– Vai da qualche parte?
– chiese Keiji, senza
staccare gli occhi dal suo tomo di Rune Antiche.
–
Allenamento.
Giù al campo. Con Kuroo. –
borbottò sbrigativamente Kei, prendendo la porta della Sala
Comune prima di
dover dare ulteriori spiegazioni. Non che Keiji fosse il tipo da
auto–invitarsi;
piuttosto, Kei temeva che avrebbe potuto intuire il suo innaturale
nervosismo
ed indagare oltre. Cercava di camminare in maniera pacata per i
corridoi del
castello, senza affrettarsi, ma la stretta spasmodica sul manico della
scopa
avrebbe tradito la sua tensione di fronte ad un occhio attento.
Aveva
speso gli ultimi giorni, passati lentamente come una tortura, ad
ascoltare
Tadashi parlare di Yachi (era il massimo che
potesse fare per consolarlo
dopo la partita di domenica), a stuzzicare Shouyou e Tobio durante le
lezioni (senza
alcun particolare motivo) e ad evitare con tutto sé stesso
di guardare il
tavolo dei Grifondoro durante i pasti: la sua tattica era quella di
fare
l’indifferente, anche se in cuor suo smaniava di trovare fra
le fila i capelli
spettinati di Tetsurou. Tuttavia, a pochi minuti dal loro incontro, non
riusciva più a contenere l’irrequietezza ed il
cervello fumava nel tentativo di
mantenere le sue aspettative basse ripetendogli che quello era
solo un
allenamento, sebbene qualche pensiero speranzoso sfuggisse al
suo controllo
come una ciocca di capelli ribelli.
Quando,
uscito all’aperto, finalmente vide in lontananza la figura di
Tetsurou con la
scopa appoggiata alla spalla, un formicolio familiare gli si diffuse al
ventre
e le mani iniziarono a sudargli. Le farfalle gli morirono presto in
pancia
quando l’altro lo incitò ad iniziare il
riscaldamento per evitare di congelare
al vento freddo di fine novembre. Fecero dieci giri di campo correndo,
altri
dieci di corsa calciata e, quando Kei pensava avrebbe sputato fuori un
polmone,
iniziarono con i piegamenti, lasciandolo profondamente disturbato dalla
sua
inferiorità fisica – ogni due flessioni di
Tetsurou, lui ne faceva mezza. Dopo
un’ora di tortura, Kei si sentiva accaldato malgrado il
freddo e la debole
pioggerellina. Quando Tetsurou si offrì di fare dei lanci
per lui, Kei sbuffò
divertito.
–
Pensavo sarei stato io
a dare
delle lezioni a te. –
constatò, lanciando un incantesimo per
impermeabilizzare gli occhiali sportivi.
–
Certo,
così puoi mostrarmi come si para,
maestro. – cantilenò
l’altro, sfoggiando un ghigno sbilenco che colpì
Kei direttamente appena sopra lo sterno.
L’estasi
durò ben poco perché Tetsurou cominciò
a lanciare spietatamente la Pluffa
alternativamente a destra e a sinistra, senza una tregua, correggendo
Kei dove
sbagliava ed esultando quando riusciva a bloccare la palla con entrambe
le
mani. Col passare dei minuti i tiri si fecero sempre più
potenti ed azzardati,
costringendo Kei a virate rocambolesche ed estenuanti.
Quando
Kei ormai aveva iniziato a considerare l’idea di fingere uno
svenimento pur di
avere una pausa, Tetsurou gli fece segno di scendere a terra, dove gli
offrì
qualche Zuccotto di Zucca sgraffignato durante il pranzo e del succo
alla mela
per reintegrare gli zuccheri.
A
disagio nei suoi vestiti bagnati – più dal sudore
che dalla pioggia – e
con i muscoli indolenziti dall’allenamento,
Kei masticava a fatica, a debita distanza da Tetsurou, bramando solo
una doccia
ed il letto: quel sentimento che gli si rimestava da giorni nel petto
era morto
e sepolto dalla stanchezza e aveva lasciato lo spazio ad un mero
desiderio di
sopravvivenza.
Fu
così che si mise a seguire docilmente Tetsurou, il quale si
era proposto di
riaccompagnarlo alla torre di Corvonero, per i corridoi deserti del
castello –
gli altri studenti dovevano essere ancora a cena o già
ritirati nelle Sale
Comuni, Kei non avrebbe saputo dirlo con sicurezza avendo perso
completamente
il senso del tempo. Non protestò nemmeno quando, al quarto
piano, le scale
cambiarono e Tetsurou prese la via più lunga,
tant’era privo di forze.
All’improvviso, Tetsurou si fermò davanti ad una
statua, la fissò a lungo prima
di voltarsi verso Kei e domandare: – Ti
va di fare un bagno? –
Kei
si irrigidì all’istante, fissando gli occhi sulla
statua che raffigurava Boris
il Basito; dunque, la porta a fianco doveva essere quella del Bagno dei
Prefetti. Kei non ci era mai stato, ma ne aveva sentito spettegolare
parecchio;
girava soprattutto la voce che il capitano dei Serpeverde, Oikawa, lo
considerasse di sua proprietà e che Hajime Iwaizumi, sebbene
non fosse
ufficialmente autorizzato ad entrare, dovesse puntualmente trascinarlo
fuori a
forza.
–
Avanti,
farà bene ai nostri muscoli! –
esclamò Tetsurou, accompagnandolo a mani aperte verso la
porta.
Un
brivido gli corse lungo la schiena quando Tetsurou si sporse verso la
statua
sussurrando la parola d’ordine “Porco
rosso!” e si ritrovarono a varcare la
soglia. La stanza era esattamente come gliel’avevano
descritta Keiji e Kiyoko,
dolcemente illuminata da un candelabro, con un’enorme vasca
rettangolare in
centro dove luccicavano un centinaio di rubinetti dorati.
Chiusa
la porta, con un colpo di bacchetta Tetsurou azionò i
rubinetti, da cui eruttò
acqua colorata. Un profumo di legno di pino, mandorle e qualche nota di
miele
di castagno pervasero l’aria, mentre una schiuma soffice
iniziava ad infittirsi
sul pelo dell’acqua. Inebriato e frastornato dalla fragranza,
Kei rimase
imbambolato in mezzo alla stanza, a fissare i riverberi colorati delle
bolle di
schiuma; nemmeno si accorse che Tetsurou gli aveva già preso
la scopa di mano
per poggiarla insieme alla propria al muro.
–
Che vuoi fare, il
bagno da vestito? – lo
punzecchiò Tetsurou, che aveva già fatto cadere
la casacca a terra ed era
intento a togliersi la maglia.
L’inaspettata
vista della pelle ambrata di Tetsurou spinse Kei a togliersi
velocemente gli
occhiali, ringraziando per una volta la sua penosa miopia: il cervello
non
avrebbe retto.
–
E tu girati!
– sbottò allora, scatenando
la risata dell’altro.
Voltandosi,
Kei iniziò a togliersi uno strato alla volta, piegando
accuratamente ogni
indumento e riponendolo ordinatamente sul pavimento, dando
così il tempo al suo
cervello di rimbalzare fra un pensiero impanicato all’altro.
Sfilatosi infine i
pantaloni, giunse alla conclusione che tenere una distanza minima di
quattro
metri da Tetsurou ed evitare di metterlo a fuoco fosse la decisione
più saggia
per prevenire certe reazioni incontrollate.
Il
rumore di uno scroscio d’acqua gli segnalò
l’entrata in vasca del compagno,
quindi chiese: – Sei
ancora girato? –
–
Sì,
Tsukki. – rispose Tetsurou, divertito.
Allora, Kei si avvicinò al bordo della vasca, si tolse
velocemente i boxer,
rischiando di perdere l’equilibrio, e poi si
lasciò cadere in acqua, al sicuro
sotto uno spesso strato di schiuma. Dopo essersi assicurato che
Tetsurou fosse
solo un’indistinguibile massa rosa e nera
dall’altra parte della vasca, rilassò
i muscoli e si immerse completamente, prima di rispuntare in
superficie. La
temperatura dell’acqua era piacevolmente calda, avvolgente,
ed il profumo dei
bagnoschiuma gli solleticava il naso. Dopotutto, non era stata
un’idea così cattiva.
Uno
sbuffo divertito riportò l’attenzione al suo
problema principale.
–
Che
c’è? – chiese sospettoso, stringendo
gli occhi per mettere a fuoco, vizio incontrollabile che maledisse.
–
Niente, sembri a tuo
agio in acqua. –
rispose l’altro, probabilmente con un’alzata di
spalle (Kei non poteva vederlo,
ma ci avrebbe messo la mano sul fuoco). – Come stanno i
muscoli ora? –
–
Penso non riuscirei
ad alzare le braccia
nemmeno sotto l’effetto della Maledizione Imperius.
–
Tetsurou
rise, e Kei pensò che suonasse benissimo in quella stanza
piastrellata.
–
Che esagerazione!
–
–
Facile per te, te ne
stavi lì a lanciare
la Pluffa come un cieco che gioca a freccette. –
sbuffò Kei.
–
Come si gioca a
freccette? – domandò
incerto Tetsurou, come se stesse scavando nella memoria per ricordare
qualcosa
di lontano. Kei provò vergogna, spiegandogli brevemente il
gioco; gli capitava
ancora di avere qualche scivolone e menzionare qualcosa della sua
infanzia da Nato
Babbano e Tetsurou, sebbene fosse cresciuto in un sobborgo di Londra in
mezzo a
Babbani, apparteneva pur sempre ad una famiglia di maghi.
–
Sembra divertente,
dovremmo giocarci
ogni tanto. – mugugnò Tetsurou, scivolando
più a fondo nella vasca e
sospirando, chiaramente apprezzando l’acqua calda.
Un
silenzio rilassato calò fra i due e Kei pensò che
Tetsurou dovesse essere
veramente stremato per aver perso la voglia di parlare; il che gli
ricordò la
settimana precedente, quando l’aveva visto con le occhiaie
fuori dall’Aula di Divinazione,
e un’improvvisa curiosità lo colse.
–
Sembri molto stanco,
ultimamente. –
azzardò noncurante, giocando con la schiuma di fronte a lui.
–
Oh, Tsukki! Ti
preoccupi per me? –
Sebbene
non lo vedesse, Kei avrebbe potuto giurare che stesse sorridendo in quel
modo
– le labbra un po’ sghembe, a mostrare in maniera
irregolare i denti bianchi,
le palpebre calate, ma lo sguardo affilato – ed il solo pensiero gli fece
formicolare
pericolosamente il basso ventre.
–
Tanto quanto mi
preoccupo per la tutela
delle Acromantule. – mentì.
–
Sei crudele, Tsukki.
Mi spezzi il cuore.
–
–
Ti spezzo
qualcos’altro, se non la
pianti. –
Tetsurou
rise ancora. – Ti riferisci alla scorsa settimana?
–
Kei
annuì.
–
Diciamo che
c’è stato un piccolo incidente,
la sera del mio compleanno. – ridacchiò
Tetsurou.
A
Kei venne voglia di affogarsi. Il suo compleanno? Perché
Kenma o Keiji
non avevano detto nulla? Con un certo sforzo, respinse
l’istinto di ficcare la
testa sotto l’acqua e stette ad ascoltare la storia.
Ebbene,
la settima precedente, la squadra di Grifondoro si era riunita nella
Sala
Comune per festeggiare il compleanno di Tetsurou, in maniera sobria e
controllata, al contrario dei precedenti 17 novembre, passati fra
partite
clandestine di Quidditch al chiaro di luna e party nelle cucine del
castello
insieme agli Elfi domestici. Ad un certo punto della serata, Tetsurou
si era
messo a scartare i regali e, fra un album di fotografie incantate che
lo
figuravano insieme agli altri membri della squadra, un maglione di lana
giallo
con le iniziali KT in rosso (da parte di Keiji e Koutaro) ed un paio di
biglietti per una partita di Quidditch (da parte di Kenma), aveva
trovato anche
un’anonima scatola di cioccolatini. Il fatto era che
– e Tetsurou lo disse
ridacchiando – il cioccolato non gli piaceva molto; dunque,
aveva donato il
contenuto della scatola ai compagni di squadra, che avevano apprezzato
assai la
decisione.
–
Il primo a mostrarne
gli effetti è stato
Daichi. – sospirò Tetsurou al ricordo.
All’improvviso,
l’intera squadra di Grifondoro, escluso il festeggiato, aveva
iniziato a
parlare di Koutaro Bokuto, elogiandone la prestanza atletica, il
sorriso
smagliante, i muscoli possenti…
–
… ed il
culo. – concluse Tetsurou.
Kei
si lasciò sfuggire una risata, incredulo. Per una volta si
trovava d’accordo
con dei Grifondoro.
Tetsurou
aveva continuato a raccontare che la situazione era precipitata quando
i compagni
di squadra, come sotto il controllo di un cervello collettivo, si erano
decisi
ad invadere la Sala Comune dei Tassorosso per stanare il soggetto della
loro ossessione.
–
Ho dovuto chiedere
aiuto a Keiji e
Kenma. Quando sono arrivati, avevo già iniziato a
Pietrificare Shouyou e Ryu
per impedire loro di uscire. – ridacchiò,
– Io mi
sono occupato di Hajime e Daichi e ho
affidato gli altri a Kenma e Keiji. Credimi, è stata una
notte davvero lunga.
Ho dovuto rispondere a domande sul colore preferito di
Koutaro o sul suo
tipo ideale di ragazzo. –
Kei
riusciva quasi a vedere Keiji con i nervi a fior di
pelle che faceva
ingollare Pozioni Soporifere ai giocatori del Grifondoro, mentre
Tetsurou
gestiva un pigiama party con gli altri del settimo anno.
–
Chi è
stato il genio a mettere un filtro
d’amore nei cioccolatini? –
–
Non ne sono sicuro,
ma penso sia stato
Oikawa, a giudicare dalla faccia che ha fatto a colazione il mattino
dopo. –
dichiarò Tetsurou con l’aria di chi la sa lunga.
–
Cos’hai
fatto per meritarti questo
dispetto? –
–
Esistere? Ad Oikawa
non servono
veramente delle motivazioni per darmi fastidio. –
Kei
gli dovette dare ragione: aveva l’impressione che Oikawa si
sentisse in
costante rivalità con i capitani delle altre squadre di
Quidditch e in
particolare con Tetsurou, probabilmente per via del numero di ragazze
che militavano
nel Kuroo fanclub.
–
In più,
non sono riuscito a recuperare
il sonno, dato che ho dovuto studiare durante le notti successive per
riuscire
a vedere la tua partita, domenica. –
aveva aggiunto Tetsurou in maniera
disinvolta; al che, Kei si era sentito lusingato dal fatto che si fosse
riferito alla partita come “sua” e non
“loro”.
–
Non hai sprecato
troppo tempo, visto che
è durata meno di dieci minuti. –
commentò allora per nascondere il suo
compiacimento.
–
No, ma ho impiegato
diverse ore a risollevare
il morale di Koutaro. – rise Tetsurou, prima di farsi serio:
– Sai, penso
davvero che sia uno dei giocatori più talentuosi di
Hogwarts, al momento. Deve
solo lavorare sulla gestione delle proprie emozioni. –
–
Gli ci vorrebbe un
po’ della razionalità
di Keiji. – concordò Kei, appoggiandosi coi gomiti
al bordo della vasca e
fissando lo sguardo sul soffitto sfuocato della stanza. – Se
riuscisse a
migliorare questo tratto di sé, avrebbe sicuramente
possibilità di diventare un
giocatore professionista. – Dando
voce
ad una sua curiosità sopita, chiese allora: – È quello che vuoi
fare anche tu quando esci da
qui? –
–
Non penso di avere
abbastanza talento
per diventare un professionista. – rispose Tetsurou,
pensieroso, e Kei dovette
trattenersi dal protestare. – No, penso mi piacerebbe fare in
modo che più
gente possibile si emozioni assistendo a delle partite di Quidditch.
–
Tetsurou
continuò spiegando che avrebbe voluto lavorare per il
Ministero della Magia,
nell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici; tuttavia, le
posizioni
scarseggiavano e la competizione era spietata. Per questo motivo,
doveva assolutamente
uscire da Hogwarts con il massimo dei voti e stava già
preparando la
candidatura per assicurarsi uno stage all’Ufficio per la
Coppa del Mondo
dell’anno seguente. Kei rimase affascinato
dall’entusiasmo di Tetsurou,
catturato dalla sua forza gravitazionale.
–
E tu che vorresti
fare una volta uscito
da qui? –
La
domanda innocente innervosì Kei, indeciso se raccontare o
meno le sue
ambizioni.
–
Il Magizoologo.
– borbottò alla fine.
Il
silenzio di Tetsurou lo aveva incoraggiato a proseguire, quindi aveva
spiegato
di controvoglia – e con un malcelato imbarazzo – che da bambino, ancora
ignaro del Mondo Magico,
era affascinato dai dinosauri e avrebbe voluto diventare un
paleontologo.
Tuttavia, una volta approdato ad Hogwarts, la sua visione si era
ampliata scoprendo
l’esistenza delle Creature Magiche, ed era rimasto esaltato
soprattutto dai
Draghi.
–
Quante cose non so
su di te, Tsukki! –
esclamò sinceramente sorpreso Tetsurou. – Quindi,
fammi pensare, devi ottenere
buoni voti in Pozioni, Erbologia e Cura delle Creature Magiche.
–
–
Devo dimostrare di
cavarmela anche in
Volo e Incantesimi. –
Dopo
qualche momento di silenzio, Tetsurou aggiunse con uno strano tono di
voce: – Immagino
che sia per questa ragione che stai
prendendo lezioni per diventare un Animagus. –
Con
la sensazione di camminare su una china scivolosa, Kei rispose
cautamente: – Sì,
generalmente le Creature Magiche si
trovano più a loro agio con gli animali. –
–
Quindi devi avere
Eccezionale anche in
Trasfigurazione. – aveva puntualizzato Tetsurou, prima che la
sua figura indefinita
sparisse sotto il pelo dell’acqua.
Il
nervosismo di Kei sfociò in panico quando vide Tetsurou
affiorare a qualche
passo da lui, non più macchia indistinta, ma mezzobusto
nitido.
–
Mi chiedo come mai
tu abbia voluto
prendere delle ripetizioni di Trasfigurazione. –
Kei
si sentiva inchiodato al bordo della vasca, sovrastato, con il cervello
che
lavorava furiosamente per processare stimoli visivi come i capelli
bagnati di
Tetsurou, le sue spalle larghe, il busto definito, il neo solitario che
spuntava sulla clavicola, la cicatrice sull’avambraccio
sinistro e altri
infiniti dettagli.
–
Mi è
venuto il dubbio che tu gradisca la
mia presenza. – insinuò Tetsurou con un sorriso,
avvicinandosi ulteriormente.
–
Preferirei la
compagnia di un branco di
Schiopodi Sparacoda. – mentì debolmente Kei con il
cuore che ormai gli
scoppiava in petto, portandosi istintivamente due dita al naso a
sistemare
occhiali inesistenti. Al gesto, il sorriso di Tetsurou si
allargò: – Proprio
come pensavo. –
Kei
si ritrovò una mano dietro la nuca, salda e bollente contro
i suoi capelli
bagnati, e un istante dopo il viso di Tetsurou si abbassava per
incontrare le
sue labbra. Inondate da un impeto sconosciuto, le mani di Kei erano
corse alle
spalle di Tetsurou, avvinghiandosi quasi con urgenza, mentre la bocca
si
schiudeva per assaggiare avidamente ogni centimetro di quelle labbra
tanto
desiderate. Un sapore dolce gli esplose sulla lingua quando questa si
scontrò
bramosa con quella di Tetsurou, un sapore che si sorprese potesse
creare un’immediata
dipendenza. Un guizzo quasi doloroso al basso ventre lo indusse a
staccarsi,
spaventato, e rimase col fiatone a fissare sconcertato gli occhi
sgranati e
pericolosamente avidi di Tetsurou. Incapace di sostenere il contatto
visivo, si
voltò. Uno scroscio d’acqua, un movimento di
vestiti ed un fiotto di aria calda
secca gli segnalarono che Tetsurou era uscito, si era rivestito ed
asciugato in
questo ordine bizzarro.
Kei
si era allora azzardato a cercarlo con lo sguardo: con suo sollievo,
Tetsurou
stava sorridendo.
–
Ci si vede domani in
Sala Grande, Kei.
– cantilenò.
Kei,
con la gola secca, scoprì di non essere in grado di
vocalizzare la sua
risposta, quindi annuì e basta.
Quando
Tetsurou aveva afferrato la sua scopa ed aveva preso la porta, Kei si
era
lasciato sprofondare nell’acqua calda. Sarebbe passato
parecchio tempo prima che
riguadagnasse la padronanza di sé stesso ed uscisse dal
Bagno dei Prefetti.
***
Tetsurou
si appoggiò alla statua di Boris il Basito, incapace di
calmare gli stimoli
sensoriali che gli scuotevano il corpo: le mani tremavano leggermente,
le
labbra fremevano gonfie, il cuore martellava impazzito ed il basso
ventre pulsava
dolorosamente. Quando era arrivato il momento di baciare Kei, aveva
temuto di realizzare,
nell’atto, che i suoi sentimenti platonici non incontravano i
suoi gusti
carnali. Tuttavia, l’esatto opposto si era verificato: non
solo il bacio gli
era piaciuto ai limiti del consentito, ma era dovuto letteralmente
scappare per trattenersi dal perdere completamente il controllo. La
sola immagine
del trasporto sul volto di Kei aumentava pericolosamente il fremito
all’inguine
in una dolce tortura che reclamava la sua attenzione.
L’improvvisa
comparsa di una presenza nel corridoio indusse Tetsurou a darsi un
minimo di
contegno: raddrizzò la schiena, riavviò i capelli
e si schiarì la voce.
–
Oya! – lo
salutò Koutaro.
–
Hey. –
rispose Tetsurou, sorridendo. –
Grazie per aver fatto la guardia al Bagno. –
–
Non ti preoccupare.
Ho dovuto solo Confondere
Oikawa e scacciare Yachi. – ridacchiò Koutaro,
tendendo all’amico una mappa del
castello su cui alcune scritte si muovevano pigramente. –
Comunque, di cos’è
che dovevi parlare con Tsukki? –
Tetsurou
ghignò, intascandosi la mappa: – Lo
scoprirai presto. –
***
Entrato
nella Sala Comune dei Corvonero – solo al terzo tentativo
aveva imbroccato la
risposta all’indovinello, tanto era vuota la sua testa
– , Kei era andato a
sedersi sul divano fra Keiji, nella stessa posizione in cui
l’aveva lasciato qualche
ora prima, e Kenma, intento a provare pigramente qualche incantesimo di
Trasfigurazione
sulle pedine della sua scacchiera magica.
Con
la testa incapace di concepire pensieri complessi, Kei seguiva il
movimento
ipnotizzante delle fiamme nel camino cercando di minimizzare il
subbuglio viscerale
che lo sconquassava, ma non appena frammenti di quello che era appena
successo
riaffioravano – come
i capelli neri di
Tetsurou che sgocciolavano sulla sua guancia mentre scendeva a baciarlo
– una
vampata di calore lo avviluppava ed era
punto e a capo.
–
Come è
andato l’allenamento? –
Kei
si voltò a guardare stranito Keiji, il quale aveva alzato
appena gli occhi dal libro
per porgergli la domanda innocente. Kei sentì lo stomaco
fare una capriola all’indietro
e le mani iniziarono a sudargli, mentre il cervello si saturava di
immagini di
Tetsurou – il neo sulla clavicola, il sorriso sardonico, il
busto definito, gli
occhi avidi, la cicatrice sull’avambraccio sinistro.
–
Bene, credo.
– borbottò, prima di
tornare a fissare scombussolato le fiamme.
Imbambolato
com’era, non notò nemmeno Kenma e Keiji scambiarsi
un cinque alle sue spalle.
***
Ciao
a tutti/e!
Siamo
finalmente arrivati alla chiusura. È stata dura finire
questo capitolo, avrei voluto
inserire così tante back stories! Ma è
già una soddisfazione essere riuscita a
finire questa minilong.
Se
nelle prossime settimane proverò ancora questa dirompente
necessità di
aggiungere dettagli, vi ritroverete qualche one– shot :P
A
presto ;>