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Autore: Ghost Writer TNCS    06/05/2023    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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37. Giustizia severa

Le parole dell’ambasciatore degli dei avevano sorpreso non poco Havard e i suoi alleati, al punto che tutti erano in assoluto silenzio, in attesa del verdetto del pallido.

«Gli dei desiderano una risposta immediata?»

«Di questo non dovete preoccuparvi, nobile Havard» rispose il goblin con il suo tono cerimonioso. «Gli dei vi aspetteranno in ogni caso, fiduciosi che vi presenterete a Shakdàn il giorno concordato. Ragion per cui non dovete darmi nessuna risposta.»

«Mi fa molto piacere che gli dei vogliano incontrarmi, ma in questo momento ho degli affari urgenti che richiedono la mia presenza qui a Kandajan, per questo motivo vorrei discutere un’altra data per l’incontro.»

«Sono terribilmente spiacente, nobile Havard, ma il mio compito è esclusivamente quello di riferirvi il messaggio degli dei. Comprendo la vostra situazione, ma purtroppo la data proposta è l’unica possibile per l’incontro.»

Il pallido rimase in silenzio.

Non avendo altro da riferire, l’ambasciatore si congedò dai presenti e lasciò la stanza.

Rimasto solo con i suoi uomini, Havard tornò a riflettere sul da farsi. La scelta di Shakdàn era sicuramente simbolica: non solo era una delle città più grandi e popolose del mondo, ma era anche il principale centro religioso delle terre degli orchi. Tuttavia otto giorni erano troppo pochi per raggiungerla a piedi: l’unico modo per arrivare in tempo era a dorso di drago, quindi non avrebbe potuto portare con sé il suo esercito. E anche questa di certo non era una coincidenza.

«Cosa ne pensate?» domandò il figlio di Hel ai presenti, inclusa l’ormai ex governatrice. Non intendeva delegare quella decisione a nessuno, ma ascoltare altri punti di vista era sicuramente un buon modo per analizzare il problema in maniera più completa.

Il figlio di Hel stava ancora ascoltando i suoi uomini quando Tenko apparve letteralmente nella stanza.

«Cos’è questa storia dell’incontro con gli dei?!» esclamò la demone.

«Sei arrivata prima di quando pensassi» ammise Havard. «Dunque la voce ha già cominciato a girare…»

«Rispondi alla domanda!» imprecò la giovane, visibilmente alterata.

«Non ti devo nessuna risposta» le fece notare il pallido, perfettamente calmo.

Lei serrò i pugni. «Me la devi eccome! Dopo tutto quello che gli dei ci hanno fatto, come puoi anche solo pensare di stringere un accordo con loro?!»

«Se riuscissi a pensare al di là della tua vendetta personale, non avresti bisogno di farmi una simile domanda. Ogni volta che combattiamo con il Clero, altra gente muore. Se fare un accordo con gli dei mi permetterà di raggiungere i miei obiettivi, sarò ben felice di valutare la loro proposta.»

«Ma…!»

«Maledizione, Tenko! Non sono neanche gli stessi dei di Meridia!»

La demone esitò. «Beh, e se fosse una trappola? Ci hai pensato?»

«Mi prendi in giro? È quasi sicuramente una trappola! Ma tanto la cosa non ti riguarda: sei l’ultima persona che porterei a un incontro del genere. E ora vattene, o ti farò portare via di peso.»

Tenko soffocò un’imprecazione e lasciò la stanza battendo i piedi, perfino più arrabbiata di quando era entrata.

Superò le guardie fuori dalla porta – che avevano provato inutilmente a fermarla al suo arrivo – e infilò una rampa di scale in salita.

Raggiunta la terrazza, si sforzò di fermarsi e respirare, cercando di ritrovare la calma.

Non era una stupida: sapeva che ogni battaglia contro gli dei portava con sé nuovi morti per entrambi gli schieramenti, ma non riusciva ad accettare l’idea di lasciare a quegli esseri prepotenti ed egoisti la possibilità di farla franca. E sapeva anche che questo era esattamente ciò che stavano facendo Persephone e gli altri a Meridia – la sua terra natia – dove era cresciuta tra le violenze e i soprusi del Clero.

Alla fine doveva dare ragione a Ramses: Pentesilea stava riuscendo a portare avanti la sua campagna pacifica solo perché i piantagrane come lei erano ad Artia. Se fosse rimasta lì, si sarebbe opposta con tutte le sue forze a una simile iniziativa. Forse anche a costo di utilizzare misure drastiche.

La vista le si annebbiò e cominciò a piangere sommessamente.

Alla fine non era cambiata per niente: era ancora la stessa sopravvissuta arrabbiata e capace solo di pensare alla sua vendetta. Anche a costo di rovinare la vita a tutti gli altri.

Quella sera Tenko aveva impiegato più tempo del solito per riuscire a prendere sonno, per questo quando si trovò in una landa scura e desolata, sapeva che si trattava di un sogno.

Ma quello non era uno dei suoi soliti incubi: riconosceva il cielo nero e l’atmosfera spettrale, mancavano solo loro.

«È da un po’ che non parliamo, vero, piccolina?»

La prima voce. Fastidiosa come la ricordava.

«Hai fatto progressi, non lo neghiamo…»

«… ma riuscirai ad arrivare fino in fondo?»

«Se mi avete osservata fino ad adesso, saprete che non dipende più solo da me.»

«Ah no?»

«Abbiamo forse dato la nostra benedizione a qualcun altro?»

«O forse sei tu che hai perso di vista il tuo obiettivo?»

La demone serrò i pugni. «Non è così.»

Le tre voci mormorarono il loro dissenso.

Sentì le loro mani allungarsi su di lei. Non la toccarono, ma la vicinanza alla pelle bastò a farle bruciare tutte le cicatrici. Dovette stringere i denti per soffocare il dolore.

«Ne sei sicura?»

«Non è che ti stai lasciando distrarre da qualcosa?»

«O da qualcuno

Il fumo tetro si addensò davanti a lei, assumendo i lineamenti eleganti di un elfo.

Presa dall’imbarazzo, Tenko si affrettò a cancellarlo con le mani. «No-! Io-! Non è come pensate!»

Le tre donne apparvero davanti a lei. Erano scarne come le ricordava, e fluttuavano nei loro abiti diafani e spettrali. I loro occhi vuoti la fissavano con severità.

La prima le puntò contro il proprio indice dall’unghia aguzza. «Ti abbiamo dato la nostra benedizione perché tu punisca gli dei!»

La seconda la imitò. «Smettila di farti distrarre e fai il tuo dovere, costi quel che costi!»

E poi la terza. «Gli dei devono pagare per tutto il male che hanno fatto su questo pianeta!»

Tenko continuò a fissarle, in silenzio. Poi chinò il capo. «Mi dispiace, ma non posso farlo. Credevo di…» Scosse il capo. «Anche con il vostro potere, non posse semplicemente andare e pugnalare a morte un dio. Havard è pronto a fare un accordo con loro, e a sud non li hanno mai nemmeno combattuti davvero.» Serrò i pugni, e lasciò che la sua rabbia uscisse sotto forma di lacrime di delusione. «Gli dei la faranno franca, e io non posso fare nulla per impedirlo.»

La demone rimase con lo sguardo basso, in attesa di una risposta, ma le tre donne non dissero nulla. Quando finalmente si decise ad asciugare le lacrime e sollevare la testa, loro erano già sparite.

«Ricorda il tuo compito, piccolina…» La voce era ancora fastidiosa, ma questa volta aveva anche una nota di… incoraggiamento?

«Ti abbiamo dato la nostra benedizione affinché tu punisca gli dei…»

Il nulla intorno a lei cominciò a dissolversi.

«Se riusciranno a lasciare il pianeta indenni, vorrà dire che la tua missione non sarà finita…»

Tenko riaprì gli occhi e si ritrovò nella sua tenda. A giudicare dai deboli raggi che filtravano tra i tessuti, doveva essere ancora l’alba.

Si alzò con calma e con fare pensieroso andò alla tinozza dell’acqua per sciacquarsi il viso.

Alcuni ciuffi bagnati le scesero sulla fronte fino agli occhi: era da un po’ che pensava di tagliarli, ma ancora non si era decisa a farlo.

Andò a prendere qualcosa da mangiare – un tozzo di pane duro, una ciotola di latte e un uovo di aracnocapra – e nel frattempo continuò a riflettere sulle parole delle tre donne.

Non ci aveva pensato, ma effettivamente se anche gli dei fossero riusciti ad andarsene, forse avrebbe potuto seguirli. Del resto Sigurd e gli altri venivano da molto lontano, quindi magari avrebbero potuto darle un passaggio. Ma il vero problema era un altro: se anche fosse riuscita a inseguirli, cosa poteva fare da sola?

La sua unica speranza era di convincere Sigurd e gli altri a darle una mano, ma probabilmente avevano già altre questioni di cui occuparsi. Perché mai avrebbero dovuto interessarsi alla sua vendetta? Certo, per il momento li stavano aiutando, ma lo facevano solo perché dovevano recuperare l’arma magica che aveva ucciso Hel.

Finito di mangiare, restituì la ciotola e andò a cercare D’Jagger: ancora non aveva capito quale fosse il vero fine del goblin, ma per il momento aveva fatto qualsiasi cosa trovasse interessante, quindi magari sarebbe stato disposto ad aiutarla.

La demone stava ancora attraversando il campo quando vide alcuni draghidi spiccare il volo in direzioni diverse.

Anche se adesso aveva un piano alternativo, vederli partire le causò comunque un certo dispiacere: alla fine Havard aveva deciso di accettare la proposta degli dei.

Stranamente, dopo un momento si scoprì a sorridere: “dispiacere”… E pensare che il giorno prima era andata su tutte le furie solo all’idea.

Aveva quasi raggiunto l’astronave quando vide D’Jagger venirle incontro.

«Ehi, posso parlarti?»

«Sicuro!» annuì il goblin. «Intanto camminiamo.»

«Beh, volevo dirti che non mi sta bene che gli dei la facciano franca, quindi voglio seguirli e fargli avere ciò che meritano. Per quello che hanno fatto a me, e a tutti gli altri. Ma non posso farlo da sola, e mi servirà il coso volante di Sigurd e Shamiram. Quindi, beh, volevo chiederti se fossi disposto ad aiutarmi.» Al sentire l’assurdità della sua richiesta, lei stessa si demoralizzò. «So che può sembrare stupido, ma non posso accettare che se ne vadano così. E vale sia per gli dei qui a nord, che per quelli a sud.»

D’Jagger mugugnò pensieroso. «Mmh, sembra una missione suicida che non mi riguarda e da cui non posso guadagnare nulla.»

La demone sospirò con rassegnazione. «Già…»

«Ci sto! Facciamogliela vedere a quegli dei! Ah, però per l’astronave devi parlare con Sigurd e l’illustre signora. Mmh, chissà se ci darebbero una mano…? Penso di sì, ma solo se servisse a recuperare l’Ascia di Coso. Ah, e devi provare a chiedere anche a Freyja: è una sbirra, quindi potrebbe essere tenuta ad arrestarli. Nel caso ci farebbe molto comodo anche l’aiuto dei suoi colleghi. E poi ci servirà un modo per pagare il cibo e l’attrezzatura. Non sarà molto epico, ma resta il fatto che non si fanno grandi imprese a pancia vuota.»

Ancora una volta, il goblin era riuscito a stupirla. «Sì, certo. Lo farò. E grazie.»

«Ah, però sappi che se muoio ti perseguiterò!»

Lei gli sorrise. «Non saresti il primo.»

Lo disse in maniera così genuina che per una volta perfino D’Jagger rimase senza parole. «Mmh… Ok!»

Nel frattempo erano ormai arrivati a destinazione: a giudicare dal gran numero di tamburi, quello doveva essere il laboratorio mobile dove venivano costruiti.

«Ehi, Havard! Mi cercavi?»

Il pallido, che stava parlando con un manipolo di orchi e goblin, si voltò. «Sì, stavo giusto spiegando agli altri che voglio che costruiate altri tamburi.» Si interruppe. «Che hai da fissare?»

Tenko si riscosse. «Credevo fossi partito!» Indicò la direzione presa dai draghidi. «Stavi andando dagli dei!»

«Mi sembrava fossimo d’accordo che era quasi sicuramente una trappola. E comunque, se devo scendere a patti con gli dei, lo farò alle mie condizioni.»

La demone non seppe come rispondere. Aveva forse sottovalutato il figlio di Hel? No: Havard stava solo facendo ciò che serviva per raggiungere il suo obiettivo. Poteva non essere d’accordo con lui, ma doveva riconoscere la sua determinazione.

Non sarebbe stata da meno.


Note dell’autore

E rieccoci qua!

Gli dei hanno fatto la loro proposta a Havard, e questo ha scatenato la furia di Tenko. Fin qui, niente di strano XD

La demone credeva che il pallido avrebbe accettato la proposta, e questo l’ha portata a riconsiderare i suoi obiettivi: perdonare gli dei? Mai. Costi quel che costi, non gliela farà passare liscia. Anche se questo significherà imbarcarsi in un altro racconto di 40 capitoli, come direbbe D’Jagger :P

In ogni caso è presto per pensarci, perché Havard non ha nessuna intenzione di piegarsi agli dei, anzi dovranno essere loro ad assecondare le sue condizioni. Anche a costo di continuare la sua guerra.

E anche per oggi è tutto. Grazie per aver letto e a presto ^.^


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