati di rinfoderare le spade.

“Ma principales…” provò a protestare uno dei soldati, dando voce alla perplessità di tutti loro, solo per essere zittito con un gesto della mano del loro superiore.

“Nessun “ma”! Non si portano le spade al mercato e noi ora lo siamo”. Albione sorrise mentalmente a quelle parole: da barbari nemici erano passati a considerarli barbari mercanti di Gallia. Proprio il risultato in cui sperava. Cautamente, si avvicinò al soldato, porgendogli il sacchetto di pelle e lasciandogli esaminare le pietre. Il suo cuore continuò a battere forte nel suo petto per tutto il tempo ma riuscì a non darlo a vedere.

“Allora, siete soddisfatto?” chiese Albione, con un sorriso di repertorio, falso quanto la resina che stava offrendo ai romani. Il principales ricambiò il suo sorriso con uno di soddisfazione.

“Sì. Dateci questa simetite e noi chiuderemo un occhio. Sparite!” I barbari finalmente furono in grado di tirare un sospiro di sollievo: Albione era riuscito nella sua impresa. La nazione ringraziò il soldato con una stretta di mano, mentre i suoi compagni si affrettavano a scomparire nei boschi.

“La ringrazio immensamente per la sua bontà d’animo, principales”

“Se volete ringraziarmi lasciatemi il vostro nome: sono sicuro potremmo fare altri affari in Gallia”. Albione non si aspettava che quel soldato volesse fare altri “affari” con lui. Forse si aspettava di riuscire a metterlo con le spalle al muro un’altra volta, così da strappargli un altro affare.

“Arthur Kirkland” rispose, inventandosi una discendenza gallica e un’abitazione con la quale fregare il soldato, che alla fine si ritenne soddisfatto, lasciandolo andare. Albione ringraziò per poi voltarsi, diretto nel bosco dove i suoi compagni lo stavano aspettando.

“Arthur Kirkland? Sicuro che non sia… Albione?”. Quella voce fece raggelare il sangue nelle vene della piccola nazione. Ebbe uno dei peggiori presentimenti della sua vita, fermandosi di colpo. Era la voce di Impero Romano.
Albione si girò lentamente, vedendo lo stesso uomo che aveva visto decenni prima. Lo guardava con un’espressione divertita in volto: forse trovava divertente la confusione di Albione.

“Tu-!” esclamò Albione, un brivido di paura lungo la sua schiena.

“L’avevo detto che sarei tornato a prenderti” gli rispose con calma l’impero, come se quella fosse una visita di cortesia. Albione corse il più velocemente possibile verso i suoi compagni, urlando loro di fare attenzione, di scappare, mentre quei soldati li inseguivano.
 
 
 
 
My brothers
The rest of our fleet
They wait at the beach
And if we're defeated, they’re good as dead
Straight ahead, that is who we're fighting
 
No backup, no chance for support
So draw out your swords
Our foe must be thwarted right here and now
Show me how great is your will to survive
 
Six hundred lives at stake
It's just one life to take
And when we kill him then our journey’s over
No dying on me now
Defeat is not allowed
We must live through this day so
Fight, fight, fight
 
Mesi passarono dopo quel fatidico incontro. Le forze di Impero Romano erano forti, così com’era forte la determinazione della nazione a conquistare quella terra. Da quando Albione era riuscito a tornare al suo villaggio, quel giorno di autunno, non aveva fatto altro che partecipare a consigli di guerra e battaglie. La vita pacifica che aveva condotto fino a quel momento sembrava un sogno lontano ormai. Lo stesso villaggio era solo un ricordo: avevano dovuto raderlo al suolo in modo da non lasciare nessuna traccia ai romani sulla loro posizione. Ad Albione sembrò di essere tornato a quando era un fuggitivo nei boschi, solo e senza un posto a cui appartenere. Quella sensazione lo riempiva di rancore nei confronti dei romani, per quel modo in cui avevano intenzione di portargli via tutto quello che aveva faticosamente ottenuto. Non gli importava se accettare un accordo con Impero Romano fosse l’unico modo per essere accettato dal proprio istinto da nazione, Albione odiava quella gente.

Una volta che la notizia dell’invasione romana si fu diffusa in tutta l’isola britannica, le altre tribù barbare sembrarono sparite nell’aria. Albione si aspettava di dover affrontare anche i suoi fratelli ma non li vide mai. Era il loro modo di dirgli che non lo avrebbero aiutato in quella lotta ma sarebbero rimasti a guardare da lontano. Albione aveva mandato delle lettere alle popolazioni di Germania Magna, chiedendo aiuto ma non aveva ottenuto risposta. Fu in quella situazione che Albione cominciò a realizzare che il suo istinto aveva ragione, che stava affrontando un mostro. Ma nonostante tutto, non voleva deludere la sua gente, che lo aveva accolto a braccia aperte un secolo prima, strappandolo alla sua solitudine. Avrebbe trovato un modo per proteggere quelle persone.
 
“I romani sono quasi arrivati al grande fiume! Dobbiamo trovare un modo per riuscire a rallentarli abbastanza per permettere agli altri di scappare a nord”

“A nord? Ci sono i popoli di Caledonia lì. Sarà un massacro!”

“Non tutti: alcuni al confine si sono detti disponibili a darci protezione in cambio di braccia per la caccia e il raccolto”. Gli uomini andarono avanti a dibattere sulla strategia migliore da adottare. Albione ascoltava in silenzio, cercando di valutare ognuna di quelle proposte. La situazione con i romani aveva cominciato a volgersi a loro svantaggio e ormai li avevano quasi alle porte di casa. Avevano bisogno di una strategia per respingerli almeno fino all’arrivo del prossimo inverno, quando avrebbero potuto sopraffarli grazie alla loro maggior resistenza alle temperature fredde. Li avevano già respinti una volta grazie al meteo della loro terra, contavano di riuscirci ancora.

“No, non possiamo fidarci che Caledonia rispetterà le sue promesse. Abbiamo stabilito dei patti di non aggressione con gli altri clan che abitano le mie terre: sfruttiamoli” intervenne Albione, quando vide che la situazione si stava scaldando eccessivamente. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era una faida interna sul fidarsi o meno di altre nazioni. La nazione conosceva le altre popolazioni, in un secolo era riuscito a creare una rete di commercio tra loro, non sempre funzionante ma solida. Era sicuro sarebbero stati più affidabili che i popoli di quel fratello che odiava allo stesso modo degli invasori.

“Mia nazione, non possiamo comunque fidarci di loro. Dall’inizio delle ostilità con i romani, non una volta ci hanno aiutato. Perché mai dovrebbero cambiare idea proprio adesso?” ribatté il capovillaggio, frustrato per quella situazione e per quella riunione che andava avanti da ore.

“Semplice Eadric: se noi perdiamo, anche loro saranno in pericolo. Credevano che i romani se la sarebbero presa solo con noi, come tutti gli altri clan di Cymru e Caledonia, ma credo si siano resi conto gli invasori pensano diversamente da noi. Per loro tutte le popolazioni di un pezzo di terra è come se facessero parte della stessa nazione. Non possono fare come quegli altri due codardi: fanno parte del mio territorio e Impero Romano vuole me. Se non ci aiuteranno, loro saranno i prossimi” il discorso di Albione era alquanto macabro e fu sufficiente a far calare il silenzio tra gli uomini presenti in quella tenda. 
 
 
 
 
Surround him, surround him
Attack from behind, keep distance in mind
And stay in his blindspot and strike his heels, strike the heels
Show him that we're deadly
 
Exhaust him, exhaust him
Don't let him get close, he's strong but he's slow
He can't land a blow if we're out of reach
Find a breach
Stand up and fight for your lives
Six hundred lives at stake
It's just one life to take
And when we kill him then our journey’s over
Push forward
No dying on us now
Defeat is not allowed
We must live through this day so
Fight, fight, fight
 
La situazione era più grave di quanto osassero ammettere. Fu come se le parole di Albione avessero costretto tutti gli altri ad accettare la realtà dei fatti: non fossero riusciti a respingere i romani, avrebbero perso tutto.

“E se…” cominciò a dire il vicecapo, prima di interrompersi e ritornare ai suoi pensieri.

“Cosa, Lyre? Hai un’idea?”. Il ragazzo esitò un po' prima di rispondere alla domanda che il loro druido gli aveva posto. L’ansia del ragazzo non passò inosservata agli occhi verdi di Albione.

“E se facessimo da esca? Se conduciamo i romani oltre il fiume e li teniamo occupati, daremmo il tempo a tutti gli altri di trovare rifugio dalle tribù del sud-ovest. Se uno di noi riesce a ottenere rinforzi da nord, potremmo anche riuscire a respingerli” si alzò un brusio tra gli uomini che stavano prendendo parte a quel consiglio di guerra.

“Effettivamente… Sì, effettivamente potrebbe essere una buona soluzione. I clan a sud-ovest e a nord sono in debito con noi: vent’anni fa li salvammo dal primo tentativo di conquista romano. Se stiamo attenti a non passare i confini con la terra di Cymru dovremmo essere al sicuro. Attiriamo quei bastardi sulla sponda a nord del fiume e bersagliamoli con più frecce possibili, fratelli miei” concluse Albione, approvando la strategia del vicecapo. Da quel punto, si spostarono a discutere del piano di evacuazione e di come avrebbero attirato i romani lontano da loro il giorno successivo. Era un piano rischioso ma ognuno di loro era pronto a mettere in gioco la propria vita per tenere al sicuro la propria famiglia, così com’erano sicuri sarebbero stati i propositi degli altri guerrieri che non erano stati invitati al consiglio. Finirono di discutere gli ultimi dettagli di quel piano al tramonto. Per quanto avessero potuto pensare, erano stati costretti a lasciare alcune cose al fato e questo preoccupava molto Albione, che non voleva perdere nessuno dei suoi uomini in quello scontro. Il suo obiettivo era portare tutti quanti in salvo col numero minore possibile di vittime tra la sua gente.

“Qualcosa ti turba, Arthur?” quella voce cristallina scosse Albione dai suoi cupi pensieri.

“Ælea…” La ragazza era andata a salutarlo, non appena la riunione era finita. Ælea discendeva dal druido che aveva salvato Albione più di un secolo prima e la nazione era rimasto molto vicino a quella famiglia tra tutte. Era molto affezionato a lei, più che a qualsiasi altro membro della sua famiglia. La ragazza ricambiava ampiamente quell’affetto e i due erano inseparabili. Ælea sapeva che, vista la natura di nazione di Albione, prima o poi avrebbe dovuto dirgli addio ma lo aveva accettato fin dall’inizio, decidendo di dedicargli comunque la sua vita.

“Sai com’è, le solite cose” rispose vagamente Albione, che non voleva farla preoccupare.

“Hmm…” la ragazza lo fissò con i suoi occhi azzurri, così intensamente da far arrossire le orecchie di Albione. Prendendolo alla sprovvista, la ragazza gli tirò le labbra a formare un sorriso.

“Andrà tutto bene, mia nazione. Finché sarai con noi, non ci accadrà niente” la fiducia che Ælea riponeva in lui gli scaldava il cuore. Albione prese le mani della ragazza tra le sue, allontanandole dal suo volto, sul quale rimaneva un sorriso carico di tutto l’affetto che provava per lei. Giurò a sé stesso che sarebbe riuscito a proteggerla e a tornare da lei, insieme ai loro fratelli.

“Mia nazione” quel momento venne interrotto dalla voce di uno dei guerrieri. “Dobbiamo prepararci alla partenza”

“Va bene, arrivo subito” lo congedò la nazione, lasciando andare le mani della ragazza. Si accorse per caso dell’espressione preoccupata di Ælea, che si affrettò a nascondere dietro a dell’allegria forzata.

“Adesso tocca a te dirmi cosa non va, Ælea”

“Tu mica me l’hai detto”

“Hai ragione…” Albione rise lievemente, prima di scostarle una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro all’orecchio.

“Torneremo sani e salvi. Tu però fai attenzione” le raccomandò il ragazzo. Il giorno dopo sarebbe partito il piano che avevano elaborato e nemmeno lui sapeva quando avrebbe rivisto la sua amica. Poteva solo pregare gli Dei che arrivasse sana e salva e restasse al sicuro.

“Torna insieme alla mia famiglia e, quando i romani se ne saranno andati, legherò i miei capelli al tuo polso e ti lascerò legare i tuoi al mio” sussurrò Ælea al suo orecchio, prima di sorpassarlo di corsa, diretta alla sua tenda. Albione rimase paralizzato sul posto, il cuore che batteva a mille: Ælea gli aveva fatto una proposta di matrimonio! Aveva chiaramente citato l’usanza del loro clan di legare una ciocca di capelli al polso dell’altro, per poi unire le mani con un nastro. Si conoscevano da tanti anni, eppure Albione si rendeva conto della vera natura dei sentimenti di lei nei suoi confronti solo in quel momento. Non sapeva come reagire ma non poteva raggiungerla. Se lo avesse fatto, avrebbe perso tempo prezioso per la sua missione, così decise che l’avrebbe affrontata al suo ritorno.     
 
 
 
 
Captain…
 
Enough
 
He’s got a club…
He's got a club!
 
What are our orders?
Captain? Captain!
 
You’ve hurt me enough
Six hundred lives I'll take
Six hundred lives I'll break
And when I kill you then my pain is over
You're dying here and now
Escape is not allowed
You won’t live through this day now die
Die...
 
La battaglia al fiume si rivelò più dura del previsto. I guerrieri del clan di Albione erano partiti con la determinazione di vincere ed era quel sentimento che li spingeva a continuare quello scontro. Avevano bruciato tutti i ponti che avrebbero permesso un’agevole traversata di quel corso d’acqua, costringendo i romani ad attraversare il fiume a nuoto, sotto le frecce del clan di Albione. L’acqua si era tinta di rosso, mentre quei cadaveri galleggiavano in esso, portati via dalla corrente.

“Guerrieri! Non lasciate loro il tempo di respirare! Colpiteli nei punti scoperti delle loro armature! Coraggio, miei fratelli: che nessuno di voi muoia senza prima aver venduto a caro prezzo la pelle! Dobbiamo vincere!” li incitava Albione, incoccando e lanciando una freccia dietro l’altra. Sembravano avere la meglio ma presto, come temevano, i romani trovarono un modo per attraversare mantenendo al minimo le perdite. Il gruppo di Albione fu costretto a dividersi, uno a continuare la pioggia di frecce mentre l’altro ingaggiava un combattimento corpo a corpo con i soldati romani che erano riusciti a traversare. A quel punto, le cose cominciarono a mettersi male e anche sangue celtico bagnò la terra. Albione fece del suo meglio per proteggere i suoi compagni, subendo anche lui diverse ferite. Facevano del loro meglio in attesa dei rinforzi da nord, come avevano pianificato ma il tempo sembrava passare senza alcun risultato. Albione stava cominciando a preoccuparsi seriamente quando, dal folto della foresta si udirono dei fischi: era il segnale che stavano arrivando gli aiuti dal nord. La nazione non riuscì a trattenere un sorriso mentre conficcava la spada nel soldato che stava combattendo.

“Arrivano i nostri!” sentì esclamare a Lyre, prima di imprecare a causa di una freccia nel braccio. Tuttavia, questo non spense la sua determinazione, facendo sorridere ancora di più Albione: era fiero di loro.
Grazie ai rinforzi, il piano fu un successo. Quando la situazione sembrò raggiungere uno stallo, i barbari cominciarono la loro ritirata nei boschi, in cui avevano piazzato un sacco di trappole per rallentare i romani e dar loro l’occasione di seminarli. I guerrieri sfruttarono la loro conoscenza dei boschi e, in un battibaleno, disorientarono i romani, che non riuscirono a rintracciarli nella boscaglia.

“Ottimo lavoro, fratelli miei! Vi siete fatti valere contro gli invasori” si complimentò Albione, una volta che furono giunti al villaggio dei barbari a confine col nord. L’accoglienza non era stata delle più calorose ma le loro ferite erano state medicate, le loro armi riparate e i loro stomaci riempiti. Il resto non era così importante. La gioia di quella vittoria, però, era offuscata dalle perdite che avevano subito. Albione era rattristato ma allo stesso tempo cercava di tenere alto il morale dei suoi compagni. Dopotutto, non si aspettava che Impero Romano si sarebbe arresto così facilmente, e Albione aveva bisogno che i suoi uomini fossero in grado di combattere ancora.

“Secondo voi gli altri sono già a Feralta?” chiese uno dei barbari, stendendosi sul suo letto di foglie.

“Per me sì. Hanno più di un giorno di vantaggio e con loro ci sono un paio di guerrieri”

“La moglie di Beorn è una minaccia più grossa di loro”

“Più grossa dei romani stessi vorrai dire”

“Vorrei potervi dire di chiudere il becco, ma ammetto che Leofrun spaventa anche me”. I barbari risero. Grazie a quello scambio di battute l’atmosfera si era fatta più leggera. In cuor loro, speravano che le loro famiglie fossero in salvo, lontano dalle grinfie dei romani. Albione stava per addormentarsi ascoltando il loro chiacchiericcio, quando si risvegliò bruscamente. Una ragazzina era arrivata di corsa da loro, sporca di sangue e in lacrime, attirando l’attenzione di tutti loro.

“Ma è la figlia di Oslac! Modwulf, corri, c’è tua nipote sporca di sangue!” chiamò Albione, che era accorso dalla bambina per cercare di calmarla.

“Per gli Dei, Bebbe, che ci fai qui?! Dovevi stare con tua madre a Feralta!” le chiese Modwulf, accovacciandosi accanto ad Albione. Un orribile sensazione serpeggio tra i barbari alla vista di quella bambina: perché mai lei avrebbe dovuto essere là con loro? Bebbe scoppiò a piangere, abbracciando forte lo zio. Tra i singhiozzi si sentì comunque

“I-i romani… I romani ci hanno attaccati… La-la mamma, Ing e G-Gydda erano a terra… Gydda ha detto di corre a c-chiamare papà…” Quelle parole confermarono il presentimento che avevano avuto tutti: i romani li avevano colpiti alle spalle, attaccando le loro famiglie. Albione strinse così forte i pugni che le sue nocche divennero bianche.

“Dobbiamo tornare indietro! Forse siamo ancora in tempo” i barbari si fecero sempre più nervosi, preoccupati per le loro famiglie.

“No!” si oppose Albione, secco. “Andremo solo io, Lyre e Godric. Se i romani hanno già annientato gli altri, è inutile morire tutti insieme. Inoltre, ho bisogno che restiate qui a seguire la strategia contro i romani che ci hanno seguito a nord. Fategliela pagare” il tono della nazione era asciutto e vagamente aggressivo. Moriva dalla voglia di mettere le mani addosso a Impero Romano. Allo stesso tempo, temeva per la vita di Ælea. Senza esitare un momento di più, i tre chiesero al clan del nord dei cavalli per poi partire di corsa verso Feralta.


Al loro arrivo, vennero informati che la loro gente non era mai arrivata da loro, facendoli allarmare ancora di più. I tre barbari cavalcarono lungo il tragitto che gli altri avrebbero dovuto percorrere. Erano quasi arrivati al loro ultimo nascondiglio che videro i cadaveri. Tutte quelle persone riverse a terra non avevano fatto molta strada prima di essere trucidate. “Ælea!” pensò Albione, cercandola tra di loro. Sperava fosse riuscita a scappare in qualche modo.

“Mia nazione, si fermi!” lo chiamarono i suoi compagni ma Albione era sordo ai loro richiami: doveva trovare la sua amica. Presto si ritrovò nel cuore dell’accampamento che avevano abbandonato.

“Sapevo saresti tornato, Albione”. La nazione avrebbe riconosciuto quella voce ovunque: Impero Romano era lì. Tra le sue braccia teneva Ælea, la lama del gladio contro la sua gola. Insieme a lui c’erano altri soldati, come fossero la sua scorta personale.

“Lasciala andare, bastardo!” ordinò Albione, smontando da cavallo. Se la vita di Ælea non fosse stata in pericolo, si sarebbe lanciato contro l’impero. La rabbia e il dolore per tutte quelle morti era così forte da sorpassare la paura che la presenza di Impero Romano gli incuteva.

“Ah, allora le mie informazioni erano corrette. Ottimo lavoro, ragazzo” gongolò l’uomo, indicando col mento uno dei tre barbari. Albione si girò di scatto verso Lyre: non poteva crederci. Era stato venduto al nemico.

“Perché? Lyre, ci siamo fidati di te, brutto traditore!” La nazione trascinò giù dal cavallo il ragazzo, fregandosene della paura e della vergogna sul suo volto. “Anche il piano! Era tutto programmato per farci allontanare? Come hai potuto?!”

“Suvvia, Albione, non fare così. È la guerra, dopotutto. Puoi fidarti solo del tuo istinto, di nessun altro” disse Impero Romano, come a ricordargli in che situazione si trovava. Albione lasciò andare bruscamente Lyre, che si affrettò a correre verso i romani. Impero Romano sembrava compiaciuto del corso degli eventi.

“E ora a noi due. Sottomettiti a me e la tua ragazza, così come quel che resta della tua gente vivrà. Prova a fare qualche scherzo e saranno tutti morti entro il tramonto” fu il ricatto dell’impero. Albione voleva rispondere per le rime ma il tradimento di Lyre, il sentimento di responsabilità che sentiva verso quelle morti e la paura per Ælea gli impedivano di pensare lucidamente. Avrebbe dovuto accettare? Se lo avesse fatto, gli altri lo avrebbero rinnegato come traditore ma, non lo avesse fatto, era certo che nessuno sarebbe sopravvissuto. Mai come in quel momento, Albione sperò che il proprio istinto parlasse, che gli dicesse cosa fare, ma quell’entità non sembrava intenzionata a intervenire come tutte le altre volte, come a valutare cosa avrebbe scelto. Quella lotta interiore lo stava lacerando.

“Alla svelta, Albione. Non ho tutto il giorno, ti ho già aspettato abbastanza” lo incalzò Impero Romano, avvicinando ancora di più il gladio alla gola della ragazza, da cui cominciarono a scorrere alcune gocce di sangue.

“Fermo!” esclamò Albione, allungando una mano. Non voleva che Ælea morisse. Mosse le labbra per continuare la sua resa ma fu interrotto da Ælea stessa.

“Non farlo Arthur! Non farti sottomettere da nessuno!” esclamò la ragazza, riuscendo a sferrare una gomitata nello stomaco di Impero Romano e a liberarsi dalla sua stretta. Cominciò a correre il più velocemente da Albione ma non appena fu tra le sue braccia, una freccia, scagliata da uno dei soldati romani, la colpì alla schiena.

“Ælea!” la chiamò Albione, stringendola forte così da non farla cadere a terra. La ragazza gli sorrise debolmente.

“Arthur…” rispose Ælea debolmente, cercando di alzare una mano verso il volto di Albione, che il ragazzo strinse forte nella sua. Aveva la vista annebbiata dalle lacrime. Non riuscì a capire bene le parole che Ælea aveva detto, tanto era sottile e spezzata la sua voce ma poteva indovinare: “Non sottometterti a nessuno, mia nazione”. Albione la strinse il suo corpo senza vita ancora più forte.

“Addio…” mormorò insieme ad altre parole, udibili sono da loro, prima di alzare gli occhi verso Impero Romano. L’uomo aprì la gola al soldato che aveva tirato la freccia come se si trattasse di selvaggina proprio davanti agli occhi pieni d’odio di Albione.

“Non farti un’idea sbagliata di me, ragazzo: Roma è spietata con i suoi nemici ma non infrange le sue promesse”

“ÆLEA È MORTA, IMPERO!”

“Così come il suo assassino” il tono di Impero Romano era freddo ma il rammarico era lampante nel suo sguardo d’ambra. Fu quel dettaglio a colpire di più Albione: perché provare quell’emozione? Non era tutto calcolato?

“Nulla la riporterà in vita, Albione. Potresti provare a prendere la mia vita o quella di Lyre ma non servirebbe a nulla. Pensa agli altri, a chi è rimasto. Vuoi davvero che anche loro condividano il suo stesso fato?”

“Stai zitto!” disse Albione, tornando in silenzio: si sentiva in colpa. Se non avesse creduto al piano di Lyre, capito perché era così nervoso al consiglio, se avesse pensato a una strategia migliore, il suo clan non sarebbe stato decimato. Ælea sarebbe stata ancora viva. Aveva combattuto tante battaglie, sopravvissuto nel bosco, alle belve, alle botte, ma ancora non bastava. Non era stato abbastanza forte da proteggerli.

“Impero Romano” disse infine, dopo interminabili attimi di silenzio. Nella sua voce non c’era alcuna traccia di dolore o esitazione. “Io non mi sottometterò mai. Se mi vuoi, allora dovrai stare alle mie richieste!”

“Hah! E sarebbero?” chiese con tono cauto la nazione.

“Lascia andare i miei compagni. Che nessun romano faccia loro del male. Ti concederò i miei territori ma non come sottomissione, bensì come terreno di scambi commerciali e sarà come se tu fossi il mercante più ricco e onorato tra tutti”

“E in cambio cosa vorresti, oltre al tuo clan?”

“Insegnami a essere una nazione potente!” esclamò Albione, determinazione scritta nei suoi occhi di smeraldo. Si era detto che, se fosse diventato forte, ancora più forte di Impero Romano stesso, allora sarebbe stato capace di difendere propriamente la propria famiglia, la prossima volta che si sarebbe trovato costretto a farlo. Sarebbe diventato la nazione più forte di tutte, avrebbe protetto la sua gente e la sua famiglia e per riuscirci, non gli importava di dover stringere un patto con l’impero che gli aveva tolto tutto. Era un prezzo che era disposto a pagare, poco importava ormai se quel che rimaneva del suo clan lo avrebbe rinnegato. Inizialmente, Impero Romano sembrò soppesare la proposta di Albione, chiedendosi dove fosse la fregatura ma, più osservava quel ragazzo, più si convinceva della sincerità di quelle parole.

“Affare fatto ragazzo. Ti insegnerò a essere un grande impero” accetto alla fine Impero Romano, rinfoderando il gladio. Sentiva che quel ragazzo aveva un grande talento come nazione ed era seriamente curioso di vedere quanto potente sarebbe diventato sotto la sua guida.






Piccolo Angolo dell'Autore:
Ciao a tuttiiiii!!
Si, non ho ben capito come si fa una raccolta lolol. Comunque, benvenuti alla prima parte di History Saga (anche conosciuto come EpicTalia). Questa raccolta sarà composta da 4 archi narrativi. Questo è il primo arco, dedicato a Inghilterra. Essendo una song fic, è basata su due canzoni, "Polyphoemus" e "Survive" di Jorge Rivera-Herrans ( https://open.spotify.com/track/5VM7ORWfMVaBn0KeqW4oiK?si=86d9a78c7cde4598 ) e ( https://open.spotify.com/track/5HTq6lMpz8RPRU4Qv5HOQZ?si=ab5d7695d0a3474e )

Comunque! Grazie per aver letto questo racconto e spero vi sia piaciuto!
Ammetto che prendere England e ficcarlo in una boccia piena di original characters è un pò un'esperienza ahaha. Ho cercato di renderla il più storicamente accurata possibile senza legarmi troppo le mani, poichè purtroppo c'è tutto un filo conduttore tra tutto l'arco (e, si spera, anche tra gli altri)

Alla prossima!




 
   
 
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