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Autore: Mue    13/09/2009    5 recensioni
Quando Luna trova la pipa di Rolf nelle scuderie capisce che suo marito è sparito.
Harry, Ron e il migliore amico di Rolf le vengono in aiuto ma quando trovano una macchia di sangue e delle strane alghe sembra troppo tardi...
Genere: Generale, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Luna Lovegood, Rolf Scamandro, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Menta e Bisque Burley'
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E ormai ci stiamo avvicinando anche alla conclusione di questa storia.
Vi ringrazio tutti, come sempre, e mi scuso per non aggiungere di più o rispondere ai vostri commenti uno ad uno, ma sono dell'opinione che vi interessi di più leggere la storia che non le mie banali e ripetitive note dell'autore.
A domani, e buona lettura!

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Capitolo V



Tra 14 e 15 marzo, notte.

Harry James Potter, nonostante la non eccessiva arguzia che lo contraddistingueva, sapeva fare il suo lavoro egregiamente, quando voleva.
E quella sera voleva assolutamente portare a compimento la sua missione: catturare l’Each Uisge –sempre che di tale razza fosse il cavallo d’acqua, ma a questo punto i dubbi erano pochi- e ritrovare, se ancora era possibile, il marito di Luna.
Su quest’ultimo punto era un po’ più dubbioso: non riteneva possibile che persino un uomo esperto di cavalli come Rolf Scamandro potesse sfuggire all’Each Uisge, se l’avesse incontrato affamato lungo la strada; ma di questo preferì non fare parola con Luna.
Organizzò numerose squadre di ricerca tra Auror e uomini dell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, saltò la parte delle scartoffie ottenendo una dispensa speciale dal Ministro Shacklebolt in persona e si Smaterializzò con tutti gli altri, diretto ad Avonfield.
Luna rimase a riprendersi nell’Ufficio Auror, poi, quando riuscì a mettersi in piedi, fu accompagnata da Rawdon a casa Scamandro e lì, insonni, attesero notizie, buone o cattive che fossero.
«Forse faresti meglio a provare a dormire un po’» le mormorò a un tratto Rawdon.
L’orologio, sopra il davanzale del caminetto, segnava le tre di notte passate e l’aria distrutta di Luna non faceva che confermare l’orario così tardo.
Lei, però, scosse il capo, muta.
Era avvolta in una coperta di lana e rannicchiata sul grande divano del salotto.
Rawdon era seduto su una poltrona, un gomito appoggiato a un bracciolo e la testa reclinata all’indietro. Anche lui non aveva un’aria particolarmente vitale, con il mantello aperto, i vestiti stropicciati e i capelli spettinati.
Avrebbe potuto tornare a casa, almeno per cambiarsi gli abiti, ma non voleva lasciare Luna da sola ad aspettare di sapere se suo marito era morto divorato o no. Così rimase, e vegliò con lei tutta la notte.
Si addormentò a intermittenza, ma non vide mai Luna dormire. Era sempre lì, raggomitolata su se stessa, con gli occhi di solito così luminosi ora spenti, persi chissà dove.
Rawdon non voleva credere che Rolf fosse morto. Era inconcepibile.
Rolf, il miglior allevatore di cavalli alati esistente al mondo, divorato da un cavallo d’acqua.
No, era un pensiero assurdo.
Rolf non poteva essere morto. Non in quel modo. Non lasciando Luna così, un mattino, senza averle detto altro che: “Buongiorno.” Senza averle detto un’ultima volta: “Ti amo.”
Rawdon sorrise tristemente.
Non se l’immaginava, Rolf, a dire una frase del genere. Chissà se l’aveva mai davvero detta, poi.
Forse no.
Forse non aveva mai trovato il coraggio di pronunciare quelle parole ad alta voce. Un po’ come non aveva mai detto a Rawdon nemmeno una volta: “Mi fido di te” o cose del genere che si dicono agli amici.
Quel vecchio orso.
Rolf lo scorbutico.
L’avrebbero ritrovato. Lo dovevano ritrovare.

*


Le squadre di perlustrazione terminarono il loro lavoro poco dopo l’alba.
Harry James Potter in persona si recò a casa Scamandro per avvisare Luna e Rawdon.
«L’abbiamo preso» disse atono. «Era un Each Uisge molto grosso, e ci ha dato filo da torcere anche se eravamo in nove Maghi a fronteggiarlo.»
Luna e Rawdon, pallidi, lo ascoltavano muti sulla porta di casa.
«Ora lo porteranno in un serraglio o in qualche posto dove non possa nuocere. Non è più competenza degli Auror.»
Si zittì, e tra i tre cadde un silenzio gelido.
Poi Luna, atona, parlò. «Hai visto Rolf?»
Harry abbassò gli occhi. «No, non l’abbiamo trovato.»
Rawdon s’irritò. «E allora che cosa aspetta a organizzare altre squadre per andarlo a cercare?»
Harry lo guardò, e nella sua espressione si poteva cogliere l’intensità della frustrazione. E del dolore.
«Non crediamo di poterlo più trovare, ormai.»
Rawdon avrebbe voluto protestare. Gridare qualcosa, inveire contro Harry Potter, contro gli Auror, il Ministero…
Luna lo precedette. Guardò Harry inespressiva. «Grazie per quello che hai fatto.» La sua voce tremava un po’.
Harry sembrava profondamente addolorato. «Vorrei aver fatto di più.»
«Non potevi.»
«Lo so. E’ proprio questo che mi fa sentire male.»
Luna non replicò. Gli disse solo: «Salutami Ginny.»
Harry annuì, fece un cenno di saluto a lei e Rawdon, poi diede loro le spalle, si allontanò di qualche passo e si Smaterializzò.
Lasciandoli soli.
Rawdon si accasciò contro la parete all’ingresso e si prese il volto tra le mani. E si mise a piangere.
Luna gli sfiorò il viso, come se volesse consolarlo, o trovare in lui la forza di piangere a sua volta.
Poi ritrasse la mano ed entrò in casa.
In quella grande casa che ora era solo sua.
In cui l’aroma di Burley Alato era svanito per sempre.

   
 
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