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Autore: BlueBell9    24/04/2023    1 recensioni
«Non pensavo che l’avrei mai detto ma sono felice di aver voi due come compagni di disgrazie» riprende, all’improvviso, schietta, facendo la parte di quella matura e saggia, attirandosi da uno un’occhiata scettica e dal secondo una di pura pena. «Un esperto in colpi bassi» elenca, rivolgendosi a Etienne, che annuisce, simulando falsa modestia. «E uno che discende da gente che ha terrorizzato l’Inghilterra per anni» osserva secca mentre quello sorride entusiasta, come se gli avesse fatto chissà quale grande complimento. «Direi che non potevo sperare in niente di meglio» termina ironica.  
«Pochi sentimentalismi» la fredda Lance, secco, spezzando quel tentativo di tenere a bada il panico che la sta consumando e creare un clima sereno. «Io che cosa ci guadagno a fare ‘sta roba?» si informa pratico. 
«Soldi» risponde Etienne, conciso. 
Lei sbuffa, a corto di pazienza. 
«Come sei venale!» sbotta irritata, girando la testa nella sua direzione e inchiodandolo con uno sguardo di fuoco. «Non pensi che ci sia anche altro?» domanda fomentata, serrando le palpebre. 
«No, i soldi mi vanno bene» si inserisce suo cugino, distaccato, costringendola a voltare il viso a destra. «Di che cifra stiamo parlando?»
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Molly Weasley Jr, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Molly

Ti saranno date tre ore di tempo,
vedi di trovare l’uscita nel frattempo.
Sarai solo, isolato e inzuppato,
senza alcun incantesimo come alleato.
Ascolta i tuoi compagni e usa l’intuito
saranno il tuo solo aiuto.


Molly fissa assorta quelle poche righe vergate in un inchiostro nero.
Ha riletto la pergamena che è uscita fuori dal cilindro di piombo, arrotolata su se stessa, dopo che Lance è riuscito a sconfiggere il Basilisco. Ha sviscerato ogni frase, analizzando più e più volte ogni singolo termine, sperando così di aver qualche indizio su quello che dovrà affrontare.
Nulla, niente di niente. 
Sa solo che avrà un tempo limite entro il quale dovrà portare a termine la prova, altrimenti game over.
Si raggomitola meglio sul divano, imbacuccata in una coperta per scacciare il freddo pungente che serpeggia nella Sala Comune di Grifondoro e che le braci del camino non riescono a scacciare. 
Sbuffa scocciata, quell’unico suono che spezza il silenzio della notte, prima di tornare a orientare le iridi castane verso l’indizio e riprendendo ad arrovellarsi il cervello. 



«Allora» esordisce Lance, pratico, quando si fermano a parlare in un corridoio, al termine delle lezioni pomeridiane, con lo stesso piglio autoritario di un generale che si appresta a guidare i suoi uomini in una missione potenzialmente mortale. Vorrebbe capire che gli ha dato quella carica, poi. Conoscendolo, si sarà nominato da solo, convinto di averne il diritto. «È necessario prepararsi se vogliamo superare questa seconda prova» sentenzia inflessibile, fissandoli con due gelidi occhi azzurri.
Molly inarca le sopracciglia, scettica.
«Perché parli al plurale se la devo affrontare io?» fa notare piccata.
«Perché siamo insieme in questo casino» risponde lui, risoluto. «E visto che siamo primi in classifica grazie a me, ho intenzione di vincere questo cazzo di Torneo» afferma tracotante. Morgana, se è insopportabile! «Poi ho intenzione di punire chi ha infilato il mio nome nel Calice» ribadisce perentorio, con un sorriso crudele sulle labbra. 
«Sai chi è il colpevole?» domanda lei, attonita, sbattendo le ciglia. 
«I colpevoli» precisa suo cugino, pronto, senza ombra di esitazione nella voce. «E sto progettando minuziosamente la loro agonia» rivela sanguinario, deliziato all’idea.
Etienne, al fianco, rimane sereno, sfoderando un viso riposato e fresco. 
«Nessuna possibilità di perdono?» chiede leggero. 
«Non se lo meritano, il perdono, chi ha tentato di infilarmi in una cassa prima del tempo» risponde Lance, sferzante, in un sibilo. Poi schiocca la lingua, cercando di ricomporsi. «Tornando alla Prova» riprende distaccato, accantonando per un momento pozze di sangue e vendette feroci. «L’ultima volta prevedeva un bagno nel lago» ricorda serio.
Il suo ragazzo annuisce. 
«Improbabile che la replichino» conviene sicuro, come se avesse già valutato quell’opzione. «Ma è anche vero che l’indizio dice inzuppato, quindi avverrà in un posto dove c’è parecchia acqua» riflette ponderato, socchiudendo appena le palpebre. 
«Mi viene in mente solo la Camera» ammette Molly, piano, storcendo il viso in una smorfia meditabonda. «Ma dubito che si svolgerà lì» aggiunge concreta. 
«A meno che il Ministro non voglia perdere la poltrona, lo penso anch’io» concorda Lance, spassionato, anche se quell’idea gli ha illuminato gli occhi di un’inquietante luce intrigata. «Quindi, se non è il lago, rimane l’impianto idrico» termina secco. 
Etienne inarca le sopracciglia, per nulla contento. 
«Che è praticamente un labirinto» dichiara lieve. «E questo darebbe senso al vedi di trovare l’uscita nel frattempo» rammenta assorto, alludendo all’indizio scritto sulla pergamena. 
Lei si sforza di deglutire, tesa. 
«Mi preoccupa il senza alcun incantesimo come alleato» confessa controvoglia, serrando la mandibola con irritazione. «Capisco il doversi affidare a voi ma… non so, senza la magia mi sento inerme» butta lì, in un mormorio penoso.
Sente una mano sfiorarle la schiena, in una carezza delicata. Alza le iridi per incontrare quelle chiare e luminose del suo ragazzo.
«Vuoi che l’affronti io?» propone lui, morbido.
«No, ce la posso fare» sostiene Molly, tenace. Non esiste al mondo che si tiri indietro! «E poi il peggio se l’è beccato Lance» sottolinea con una punta di perfidia.
Etienne ricambia quel sorriso complice. 
«Non voglio sapere se per peggio intendi il Basilisco o Domi» ridacchia piano.
«Ma che carini!» esclama suo cugino, con spregio, mettendoci eccessiva enfasi. Li fissa nauseati, prima di roteare gli occhi e appellarsi a ogni antenato possibile per evitare di mollarli lì e andarsene. «Ora, se avete finito di fare i fidanzatini, possiamo parlare del piano?» chiede brusco. 
Lei aggrotta la fronte, perplessa. 
«Che piano?» scandisce lentamente, con un guizzo di paura. 
«Quello per prepararti» risponde l’altro, scocciato. Le scocca un’occhiata dall’alto in basso, con palese compatimento. «Davvero vuoi farti una scampagnata nelle fogne in queste condizioni?» sottolinea rude.
«Cosa intendi per condizioni?» ribatte Molly, accigliandosi e sentendo la rabbia iniziare a infuocarle le vene. «E pensa bene a quello che stai per dire, Rosier» lo avvisa minacciosa, il viso storto in un cipiglio terribile. 
Lance non batte ciglio. 
«Non hai un minimo di resistenza o muscolo» afferma veemente, con una schiettezza che sfocia nell’inciviltà. «In poche parole, sei una piattola» riassume villano, facendole sgranare gli occhi castani e rischiando di farle scoppiare le coronarie per l’oltraggio. «Quindi, da domani, iniziamo ad allenarci» decreta intransigente. «Ci vediamo alle sei in punto nel parco» decide rigoroso.
Lei, che dovuto fare forza su se stessa per evitare di saltargli addosso e iniziare una rissa alla Babbana, non si risparmia di rifilargli uno sguardo fosco e affilato. 
«Ma domani piove» fa notare scorbutica.
«Che lagna, non saranno certo quattro gocce di pioggia a fermarci!»



Sotto quella che è una perfetta replica del diluvio universale, Molly, il viso e i capelli rossi inzuppati di pioggia – fortuna che almeno la tuta è asciutta grazie a un Incantesimo Impermeabile –, recita una sfilza di maledizioni contro il demonio, suo cugino e il grandissimo infame che ha osato gettare il suo nome nel Calice.
Il tutto mentre sta tenendo il plank e sente il corpo infiammato per lo sforzo.
«Vi odio» sibila di cuore, in affanno, scoccando un’occhiata di fuoco agli altri due che stanno eseguendo lo stesso esercizio come se lo facessero tutti i giorni.
E forse è così.
No, per la sua salute mentale, non lo vuole sapere. 
«Ancora dieci secondi» la incoraggia Etienne, al suo fianco, con una flemma invidiabile. «E… stop!»
A quella parola, che ha lo stesso suono delle trombe del paradiso, lei si accascia al suolo, senza fare caso al fastidio dell’erba bagnata sotto il viso o al fango che le ha inevitabilmente macchiato i vestiti. Si sente a pezzi, prova un dolore lacerante anche a muscoli che non credeva di avere.
È come se fosse stata calpestata più volte da una mandria di centauri impazziti, tanto è distrutta e intontita.
«Ti concedo cinque minuti per riprenderti» afferma il suo aguzzino, con quella che deve sembrargli grande generosità. Se avesse un minimo di energia, non esiterebbe a tentare di strangolarlo. «Poi passiamo al prossimo step» decreta serio.
A fatica, Molly solleva appena la faccia dal suolo.
«Già dopo la corsa intorno al lago avete rischiato di perdermi» biascica stremata, sperando di fargli pena e farlo tornare in sé. «Il plank mi ha quasi ammazzato. Pietà, interrompiamo qui per oggi!» supplica sfinita, pensando che dovranno farla fluttuare fino al Castello perché non ha la forza per tornarci sulle sue gambe. 
«La Seconda Prova non avrà pietà» replica Lance, brutale, per nulla intenerito dalle sue condizioni. Anzi, le rivolge un’occhiata altezzosa, appena scocciata per quella lamentela che sicuramente considera da piattola. «E nemmeno io. Ti restano tre minuti di tempo» la informa implacabile, lasciandosi sfuggire un sorrisetto che sottolinei che un po’ sta godendo della sua sofferenza. 
Serrando la mandibola con veemenza e rinvigorita dalla furia omicida che le ha invaso le vene, lei punta i gomiti a terra per sollevare il busto dall’erba.  
«Voglio sapere come cavolo fa Domi a non mandarti a fanculo quando fai il Filottete della situazione» esige imperiosa mentre Etienne, soffocando una risata che gli fa tremare le labbra, l’aiuta a rimettersi in piedi.
Suo cugino la fissa con compatimento. 
«A lei richiedo un altro tipo di resistenza» svela spiccio, scrollando il capo, per nulla imbarazzato per quella allusione. E grazie tante, pensa Molly, polemica, sai che fatica si prova quando si è presi dalla foga dell'eccitazione! «Pronta per le flessioni?» si informa spassionato, ignorando i suoi occhi sbarrati e lo squittio di terrore che ne è seguito.



Quel ventiquattro febbraio, Molly è tranquilla.
Dopo mesi di supplizio, in cui si è fatta più volte ogni girone dell’inferno, affrontando ogni tipo di prova possibile e immaginabile ideata da Lucifero in persona – suo cugino, autonominatosi suo personal trainer, concretizzando uno dei suoi peggiori incubi – e sopportato le bugie di quel grandissimo mentecatto di Belzebù – dai, ancora uno sforzo ed è finita! Non era mai vero, puttana il demonio! Bisogna essere davvero delle creature grette e meschine per mentire in faccia a una moribonda! –, non ha affatto paura.
Qualsiasi cosa preveda la Seconda Prova, fosse pure un duello con Lord Voldemort in persona, non può essere peggio di quello che ha
già subito.
Quindi, forte di queste convinzioni, scende in Sala Grande per consumare una colazione leggera con una nonchalance che ha dell’invidiabile.
«Tutto bene?» si premura di chiedere Victoria, scoccandole un’occhiata apprensiva, sedendosid dall’altro lato del tavolo.
Molly annuisce, rilassata.
«Alla grande» risponde serena, versandosi del caffè nella propria tazzina.
L’altra la fissa con scetticismo.
«Molly, se sei sotto l’effetto di qualche strana sostanz-»
«Non dire cavolate» la blocca lei, brusco, aggrottando la fronte con un guizzo di irritazione. «Sono perfettamente in me» sentenzia sicura, drizzando la schiena in una posa dignitosa e beccandosi uno sguardo per nulla convinto che rischia di farle saltare i nervi. No, trattieniti, non è il caso di sbottare di prima mattina! «Dopo tutto quello che ho passato, col cavolo che mando tutto alle ortiche. Ci vuole ben altro per far desistere Molly Weasley» afferma convinta. 
«Non farti sentire da Rosier o potrebbe prenderla come una sfida» sussurra una voce posata dietro di lei.
Volta il capo a sinistra appena in tempo per vedere il suo ragazzo prendere posto accanto a lei. 
Si lascia sfuggire una smorfia scontenta, prima di storcere il viso in un’espressione battagliera. 
«Sappi che non ho affatto scordato che sei stato complice» lo avvisa bellicosa, per nulla intenzionata a perdonare, figuriamoci dimenticare! 
Non se lo meritano, il perdono, i bastardi e i mentecatti!
«Lo assecondavo solo perché allenarti non ti avrebbe fatto male» precisa Etienne, pacato, piegando le labbra in un sorriso affascinante che avrà fatto sospirare schiere di ragazze. Okay, pure lei, perché i geni Veela solo un attentato ai suoi ormoni. «Anzi, mi tranquillizza sapere che ora sei preparata al peggio» espone disinvolto, servendosi del tè e tagliandosi una fetta di plumcake da uno dei grossi piatti dorati al centro della tavola.
Molly lo fissa scettica, per nulla intortata da quella farsa. 
«Come no» sbuffa scontrosa, prima di ridurre gli occhi castani in due fessure. «Ti avverto che ho intenzione di farti patire tutto quello che ho sofferto io e che non mi fermerò nemmeno se dovessi supplicarm-»
«Cuore mio» la interrompe lui, deliziato, con un sorriso splendenteche rischia di provocarle un infarto. «Spero davvero che lo farai. Adoro quando fai la cattiva» rivela raggiante, fraintendendo del tutto la sua intenzione di torturarlo e ucciderlo come merita. 
«Guarda che non hai capito!»
«Penso di sì. Anche stavolta prevedi delle manette o ritorniamo sulle catene?»
Suo malgrado Molly, forse anche intercettando l’espressione sconvolta di Victoire, scoppia a ridere di cuore, rilassando i muscoli delle spalle.
«Che coglione che sei» lo apostrofa bonaria, di buon umore.
Già, come se non dovesse affrontare una prova mortale tra meno di un’ora. 



Quando Molly riprende i sensi, ci mette qualche secondo per mettere a fuoco dove si trova.
Sbatte le palpebre, cercando di scacciare l’intontimento dovuto alla Pozione Soporifera che i responsabili del Torneo le hanno fatto bere, dopo aver radunato lei e gli altri Campioni nella Sala Grande. 
Poco a poco, mentre il torpore svanisce e la mente torna lucida, si rende conto di essere al centro di un condotto, sdraiata su delle mattonelle fredde e umide.
A pochi metri da lei, anche gli altri due ragazzi si stanno risvegliando e si guardano intorno con il suo identico smarrimento.
Dopo essersi portata seduta – gli strascichi della pozione rendono i suoi gesti impacciati e lenti –, Molly percepisce un fiotto di calore divampare dalla tasca destra dei pantaloni della tuta. Con le sopracciglia aggrottate per la confusione, si ritrova tra le dita un frammento di Specchio Gemello grande quanto una Ricordella.
Dall’altra parte della superficie liscia del vetro, Etienne la osserva con due limpidi occhi azzurri appena velati dall’apprensione.
«Stai bene?» le domanda premuroso.
Lei annuisce, senza riuscire a reprimere un sorriso di sollievo.
«Io sì, i miei capelli un po’ meno» ironizza leggera, sentendo già le ciocche rosse risentire dell’umidità di quel posto. 
«Fai poco la spiritosa» la blocca Lance, sferzante. senza entrare nell’inquadratura. «Possiamo restare in contatto per poco tempo, quindi vedi di ascoltarci» ordina perentorio. 
Nota il suo ragazzo indirizzare all’altro un’occhiata obliqua.
«Ci hanno spiegato che dovremmo guidarti verso l’uscita» spiega quando torna a guardarla, recuperando il solito, invidiabile, controllo. «Abbiamo sotto il naso una piantina dell’impianto idrico ma non possiamo usare la magia per sapere dove ti sposterai» la informa rapido. «Quindi dovrai essere il più precisa possibile nel seguire le nostre indicazioni» afferma autorevole. «Analizza l’ambiente. Che cosa vedi?» domanda serio.
Molly si guarda intorno, la mente di nuovo lucida.
Si trova al centro di una piazzola rettangolare, da cui partono quattro tubi larghi e alti circa tre metri.
Le mattonelle su cui è seduta sono viscide, ragion per cui si affretta ad alzarsi in piedi. Inoltre, sono anche rotte, il che significa che c’è anche il rischio di mettere un piede in fallo e ruzzolare.
Quello che calamita la sua attenzione, però, non è la difficoltà di dover procedere su un terreno dissestato o la semioscurità che ammanta ogni cosa.
È il silenzio. 
Tranne i bisbigli degli altri Campioni, che, come lei, stanno parlottando con i loro compagni, non sente nessun rumore. E questo contribuisce non solo a dare un aspetto spettrale a quel posto ma le provoca un genuino moto di panico.
«Calma» mormora Etienne, morbido, attirando immediatamente la sua attenzione e rivolgendole un sorriso rassicurante. «Sono qui con te» sottolinea rincuorante.
Lei annuisce, anche se un po’ la indispone essere così trasparente.
«Ci sono quattro condutture posizionate come i punti cardinali» racconta concentrata, dopo aver scacciato il timore e ripreso il controllo.  
«Due di queste dovrebbero partire dai lati corti dello spiazzo in cui ti trovi» afferma Lance, pratico, sempre al di fuori dell’inquadratura. «Le vedi?» chiede spiccio.
«Sì» risponde Molly, all’istante, spostando le iridi castane prima sull’una e poi sull’altra. «Quale prendo?» domanda attenta, pronta ad affrontare la sua Prova del Torneo.
«Quella che vuoi» concede Etienne, posato, mentre lei getta un’occhiata allibita allo Specchio. «Portano entrambe all'uscita» la informa quieto, mentre lei avanza verso quella più vicina. «Se hai preso quella a sinistra, dovrai camminare per un bel po’ di metri, se invece hai scelto quella destra, ci sarà subito un incrocio con altri due tubi» spiega con semplicità.
Dopo che è entrata nel condotto, avanza con estrema cautela – la superficie sotto le sue scarpe da ginnastica è liscia. Niente più mattonelle, ma questo non significa che non possa scivolare da un momento all’altro – verso il buio che cela chissà quale pericolo.
Si ritrova per riflesso a serrare la presa allo Specchio.
«Il tubo sembra procedere dritto» constata in un sussurro, in allerta.
«Allora hai preso quello a sinistra» commenta Lance, sicuro. «Okay, fra parecchi metri dovresti trovarti di fronte a un incrocio. Prendi la prima a sinistra, poi quella subito a destra e… Molly?»
«Sì?» pigola nervosa, gli occhi incollati all’oscurità verso cui sta procedendo e tutti i sensi vigili.
«Vedi di non farti ammazzare» raccomanda Lance, amabile, facendo scattare la testa di lei verso lo specchio. E, anche se non lo può vedere – perché è il viso del suo ragazzo quello che occupa tutta la superficie –, sa benissimo che ha piegato le labbra in un sorriso beffardo. «Altrimenti mi troverò costretto a spedirti la tua dolce metà prima del tempo» afferma magnanimo, facendo inarcare le sopracciglia di Etienne con scetticismo e le sue con incredulità. «Ho la sensazione che, in queste tre ore, soffrirà molto più di te» sostiene deliziato, senza riuscire a nascondere il godimento.



«Quindi è così che ti si ammazza. Prendo nota».
Etienne solleva le iridi chiare dalla piantina che ritrae quel groviglio che sono le condutture del Castello, rivolgendo all’altro un’occhiata che non cela l’ironia. 
Dopo che la comunicazione con Molly si è interrotta – gli organizzatori della Prova li hanno informati che avrebbero avuto solo sei chiamate a disposizione, ciascuna di dieci minuti – è rimasto immobile, seduto al banco di quell’aula in disuso nella quale dovranno rimanere per tutte le tre ore.
Quando li hanno portati lì, li hanno inviati ad accomodarsi sulle due uniche sedie presenti, hanno requisito loro le bacchette e le tracolle, avvertendoli che l’unico strumento per aiutare Molly è la mappa che hanno davanti agli occhi.
«Sai, trovo commovente che tu stia cercando di distrarmi» dichiara ilare, appoggiando le scapole contro lo schienale in legno della sedia e sfoderando un sorriso deliziato. «Forse Domi ha ragione quando dice che, in fondo, sei tenero» insinua leggero, gli occhi azzurri baluginanti di divertimento.
Rosier, appoggiato di schiena alla parete di fronte e con le braccia incrociato al petto, arcua le sopracciglia con scherno.
«Domi mi crede migliore di quanto non sia» decreta concreto, scrollando le spalle, per nulla toccato da quel complimento che deve sembrargli un’onta ignobile. «E non pensare che non gliela farò pagare solo perché la amo» lo avvisa sanguinario.
«E per cosa?» replica lui, placido, stando al gioco. «Per averti dato la possibilità di dimostrare di essere il migliore davanti a due delegazioni e l'Inghilterra intera?» sottolinea eloquente. 
«Per aver provocato un mezzo infarto a vati» corregge l’altro, distaccato, con una punta di risentimento nella voce. Lo fissa con compatimento, come se avesse di fronte un imbecille. Il che gli ricorda un po’ le schermaglie che intraprendeva con Lupin per ammazzare la noia, anche se le occhiate del Corvonero erano più inquietanti e velate di isteria. Ah, i bei vecchi tempi! «Non avevo bisogno di affrontare un Basilisco per sapere di essere il meglio che questa scuola può offrire» continua presuntuoso, totalmente sicuro di sé.
«Ricordati di sfoderare questa sicurezza anche quando verrai a Villa Conchiglia» consiglia Etienne, fingendosi premuroso. «O zia Fleur ti divorerà» afferma lungimirante, intrigato da quella prospettiva. «Paura?» si informa carezzevole, ampliando quel sorriso perculatorio.
Rosier inarca le sopracciglia, scettico. 
«Di abbassarmi a tanto?» ribatte sarcastico. «Sì» risponde brutale, di cuore. Poi riprende a sorridere con l’aria di chi si sta divertendo un mondo. «Fossi in te, mi preoccuperei di dover affrontare zia Joanne» consiglia mellifluo, sospirando teatrale, alludendo alla capostipite dei Burke, la dinastia da cui Molly discende. «I tuoi modi potranno affascinare molte ma la vecchia malefica è da troppo su questo mondo per farsi ingannare da un mangiarane slavato che ha un pedigree discutibile» termina quasi rammaricato, scuotendo il capo, prima di tornare a ghignare con gusto. «Non vedo l’ora di assistere alla prossima riunione di famiglia» confessa in un sussurro estasiato, probabilmente immaginando un gran scorrere di sangue, urla e incantesimi mortali.



Molly si lascia sfuggire uno sbuffo, scornata, quando si trova di fronte a un condotto chiuso.
Masticando un puttana il demonio tra i denti, è costretta a retrocedere, tornando all’incrocio che ha superato poco prima. 
Forse Etienne non ha del tutto torto quando dice che ha il senso dell’orientamento di un ubriaco. Ovviamente non glielo confesserà manco morta, perché col cavolo che gli darà un ulteriore pretesto per prenderla in giro. 
Prima di imboccare la conduttura alla sua destra, si premura di fare un segno con il bordo appuntito dello Specchio – perché sia mai che gli organizzatori della prova gliene abbiano fornito uno con cui non rischia di tagliarsi le dita – sul metallo della parete, così da avere dei punti di riferimento e sapere che strade ha già preso, nel caso dovesse tornare di nuovo indietro.
Certo, vista la scarsa luminosità delle fogne, il filo di Arianna sarebbe stato più utile ma è inutile lamentarsi.
Dopo aver percorso non sa quanto, si ritrova su un parapetto situato sopra un’altra piazzola. È più lunga e stretta rispetto a quella in cui ha ripreso i sensi, ma anche più in basso. Per accedervi, dovrà scendere dei gradini.
Molly si appoggia alla ringhiera di ferro, stringendo le dita intorno al metallo freddo, cercando di scrutare quello che c’è sotto, avvolto nel buio.
Socchiude appena gli occhi, le orecchie tese a captare qualsiasi suono.
Sente tanti piccoli rumori, simili al ticchettio dell’orologio. Sembrano del tutto innocui ma dubita che lo siano per davvero.
Dopo aver infilato il frammento di Specchio al sicuro nella tasca dei pantaloni della tuta – così da evitare di perderlo o, peggio, di romperlo –, scende con circospezione i gradini.
Sussulta quando il piede si scontra con un sasso.
Si immobilizza di colpo, la mente che riflette rapida. Lo raccoglie dopo una leggera esitazione, stringendolo nella mano destra quasi fosse un’arma. 
Non è pesante e averlo la fa sentire più sicura. Almeno ha la possibilità di reagire con qualcosa, se la situazione dovesse degenerare.
Nel momento in cui appoggia entrambi i piedi su quella superficie piatta, che le ricorda vagamente il fondo di una piscina vuota, avanza cauta.
Il ticchettio si fa sempre più vicino e prepotente. 
Molly trattiene il respiro, tesa, prima di sgranare gli occhi e dischiudere la bocca.
Davanti a lei, a pochi metri di distanza, ci sono decine e decine di Chizpurfle.
Piccoli, simili a granchi che appaiono neri a causa della poca luce presente nell’impianto di scarico, sono raggruppati in montagnette sparse su tutto il pavimento di metallo. 
Con sconforto, si rende conto che le ostruiscono il passaggio. Per raggiungere l’altra parte dello spiazzo, sarà costretta a passare tra quelle bestie.
Sente le spalle afflosciarsi, sconfortata. 
Ricorda di averli studiati durante le lezioni di Cura delle Creature Magiche. Non rammenta tutte le informazioni relative a quegli animali ma sa per certo che, se pieni di sostanze magiche, possono essere molto pericolosi.
Eppure, dopo averli scrutati con occhio critico, si rende conto che dovrebbero essere privi di quel liquido acido che li rende tanto pericolosi. Sono troppo piccoli e non presentano il corpo gonfio.
Una piccola fortuna nella sfortuna, insomma.
Dopo aver fatto un paio di respiri profondi, Molly si prepara a elaborare un piano.
La strategia migliore sarebbe quella di correre dall’altra parte, scavalcandoli e sperando di sfruttare l’effetto sorpresa.
Sa che i Chizpurfle attaccano in branco, se si sentono minacciati, e anche che si nutrono di magia. È probabile che cercheranno di saltarle addosso, percependo la magia nel suo sangue, tentando di aprirsi un varco nella carne a suon di zanne.
Okay, posso farcela, cerca di convincersi, annuendo con il capo e inumidendosi le labbra screpolate. Tre, due, uno…
Scatta in avanti, andando incontro a quelle bestie.
All’improvviso, forse avvertendo la sua magia farsi sempre più vicina, i Chizpurfle iniziano a stridere, muovendosi con piccoli ma rapidi movimenti nella sua direzione.
Combattendo contro l’impulso di fare dietrofront, Molly si costringe ad andare avanti, a non fermarsi per nessuna ragione al mondo. Scarta a destra, cercando di evitarne il più possibile, per poi continuare a correre a perdifiato verso la scaletta in fondo alla vasca.
Con il cuore che le martella nel petto e sentendo qualcosa attaccato alla tuta, si blocca solo dopo aver salito rapidamente i gradini.
Una volta su quel parapetto, l’agitazione prende la meglio.
Non riesce fare a meno di trattenersi dall’urlare quando si sente mordere e cerca di scrollarseli di dosso, agitandosi convulsamente.
Si strappa via con foga quelli che cercano di rimanere ancorati alla felpa. Quelli che cadono per terra, dopo un attimo di stordimento, tornano ad attaccarla e Molly, preda dell'isteria, inizia a calpestarli e schiacciarli con foga con la pietra, sfogando tutto il panico in quei movimenti ripetuti e disperati.
Solo dopo un po’ – non sa esattamente quanto, ha perso la cognizione del tempo –, si rende conto che ai suoi piedi non ha altro che delle carcasse deformi e prive di vita.
Tirando un sospiro di sollievo, Molly si accascia sul pavimento del parapetto. Il corpo è scosso da tremiti e brucia nei punti in cui i Chizpurfle l’hanno morsa.
Lascia andare il sasso accanto a sé, portandosi le mani tremolanti davanti al volto. 
Le sfugge un gemito dai denti nel constatare quanto le dita siano rosse e insanguinate.
Stremata, percependo l’eccitazione dell’adrenalina svanire, appoggia il capo contro la parete di metallo, concedendosi di chiudere gli occhi per qualche momento.
Rimane ferma, respirando a pieni polmoni e cercando di ignorare il bruciore sulla pelle e il sangue di cui è imbratta, almeno finché non percepisce lo Specchio scaldarsi.
Lo estrae dalla tasca dei pantaloni, con movimenti impacciati, prima di avvicinarlo al viso e accettare la chiamata.



«Tutto okay?» chiede Etienne, socchiudendo appena le palpebre, dopo che la faccia di Molly compare sulla superficie del vetro. Trattiene per un momento il fiato, gli occhi che scrutano avidamente il viso pallido dell’altra e i suoi capelli rossi e arruffati. «Sembri stravolta» sostiene accorto.
«Chizpurfle» risponde lei, stremata, in un debole soffio.
«Dimmi che non ti sei fatta mettere in difficoltà da un paio di miseri crostacei!» esclama Rosier, sdegnato, sperando di aver sentito male, staccandosi dal muro e avvicinandosi alla scrivania fino ad appoggiare sopra i palmi delle mani accanto alla piantina. «Salazar, Molly, sono degli stupidi granchi» espelle nauseato, arricciando il naso oltraggiato e per nulla toccato dalle condizioni in cui è.
«Non erano un paio!» sbotta la sua ragazza, con uno slancio di veemenza che le infuoca le guance e la voce. «Non farlo, cugino, mai come in questo momento sono stata tanto vicina dall’augurarti un soggiorno tra le fiamme infernali» lo avverte bellicosa, al limite della tolleranza.
Etienne rimane impassibile, trincerato dietro la ragione, ed evitando di assecondare quei due che, nervosi, rischiano di sprecare il tempo della chiamata per battibeccare.
«Che strada hai fatto?» pretende di sapere, deciso, interrompendo quella lite inutile. Molly si morde la lingua per reprimere una replica sferzante diretta al Serpeverde, prima di passarsi una mano sulla faccia per scacciare via l’irritazione. 
«Ho seguito le vostre indicazioni» racconta composta,d i nuovo padrona di sé. «Ho percorso una tubatura fino a raggiungere una piazzola rettangolare» continua, e lui fa scivolare le iridi chiare fino a individuare quel luogo sulla mappa. «Ora sono accasciata a terra e non so che cosa fare» ammette abbattuta.
«Alzati e cammina per duecento metri» ordina Rosier, implacabile, consultando a sua volta quell’insieme di condutture. «Poi dovrai svoltare due volte a destra e tre a sinistra. Vedi di memorizzarlo e di non sbagliare» l’avverte inflessibile. Poi storce le labbra in una smorfia scontenta, dopo aver intercettato la sua occhiata affilata e decifrato il silenzio tetro che segue. «Sei quasi a metà strada» tenta più conciliante, sforzandosi di addolcire il tono.
Etienne torna a rivolgere lo sguardo allo Specchio.
«Ascoltalo» le suggerisce delicato, attirando l’attenzione dell’altra e fissandola con un’espressione significativa. «Se ti fermi, è peggio» consiglia certo, annuendo anche con il capo. «Non avrai più voglia di andare avanti» conviene sicuro.
Molly rimane in silenzio ma, dal modo in cui abbassa gli occhi, gli fa pensare che è un’ipotesi che le è balenata in mente.
«Non ho intenzione di arrendermi» afferma testarda, quando torna a fissarlo con due ardenti e ostinati occhi scuri.
Gli scappa un sorriso compiaciuto.
«Ed è la cosa che più amo di te» dichiara genuino, consapevole che non è nella natura dell’altra accettare la resa e orgoglioso di avere una persona del genere al proprio fianco.



Rincuorata dalla chiamata che ha appena avuto con i compagni – sì, suo cugino è un buzzurro senza un minimo di tatto ma lo conosce abbastanza per dire che sperava di scuoterla con quell’atteggiamento da dittatore. Questo, ovviamente, non lo salverà dalla strigliata che ha intenzione di fargli appena uscirà da quel luogo infernale – e sostenuta dal fuoco della determinazione che le brucia dentro, Molly si rimette in piedi e riprende la sua marcia verso l’uscita.
Dopo aver imboccato un nuovo tunnel e seguito il percorso che curva in una discesa, si ferma di colpo. Abbassa lo sguardo, basita nel ritrovarsi i piedi a mollo nell’acqua.
È poca, è vero, appena qualche centimetro, ma è sufficiente per farle serrare lo stomaco in una morsa allarmata.
Stringendo la pietra nella mano destra – sospetta che potrebbe ancora tornarle utile –, continua a camminare anche se l’acqua comincia ad alzarsi.
Il lato positivo è che sembra alleviare il bruciore che le ha invaso tutto il corpo dopo lo scontro con i Chizpurfle. 
Quello negativo? Che sicuramente sta per succedere qualcos’altro.
E sarà sicuramente più pericoloso di un paio di Chizpurfle.


«Sai cosa penso?» esordisce Etienne, meditabondo, gli occhi fissi nel vuoto. «Non è un po’ troppo semplice come Prova del Tremaghi?» ragiona ad alta voce, il viso storto in una smorfia pensierosa, prima di puntare gli occhi addosso all’altro.
Rosier, dall’altro lato del tavolo, stringe i suoi, disorientato. 
«I Chizpurfle non sono paragonabili a un Basilisco» conviene razionale, inarcando le sopracciglia con eloquenza e senza interrompere il contatto visivo. «E, anche se privata della bacchetta, non mi sembra che Molly stia affrontando chissà quali difficoltà» continua obiettivo.
Lui si trova a concordare, per nulla contento. 
«Quindi il peggio arriverà alla fine» deduce acuto, stringendo con disappunto le labbra. «E noi la stiamo spingendo proprio in quella direzione» mastica tra i denti, amareggiato.
«Non c’è altra scelta» gli fa notare il Serpeverde, distaccato, fissandolo con eloquenza. «O quella, o la resa» sentenzia inesorabile, per nulla intenzionato ad addolcire la realtà.



Ha perso la cognizione del tempo.
Sa solo che le sembra di camminare da ore, immersa nell’acqua fino alle ginocchia. E comincia a sentire freddo, la tuta zuppa e il corpo stanco e indolenzito.
Impone a se stessa di non fermarsi, forte delle parole che Etienne le ha detto e che le hanno scaldato il cuore.
Ignorando i brividi, i movimenti rallentati e la pelle arrossata e bruciante a causa delle zanne maledette di quei crostacei magici, Molly si inoltra sempre di più in quel labirinto di cunicoli che costituiscono le fogne del Castello.
Continua a ripetersi nella mente le indicazioni che gli altri due ragazzi le hanno fornito, così da non dimenticarle e non sbagliare direzione.
Nel momento in cui percepisce il tepore che si irradia nella tasca dei pantaloni farsi sempre più forte, tira fuori lo Specchio senza trattenere un sorriso contento.
«Come procede?» chiede il suo ragazzo, piano, studiando attentamente la sua espressione.
Lei scrolla le spalle, noncurante.
«Ora capisco che cosa ha provato Rose quando si è messa in testa di salvare Jack mentre la nave stava affondando» blatera ad alta voce, ironica, senza rallentare o fermarsi. «Tra l’altro, ci hai mai fatto caso che noi assomigliamo ai protagonisti del film?» osserva assorta, realizzando che non ha mai badato a quella coincidenza.
Il silenzio dall’altra parte del vetro, la costringe a spostare di nuovo gli occhi marroni sul viso di Etienne che, dopo aver corrugato la fronte, ricambia con un una sfumatura sgomentata nelle iridi chiare.
Poi sorride sereno. 
«Se straparla, significa che non è messa così male» rassicura quello, placido, probabilmente rivolgendosi a suo cugino. 
«Sì, Jack, sto volando e tante belle cose» taglia corto Lance, esasperato, entrando di colpo nell’inquadratura dello specchio fino al naso. Anche se vederlo al contrario, visto che probabilmente si trova nella posizione opposta di Etienne, le fa venire la nausea. «Andiamo al punto. Dove cazzo sei?» domanda brutale.
«Sto per raggiungere un altro incrocio» risponde Molly, spiccia, cercando di ignorare la sensazione di stanchezza che le pesa sulle spalle e facendosi largo nell’acqua puzzolente che ormai le ha quasi raggiunto il bacino. «Ecco, ci sono, ora dove…» si interrompe di colpo, voltando la testa verso destra. «Avete sentito?» domanda piano, la voce allarmata.
«Che cosa?» chiede Etienne, inquieto.
Ma lei lo ignora. 
Tutta la sua concentrazione è rivolta verso una tubatura, da cui proviene un suono simile a uno sciabordio.
Rimane ferma, raggelata sul posto, mentre l’acqua intorno alla sua vita inizia a tremare.
«Oh no, cazzo, no» sbotta spaventata, prima di cercare di raggiungere il più rapidamente possibile il condotto che ha davanti.
«Che succede?» chiede Etienne, ad alta voce, apprensivo.
Non gli risponde, anzi, infila lo Specchio nella tasca dei pantaloni, così da essere sicura di non perderlo.
Ha quasi raggiunto quella dannata conduttura che rappresenta la sua via d’uscita, quando, da quella alla sua destra, una violenta onda le si abbatte addosso.
Molly fa appena in tempo ad alzare le braccia davanti a sé, lasciandosi sfuggire un grido terrorizzato, in un inutile quanto naturale riflesso di difesa, prima che venga trascinata via nelle viscere di Hogwarts.



Le mani appoggiate alla scrivania tremano e, nonostante stia facendo del suo meglio per imporsi calma, non riesce a scacciare via quei brividi di angoscia che gli scuotono il corpo.
Ha sempre avuto un ottimo rapporto con il controllo – il controllo è tutto, si è ripetuto come un mantra, fino all’infanzia, trasformando quelle parole in uno stile di vita – ma ora non riesce ad aggrapparsi alla solita lucidità che gli permette di analizzare le situazioni con distacco.
C’è solo un pensiero che gli rimbalza nella mente, che gli provoca una paura sorda e quei continui brividi di freddo.
Come sta?
Chiude gli occhi, il capo basso, cercando di respirare a pieni polmoni. Sa di essere scattato in piedi appena il contatto con Molly si è interrotto e non ci vuole un genio per capire che cosa sia successo.
Una volta non saresti stato così debole, gli sussurra una vocina alle sue orecchie, disgustata da quel caos di emozioni che sta avendo la meglio sul suo cervello. Una volta non avresti permesso a niente e nessuno di toccarti. 
Si lascia sfuggire un sorriso amareggiato, per nulla divertito.
Non è mai stato vero, era solo una menzogna che gli piaceva ripetersi. 
«Sta bene».
Alza la testa fino a incontrare gli occhi gelidi di Rosier. 
«Dopo che una bomba d’acqua le si è scagliata contro?» fa notare eloquente, in un tono caustico che non è affatto da lui.
L’altro rimane impassibile, per nulla offeso. 
«Non hai tutta questa fiducia in lei se pensi che basti così poco per fermarla» gli sbatte in faccia, rude. «Molly ha affrontato di peggio e ha sempre trovato un modo per farcela» continua fermo, senza alcuna traccia di dubbio a spezzargli la voce. «Lo sai anche tu che è così» sottolinea quasi rincuorante. 



Molly riemerge in superficie, il cuore che martella furioso nel petto e i polmoni compressi che cercano disperatamente di incanalare ossigeno.
Respira affannosamente, troppo terrorizzata per imporsi di calmarmi.
Si muove scoordinata, cercando di galleggiare. Volta anche il capo da una direzione all’altra, cercando di capire dove sia finita, ma tutto quello che riesce a mettere a fuoco è una tubatura quasi del tutto allagata.
Alza la testa e realizza che, nemmeno un metro, e l’acqua occuperebbe tutto lo spazio disponibile.
Se dovesse essere travolta da un’altra ondata, non avrebbe via di scampo.
Serrando i denti e ignorando il dolore alla schiena – non rammenta più quante volte ha impattato contro un muro, dopo la terza che le ha fatto spalancare la bocca per lo sgomento, portandole via il poco ossigeno che le era rimasto e il sasso –, cerca di nuotare verso la fine del condotto, spinta dal panico e dall’istinto di sopravvivenza di rimanere in questo mondo il più a lungo possibile.
Non esiste che finirà i suoi giorni in una fogna!
Cazzo, può averne combinate di azioni riprovevoli, durante la sua vita, ma nulla di così grave da marcire per sempre in un impianto di scarico. 
Le mani e i piedi si muovono a scatti, facendola avanzare lentamente verso quella che pensa sia l’uscita. Cerca di inalare ossigeno dal naso, così da rallentare la respirazione e recuperare lucidità.
Andrà tutto bene, si ripete continuamente, sperando così da infondersi coraggio. Uscirò di qui e poi pretenderò una fottuta vacanza. Dopo aver ammazzato il bastardo che mi ha infilato in questa trappola mortale, si intende. 



«Ah, spero che tu non abbia frainteso. Perché se dici a qualcuno ch-»
«Cosa?» lo sprona Etienne, leggero, di nuovo padrone di sé e seduto dietro alla scrivania di quell’aula in disuso. Sfodera un sorriso accattivante, appena velato dal sarcasmo. «Che mi hai consolato?» precisa amabile.
Rosier, dall’altra parte del tavolo, gli getta un’occhiata di disgusto.
«Quando arriverà il momento, sarà un vero piacere per me ucciderti» afferma spietato, inchiodandolo con due gelidi occhi azzurri.
«E poi come lo spieghi a Domi?» indaga distratto, sospirando e tornando a fissare lo Specchio Gemello appoggiato sul tavolo,  accanto alla piantina.
«E chi l’ha detto che intendo farlo?» rilancia l’altro, sagace, con il sorriso deliziato chi sa benissimo come salvarsi da quell’impiccio. «Gli incidenti capitano» commenta spassionato, alzando le spalle. 



Sgrana gli occhi, incredula per quello che vede.
A pochi metri da lei, saranno una ventina, c’è un incrocio. E, da lì, c’è una scala che sale verticalmente verso l’alto, sparendo nell’oscurità del soffitto.
Percepisce un fiotto di gioia invaderla, i muscoli si muovono più velocemente, animati dal conforto che c’è una speranza di salvezza.
Basterà raggiungere quella dannata scaletta e sarà tutto finito.
Ancora dieci metri, si impone Molly, febbricitante di entusiasmo, nello spostarsi convulsamente in avanti. Nove, ott-
Quel pensiero si interrompe di colpo quando si sente afferrare per la caviglia sinistra e tirata verso il basso, rischiando di sprofondare in acqua. 
Sforzandosi di restare a galla, si ritrova a scalciare alla cieca, sperando di liberarsi da qualsiasi cosa le si sia attaccata addosso. Ma è una lotta vana perché, dopo una manciata di secondi in cui si è opposta con tutte le sue forze che le erano rimaste, finisce per essere inghiottita sotto la superficie scura.
Ha giusto la lucidità di riempirsi i polmoni d’aria, prima che succeda.
Continuando a divincolarsi, apre gli occhi per cercare di focalizzare con che cosa abbia a che fare. La vista è sfuocata e opaca a causa dell’acqua e della poca luce ma è abbastanza per individuare il corpo verdastro e i tentacoli dell’Avvincino.
Furiosa e stanca di tutto – del Torneo, dei ricordi dei Chizpurfle che le bruciano la pelle, della continua tensione accumulata per mesi, di aver vagato nelle tubature, di essere ammaccata e dolorante, di puzzare e di essere in condizioni pietose –, Molly percepisce un fiotto di rabbia e calore sprigionarsi nel petto.
Ora basta,
sentenzia stufa, al limite della pazienza, mentre uno scoppio di Magia Accidentale colpisce la creatura, sbalzandola via da lei.
L’Avvicino rimane immobile per qualche istante, probabilmente stordito da quanto successo, prima di tornare alla carica.
Nel vedere quegli arti palmati tendersi nella sua direzione, Molly gli va incontro. Afferra con forza il polso del demone acquatico e, sfruttando l’effetto sorpresa, torce quelle lunghe dita verdastre con l’altra mano, fino a sentirle spezziarsi.
La creatura strilla per il dolore, allontanandosi bruscamente e lei ne approfitta per risalire in superficie.
Non sa nemmeno dove riesca a trovare quel briciolo di energia che la sprona a nuotare verso la scaletta il più velocemente possibile. Si aggrappa al metallo mezzo arrugginito con tutta la foga della disperazione, appoggiando i piedi sul piolo, per poi issarsi in alto.
Sta per salire un altro gradino quando si sente acciuffare violentemente per la caviglia. Per evitare di scivolare si aggrappa con vigore al ferro, per poi spostare lo sguardo verso il basso.
L’Avvincino ricambia l’occhiata con la medesima collera, la bocca spalancata a mostrare le zanne piccole e appuntite mentre le dita dell’altra mano le circondano il collo del piede.
Molly non ci pensa due volte prima di assestargli un calcio con l’altra gamba, colpendolo alla testa e liberandosi da quella presa. Nel momento in cui sente quelle dita allentare la morsa alla sua caviglia, svelta, sale il più rapidamente possibile su quella scala, così da essere fuori dalla portata dell’animale.
Non si ferma neppure quando raggiunge la cima, dove l’ennesima tubatura si apre davanti a lei. 
Si trascina dentro, facendo attenzione a non scivolare sulla superficie viscida e rischiare di cadere all’indietro, in quel pozzo improvvisato in cui i sibili della bestia sferzano il silenzio e giurano vendetta.



«Non credo che l’avrei mai detto» esordisce lei, distrutta, quando lo Specchio Gemello si scalda e il suo viso compare sulla piccola superficie rotonda. «Ma non credevo ci potesse essere qualcosa di peggio rispetto a quello che mi hai fatto subire per anni» sostiene con un filo di voce, il volto pallido e madido di sudore.
Lui sorride rincuorato, perché temeva di vederla in condizioni peggiori.
«Non ti saresti divertita nemmeno la metà, se non ci fossi stato» sottolinea sottile, alludendo a tutti i battibecchi che hanno avuto per tutta l’infanzia e adolescenza.
O meglio, che lei ha avuto. Perché Etienne si limitava a ridere di gusto durante quelle schermaglie, rischiando di farle saltare le coronarie per il nervoso.
Molly gli rifila un’occhiataccia.
«Ma almeno sarei ancora una persona normale!» ribatte polemica, con foga, anche se la bocca inizia a tremarle in un accenno di sorriso. «Ti prego, dimmi che è finita!» supplica stremata.
«È quello che ti chiede anche quando state scopando?» si premura di domandare Rosier, carezzevole, sorridendo con dolcezza.
«Sono troppo stanca persino per mandarti al diavolo» brontola lei, scornata, alzando gli occhi al soffitto. Poi si ricompone in un’espressione seria. «Seriamente, quanto manca?» indaga al limite della sopportazione.
«Poco» assicura Etienne, soffice, con un sorriso radioso. 
«Poco come è quasi finita e c’era un altro esercizio a cui quel pazzo mi sottoponeva, o poco nel senso poco?» puntualizza Molly, fissandolo con eloquenza e un pizzico di disappunto. «Perché se è la prima opzione, giuro che mi apro un varco in queste dannate tubature a suon di strepiti e ti vengo a cercare!» promette accanita, facendo capire che non la fermerebbe manco il demonio in persona.
«Fai pure, cuore mio» concede lui, magnanimo. «Non mi importa come, solo che torni» sussurra genuino, facendola arrossire per l’imbarazzo e la gioia.



Molly si lascia sfuggire un verso di pura esasperazione quando si trova di nuovo di fronte a una piazzola mezza allagata.
In un attimo di sconforto, lancia una serie di invettive feroci a Merlino, Morgana e Godric, rei di accanirsi senza rispetto contro una povera innocente che voleva passare il suo ultimo anno ad Hogwarts nel più sereno dei modi.
Sarebbe già uscita di testa per i M.A.G.O., era davvero necessario calcare la mano con un Torneo folle e potenzialmente letale?
Sbuffando incarognita a morte, scende per l'ennesima volta una dannata scaletta arrugginita per trovarsi, tanto per cambiare, a mollo in una acqua stagnante e maleodorante fino al bacino.
Ormai è talmente abituata alla puzza che nemmeno l'avverte più. Non vuole nemmeno pensare a quante docce dovrà farsi per liberarsene e tornare a profumare come una persona normale.
Avanzando con una certa difficoltà, solo dopo aver percorso diversi metri, si rende conto che davanti a sé la strada è chiusa da una parete liscia.
Sbatte le ciglia disorientata, ripassando velocemente le indicazioni che Etienne e Lance le hanno dato. È sicura di non aver sbagliato, anche perché gli incroci che ha incontrato precedentemente coincidono con quel percorso che i due ragazzi le hanno fornito.
Quindi, per nulla intenzionata a fidarsi di quello che vede, procede verso quel muro. 
Si ferma quando gli è di fronte, studiandolo con due occhi marroni strizzati e concentrati. 
Passeggiando a destra e sinistra perché se rimane ferma, avverte ancora di più il freddo di quella dannata temperatura scozzese –, si blocca di colpo quando avverte una corrente fredda all'altezza delle ginocchia.
Con la fronte aggrottata, si abbassa fino a immergere anche la mano nell'acqua e un secondo dopo si ritrova a sorridere nel realizzare che, in quella dannata parete, ci deve essere un passaggio che permette di raggiungere la tubatura successiva.
Due secondi dopo, torna ad esibire un’espressione insofferente nel rendersi conto che dovrà inzupparsi ancora.
Cercando di ignorare lo schifo per le condizioni in cui si è ridotta, Molly prende un profondo respiro e si tuffa sott'acqua. Procedendo a tentoni, i palmi delle mani aperti di fronte a sé, entra cautamente in quella stretta fessura, le ginocchia che strisciano sul pavimento e il capo chino per evitare di tirare una craniata al soffitto di metallo di quel tubo.
Non ci vuole molto perché veda sempre sgranata, perché la vista sott'acqua è quella che è – una luce flebile in fondo al cunicolo.
Elettrizzata e rincuorata che manchi poco all'uscita, si muove con più energia in quella direzione.
Sta giusto per riemergere in superficie quando una voce la immobilizza sul posto mentre è ancora a mollo.
«Molly».
È costretta ad alzarsi in piedi, portando il busto e la testa fuori dall'acqua per la mancanza di ossigeno ma, dopo aver riempito i polmoni d'aria, non può fare a meno di storcere il viso in un’espressione confusa.
Non crede di averla immaginata, perché era nitida. Allo stesso tempo, però, sa per certo che appartiene a qualcuno che se n'è andato da tempo.
Per scrupolo e perché vuole essere sicura di non aver preso un abbaglio, infila di nuovo la testa sott'acqua, le orecchie tese, in ascolto.
Sta quasi per rinunciare, dicendosi che si sarà sbagliata, quando la risente di nuovo.
«Molly».
È dolce, sussurrata, come quelle ninna nanne che le canticchiava da bambina.
«Vieni» la invita suadente. «Viene da me» ripete amorevole.
E lei la segue, totalmente incantata, con il cuore gonfio di nostalgia, perché è da anni che desiderava risentirla e aveva paura che lo scorrere del tempo la cancellasse dalla sua memoria.
In una delle pause in cui torna in superficie per incanalare ossigeno, lo Specchio Gemello si scalda nella tasca della tuta. Molly, per un folle istante, ha la tentazione di rifiutare la chiamata, infastidita di doversi fermare dal seguire quella voce.
«Che c'è?» sbotta urtata, inchiodando il seccatore con un'occhiata di ammonimento.
Etienne sbatte le ciglia, preso in contropiede.
«Che hai?» chiede disorientato.
E lei è costretta a serrare le labbra, consapevole di aver sbagliato.
«Non ci crederai» inizia esaltata, talmente euforica che rischia di mangiarsi le parole per la foga con cui le pronuncia. «Ma ho udito la sua voce» rivela muovendosi nella direzione da cui essa proviene.
Solo perché non è sott'acqua, non significa che non può avvicinarsi.
«La voce di chi?» domanda l'altro, confuso, corrugando le sopracciglia.
«Di mio padre».
Il silenzio che cala di colpo, la porta a orientare le iridi scure verso il frammento di vetro.
«Molly» sospira Etienne, terribilmente serio, il volto storto in un'espressione severa. «Percy è morto» le ricorda fermo, fissandola con eloquenza.
«Lo so» risponde lei, consapevole, sentendo una morsa di dolore allo stomaco. «Ma l'ho sentito e-»
«Non è reale» la blocca lui, tenace. «Deve essere un inganno» sostiene con forza, sicuro della propria teoria.
Molly si immobilizza, scrutandolo con risentimento.
«Perché non puoi essere felice?» domanda bellicosa, accigliandosi per il nervosismo.
«Perché non è reale» ribadisce Etienne, quasi spietato. «E lo sai anche tu» afferma implacabile.
Ed è così, una parte di lei è consapevole che si tratti solo di una menzogna a cui vuole disperatamente credere ma l’altra, quella resterà per sempre quella bambina smarrita che ha perso il padre e ha dovuto imparare presto a nascondere i suoi sentimenti – doveva fingere per sua madre, per sostenerla, per farle capire che non era da sola nel cercare di tenere unita la famiglia, doveva essere forte per sua sorella, essere il suo rifugio e asciugare le sue lacrime – zittisce ogni cosa, ordinandole di arrendersi totalmente a quella follia.
Così, quando arriva a un bivio, invece di prendere la sinistra come le hanno detto i suoi compagni, imbocca senza esitazione la destra, dopo aver messo la testa sott’acqua ed essersi assicurati che era da lì che proviene la voce.
«Molly» la chiama di nuovo Etienne, insistente, fissandola con l’espressione di chi ha intuito al volo le sue intenzioni. «Non farlo» la mette in guardia, caparbio.
Caso vuole che, in quel preciso momento, la chiamata termina, lasciandola di nuovo da sola in mezzo a quella tubatura mezza allagata, fradicia, stanca e con l’acqua che ormai le arriva al basso ventre.
Molly infila di nuovo lo Specchio al suo posto, prima di continuare a muoversi. 
Non se ne rende conto ma si sta comportando come un drogato in astinenza e alla disperata ricerca di una dose. 
Quando arriva in prossimità di una falla nella tubatura, che porta a un canale di scolo, si rende conto che se vuole raggiungere suo padre – se non vuole perderlo di nuovo –, l’unico modo è quello di infilarsi in quella fenditura.
Con cautela lo fa ma si lascia scappare una maledizione tra i denti quando si rende conto è molto stretta, talmente tanto che rischia di rimanere incastrata. 
Irritata a morte, cerca di appiattirsi contro il metallo per raggiungere l’altra parte della fognatura.
È il dolore che la riporta alla ragione.
Nel tentativo di stringersi in quello squarcio del condotto, ha finito per sfregare più volte e con foga tutto il corpo, irritando quei morsi che i Chizpurfle le hanno inflitto sulla pelle.
Sbatte le palpebre, frastornata, come se si stesse risvegliando dal torpore del sonno. Solo allora si rende conto di quanto sia stata sciocca, di quanto abbia voluto credere che fosse vero.
A fatica, esce da quella fenditura. 
Davanti alla sua stupidità e debolezza, la voce della Maride perde ogni attrattiva possibile.
Tornata in sé, si lascia sfuggire qualche lacrima e singhiozzo, approfittando della solitudine e della discrezione che quel luogo puzzolente promette.
Poi drizza le spalle, si pulisce le guance umide di pianto, drizza la schiena e torna indietro, ben decisa a seguire il percorso che Etienne le ha fornito senza deragliare.



«Te lo dico: non ho la forza per far nulla» lo avverte Molly, distrutta, sentendosi più di là che di qua, alzando le braccia per assecondarlo.
Etienne sorride con disimpegno mentre le toglie la maglietta sudata e sporca.
«Lo immagino» assicura amabile. «Ma spero che non vorrai privarmi della possibilità di spogliarti» afferma con una sfumatura maliziosa che gli illumina le iridi chiare, rendendole belle come mai.
Al termine della Seconda Provache ha superato per miracolo –, è stata trascinata in Infermeria dove Madama Chips l'ha visitata insieme agli altri due Campioni.
Dopo essersi assicurata che non avesse nulla di rotto o letale, esasperata dal continuo
cicaleccio dei cugini – accorsi al suo capezzale manco fosse sul letto di morte! –, le ha rifilato una pomata per le bruciature e le ha intimato, insieme ai suoi ingombranti parenti, di volatilizzarsi all'istante dal suo regno.
Molly, ben felice di eseguire l'ordine, non ci ha messo molto per far capire agli altri, grazie all'aiuto di Victoire, che aveva bisogno di essere lasciata in pace e non soffocata da raffiche di domande, giusto per evitare di fare una strage.
Inutile dire che Dominique è stata contenta di sparire con Lance in qualche antro oscuro.
«E puzzo come una latrina» continua lei, in un brontolio imbronciato, liberandosi delle scarpe e lasciandosi sfilare via anche i pantaloni, rimanendo in intimo. Li lancia distratta verso il cestino in vimini che si trova nel bagno di Villa Conchiglia, fedelmente riprodotto grazie all’abilità della Stanza delle Necessità. «Morgana, fortuna che non ho visto del materiale organico di altra natura galleggiare nelle fogne, perché altrimenti vorrei rinchiudermi nella doccia fino a farmi sciogliere la pelle» geme disperata, lasciandosi sfuggire un’espressione sconsolata. Poi sbatte le ciglia, un pensiero che le passa per la mente e che le fa corrugare la fronte con odio. «Vorrei proprio sapere chi è il sadico che ha organizzato questa Prova» ringhia tra i denti, minacciosa. 
«Sicuramente qualcuno a cui piace divertirsi ai danni degli altri» osserva lui, assente, tutta la sua concentrazione puntata a scrutare quei morsi e bruciature che le arrossano entrambe le braccia e gambe.
«Un infame» riassume Molly, inesorabile. Stringe le labbra, così da non farsi sfuggire un lamento di dolore quando le dita dell’altro le spalmano con delicatezza quell’unguento bluastro sulla pelle. «Hai avuto paura con la Maride» mormora a bassa voce, impacciata, decisa ad affrontare l’argomento e a non tergiversare. 
«Sì».
«Perché?»
«Ha fatto leva su dove sei più vulnerabile» risponde Etienne, schietto, inginocchiato mentre le massaggia la gamba per far in modo che la crema penetri nella pelle. Solleva il capo, così da incrociare il suo sguardo. «E lo ha fatto in un momento in cui la deprivazione sensoriale ti aveva debilitata» conviene con una smorfia amareggiata, rimettendosi in piedi. 
Lei sospira pesantemente, distogliendo per un momento gli occhi. 
«Non sei deluso?» indaga piano, con voce fioca. 
«Perché volevi che tornasse?» sottolinea lui, inarcando le sopracciglia con eloquenza.  «Sarei stato sorpreso del contrario. So che ti manca» svela delicato.
«Una parte di me lo sapeva che non era reale» confessa Molly, controvoglia, incassando la testa nelle spalle e storcendo le labbra in una smorfia. «Ma volevo crederci» aggiunge flebile.
«Lo so» conferma Etienne, con un sorriso abbozzato, sfiorandole la guancia con una carezza. 
Deglutisce, cercando di ingoiare anche lo sconforto. 
La sfida del Tremaghi potrà apparire semplice rispetto a quella che ha affrontato Lance ma è ben consapevole che il canto della Maride ha riaperto delle ferite. Magari nei primi tempi non ne vedrà gli effetti ma sa bene che ci saranno delle conseguenze e che queste probabilmente si manifesteranno sotto forma di incubi.
«Mi secca che ti abbia sbottato addosso davanti a Lance» riprende lei, cercando di suonare indispettita e scacciare quelle riflessioni, appoggiando la mano su quella dell’altro e chiudendo per un momento gli occhi alla ricerca di conforto.
«Non te lo rinfaccerà, se è questo che temi» afferma Etienne, sicuro, nel momento in cui risolleva le palpebre e incontra le sue iridi azzurre. «Da quello che so, su certe cose non ha la crudeltà di affondare i denti» dichiara posato.
Molly scrolla le spalle. Alla fine, si dice, non ha importanza. È solo una preoccupazione di poco conto.
«Fai la doccia con me?» propone morbida, inclinando il capo di lato.
«Credevo fossi troppo stanca per quello» replica lui, ironico, piegando le labbra in un sorriso intrigato.
Lei ricambia, prima di scrollare la testa con disinvoltura. 
«Non pensi di riuscire a trattenerti dal saltarmi addosso» provoca giocosa. 
«Io sono capace di resistere» afferma Etienne, presuntuoso, assumendo l'aria da mentecatto che, una volta, le faceva bollire il sangue in un altro modo. Amplia quel sorriso sfrontato, per poi scoccarle un'occhiata eloquente. «Lo stesso non posso dire di te» termina sfrontato.
«Lo vedremo, Delacour» lo sfida Molly, fomentata da quella competizione, prima di portarsi le mani dietro la schiena, sganciare il ferretto del reggiseno e lasciarlo scivolare ai suoi piedi.





Giuro che non mi ridurrò mai più all’ultimo!
Ma più, sul serio. 
Non ho grandi cose da dire se non che il titolo del capitolo è una citazione dell’intro della serie tv Xena, ma probabilmente c’eravate arrivati.
Per quanto riguarda le creature, di solito mi baso sul libro
Animali Fantastici ho scoperto così che gli Avvincini hanno le dita, sì, molto lunghe ma anche fragili – e dove trovarli. Tuttavia, per quanto riguarda le Maridi, ho cercato anche informazioni su internet. Saltellando da una parte all’altra, ho scoperto che dovrebbero esisterne di diverse specie. Quindi, non tutte sono uguali a quelle presenti nel lago di Hogwarts.
Non so se abbiano o meno la capacità di imitare le voci, quella è una libertà che mi sono presa. Invece il parlare in modo soave solo sott’acqua, l’ho preso dal canon (ricorda l’Uovo d’Oro e gli strilli che emetteva che non messo a mollo? Ecco).
Vi ringrazio per essere ancora qua e scusate,
Blue



   
 
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