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Autore: Tubo Belmont    07/05/2023    6 recensioni
[Chainsawman]
[Satanic Panic AU]
Coraggioso Cacciatore di Demoni.
Riuscirai a mantenere lo stesso tipo di coraggio, una volta che troverai il tuo percorso sbarrato da un Male così intendo da essere in grado di consumare la realtà stessa?
Genere: Dark, Generale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Cazzo! CAZZO!
Maledizione, non era il momento di sentire le gambe così molli!
Non era il momento di quasi sbrattare sangue dalla bocca!
Non adesso… non adesso che quell’altro stava per essere sbranato davanti ai suoi occhi.
Angel strinse quanto più poteva i denti e si diede una poderosa spinta sulla spada, superando l’ultimo gradino come fosse stato un insormontabile ostacolo. Poi perse l’equilibrio e cadde in avanti, di faccia.
Figlio di…
Alzò debolmente la testa, digrignando i denti, puntando lo sguardo scarlatto sull’aberrante spettacolo che si presentava davanti a lui: nessuno dei due, umano o Demone, sembrava essersi accorto della sua presenza. O se lo avevano fatto, non sembrava gli dessero troppa importanza. La creatura di carne accentuò il proprio sorriso, avvicinandosi sempre di più al volto rilassato di Aki.
Dannazione… perché non fai nulla per contrastarlo? Brutto bastardo, perché devo sempre farlo io tutto il cazzo di lavoro!?
La voglia di stritolare il collo del compagno era piuttosto potente, in quel momento.
Ma non quanto quella di salvargli la vita.
E quella voglia si trasformò in un’incandescente urgenza, quando la creatura che lo teneva in pugno aprì le fauci. Enormi, lunghissime e che colavano di una scia di bava cristallina ognuna, scendendo verso il pavimento di legno. La bocca si aprì fino a dividere a metà il corpo umanoide, in una lunga e ricurva esibizione di pugnali umidi.
Angel strinse nuovamente i denti, col sangue che colava dalla bocca e dal naso.
Poi afferrò l’elsa della spada, così forte da sentire male alle dita.
L’afferrò, utilizzando il braccio ancora imprigionato nella reliquia, che prese ad irradiare un intenso calore.
Sempre più forte.
Non. Te lo. Lascio fare!
Non seppe verso chi fosse rivolta esattamente quell’ultima frase.
Ma svanì da dove si trovava.
Per poi trovarsi lontano di diversi metri dalla creatura di carne e denti, con la spada sguainata rivolta in obliquo verso destra, piegato in avanti sulle ginocchia e con il corpo esanime di Aki sulla spalla. Un paio di brillanti ali dalle piume candide si erano ripresentate alle sue spalle. Ma adesso, anche un’aureola dorata fluttuava a pochi centimetri di distanza dalla sua testa, roteando mogiamente.
Tutto questo… lo sentirò raddoppiato domani. Sicuro come l’oro.
Girò il collo, mentre ali ed aureola svanivano, voltandosi verso la creatura alle sue spalle.
Quella adesso era priva di una parte della testa e le braccia erano state mozzate, sprazzando sangue nero ovunque si posasse lo sguardo con la stessa violenza di un idrante. Un terrificante verso gutturale, impossibile da distinguere – sembrava una distorta e terribile orchestra formata solo da tromboni – fece tremare la casa fino in fondo alle sue fondamenta. Poi il cono di carne prese a ritrarsi nella sua pozza di sangue e organi appiccicati al soffitto, con una certa rapidità.
Angel emise un lieve sospiro di sollievo, nonostante fosse ben conscio che quello non fosse nemmeno l’inizio. Perlomeno, era riuscito a salvare l’idiota.
Con delicatezza, lo fece scendere dalla sua spalla – infilò in un angolo molto lontano della sua mente l’apprezzamento sugli addominali che aveva sentito sotto la camicia – e lo appoggiò a terra, sulle ginocchia. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma sembrava respirare.
Non era ancora morto, un buon segno.
S’inginocchiò davanti a lui a sua volta, tirandogli su la testa prendendolo dal mento, dandogli qualche colpetto sulla guancia destra con la mano. Con le palpebre tremanti, lo spadaccino riaprì gli occhi, e l’altro riuscì a trattenere un sorriso sollevato solamente per intercessione divina “Ben svegliato, samurai.”
Ma il suo sollievo ebbe vita breve, visto che poco dopo quello ricambiò lo sguardo come se non lo riconoscesse nemmeno. Si limitò solo a guardarsi attorno, concitatamente, come alla disperata ricerca di qualcosa che proprio non riusciva a trovare. Lo vide che cominciava ad agitarsi, con gli occhi sempre più sgranati. Poi lo vide guardare un punto imprecisato della soffitta, assorto “… Taiyo…”
“Taiyo?”
“Dov’è mio fratello?” si spostò in avanti, a gattoni, scostando il suo collega con una certa bruschezza.
Angel si spostò, guardandolo con le sopracciglia aggrottate “Ehi! Un grazie sarebbe gradito, comunque.”
Aki lo ignorò, continuando a cercare come una signora anziana che ha perso il proprio animale domestico. La cosa gli fece una certa pena, ma lo irritò anche un poco “Aki, tuo fratello…”
“NON CAPISCI!” si voltò di scatto verso di lui, con un’espressione allucinata.
Angel si ritrasse di un poco, sorpreso.
Era… la prima volta che lo vedeva così.
Non gli piaceva affatto.
“Era qui! ERA QUI UN ATTIMO FA! Mi ha promesso che sarebbe finita… che sarei… dove…” Aki smise di guardarsi attorno concitatamente. Poi voltò lo sguardo verso l’altro Sacerdote “… hai… hai fatto qualcosa?”
“Come-” l’angoscia lasciò nuovamente spazio al fastidio “TI HO SALVATO LA VITA, brutto scemo!”
“… cosa?”
“Eri troppo impegnato ad immergerti nelle tue delusioni mentali per accorgertene” non voleva suonare così maleducato. Ma diamine, alle volte quell’altro gli tirava proprio fuori il veleno dal fondo della gola “ma il ‘padrone di casa’ stava per farti sparire nella sua bocca. Prego, non c’è di che!” concluse, alzando le braccia al cielo.
Si aspettava quel silenzio. Che solitamente era seguito dal ragazzo che riconosceva di essere andato fuori di testa per l’ennesima volta, seguito poi ancora dalle scuse imbarazzate.
Si aspettava anche una risposta a tono. Un vaffanculo andava benissimo, anche se a quello ne sarebbe seguito un altro da parte sua.
Ma questa volta, il silenzio si protrasse più a lungo del solito.
Aki guardava verso il basso, senza rispondere.
Non volò una mosca.
“… perché…
“… che dici?”
“PERCHE’ L’HAI FATTO!?”
Aki era scattato verso di lui, furioso, come una belva feroce e lo aveva afferrato per le spalle, cominciando a scuoterlo con vigore. Questa volta Angel si spaventò tanto da non riuscire nemmeno a dire una parola “ERA LI’! Dopo tutti questi anni… ho sentito finalmente la sua voce… il suo tocco… perché… perché me lo HAI RIPORTATO VIA!?”
“Aki…” cercò di mormorare il rosso “… tuo fratello è morto. Io ti ho salvato la vita!”
“La vita…” l’interlocutore abbassò la voce e la testa, ridacchiando appena “… mi hai salvato per questa vita…” alzò di scatto la testa, digrignando i denti con le lacrime che scaturivano dagli occhi inferociti “… NON TI HO CHIESTO IO DI FARLO, MALEDIZIONE!”
Angel emise un lieve lamento, chiudendo l’occhio destro “m-mi… mi stai facendo male…”
“Voi maledetti stronzi… cosa credete di fare? Chi vi ha dato il diritto di sindacare sulla vita altrui…” con voce rotta, Aki finalmente lasciò la giacca stropicciata del collega, che si massaggiò le zone offese con un’espressione dolorante “… non ho chiesto io di essere salvato. IO NON VOLEVO NULLA DI TUTTO QUESTO! Ogni singolo giorno che passo a respirare… è solo un prolungamento di questa maledetta tortura. Io non dovrei essere vivo… sarei dovuto morire quel giorno…” si portò le mani alla faccia, ricominciando a piangere sommessamente “… Ma voi persistete. Continuate ad immergere la mia testa in acqua. Vi rendete conto di quanto siete crudeli? Siete dei mostri peggiori dei Demoni che uccidete…”
Singhiozzò violentemente “… almeno loro mi lasciano morire in pace… almeno loro non vogliono vedermi soffrire in continuazione…”
Angel lo sapeva.
Conosceva a memoria la storia di Aki, e conosceva il suo stato mentale. Era proprio per questo che lo seguiva quasi per ogni singola missione che gli veniva affidata. E sapeva anche che, molto probabilmente, qualunque cosa avesse visto durante la sua assenza lo aveva spezzato ulteriormente. Per arrivare a parlare in quel modo… non era in lui.
Aki Hayakawa era una brava persona.
Ma nel vederlo in lacrime, in quel momento, con le mani sulla faccia che ancora insultava tutte le persone che gli erano state vicine anche nei momenti peggiori…
Questa volta Angel non provò assolutamente compassione.
 
“Aki.”
“CHE ALTRO VUO-”
Le parole dello spadaccino gli morirono in gola. Perché le mani del collega, fresche come se le ricordava, circondarono le sue guance, ed Angel lo guardò con estrema intensità e con una linea dura sulle labbra. E per un attimo, un brevissimo attimo, nella sua mente cominciò a svanire la nebbia e la lucidità tornò gradualmente padrona delle sue azioni.
Rimasero in silenzio per un po’, inginocchiati a terra, a guardarsi.
Poi Aki si ricordò all’improvviso di quale fosse il vero dolore. Quello fisico.
Perché il ragazzo davanti a lui sarà stato mingherlino quanto voleva, ma le testate le sapeva tirare.
E forse, l’impatto tra la sua fronte e quell’altra fu tanto doloroso proprio perché era risaputo che Angel avesse davvero la testa dura. Tra la sorpresa e la potenza dello scontro, comunque, lo spadaccino finì catapultato all’indietro, portandosi una mano sulla fronte e stringendo i denti con forza.
Dal canto suo, anche il perpetratore di quell’azione si stava massaggiando la fronte a sua volta, forse perché aveva sopravvalutato la propria resistenza.
“Razza di-” Aki si rialzò, irritato “Si può sapere perché lo hai fatto!?”
“… quanto…” la voce di Angel era un sussurro che a stento tratteneva un’emozione molto più forte.
“Cosa?”
“Quanto… puoi… essere…” fu il turno di Aki quello di essere preso per il colletto, con forza e irruenza “UN FOTTUTO EGOISTA, A VOLTE!”
No. decisamente, non lo aveva mai sentito urlare in quel modo.
No anzi, non lo aveva mai visto comportarsi in quel modo: Angel era solitamente molto passivo, calmo. E benché lo rimproverasse un sacco di volte per il modo autodistruttivo in cui lavorava, non aveva mai alzato la voce a quei livelli. E non lo aveva mai guardato così, con i denti digrignati e uno degli sguardi più cattivi e furenti che gli avesse mai visto in volto.
Non riuscì nemmeno a rispondere per le rime, tanto che era sconvolto.
“CON QUALE CAZZO DI CORAGGIO DICI QUESTE COSE!? COME DIAVOLO TI PUO’ ANCHE SOLO VENIRE IN MENTE DI PENSARLE!?” riprese il rosso, scuotendolo avanti e indietro come un bambolotto “dopo tutto questo tempo... dopo tutte queste mani che vengono tese verso di te… dopo tutto quello che…” la sua voce si ruppe e distolse lo sguardo con una strana smorfia sul viso.
“… contiamo così poco per te?”
Aki sgranò gli occhi.
“TUTTO QUESTO TEMPO CHE ABBIAMO PASSATO ASSIEME NON E’ SIGNIFICATO PROPRIO NULLA!?” gli gridò poi in faccia, furioso come non lo aveva mai sentito.
Dal canto suo, l’altro Sacerdote sbatté le palpebre più volte, senza parole, accorgendosi del lieve tremore che avvolgeva le spalle del suo interlocutore.
Il quale abbassò la testa, continuando a parlare “ lo so che stai soffrendo… lo so che hai sofferto ogni singolo secondo della tua vita, da quel momento…”
“… e allora…”
“ma non credere di essere tu l’unico con il diritto di soffrire” Angel tornò a guardarlo negli occhi, mordendosi il labbro inferiore “Non sei il solo a cui questi mostri hanno portato via ogni cosa. Davvero…” il primo singhiozzo “… davvero pensi che non ci sia un singolo giorno che io non voglia prendere il posto di qualcuno di loro? Sono tutti morti, Aki… ed io sono l’unico ad essere sopravvissuto… credi davvero che io non ti capisca?”
La voce si era finalmente calmata, ma adesso era carica di un risentimento e di una tristezza che sfondarono il cuore del moro come una lancia. Angel… Angel non parlava mai di ciò che era successo al suo villaggio. Forse solo lui era venuto a scoprire cosa fosse successo al suo collega, tramite le informazioni di Makima.
Come… come poteva esserselo dimenticato?
“A-Angel…”
“Tu credi… tu credi che io potrei farcela?” Angel strinse la camicia bianca del compagno, riabbassando la testa “… perdere un’altra persona che per me significa così tanto… credi davvero che potrei proseguire in questo modo?” altro singhiozzo “… pensi davvero che potrei continuare ad avere la forza di combattere, se ti perdessi?”
Alzò la testa di scatto, guardando Aki fisso negli occhi “MA LO VUOI CAPIRE QUANTA GENTE SAREBBE TRISTE SE TU MORISSI!?”
Lacrime.
Il viso corrucciato di Angel era una maschera di lacrime e sofferenza. Fu terribile, soprattutto fare i conti con la consapevolezza che, molto probabilmente, tutte quelle emozioni albergavano nel cuore del suo compagno da molto più tempo di quanto lui potesse anche solo minimamente immaginare.
“Denji, Power, Himeno… Io...” appoggiò la testa sul suo petto, continuando a piangere “sono certo che persino quella stronza di Makima proverebbe qualcosa, sapendoti morto in questo modo. Sei così instupidito dalla tua sofferenza da non accorgerti di quanto stai ferendo tutti coloro che ti vogliono bene…” concluse, colpendolo debolmente al petto con qualche pugno.
Mentre lo guardava, Aki si sentì malissimo.
In un attimo, la consapevolezza di come si era comportato e di tutto ciò che aveva detto poco prima a quel povero ragazzo, che adesso piangeva sommessamente contro di lui, lo investì come un treno. Si sentì… così terribilmente in colpa. Così terribilmente sporco. Esattamente come quando litigava con la sua famiglia, con suo fratello. Arrivava a dire cose crudeli, che non pensava minimamente.
E poi si sentiva male.
Ma questa volta aveva superato ogni limite. Era stato crudele contro una delle poche persone che gli volevano davvero bene in quel mondo di Demoni, oscurità e Male.
Oh mio Dio… che cosa ho combinato?
Non si aspettava che Angel lo perdonasse. Non se lo sarebbe meritato.
Ma doveva, in qualche modo, cercare di rimediare.
“Angel…” incerto e con voce tremante, Aki allungò una mano per cingere la nuca scossa dai tremori del pianto del compagno “M-mi dispiace, io-”
“Adesso non ha importanza.” Disse perentorio il rosso, sollevandosi dal suo petto.
Poi fece vagare lo sguardo dietro di lui.
Un terrificante rumore carnoso attirò anche la sua attenzione, facendolo voltare di scatto.
“… forse, stiamo comunque per morire entrambi.” Angel si affrettò ad asciugarsi le lacrime ed a pulirsi dal muco, afferrando poi l’elsa della propria spada.
Aki invece osservò lo spettacolo che aveva davanti col fiato sospeso: dove stava la pozzanghera di sangue nero, aveva cominciato a formarsi una gigantesca bolla dello stesso. Pulsante ed enorme, come una gigantesca zecca. Poi, quella stessa bolla si squarciò, esattamente al centro, vomitando un colossale  grumo disgustoso e deforme sul pavimento.
Un grumo strisciante e sinuoso.
“Quella psicopatica…” mormorò Angel, alzandosi da terra aiutato da Aki “… non ci ha mandati a far fuori un Demone qualunque…”
Il grumo si scoprì essere in vero un agglomerato di enormi serpenti. Alcuni erano gigantesche anaconda dalle squame lisce e lucide, mentre altri erano semplicemente disgustosi vermi giganti dalla pelle chiara e cadaverica, col muso appuntito terminante in bocche irte di denti aguzzi ed occhietti neri come la pece. Quel gruppo di esseri striscianti era tanto grande da formare una montagnetta sibilante e disgustosa.
Ma i Sacerdoti… videro altro, in quella forma, che pareva aumentare sempre di più di altezza.
“Me lo ha rivelato prima di svanire, il tizio dentro lo specchio” Angel si mise in guardia, afferrando la spada a due mani e facendo spuntare le ali e l’aureola, come poco prima “… il suo nome. Il nome di questo mostro…”
La collina di serpenti aveva cambiato forma, assumendone una più disturbante. Ed umanoide. Dalla base, che sembrava la gonna di un vestito, si formava un busto largo e spesso, da cui partivano due braccia lunghe, prive di mani. Aki però vide, sotto quei corpi squamosi e striscianti, il rosso di un tessuto muscolare parzialmente nascosto e qualche candido e brillante osso. Il tutto, terminava con una testa informe, da cui scendevano le code penzolanti delle bestie come fossero ciocche di lunghi capelli.
“Uno dei Tredici Sovrani della Cabala Nera…” Angel strinse l’elsa, preparandosi alla battaglia “… Valak, il Senza-Forma.
E in mezzo a quel gruppo di ‘capelli’ sibilanti, in cima a quel colosso alto poco meno di dieci metri, si aprì un oscuro abisso. Abisso da cui emerse un gigantesco e terrificante occhio che comprendeva nell’iride tutte le tonalità del rosso, diventando sempre più scure man mano che raggiungevano il centro, contornato da una sclera pallida incisa da venature sanguigne.
Con un rumore carnoso, l’organo si puntò su Aki, che si sentì la terra mancare sotto ai piedi.
 
[https://www.youtube.com/watch?v=Dcj1c_SFZ_0]
 
La creatura voltò la testa deforme verso l’alto, emettendo un possente ruggito, che era uno stridio, che era un coro di voci tutte assieme. Uno dei suoni più terrificanti e brutali che un orecchio umano avrebbe mai potuto sentire. Urlò così forte, che potevano vedersi delle piccole onde d’urto circolari propagarsi dalla sua invisibile bocca.
Le fiamme, passarono dal loro comune colore ad una luce verdognola e malata, disgustosa.
“Aki” lo spadaccino si voltò di scatto verso il compagno dalle ali angeliche, che aveva aggrottato lo sguardo al suo fianco “… la tua spada?”
Il moro sbatté le palpebre. E, ricordandosi di cosa fosse successo alla katana, iniziò a sudare freddo. Mosse gli occhi con frenesia, trovando l’oggetto d’interesse contro all’altro muro della soffitta, quello con la finestra spaccata. Dietro al Demone. Masticò un’imprecazione.
“Ti consiglio di recuperarla in fretta” Angel si avvicinò a lui, senz’abbassare la propria arma “non credo che il nostro amico aspetterà ulteriormente prima di-”
Come non finì la frase, il gruppo di serpenti si unì in un’unica e gigantesca spira, che si mosse verso l’alto con un movimento a spirale.
Per poi gettarsi verso i due Sacerdoti come un predatore che si scaglia sulla preda.
“… esattamente” disse Angel, mentre una quarantina di fauci spalancate e imbevute di veleno si avvicinavano sempre di più.
Aki fece un breve scatto all’indietro, ma per fortuna non fu necessario: le ali del compagno aumentarono all’improvviso di volume, avvolgendo entrambi i due Sacerdoti e chiudendosi in avanti, come una specie di bozzolo. I denti penetrarono tra le piume, infilzandole e spuntando dall’altra parte, ma bloccando l’avanzata del gruppo di rettili.
Angel grugnì per far fronte al dolore.
Dunque pestò il piede piegandosi appena in avanti, spalancando le ali e generando una fortissima onda d’urto. Diverse creature vennero sbalzate lontane, per poi strisciare nuovamente verso il tentacolo sibilante e tornare parte di esso. Il corpo di Valak vacillò appena all’indietro, riassumendo le fattezze iniziali.
“AKI!” il rosso si voltò con un’espressione agitata verso il compagno “Non so per quanto potrò tenerlo a bada! Sbrigati a recuperare la ferraglia!”
L’altro annuì appena, per poi scattare con quanta più velocità potesse permettergli il corpo verso la sua spada. L’occhio rosso si puntò su di lui e, subito, una decina di enormi serpenti cominciarono a strisciare rabbiosi nella sua direzione, sibilando famelici. Il ragazzo schivò con scatti rapidi due di quelle creature, che si erano alzate sulla pancia per tentare di assaltarlo e stritolarlo dai lati. Poi uno di quei mostri pallidi e senza squame provò a tagliargli la strada, alzandosi e snudando le zanne per mangiargli la testa. Aki eseguì un lieve balzo all’indietro, lasciando che il mostro mordesse l’aria, poi fece una capovolta in avanti utilizzando la testa del rettile come rampa, roteando a mezz’aria e trovandosi alla fine della coda del mostro.
Tornato a terra, il ragazzo riprese a correre, stringendo i denti mentre sentiva alle spalle lo spostamento d’aria di altri serpenti che provavano ad azzannarlo. Nel frattempo, altri si erano staccati dall’agglomerato, strisciando contro di lui concitatamente, fin quasi a circondarlo del tutto.
Ma mancava veramente poco alla spada.
“Maledizione…!” Aki, mentre ancora correva, piegò le gambe e si lanciò in avanti, schivando per il rotto della cuffia l’assalto di tutti quei rettili infernali, che si azzannarono a vicenda in una sfera di squame e veleno. Raggiunse la spada, afferrò l’elsa con la mano ed eseguì una capriola in avanti.
Per poi rialzarsi, rapidissimo, e voltarsi di scatto con un fendente orizzontale, decapitando ogni minaccia che si fosse fatta troppo vicina, schizzando sangue nero verso l’alto.
Lo spadaccino diede un possente scrollone verso il basso, ripulendo la propria spada, poi la fece roteare un paio di volte nella mano destra, riafferrandola bimane e rimettendosi in guardia.
Voltò lo sguardo verso il Demone.
Demone che, purtroppo, adesso aveva tutta l’attenzione rivolta a lui.
“CAVOLO!” sentì gridare da Angel, vedendolo dunque impegnato ad affrontare un paio di enormi creature simili a lumache, plasmate nei serpenti.
Si voltò verso Valak appena in tempo per accorgersi che, riassunte del tutto le sue sembianze umanoidi, stava scagliando verso di lui un poderosissimo pugno di tessuto rosso ed ossa. Trattenne il fiato, ponendo davanti a sé la spada in posizione verticale. L’impatto fu violentissimo e lo fece strisciare sulle suole delle scarpe contro al legno per diversi metri.
Fino a quando, con suo enorme sgomento, la lama non si spezzò.
I piedi si sollevarono da terra quando venne colpito, ed il suo corpo volò lontano diversi metri, sbattendo sugli assi di legno un paio di volte e rotolando ancora qualche decina di centimetri, fino a schiantarsi contro ad un gruppo di mobili impolverati ed avvolti dai lenzuoli bianchi, che andarono in frantumi sollevando un gran polverone.
Rivolto a terra, supino, Hayakawa utilizzò i gomiti per rialzarsi. Quindi, infilzò al suolo ciò che rimaneva della sua arma e sputò un grumo di sangue, mentre si sollevava sulle ginocchia.
Alzò la testa.
Valak lo guardava dall’alto con il suo enorme occhio.
Come un gigante guarda uno scarafaggio da schiacciare.
Aki digrignò i denti mentre, dolorante, tentava di rimettersi in piedi.
A quel punto, il Demone decise di ricominciare a fottere con la sua psiche: tre enormi gobbe di serpi si formarono dietro la sua schiena. Gobbe che si espansero, diventando sempre più lunghe ed alte, come giganteschi tentacoli. Alla fine di questi, cominciarono a prendere forma delle strane sagome circolari, sempre più simili a teste dalle fattezze umanoidi.
Poi i serpenti cominciarono a precipitare, e per poco lo spadaccino non si piegò per rimettere, tanto era il malessere che quell’immagine gli provocò: rivide le teste della sua famiglia, alla fine di quei tentacoli di spire striscianti. Enormi, deformi e ricoperte di simboli eretici e dissacranti, con serpenti che uscivano dalla bocca sorridente e priva di denti e dagli occhi vuoti e neri e attorcigliati tra i capelli umidi. Strinse i denti, mentre le imitazioni da incubo dei suoi genitori e di suo fratello rivolgevano lo sguardo verso di lui.
Aki… perché…?” parlarono senza muovere la bocca tutte e tre assieme, con le loro stesse voci, mentre i serpenti sibilavano e si attorcigliavano tra loro “Vuoi abbandonarci… di nuovo…? Come hai fatto quella volta? Vieni con noi, Aki…” lacrime di liquido nero presero ad uscire dagli occhi vuoti e neri e dalla bocca che, pian piano, allargava il sorriso “… l’Inferno è un posto meraviglioso, per stare in famiglia.
Non poté fare a meno di tornare in ginocchio, appoggiato al moncherino della spada, mentre il sudore avvolgeva la sua fronte.
Non voleva ricadere nel tranello del nemico… ma era così dannatamente difficile quando quelle voci gli parlavano.
Dal canto suo, il capo strisciante di Valak si piegò leggermente di lato, l’occhio che non lo perdeva di vista. Poteva quasi vederlo, un terribile sorriso di scherno sotto quella barriera di squame.
Con una risata gutturale, le tre teste scattarono verso il giovane Sacerdote.
Per poi venire crivellate da una quantità quasi comica di spade, scagliate contro di loro come dardi.
Spade che cominciarono a scavare in fondo, come trapani, martoriando gli incubi, che gridarono di dolore, e i serpenti, i cui resti mutilati presero a dimenarsi concitatamente.
Aki guardò con occhi sgranati ciò che rimaneva di quella visione sgretolarsi a terra, in seguito ad un’esplosione di sangue nero che ricadde a terra come una pioggia di petrolio. Poi, Angel riapparve davanti a lui girato di schiena, con le ali spalancate, la spada in mano ed un’espressione feroce sul volto. Un quartetto di altre spade, identiche a quella di cui era armato, fluttuava mogiamente attorno al suo corpo.
“Angel… ma…?”
“Piace? Un piccolo power-up gentilmente affidato dalla nostra dittatrice personale. A cui presenterò un reclamo…” il rosso, nonostante il tono di scherno, tossì un po’ di sangue, mentre un rivoletto dello stesso scendeva dal naso “… anche se non so per quanto tempo potrò utilizzarlo, prima di collassare del tutto…”
Valak si ritrasse, mentre i tre tentacoli venivano riassorbiti dal suo corpo, quindi provò a ripartire all’attacco dopo un altro movimento a spirale verso l’alto.
“Cerca di ricomporti, tu” Angel si ripulì dal sangue, per poi stringere a bimane la spada mentre le altre quattro si puntavano in avanti come baionette “E bada che, finché non sarò sbudellato da qualche parte su questo pavimento… io non ti lascerò morire.”
Partì contro al Demone.
Ed Aki, imbambolato e seduto sulle sue ginocchia, osservò lo scontro che si consumava davanti a lui, tra le piroette e i brutali fendenti di Angel che tagliava quanti più serpenti poteva e l’altra creatura che continuava ad incalzarlo, cambiando forma in continuazione e facendo tutto ciò che era in suo potere per stritolarlo o morderlo tra le centinaia di fauci. Tentò anche di attaccarlo con dei serpenti spettrali generati dalle fiamme verdi, come aveva fatto con lui, con scarsi risultati.
A guardarlo mentre, furente ma concentrato, mentre danzava a mezz’aria con le sue candide ali che, pian piano, perdevano sempre più piume si bagnavano sempre di più di sangue nero, il samurai non poté che trovarlo bellissimo.
Sapeva che, tra i due, Angel era sempre stato quello più forte, ma non avrebbe mai pensato si sarebbe spinto a tanto pur di proteggerlo.
Doveva aiutarlo.
A qualunque costo
Quel mostro, pian piano che il collega si stancava, sembrava invece diventare più forte.
E presto o tardi…
Ma…
Aki abbassò lo sguardo su ciò che rimaneva della sua arma. Strinse i denti, sentendosi dannatamente inutile.  
Cosa posso fare con una katana rotta?
Un bagliore, a poca distanza da lui, sul pavimento, gli fece alzare appena lo sguardo.
E, probabilmente, se solo avesse saputo che poco tempo prima, la stessa identica situazione si era presentata al suo amico, avrebbe attribuito tutto ad uno scherzo del destino. O forse… ad una Sorella che poteva vedere molto più in là di quanto un misero essere umano potesse fare.
Perché davanti a lui, il cofanetto di metallo rettangolare che si portava dietro da tutta la vita era aperto.
Ed il suo terrificante contenuto era lì, proprio davanti a lui.
Quasi a pregarlo di essere utilizzato.
 
“Mio piccolo Aki… vuoi combattere contro i Demoni? Ne sei assolutamente sicuro?”
Il bambino aveva annuito, stringendo i pugni e guardandola con un’intensità che un moccioso di quell’età non avrebbe mai dovuto avere.
Voleva diventare come lei.
Voleva diventare abbastanza forte per sconfiggere tutti quei mostri.
Eradicarli dalla faccia della terra, dal primo all’ultimo.
Così… poteva vendicare la sua famiglia.
La donna lì davanti, che diceva di chiamarsi Makima, sorridente, aveva aperto un piccolo scomparto sotto alla sua scrivania, tirando fuori qualcosa.
“Allora, quando sarai abbastanza grande, ti insegnerò ogni cosa. t’insegnerò come combatterli, come resistere ai loro attacchi e come distruggerli” posò ciò che aveva recuperato sopra la scrivania “Ma prima… un piccolo regalo!”
Il bambino guardò ciò che la Sorella aveva posato davanti a lui, incuriosito: si trattava di un cofanetto rettangolare, lungo quindici centimetri e largo sette, di metallo pennellato di bianco e il coperchio che pareva inciso nell’oro. Uno splendido rilievo, che raffigurava un paio di grossi revolver incrociati tra loro sopra ad un teschio sorridente, era raffigurato sopra quest’ultimo.
“Prima di una Sorella, sono un’avida collezionista” cominciò a spiegare Makima, con dolcezza “Mi piace recuperare gli oggetti appartenuti a colore che, prima di noi Sacerdoti, combattevano contro la razza di mostri che ha sterminato la tua famiglia. Anche se… beh…” ridacchiò, poggiando l’indice sul teschio in rilievo ed avvicinando il cofanetto al giaciglio del ragazzo “… non definirei esattamente il proprietario del gingillo rinchiuso qua dentro come… ‘Angelo’. Si trattava però di un mio buon amico. Che più di una volta mi ha aiutato nei momenti più difficili.”
Aki, che con i suoi enormi occhi da bambino stava ascoltando la storia ammirato, riabbassò lo sguardo sul contenitore. Venne spinto dall’inspiegabile voglia di aprirlo, curioso di capire che cosa ci fosse al suo interno. Lo prese tra le manine e fece per forzare il coperchio, in vano. La risatina divertita dell’interlocutrice fece ritornare il suo viso imbronciato su di lei “Oh, mi dispiace marmocchio, ma dubito tu possa fare molto adesso. Vedi, questo contenitore è stato costruito apposta per questo tipo di Reliquie: si aprirà solamente in un unico momento. Il momento esatto in cui ne avrai più bisogno.”
Makima si alzò, girò attorno alla scrivania e si portò alle spalle del ragazzino, che deglutì a vuoto. Il suo corpo s’irrigidì ulteriormente, quando quella donna pose le proprie mani sulle sue spalle. Alzò gli occhi verso di lei, incontrando il suo solito ed enigmatico sorriso e quello sguardo dorato, dalle pupille così inusuali per appartenere ad un essere umano.
“Bada, tuttavia” riprese la donna che, nonostante stesse sorridendo, aveva appena assunto un tono di voce molto più cavernoso e sinistro “Questo regalo va utilizzato con molta attenzione. E, nel migliore dei casi, non deve essere utilizzato. Potrà permetterti di vincere anche durante il momento più disperato della tua vita… ma solo se sarai capace di superare la prova a cui sarà sottoposta la tua anima. So che queste parole potrebbero risultare infinitamente spaventose e confuse per un bambino della tua età, ma mi aspetto che tu sia in grado di comprendere quello che dico, dopo ciò che hai passato.”
Aki abbassò la testa sul cofanetto, dove il teschio ricambiò il suo sguardo.
La bocca si fece una linea dura.
“Conserva questo dono. Portalo sempre con te, che possa tenerti al sicuro. E quando sarà il momento, otterrai l’aiuto del suo contenuto. Non lasciare che loro ti prendano… d’accordo?”
Makima era sempre stata enigmatica. Non aveva, ed era certo che non ‘avrebbe’ mai compreso ciò che le passava per la testa. Eppure lo aveva salvato, accudito, aiutato... come fosse stato un suo fratellino. Non erano tante le manifestazioni d’affetto rivolte a lui, così come quelle rivolte agli altri bambini accuditi nel Grande Tempio. Alla fine di quella frase, tuttavia, aveva percepito una lieve e quasi impercettibile preoccupazione nei suoi confronti. Per qualche motivo, la cosa lo fece sentire bene.
“Coraggio, adesso: non dovrei fare questi discorsi d’adulti con te. Vai!” lo girò verso l’uscio e gli diede una pacca amorevole sulla schiena “mi dispiace averti strappato via da Angel. Sono certa che, uno di questi giorni, formerete un team di Sacerdoti davvero formidabili!”
Aki, sentendo il nome dell’amico, sorrise e arrossì lievemente.
Ringraziò la Sorella e, con il suo nuovo regalo, corse verso la porta.
“Ah, un’ultima cosa.”
Fermò con la mano sulla maniglia, il bambino voltò lo sguardo, incuriosito.
“ricordati queste parole. A tempo debito saranno utili: Ingoia il Piombo!”
 
L’ultima frase detta da Makima, quella volta, risuonò come un eco lontano.
Non aveva mai compreso cosa intendesse la Sorella.
Fino ad ora. Fino ad ora che, il misterioso contenuto del cofanetto, aperto ed ammaccato a poca distanza, si trovava proprio davanti a lui.
Un minuscolo cilindro, rugginoso e rovinato. Dalla cui base, andando verso l’alto, partivano strane escrescenze simili a venature rosse, o minuscole radici.
Se era una Reliquia, non lo sembrava.
Non era nemmeno bella come il bracciale di Angel.
Eppure, per qualche strana ragione, Aki non riusciva a staccarne gli occhi di dosso.
Gattonò verso il minuscolo oggetto, prendendolo poi tra le mani e portandoselo davanti al viso.
 
Angel rotolò sulla schiena, per poi fermarsi a gambe piegate esattamente al fianco del suo collega. Era uno straccio: le sue ali bianche erano piene di buchi e sangue nero e rosso copriva le piume, i suoi abiti ed il suo viso. Il respiro era pesante e la mano tremava. Due delle spade che fluttuavano attorno al suo corpo si stavano, lentamente, sgretolando a mezz’aria.
Lo sguardo infuocato ricadde sullo scempio che aveva di fronte: di Valak rimaneva solo la testa, con l’enorme occhio puntato su di lui, ed una spalla. Una delle gigantesche braccia di ossa e muscoli era coricata a terra, come una balena spiaggiata. Un’enorme pozza di sangue nero e gorgogliante si stava allargando sotto i resti mutilati.
E i serpenti… i serpenti con molta lentezza stavano cominciando a raggrupparsi di nuovo, spuntando dal nulla come se fosse l’aria stessa a generarli. Il Sacerdote sapeva che, nonostante tutti i suoi sforzi, era ancora ben lontano dalla vittoria. Avrebbe avuto ancora poco tempo per prendere fiato e poi il nemico sarebbe tornato all’attacco.
“Ehi… Aki…” voltò lievemente lo sguardo verso il compagno, senza guardarlo del tutto “Penso di aver saltato un passaggio, prima: quando ti ho detto di riprenderti, intendevo di farlo rapidamente, sai? Aki? Ma mi stai ascoltando?”
Stizzito, si voltò del tutto verso di lui. Poi inarcò un sopracciglio, trovandolo intento a squadrare quello strano e minuscolo oggetto che aveva tra le mani. Sembrava… un proiettile?
“Ma che roba è?” domandò Angel, abbassando la guardia ed avvicinandosi.
“Credo che sia… una Reliquia della Sorella.” Mormorò l’altro Sacerdote, assente.
“Una Reliquia Ange-”
Non lo sentì nemmeno arrivare.
Di scatto, si portò una mano al braccio stretto dall’Ophanim, denti stretti e sudore che gli colava dalla fronte. Aveva imparato, per il poco che lo aveva indossato, che quello strano artefatto reagiva in un modo particolare davanti al Male.
Non bruciava così tanto nemmeno quando Valak si era rivelato del tutto.
Inoltre, per qualche strano motivo, adesso la sua mente veniva aggredita da urla viscerali e agghiaccianti.
No, quella storia non gli piaceva proprio per niente.
“Aki…” mormorò Angel, con la voce rotta e il respiro spezzato “… devi… devi liberarti di quell’aggeggio.”
“Come?”
“No so cosa sia… non ho idea di che diavolo ci facesse nella collezione di quella psicopatica e NEMMENO per quale diamine di motivo lo abbia affidato a te…” lo guardò intensamente mentre respirava a fatica “… ma non si tratta di una semplice Reliquia.”
La puntò con il dito “Il mio bracciale sta percependo un Potere completamente diverso… e terribilmente pericoloso.” Strinse i denti “… credo che quella cosa potrebbe rivelarsi ancora più pericolosa del Demone che stiamo affrontando. Gettala via!”
Aki guardò il compagno sconvolto, poi guardò l’oggetto che aveva in mano.
Sorella Makima, ultimamente, aveva deciso di cominciare a dispensare Reliquie ai suoi Sacerdoti, come se sapesse che le cose, molto presto, si sarebbero complicate ulteriormente. Quando aveva consegnato questa… ‘Reliquia’ a lui, si stava semplicemente preparando in anticipo? Però, secondo la reazione di Angel… temeva che, in qualche modo, gli scopi di quella donna fossero più sinistri.
In vero, non aveva mai compreso cosa passasse per la testa di quella persona, come se intorno a lei fosse stata eretta un’inespugnabile fortezza. Ma per quanto sospetta… davvero gli avrebbe affidato un oggetto che lo avrebbe ucciso?
Tornò a guardare Angel, indebolito e sanguinante, con le bellissime ali che stavano perdendo la loro luce. Poi puntò gli occhi su Valak che, mentre stavano parlando, sembrava già tornato quasi completo, fatta eccezione per la parte destra del corpo umanoide.
Aggrottò lo sguardo e strinse le labbra.
“… no. Non posso farlo” si voltò verso l’interlocutore “devo fidarmi di Makima. Se mi ha dato quest’oggetto, lo ha fatto per un motivo.”
“Ma hai sentito quello che ho detto!?” esclamò l’altro, sconvolto e scrollandolo per una spalla “Ciò che hai in mano è tipo… un cazzo di NUCLEO di una centrale! Il Bracciale… non ho idea di come spiegartelo… e come se mi stesse avvertendo della sua pericolosità!” affilò lo sguardo “… non ti lascerò fare questa scommessa! Non dopo-”
“ANGEL ASCOLTAMI!”
Lo zittì.
Il rosso si ritrasse, sorpreso, sotto lo sguardo durissimo del compagno. A differenza di quello che aveva prima, tuttavia… venne investito da una strana ed inspiegabile animosità, racchiusa in quegli occhi chiarissimi. Vide una determinazione che non vedeva più da tantissimo tempo.
“La mia spada è distrutta e tu sei l’unico fronte contro questa creatura. Ma stai perdendo colpi a tua volta e sappiamo entrambi che non potrai ancora resistere per lungo!” guardò il proiettile “sono certo… ne ho la certezza che Makima aspettasse questo momento. E’ un test! Indubbiamente: un test per vedere se i Sacerdoti sono in grado di affrontare cose peggiori di qualche inutile demonietto… ne sono sicuro!”
Intanto, Valak aveva quasi finito di ricostruirsi.
“Aki… cosa stai farneticando?”
“Senti… lo so, lo so! Ho fatto un casino. Mi sono comportato da stronzo e non credo potrai mai perdonarmi ma… ti chiedo solo di fidarti di me.”
Lo disse guardandolo dritto negli occhi, con quella stessa intensità.
Ed Angel vacillò “Ma…”
“Ti prego, se non ci provo nemmeno…” Aki abbassò le palpebre e si strinse la Reliquia al petto “… sarà stato tutto inutile. Se devo morire, questa volta, voglio almeno credere di averlo fatto tentando di proteggere chi amo!”
Il collega sussultò.
Era certo che quell’idiota non stesse pensando alle parole usate, mentre le sparava da quella cazzo di fogna. Ma dannazione, doveva proprio…
Scosse la testa, rosso sulle gote, quindi si pose davanti a lui aprendo appena le ali e puntando la spada verso il nemico. Se prima si sentiva affaticato, adesso, per qualche ragione, percepiva una strana energia inondarlo. Le piume ripresero a brillare come poco prima e le spade si ricostruirono “Idiota… mi raccomando: non provare a morire! Perché puoi giurare su chi ti pare che verrò all’Inferno a tirarti per i capelli!”
Sentendo quelle parole, il moro sorrise “non ne dubito.”
tsk…” e Angel scattò, verso un ormai quasi del tutto completo Valak.
Dal canto suo, Aki prese un bel sospiro e poi, sollevò il proiettile verso l’alto.
Sopra la sua testa.
Ingoia il Piombo, aveva detto Makima.
E lui, il piombo, lo avrebbe ingoiato.
Aprì la bocca e lasciò cadere il proiettile al suo interno. Non fu piacevole, sentire il suo sapore ferroso e la sua forma che scivolava lungo la gola. Non seppe nemmeno come riuscì ad ingoiarlo, senza soffocare.
E tuttavia, la sgradevole sensazione provata ora non era niente in confronto a ciò che sentì dopo.
Bruciava.
Il suo corpo stava bruciando.
Le sue braccia si chiusero attorno alla sua pancia mentre urlava e sgranava gli occhi, con la saliva che colava dalle labbra e le lacrime mischiate con il sudore che scendevano sulle guance. Anche Angel, mentre tagliava i serpenti che provavano a circondarlo, sentì le lacrime scorrere, nell’udire quelle terribili urla. Ma non perse la concentrazione. Nonostante la preoccupazione per Aki avesse ormai raggiunto livelli stellari, aveva deciso di fidarsi di lui.
Lo avrebbe fatto fino in fondo. Mentre falciava quei serpenti e lo copriva… qualunque cosa stesse facendo.
Nel frattempo, il dolore di Aki non diminuiva. Era come se un’esplosione vulcanica stesse avendo luogo proprio dentro di lui. Voleva artigliarsi la pelle dello sterno e strapparsela con le unghie, per far uscire qualunque cosa che, adesso, stava nascendo dentro di lui. Sentiva la gola in fiamme, come fosse stato un inceneritore in miniatura.
E forse… forse aveva ragione. Perché adesso, dopo un ennesimo urlo, da occhi e bocca avevano preso ad uscire intense fiamme gialle e brillanti, così intense da provocare terribili ustioni intorno agli occhi ed alla bocca. La saliva e le lacrime si erano trasformate in metallo incandescente, che a contatto con il suolo sollevava spettri di fumo.
Il Sacerdote tornò ad abbracciarsi, sentendo il dolore che adesso raggiungeva il suo terribile apice.
Poi, come era arrivato, tutto scomparve.
Aki cadde a terra, privo di sensi, rannicchiato su se stesso.
Bocca spalancata, ed occhi che non si trovavano da nessuna parte.
Era… era come morto.
 
Ma morto non era, in vero.
Quando aprì gli occhi, si alzò a sedere e si guardò intorno. Il definirsi smarrito non iniziava nemmeno a spiegare quale fosse la sensazione che provava. Ovunque posasse lo sguardo, vedeva solo numerose ed altissime dune di sabbia rosse, che si espandevano fin verso il nulla a perdita d’occhio. Doveva trovarsi, a suo avviso, proprio sopra una di queste.
Sopra sua testa, un opaco sole cocente imprigionato in un cielo, probabilmente, terso.
Non poteva dirlo con certezza: la volta era nascosta da quella che credeva fosse un’incessante tempesta di polvere e sabbia, che tuttavia fluttuava sopra l’ambiente circostante come una specie di cappa. Incerto, Aki si issò in piedi, continuando a guardarsi attorno mentre l’ansia cominciava a ghermirlo.
Cos’era quel posto?
Come ci era finito?
Era… era per caso morto sul serio, alla fine?
Quello era il suo personale Inferno, per caso?
Non erano domande a cui avrebbe potuto trovare una risposta.
E in tutta onestà, trovare delle risposte non era la sua priorità.
Stava guardando verso il vuoto orizzonte quando, all’improvviso, sentì un suono alle sue spalle. Simile ad uno sbuffo. Si voltò di scatto, portandosi la mano dietro la schiena per estrarre un’arma che non aveva. E strinse i denti, scoprendosi disarmato in una situazione simile.
A pochi metri di distanza, a fronteggiarlo, trovò una grossa cavalla. Il particolare che, oltre a lui, l’unico altro essere vivente nel giro di miglia pareva essere solo quell’animale, venne accantonato mentre il Sacerdote ne studiava l’aspetto: era una bestia possente e muscolosa, decisamente più grande di un normale cavallo, dal manto nero come l’ossidiana. Ma non era quello il particolare che lo lasciava perplesso. Lo era la fluente criniera composta da lingue di fuoco fiammeggianti; lo era l’enorme porzione priva di pelle sullo sterno, che lasciava scoperta la cassa toracica; lo era il muso, costituito da un teschio allungato e bestiale, dai denti aguzzi e sporgenti come quelli di un vampiro. Lo erano le due fiamme rosse come il sangue che, dall’interno dei bulbi vuoti, parevano scrutarlo.
S’irrigidì, quando quella belva infernale mosse gli zoccoli nella sua direzione, lasciandosi indietro impronte incandescenti e fumanti. Si mosse piano, navigando sulla sabbia con eleganza e senza sprofondare.
Aki fece qualche passo indietro, mentre la creatura si avvicinava ulteriormente. Forse avrebbe dovuto darsela a gambe… ma dove sarebbe potuto andare? Le dune lo circondavano come una catena montuosa, e non sapeva quanto quel mostro sarebbe stato veloce a raggiungerlo.
Rimase dunque sorpreso, quando la creatura lo superò, fermandosi a pochi centimetri dal suo fianco.
Il Sacerdote sbatté le palpebre voltandosi verso l’animale, che sembrava guardarlo di sottecchi. Sbuffò dalle narici una linguetta di fuoco, senza smettere di osservarlo.
L’altro rimase un attimo in attesa, pronto a scattare al minimo segno di pericolo.
Ma quella non si mosse. Probabilmente, sarebbe anche rimasta immobile per tutto il tempo.
Poi, finalmente, il ragazzo ebbe un’intuizione “V-vuoi… vuoi che…?”
La creatura nitrì, facendolo sussultare, e sbatté gli zoccoli sulla sabbia. Gli parve quasi di vederla annuire, ma lo attribuì all’immaginazione. Deglutì, Aki: non era mai salito su di un cavallo, prima d’ora. Non si aspettava che, la prima volta, sarebbe stata con un destriero infernale.
Sempre se si trovava davvero all’Inferno, o in qualche altro posto completamente diverso.
In realtà, non ci stava capendo un cazzo.
Che cosa gli aveva fatto ingoiare… quella pazza della Sorella?
Salì in groppa alla belva, non senza una certa difficoltà, mettendo a tacere i suoi dubbi. Ovunque fosse, Angel adesso era là fuori contro quel Demone tutto solo, ed era controproducente perdere tutto quel tempo. Non appena fu sistemato per bene sulla sua groppa, la creatura impennò ed emise un potente nitrito, eruttando fiamme dalle fauci d’ossa, quasi disarcionandolo. Dovette incollarsi al largo collo, per non cadere all’indietro.
E dunque, partì al galoppo, lasciandosi dietro una scia di fiamme.  
 
[ https://www.youtube.com/watch?v=h6wHjHNBYbU ]
 
Per quanto tempo avevano galoppato?
Per quanto tempo, con il sole alle loro spalle, Aki e il suo destriero si erano lasciati alle spalle sabbia bruciata e fumante?
Non poteva dirlo con certezza.
Se si fosse arrovellato su quest’aspetto della sua situazione, era certo non ne sarebbe più venuto a capo. Voleva sperare che il tempo, ovunque si trovasse ora, scorresse in modo diverso da ciò che si trovava ‘all’esterno’.
Perché non era convinto fossero passate solo ore, o giorni.
Nulla aveva senso. Nulla. Che cos’era quella Reliquia che gli aveva consegnato Makima? Dove lo aveva portato? Anche Angel si era ritrovato in una simile situazione, quando aveva utilizzato il potere del suo bracciale? E tra tutte, un quesito lo disturbava maggiormente: si trattava di una Reliquia Angelica?
Perché di Angelico, in quelle dune che sembravano cumuli di sangue solidificato ed in quel cielo annebbiato dalla polvere, non c’era assolutamente nulla. Non era tuttavia nemmeno convinto di essere finito all’Inferno. Non solo l’inesistente ostilità della mostruosa cavalla – che, a passo spedito, lo stava portando verso una meta sconosciuta – lo avevo convinto di ciò. Ma qualcosa… una parte razionale – o forse irrazionale? – della sua mente gli diceva che non si trovava lì. Era un luogo lontano dal suo mondo, questo era certo, ma era lontano anche da concetti come Paradiso e Inferno.
Era qualcosa di… completamente diverso.
Lo sentiva nelle sue ossa, nella sua anima.
Aveva paura? Decisamente, ma non era la paura provata innanzi ad un Demone particolarmente forte, o di fronte alle immagini corrotte di suo fratello a cui era stato sottoposto durante la sua vita. Era un tipo di paura che, ne era certo, avevano provato anche i marinai che esploravano luoghi sconosciuti dell’Oceano. Degli archeologi che scendevano fino nel fondale più oscuro di una tomba dimenticata. Degli astronauti che, dalla loro navicella, osservavano lo spazio infinito.
Non sapeva dove quell’animale lo stava portando, e aveva paura.
Ma per qualche motivo… sentiva che ne sarebbe valsa la pena.
Doveva, valerne la pena.
Lo spettacolo delle gigantesche dune, per quanto bellissimo, cambiò proprio quando stava cominciando a diventare stagnante. Senza sapere come, o perché, Aki si ritrovò su di una strada di granito, composta da blocchi gialli, che si allungava fin dove l’occhio non arrivava. Le dune si erano improvvisamente abbassate, fino a sparire, lasciando spazio agli inquietanti e deprimenti scheletri di altissimi grattacieli vuoti, alcuni crollati di lato, altri appoggiati contro i gemelli ancora in piedi.
Sentinelle di un mondo morto, dai molti ed oscuri occhi da cui scendevano lievi cascatelle di sabbia.
“… sono finito nel futuro?” Si domandò, Aki.
La sua mente prese a vagare, e cominciò a chiedersi se fosse finito in una realtà alternativa, dove l’Apocalisse aveva colpito il suo Mondo. Scacciò il pensiero, conscio di essersi basato troppo sugli stupidi film che guardava assieme ai suoi coinquilini. No, non era un mondo apocalittico, quello. Non era finito nel futuro. Era più… un sogno? Era l’immagine astratta di un luogo di sabbia e rovine, in mezzo alla quale correva una lunga ed infinita strada.
Quindi stava sognando?
Poteva essere?
Ma allora come mai tutto gli sembrava così tangibile?
Un luccichio in mezzo alla sabbia lo costrinse a voltarsi, distraendolo da quei pensieri. Socchiuse la bocca, notando il nuovo spettacolo alla quale il ‘sogno’ lo stava rendendo partecipe: sommerse nei grani, stavano armi e armature, appartenute a popolazioni esistite forse centinaia di migliaia di anni fa. Le armi costellavano il terreno attorno alla strada, spuntando come erbacce, in mezzo ai grattacieli ed a pochissimi centimetri dal granito.
Non ne vide una che fosse identica alla precedente, che fosse una mazza, una spada o altro ancora. Anche le armature si susseguivano. Vide elmi di regni così lontani dalla sua terra, accompagnati dai kabuto dei samurai. Era come se gli eserciti storici di tutto il mondo si fossero scontrati tra loro, causando una distruzione senza precedenti.
Ma… non c’erano cadaveri.
Neanche un osso, o una goccia di sangue.
Solo ciò che questi eserciti avevano ‘probabilmente’ usato per farsi la guerra tra loro.
Era come se stesse passeggiando all’interno di una delle più grandi armerie mai esistite.
Forse, non si stava sbagliando poi così tanto.
Le armi ‘antiche’, molto presto, lasciarono spazio ad armi più moderne: fucili, pistole, baionette e cannoni presero a spuntare tutt’intorno, questi ultimi sommersi nella sabbia per metà. Poi ancora, si saltò di qualche altra epoca. I fucili diventarono mitragliatrici, i cannoni carri armati. Vide anche i rottami di aerei, che poi si trasformarono in droni. Vide missili inesplosi, che spuntavano dal rosso come macabri totem. Vide le immense sagome di navi da guerra arenate in mezzo e dietro ai grattacieli.
E poi, finalmente, vide altro spuntare dall’orizzonte, che gli fece raggelare il sangue in un modo che non aveva mai provato prima: strutture colossali, da far sembrare il Fuji un cumulo di terra, dalla vaga forma di rosa appena sbocciata. Cannoni così grandi che, ne era certo, un loro singolo sparo avrebbe potuto cancellare un intero continente da ogni singola mappa. Vide armature colossali come grattacieli, umanoidi, simili ai mecha che vedeva disegnati nei manga, in piedi come silenziosi guardiani in mezzo alle sabbie, coi grandi cannoni e fucili che spuntavano dal dorso delle braccia metalliche. Vide veicoli corazzati che non aveva mai visto in vita sua e che, molto probabilmente, non avrebbe mai visto prima di morire.
Capì, finalmente, che cos’era quel luogo: era un’eterna ed infinita esposizione.
Un inno solenne alla distruzione e ad ogni singola guerra.
Nelle memorie più lontane del passato.
Nelle viscere più sconosciute del futuro.
Aki, a testa alta, rapito e terrorizzato da ciò che stava guardando al tempo stesso, nemmeno si accorse che il cavallo aveva cominciato a rallentare il passo. Ci rimase quasi male quando, dopo aver visto strutture così maestose, la strada prese a vagare nuovamente in mezzo alla sabbia deserta. Ben presto, le armi delle epoche furono alle sue spalle. Davanti a lui, la strada invece prendeva a salire verso l’alto.
La cavalla, adesso, stava semplicemente camminando placida.
Fino a fermarsi.
Il Sacerdote sbatté le palpebre, trovandosi davanti uno spettacolo che, in confronto a ciò che aveva visto fino ad ora, trovò dissonante. Il destriero sbuffò ed il ragazzo interpretò quel gesto come un invito a scendere, perché erano arrivati a destinazione. Quando fu atterrato sul granito, che adesso formava una piazza di diversi metri, Aki fece vagare lo sguardo sulla casetta di legno annerito che si trovava davanti a lui. Sembrava così decadente e vecchia… che pareva esistere dall’alba dei tempi. A pochi passi, un mulino a vento di ferro arrugginito, le cui pale cigolavano sinistre muovendosi appena.
La cavalla era ripartita al galoppo, andando ad avvicinarsi alla scala di pioli che portava sull’impalcatura davanti alla casa.
C’era una persona, accomodata sui pioli. Qualcuno che non poteva essere definito umano.
Ammantata di nero, indossava un largo pastrano i cui orli parevano essere incendiati permanentemente, con alcuni frammenti che partivano e fluttuavano verso l’alto. Due spessi stivali di cuoio coprivano i piedi, e da essi partivano dei pantaloni rattoppati e stretti alla vita da una cintura composta da proiettili appuntiti. Dal collo, sopra ad una maglietta nera premuta sul fisico scolpito, scendeva una catenella a cui erano fissate tre piastre di metallo ciondolanti.
I nomi che vi erano incisi sopra erano illeggibili, a quella distanza.
La cavalla trottò allegramente vicino all’essere, abbassando il muso.
Senza nemmeno guardarla, quello sollevò un braccio dalla mano guantata di nero, passandola con affetto sul teschio.
“Brava ragazza…” la sua voce era roca e cavernosa ma, sorprendentemente, molto più umana di ciò che Aki si aspettava “… hai fatto un ottimo lavoro.”
Il Sacerdote deglutì a vuoto, non appena quel tizio si voltò verso di lui. La testa era come quella del destriero: un teschio animale, questa volta di toro, dalle lunghe corna infuocate che s’incurvavano verso l’alto. Non aveva collo, solo un’intensa fiammata inestinguibile, che avvolgeva tutta la sua testa come una specie di criniera. I suoi occhi erano fessure sinistre e maliziose, illuminate dalla luce delle fiamme.
Quando il suo sguardo incontrò quello dell’interlocutore, Aki percepì le stesse indecifrabili sensazioni che provava quando parlava con Makima. Uno strano tipo di timore, misto al più sincero e devoto rispetto.
“Sei molto lontano da casa, ragazzino.” Il ‘cavaliere’ puntò l’indice verso l’alto “cosa ti porta al mio cospetto, se posso chiedere?”
Piegò il dito verso di sé.
Subito, il Sacerdote si sentì attratto da una forza immensa, che lo costrinse in ginocchio e, per di più, lo portò a poco più che qualche metro di distanza dall’essere. Respirò a fatica, con l’ansia che stava nuovamente prendendo possesso del suo corpo. Alzò la testa, appena in tempo per vedere la creatura che incrociava le gambe e posava un gomito su una di esse.
“Apprezzo il rispetto, giovanotto. Ma non è necessario.” I suoi occhi parvero farsi ancora più affilati “non sei certo qui per leccarmi gli stivali, vero?”
Aki prese un profondo respiro, cercando di riottenere un po’ di compostezza.
Si mise a sedere sulle proprie gambe, in ginocchio “… sei…” mormorò con la gola secca “… sei un Demone?”
All’inizio, ci fu un lungo silenzio.
Poi l’essere sollevò la testa verso l’alto e spalancò le fauci, sgolandosi in una portentosa risata liberatoria. Il suono, nonostante fosse solo l’eco di risa, era talmente possente che avrebbe potuto scuotere le fondamenta del pianeta stesso. Si diede una pacca sul ginocchio, poi si piegò ulteriormente in avanti, portandosi un pugno sotto al mento “Diavolo no, moccioso! Se fossi un Demone, davanti a te troveresti un traditore della propria specie, dopo tutti i crimini che ho compiuto contro di loro. Certamente non potresti definirmi nemmeno un Angelo, però… o un essere umano.”
Aki deglutì a vuoto. Ma riprovò a fare la domanda “M-ma allora… cosa sei?”
Vide le fiamme propagarsi intorno al suo collo inesistente “… per adesso chiamami solo Cavaliere. D’accordo, giovane?”
Aki annuì. Da che aveva memoria, non si era mai sentito così agitato davanti a qualcuno.
Nemmeno davanti alla Sorella. Chi diavolo era quel tizio? Diceva di non essere un Demone… ma l’aspetto non era esattamente quello? Se così era… allora voleva dire che Makima stava facendo patti con i Demoni stessi per sconfiggerli? Eppure, proprio adesso… aveva detto che non si trattava di uno di quelli. E nemmeno di un Angelo.
Di cosa si trattava, dunque…?
“Senti un po’” con un sospiro infastidito, il Cavaliere aveva cambiato la posizione delle gambe “Avrai capito che il tempo che stai passando qui è diverso da quello che passi là fuori. Al momento la tua anima è letteralmente appesa nel limbo che è il mio Dominio, e stai per morire. Quindi datti una mossa e dammi una risposta: che cosa ci fai qui?”
Aki sbatté le palpebre “… s-sto per morire?”
Il Cavaliera si passò una mano sul muso taurino “Rispondi con altre domande… questi dannatissimi umani…” lo squadrò da capo a piedi “… ricominciamo: come ci sei finito qui? l’unico modo che uno di voi scriccioli può entrare nel regno di un Cavaliere è tramite un Sigillo. Come hai trovato il mio? Chi te lo ha consegnato?”
S-Sigillo?
Quindi non si trovava di una Reliquia?
Aki scosse la testa. Non era il momento “E’… è stata il mio capo, una donna di nome Makima, a farmi avere il tuo Sigillo. Mi ha detto che, se lo avessi utilizzato…”
“Makima?” se il Cavaliere avesse avuto le sopracciglia, probabilmente le avrebbe inarcate “… un momento… intendi dire una donna dai capelli rossi? Di bell’aspetto? Occhi gialli?”
Aki lo guardò sconvolto. Effettivamente, la Sorella aveva menzionato un suo amico quando gli aveva consegnato il proiettile. Aspetta… che quel suo amico fosse proprio il mostro che aveva davanti? La testa era sul punto di scoppiargli, mentre annuiva incerto.
Dal canto suo, il Cavaliere si spalmò una mano sulla faccia, facendolo sussultare. Al suo fianco, la cavalla sbuffò e scosse lievemente la testa “Quella donna non potrebbe semplicemente mettersi le mani nel culo qualche volta, invece di decidere per NOI chi deve diventare il nostro Araldo? È tanto difficile?”
Probabilmente il moro avrebbe capito di più se il suo interlocutore avesse improvvisamente cominciato a parlare in aramaico antico.
“Ascolta, bello” lo puntò con il dito guantato, imitando una pistola “se quella testona ti ha dato uno dei Sigilli, vuol dire solo una cosa: il vostro mondo è sul punto di essere inculato dal più grande e disgustoso cazzo che sia mai esistito. Senza consenso, ovviamente.”
Aki sbatté le palpebre.
L’essere… l’essere antico e probabilmente esterno a qualsiasi legge della natura conosciuta… si era appena espresso come un moderatore di Discord?
“Se i Sigilli che erano stati affidati stanno venendo dispensati, allora vuol dire che gli Eserciti Infernali hanno trovato un modo per risvegliare la Bestia. E fidati: ci siamo passati in quattro. Quando quella cosa uscirà bestemmiando dal mare, sarà veramente la fine per tutti. Senza scena dopo i titoli di coda.”
Aki, che stava ricevendo tutte quelle informazioni prive di filtri, scosse vigorosamente la testa.
Non voleva saperne nulla di tutto questo!
Sicuramente era un problema, ma adesso non era un ‘suo’ problema!
Angel lo stava aspettando, là fuori. Doveva tornare al più presto dannazione!
“Adesso non importa!” esclamò all’improvviso “Non so cosa dici e quale tipo di legame hai con il mio capo… ma non ho tempo da perdere!” lo guardò con animosità “Makima mi ha detto che dentro quella Reliquia, o Sigillo, era imprigionato un potere che mi avrebbe permesso di vincere qualsiasi battaglia. Sono qui perché voglio usare quel potere! Un amico…” strinse i denti e i pugni, sulle ginocchia “… Angel è in pericolo, e sta rischiando di morire perché si fida ciecamente di me! Non lo posso abbandonare perdendo tempo con questi discorsi, quindi ti prego…” tornò a guardarlo, mordendosi il labbro “… farò qualsiasi cosa, ma affidami questo potere! Permettimi di utilizzarlo!”
Seguì altro silenzio.
Silenzio in cui i due teschi animali puntavano gli occhi fiammeggianti sul giovane umano che, sentendosi osservato e giudicato, fu costretto ad abbassare lo sguardo.
Aveva forse mancato troppo di rispetto?
“Mh… forse hai ragione.” Rispose tuttavia il Cavaliere, massaggiandosi il mento ossuto con un dito “posso notare la tua urgenza negli occhi. Probabilmente io stesso mi rivolgerei al mio interlocutore nel medesimo modo, se sull’asta ci fosse la vita della mia amata ‘Rovina’.” Mormorò il Cavaliere, massaggiando nuovamente il muso della cavalla.
Aki sbatté le palpebre, poi voltò lo sguardo verso di lui “D-dunque…”
“Ma il mio potere non potrà mai appartenere alle persone che hanno un’anima troppo debole. Tu credi di essere degno di diventare un mio Araldo, Aki Hayakawa?”
Ed eccolo lì. Le sue viscere si contorsero, la sua mente fremette e la sua anima vacillò. Perché adesso non parlava più come un uomo, il Cavaliere. Ma parlava come ciò che era. Come ciò che era sempre stato. La sua voce possente finì fino in fondo al suo io e, in un momento, capì.
Capì con chi stava parlando. Chi aveva davanti.
E tornò ad avere paura.
“T-tu… tu sei…” mormorò Aki, con voce tremante.
“Umano, ti rivolgi a Guerra in persona, colui che durante la Prima Apocalisse assieme ai suoi fratelli sguainò le proprie armi contro alla Bestia che minacciava di divorare la tua Terra, pretendendo un potere che un misero ed insignificante insetto non potrebbe nemmeno comprendere. La tua insolenza meriterebbe un’esemplare punizione. E tuttavia… non rigetti le tue idee? Nonostante la mia furia ti blocchi per la paura e la mia rabbia faccia tremare le tue ossa… vuoi comunque ottenere il potere di un Cavaliere e portare il suo brutale messaggio ai Demoni come suo Araldo?
Aki respirava a fatica.
GUARDAMI, MORTALE” ruggì l’essere. Le fiamme avvolsero la sua testa come un geyser e la Cavalla di nome Rovina impennò, nitrendo rabbiosa “Vacilla, e sarai disintegrato. Mostra il tuo coraggio… e potrò decidere di renderti partecipe al dono che ti permetterà di fare ammenda e di proteggere coloro che ami. La tua anima è debole, ma con la benedizione di un Cavaliere, potrà finalmente bruciare intensa come un sole in miniatura. Abbandona il dolore del passato, e pensa per una buona volta al presente: vuoi tornare dal tuo compagno?
Aki strinse i denti, mentre calmava lentamente il respiro.
Vuoi distruggere i nemici dell’umanità, che hanno portato via tuo fratello e la tua famiglia?
Strinse anche i pugni, mentre una sensazione che non provava più da tempo s’impadroniva della sua anima.
Vuoi punire i cani e porci che ti hanno ridotto un guscio vuoto? Coloro che minacciano di compiere ciò che hanno fatto con te con altri innocenti? O vuoi passare il resto della tua vita a commiserarti e a desiderare la via d’uscita dei codardi?
“…no” non riconobbe quasi la propria voce.
Allora vuoi tu, Aki Hayakawa, ottenere il potere di un Araldo? Diventare la mia arma contro alla macchina del Male sulla tua Terra e distruggerne ogni singolo frammento!?
“… sì…”
GUARDAMI AKI HAYAKAWA!” il cavaliere si alzò in piedi, sotto all’eco di centinaia di migliaia di ordigni nucleari che si detonavano alle spalle della casetta di legno. I funghi erano talmente tanti da formare una vera e propria foresta “VUOI OTTENERE IL POTERE DI UN CAVALIERE DELL’APOCALISSE!? PREGAMI DI AFFIDARTELO! PREGAMI DI DARTI QUESTO POTERE!
E finalmente Aki alzò lo sguardo. Gli spostamenti d’aria delle esplosioni fecero danzare i lunghi capelli neri e i lembi della sua camicia stracciata. Ma nei suoi occhi ogni segno di esitazione era scomparso. Il suo sguardo era solo una maschera di furia.
Una furia che stava per esplodere “SI’, POTENTE CAVALIERE! TI PREGO DI DARMI IL TUO POTERE! COSI’ CHE IO POSSA DISTRUGGERE TUTTI I MIEI NEMICI E PROTEGGERE CHI A-”
Il suo collo si piegò all’indietro, occhi sgranati e bocca socchiusa.
Un foro di proiettile in mezzo alla fronte, fumante come una sigaretta.
“Uhm… ok, può bastare per oggi” mormorò il Cavaliere della Guerra, tornato seduto. Nella mano destra, la canna fumante di un revolver nero come il carbone, solcato da crepe dentro le quali pareva scorrere il magma “volevo solo fare un po’ di scena: ti avrei dato comunque il mio potere in prestito, perché mi fido della psicopatica che ti ha mandato da me.” Si portò l’arma alla spalla, per poi tornare ad accarezzare il muso di Rovina “tuttavia, Aki, la tua anima è ancora un po’ debole, e voglio credere di non aver appena fatto il peggiore errore della mia vita. Ed ho vissuto a lungo.”
Il corpo di Aki, immobile e piegato leggermente all’indietro, cominciò a tremare spasmodicamente.
“Per adesso, un assaggio: sopravvivi a questa goccia di dono, e sarà tuo. Altrimenti… beh, serve davvero che lo dica?”
Ed assieme ad uno spruzzo di liquido giallo e brillante, simile a metallo fuso, dal foro di proiettile sulla fronte del Sacerdote prese ad uscire la canna nera e avvolta da vene rosse di una pistola.
 
[…]
 
Non poteva andare avanti, così.
Letteralmente, non si trattava di un modo di dire.
Il corpo di Angel era arrivato allo stremo e, molto probabilmente, provare anche solo a fare un passo in avanti sarebbe stato a dir poco impossibile. Tremava come una foglia, ancora in guardia con la spada alzata, sanguinante e macchiato di lividi e polvere. Le lame fluttuanti si erano sgretolate del tutto e le brillanti ali, ormai, avevano ancora poche piume che andavano dal grigio al nero, di tanto in tanto staccandosi e danzando mogiamente verso terra. Le ossa delle ali si vedevano tra gli enormi buchi sanguinanti che adesso le componevano, in uno spettacolo tetro e pietoso.
D’improvviso, pure l’aureola che brillava sulla sua testa si divise in due.
Le estremità s’infransero come bicchieri di cristallo, appena toccarono il suolo.
“Merda… sono davvero fottuto…” puntò lo sguardo avanti, verso Valak, che troneggiava davanti a lui come un fare del male.
Attorno a lui, che avanzavano mogiamente, il segnale che il Sovrano Demoniaco aveva utilizzato contro al rosso la stessa medicina che aveva adoperato con Aki: distorti e anchilosati, avvolti da serpenti più piccoli che pendevano come cinture o sciarpe, con occhi neri e vuoti e sorrisi troppo larghi ed inebetiti, avanzava la gente con cui aveva condiviso per ciò che sembrava un’esistenza passata segreti, amori e passioni.
Un insulto verso gli abitanti del villaggio con cui aveva vissuto la sua infanzia, prima del loro sterminio.
Ci hai abbandonati…
Siamo immersi nel buio…
Perché tu sì e noi no…?
Non è giusto…
I sussurri lo stavano facendo vacillare. Quando il Demone li aveva generati dal nulla come fossero stati solo uno stupido trucchetto di magia, il Sacerdote si era messo a piangere. Era anche sul punto di avere un attacco di panico e, molto probabilmente, se non fosse stato per l’influenza che la Reliquia aveva sulla sua mente in quel momento, sarebbe stato sopraffatto.
Era comunque stato costretto a tagliarli. Più di una volta, dato che quei maledetti burattini di carne e serpi continuavano a rialzarsi. E ogni volta che feriva mortalmente uno dei suoi amici, ogni volta che li vedeva crollare a terra in una pozza nera e che la sua anima vacillava, poteva sentire anche il potere dell’Ophanim sempre più lontano.
E adesso era lì, ricoperto di ferite e più debole di uno straccio, mentre quelli avanzavano.
E Valak lo guardava dall’alto verso il basso come fosse stato un misero scarafaggio.
Sputò un grumo di sangue e-
“Basta Angel… non vedi come sei ridotto…?”
Un paio di fresche mani si posero sulle sue guance sporche.
Il Sacerdote, sconvolto, abbassò lo sguardo specchiò i propri occhi rossi come il sangue in quelli neri dell’altra giovane ragazza, che lo guardava sorridente mentre emergeva da sotto terra, immersa fino alla vita in una pozza di spire. I capelli neri come l’ebano scendevano corti sul collo dalla pelle scura, ed uno strano tatuaggio a forma di catena appariva sulla sua fronte.
Strinse i denti, Angel, mentre le lacrime ripresero a scendere violentemente sulle guance.
“Povero Angel, il mio amato Angel…” disse la giovane, carezzandogli le guance dolcemente e asciugandogli le lacrime con un dito “sarai così stanco. Ma adesso basta, non dovrai più combattere: vieni con noi! Andiamo, tutti assieme, quassooooooooooooooooo
Come l’immagine di una fotografia che comincia a sciogliersi dopo essere passata sotto all’acqua, il sorriso della ragazza si allargò esponenzialmente, partendo da orecchio a orecchio, trasformandosi nella fessura di un abisso. Gli occhi s’infossarono fino a sparire e, dai bulbi vuoti e dal tatuaggio, cominciò a scendere del denso liquido nero.
No…” disse Angel, con voce rotta, mentre la creatura che aveva preso le sembianze della sua prima cotta rigurgitava il corpo pallido e sporco di sangue di un cobra, che salì verso l’alto fino a fronteggiare il ragazzo, estendendo le gobbe e sibilando maligno, squadrandolo con due maliziosi occhietti neri.
Capì ciò che aveva passato il suo compagno.
Capì a cosa molto probabilmente aveva dovuto assistere, prima del suo arrivo.
Capì che, forse, era stato troppo duro con lui, per quanto convinto di aver ragione.
Se non fosse stato per la Reliquia che bruciava il suo braccio, sarebbe impazzito anche lui.
La spada si sollevò, rapida, menando un fendente orizzontale che decapitò la creatura senza troppi complimenti, nonostante quell’azione gli costò una pesante fitta al cuore. Il corpicino della giovane cadde a terra in una pozza di sangue, per poi scomparire avvolto dalle fiamme nere.
Angel crollò in avanti, utilizzando la spada per sostenersi.
Hai macchiato la loro memoria… hai fatto dire ad Aki quelle cose terribili…” sibilò il ragazzo tra i denti.
Poi si sollevò di scatto, su gambe malferme, ma con un’espressione inferocite e gli occhi che lanciavano lampi. Lacrime di sangue scendevano dagli occhi, mentre apriva ciò che rimaneva delle ali del tutto “… NON TI PERDONERO’ MAI PER QUESTO!!
Valak si limitò a continuare a guardarlo con sufficienza.
E gli esseri avvolti dai serpenti scattarono, ridendo sguaiatamente come iene.
Tremante, Angel prese la spada a bimane, preparandosi per l’impatto.
E poi, come durante un’esecuzione in pubblica piazza, ogni singola creatura venne crivellata di colpi, che fecero esplodere i loro arti, i serpenti e le loro teste. Come crollarono a terra, senza rigenerarsi e bruciando tra le nere fiamme, per la prima volta, il Sovrano sembrò sorpreso.
Angel s’inginocchiò a terra, sempre respirando a fatica, con le ali che si sgretolavano dietro di lui, la testa bassa. Alzò la testa, rivolto alla figura che era apparsa innanzi a lui.
Una figura alta come Aki, che indossava gli stessi vestiti di Aki – più uno strano poncio annerito ai bordi, che copriva quasi tutto il suo corpo – e con gli stessi lunghi capelli che scendevano fino alla fine del collo. E nonostante questo, il rosso percepì che qualunque cosa si trovasse davanti a lui, in quel momento, fosse quanto di più distante dal suo collega.
Non riuscì nemmeno a sentirsi sollevato dal vederlo lì in piedi, davanti a lui.
Però lo aveva protetto, no? Non era ostile, giusto?
“A-Aki…?” mormorò, impaurito.
E quello si voltò.
Un brivido corse lungo la schiena mentre si portava le mani alla bocca e sentiva le lacrime che scendevano sulle guance, quando scrutarlo non furono gli occhi chiarissimi del suo compagno ma la canna nera e avvolta da vene rosse di una pistola, che spuntava tra i capelli neri troppo lunghi e che gli coprivano la parte superiore del viso come una maschera. Quella cosa, tuttavia, non mosse un dito nella sua direzione. Si limitò a sospirare una nuvoletta di fumo incandescente, mostrando la dentatura aguzza sostituita da un’esposizione di proiettili appuntiti.
Restò a guardarlo per un po’, come a sincerarsi che stesse effettivamente bene.
Vedendo le ferite, grugnì, voltandosi verso Valak.
Come quell’occhio rosso vide il mostro che Aki era diventato, Angel lo percepì, tutt’intorno a lui, come un gas tossico: il Sovrano Demoniaco era Terrorizzato.
Non era nemmeno certo che i Demoni di quel rango potessero provare paura.
Ma era certo che fosse proprio ciò che, adesso, stava succedendo.
Ma durò poco, poiché poco dopo il corpo di serpenti sollevò la testa verso l’alto, ruggendo rabbioso.
E Aki rispose: sollevò il collo verso l’alto ed emise un ruggito a sua volta, spalancando la bocca in modo naturale. Il suono che uscì dalla bocca aveva un richiamo alla sua voce precedente, accompagnato però da qualcosa di più bestiale, primitivo.
Una rabbia accecante e incandescente, che stava per bruciare ogni cosa.
Mentre ruggiva, liberò le braccia dal poncio, la cui pelle pareva fusa con un’accozzaglia non omogenea di fucili d’assalto, altre pistole e baionette dalla lama arrugginita.
Il Sacerdote ferito capì che era il momento di farsi da parte: non era più uno scontro tra umano e Demone, o tra Bene e Male.
Da lì in poi, sarebbe stata una battaglia tra belve feroci, e solo la più violenta avrebbe vinto.
 
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Aki pestò il piede a terra, sollevando le assi di legno e scattando verso il nemico.
Quello roteò il proprio deforme corpo verso l’alto e partì all’attacco a sua volta, snudando le centinaia di fauci. Ma il mostro che il Sacerdote era adesso diventato, scrollò il braccio di lato e liberò una lunga baionetta, che menò in avanti in un poderoso fendente ascendente.
Divise a metà il corpo per lungo, mutilando diversi mostri nel processo, poi balzò e si ritrovò esattamente sopra al gruppo di esseri, che si contorcevano rabbiosi. Ricominciò a correre in avanti, facendo danzare la lama arrugginita come quella di un frullatore e tagliando tutto ciò che gli passava sotto tiro. L’arma brillava alla luce delle fiamme verdi, sollevando schizzi neri verso l’alto come esplosioni di petrolio e sporcandosi il poncio.
Valak emise un lamento rabbioso e subito cambiò forma, assumendo le sembianze di due gigantesche braccia dalle mani con spesse dita che partivano dal suolo. Aki balzò verso l’alto poco prima che la metamorfosi finisse, con una capovolta, quindi si voltò in direzione del nemico che, con un ulteriore ruggito, tese gli arti striscianti verso di lui. il Sacerdote tese le braccia di lato, facendo scattare qualcosa come dieci sicure in una volta sola, poi puntò fucili, mitragliette e pistole verso la minaccia, sempre più vicina.
Aprì il fuoco, crivellando di buchi i serpenti e ciò che si trovava sotto di essi con la stessa quantità di proiettili che avrebbe sparato un intero plotone armato. Talmente tanti erano i colpi, che bastarono per tenerlo sollevato da terra, bloccato in aria.
Valak non riuscì nemmeno a sfiorarlo.
E subito, non appena ne vide l’occasione, Aki si voltò di scatto all’indietro e sparò con otto fucili a canne mozze all’unisono, scagliandosi come una meteora verso la base serpentesca del nemico, proprio al suo centro. Arrivato lì, tornò a fronteggiarlo e snudò le zanne, infilandosi poi una mano in gola ed estraendone una grossa granata fatta di metallo, budella e arterie.
Infilò la bomba in mezzo alle serpi e tolse la sicura.
L’ordigno esplose con un lampo, scagliando lontano il Sacerdote, che atterrò con la schiena sugli assi di legno, assieme ad altro sangue nero e altre viscere di serpente.
Non ci mise che un secondo a ritornare subito in piedi, mentre Valak si lamentava come un cetaceo demoniaco. Ripartì dunque all’attacco, il Demone, circondando il nemico con una recinzione fatta spire e fauci. Da cui, lentamente, emersero le coppie roteanti di suo fratello e dei suoi genitori. Coppie che lo insultavano, denigravano, che gli chiedevano per quale motivo li stesse ferendo, per quale motivo non si fosse ancora arreso e per quale motivo non li avesse ancora raggiunti.
E per tutta risposta, l’Araldo della Guerra sollevò le braccia armate verso l’alto, facendo danzare i vari fucili che le componevano e unendoli tra loro come tentacoli. Il metallo si fuse col metallo, le vene con le vene, e le braccia di Aki diventarono due gigantesche minigun, spesse come pali della luce. Tese le braccia e, mentre ancora suo fratello gli chiedeva ‘perché mi fai questo? Io ti voglio be-” cominciò a sparare, facendo cadere a terra una quantità infinita di bossoli, fino a formarne un largo tappeto.
Senza smettere di sparare, prese a roteare su se stesso, come una mortale elica.
Sordo ai lamenti dei famigliari che lo pregavano di smettere.
Non c’era più spazio per inutili sensi di colpa, dentro di lui, e per lasciarsi ingannare da quei trucchi.
Aveva solo un obbiettivo: distruggere tutto.
Senza lasciare più nemmeno un pezzettino di quel Male che adesso provava ancora a tormentarlo.
Smise di sparare quando le voci smisero di tentare di graffiargli la mente. Puntò le minigun ancora fumanti, dunque, su di un grumo di serpenti e sangue che vibrava debolmente davanti a lui. Impietoso, ricominciò a sparare, schizzando sangue nero e pezzi di serpente verso l’alto, crivellando e facendo scempio di quella piccola montagnetta di rettili.
Che rimase tale ancora per poco.
Subito, da quella stessa emerse una gigantesca colonna vertebrale, collegata all’enorme teschio di un caprone dalle tre paia corna affusolate e nere. L’occhio rosso di Valak brillava nel bulbo vuoto destro. Aki cambiò la mira, puntando le armi verso la creatura ruggente, che ignorò tutti i colpi. Le fauci candide del Demone bloccarono il ragazzo a terra in un’esplosione di polvere e pezzi di legno, facendogli smettere di sparare. Lo sbatté a terra un paio di volte, per poi scagliarlo verso il soffitto, dove si schiantò violentemente.
E poi, il Sovrano si lanciò nel suo ultimo e disperato attacco: il corpo ossuto tornò nella poltiglia di serpi, che tremò appena per poi sollevarsi ed abbassarsi, creando un infinito e permanentemente in movimento lago di creature, che si attorcigliavano tra loro all’infinito.
Come il corpo del Sacerdote prese a precipitare verso il basso, dal lago si formarono sei enormi copie della forma umanoide di Valak, che tesero le braccia verso il ragazzo con un ruggito scrosciante. Ragazzo che, forse, non aspettava che quel momento: sollevò il braccio destro verso l’alto, che tornò normale. E, lentamente, generò dalla pelle del palmo della mano che si apriva come tagliata, una sfera di metallo.
Sfera che prese ad allungarsi sempre di più.
Fino a trasformarsi del tutto in un grosso missile di metallo e vene pulsanti. Tese l’altro braccio verso l’alto, sparando nuovamente con il suo gruppo di fucili a pompa e piovve verso il basso, schivando le braccia del Demone che provarono ad afferrarlo, tendendo più che poteva l’ordigno dietro la schiena.
A pochi centimetri dal suolo di squame, Aki abbassò il braccio.
La punta del missile sfiorò appena uno dei serpenti.
La potentissima esplosione illuminò a giorno il cielo dell’abisso e divelse il tetto della casa, scagliando i serpenti che non vennero sgretolati dalla sua potenza a spiaccicarsi contro al muro. Angel, che aveva osservato il susseguirsi di eventi a bocca e occhi spalancati, infilzò la spada a terra e la tenne stretta per l’elsa, per evitare di venire spazzato via dall’onda d’urto.
Chiuse gli occhi, per evitare di venire accecato dalle schegge.
E finalmente, quando le orecchie smisero di fischiargli, tornò a guardare ciò che aveva davanti.
Di Valak, a parte il sangue nero e qualche serpentello che si sgretolava o strisciava via impaurito, non vi era più traccia. Ed al centro del poco che rimaneva di quella soffitta, ora tornata quella di una normale casa, sotto un normale cielo che, lentamente, stava uscendo dalla notte ed entrando nel mattino, circondato dalla macchia nera di un’esplosione, Aki nella sua terrificante forma stava solenne, testa bassa e respiri placidi.
“…W-woah…” non seppe che altro dire, nel guardarlo.
Un movimento dal fondo della casa, poi, attirò i due Sacerdoti.
Aki si voltò di scatto con un grugnito in direzione del rumore, rimettendosi in guardia: un grumo di serpenti, intenti ad azzannarsi a vicenda, si stava lentamente alzando, fino ad assumere le vaghe sembianze di un essere umano. Tra le spire, si potevano vedere i muscoli pulsanti di rosso e le ossa.
Incastonati in quello che si poteva riconoscere di un teschio umano, vide un paio di occhi rossi, che lo scrutavano da sopra un ghigno rabbioso.
L’Araldo si calmò, riconoscendo il poco che rimaneva del Male di Valak in quella misera caricatura umana.
Voltò lievemente lo sguardo verso il tappeto di bossoli, e tese le dita della mano destra.
Nella sua mente annebbiata dalla furia e dall’intento di annientare il nemico, trovò spazio un po’ di lucidità: adorava giocare a baseball con suo fratello. Ed era sempre stato un ottimo lanciatore. Pensò a questo, mentre i bossoli si sollevavano da terra e convergevano nella sua mano spalancata, formando poi una palla di metallo incandescente che il Sacerdote fece palleggiare un paio di volte.
Valak alzò le braccia al cielo e ruggì rabbioso, scattando come una belva feroce verso Aki.
Aki che, all’ennesimo palleggio, si voltò verso il nemico e si piegò in avanti, tendendo il braccio all’indietro più che poteva e stringendo la palla di proiettili con forza.
Per te, fratellino avrebbe detto, se fosse stato in grado di parlare in quella forma.
Scagliò la palla di proiettili che, non appena incontro il bersaglio, esplose. Il corpo di Valak venne divelto della sua parte superiore in un’esplosione di sangue e organi. Di lui rimasero solo le gambe, ancora intente a correre. Quelle superarono il corpo tornato sull’attenti di Aki, per poi rallentare tremanti, cadere in ginocchio e coricarsi del tutto.
Una polla di sangue nero si formò sotto di esse.
Ed il Sovrano della Cabala nera si sgretolò, svanendo per sempre.
Aki rimase ad osservare la pozzanghera di nero lì davanti, imitato dal compagno. Poi, di scatto, si portò le mani al petto, inginocchiandosi a terra e vomitando qualcosa che doveva corrispondere ad una scatola di proiettili. Emise un altro strepito, dolorante, per poi rimettere ancora.
“AKI…!” sgranò gli occhi, Angel, quando vide tutte le armi staccarsi dal corpo del compagno, mentre il poncio che lo avvolgeva si sgretolava al vento.
Poi, finalmente, la testa della pistola che aveva in mezzo alla fronte si staccò a sua volta, colando a picco collegata da filamenti appiccicosi di sangue. Liberando finalmente i suoi splendenti occhi azzurri. Prese lunghe boccate di respiro, passandosi le mani tremanti sul suo viso.
Sono… sono ancora vivo?
“AH! Pazzesco: mai mi sarei aspettato di rivedere un moccioso umano sostenere il potere di un Araldo in modo così divertente!”
Aki sussultò, voltandosi di scatto verso destra ed incontrando il Cavaliere della Guerra e Rovina, il primo che lo stava guardando a braccia conserte ed annuendo compiaciuto.
“Una mini esplosione nucleare, Hayakawa? Sul serio!? Anche meno!” rise il Cavaliere, seguito dallo sbuffo della cavalla.
Il Sacerdote, dopo lo smarrimento iniziale, sorrise “Qualcosa mi dice che avresti potuto fare di peggio…”
“Oh certo! Ma se avessi fatto io ciò che hai fatto tu oggi, l’America sarebbe sparita dalle mappe.”
Adesso capiva per quale motivo non lo avesse aiutato direttamente.
“Ragazzo” la voce imperiosa del Cavaliere lo fece sussultare “Ora che hai ottenuto il vero potere di un Araldo dell’Apocalisse, non potrai più tornare indietro: se stiamo parlando, in questo momento, è perché la Chiamata è sempre più vicina. Gli altri Araldi sono stati scelti e, molto presto, l’ultimo scontro contro i Demoni si consumerà lasciando terra bruciata sul tuo Pianeta. Dovrai essere pronto, e condurre la Voce del Drago alla vittoria.”
“… con tutto il dovuto rispetto” Aki sospirò spazientito “… io non ho la benché minima idea di cosa tu stia parlando.”
Guerra lo squadrò torvo. Poi scoppiò a ridere.
“Già, già… immagino di no. In fin dei conti, sarai decisamente esausto. Non si può sopravvivere all’utilizzo del potere di un Araldo senza avere una gran quantità di ripercussioni. Ti lascio al tuo riposo, umano. Non ti annoierò con ulteriori discorsi che ora non puoi comprendere. Credo che tu sia in buone mani, dopo tutto.”
Un impatto mediamente forte piegò il corpo inginocchiato a terra di Aki in avanti, facendogli sgranare gli occhi e facendo svanire la visione del Cavaliere. Lo stesso oggetto che lo aveva colpito, lo fece coricare a terra, restando appoggiato sulla sua pancia. Il moro sbatté le palpebre, rivolto al cielo, poi abbassò lo sguardo, incontrando una famigliare chioma rossa. Forse Angel disse qualcosa, ma era tutto troppo sommesso dal fatto che adesso la sua faccia era affondata contro di lui, mentre gli abbracciava la vita.
Quindi, il neo-Araldo sorrise arrossendo lievemente, poggiando una mano sulla testa del compagno e carezzandolo dolcemente, rimanendo a guardare il cielo che andava a schiarirsi sopra di lui.
Rimasero immobili per tutto il tempo necessario a riprendersi.
 
[…]
 
 “… e in sostanza, a quanto pare, sta per arrivare una specie di mostro gigante che sta per distruggere tutto. E adesso la patata bollente è stata passata a noi.”
“Mh.”
“Sono abbastanza sicuro che la Sorella Makima sospettasse questa sequenza di eventi già da prima. altrimenti non ci avrebbe consegnato le Reliquie così presto. Non trovi?”
“Hai ragione.”
Si erano lasciati alle spalle le rovine della casa di legno, dopo essere rimasti abbracciati sul freddo pavimento per molto più tempo di quanto si aspettassero entrambi, raccogliendo il poco che rimaneva delle loro cianfrusaglie. Le effigi sacre che contenevano Valak nella sua prigione pronta ad essere infranta si erano sgretolate al vento, come se una volta sconfitto permanentemente il Male che tentavano di contenere il loro ruolo fosse finalmente arrivato a compimento. Dall’abbraccio, non si erano più parlati, circondati da una pesantissima bolla d’imbarazzo.
Inoltre, Aki, era abbastanza convinto che quell’altro ce l’avesse ancora con lui per come lo aveva trattato prima. E come biasimarlo? Era stato davvero uno stronzo ed aveva detto cose che, ne era certo, non si sarebbe mai sognato minimamente di dire a mente lucida.
Era un po’ preoccupato di aver rovinato per sempre il loro rapporto.
Ma insomma… dopo quel breve momento d’intimità, voleva dire che c’era ancora qualche possibilità di rimettere a posto le cose, no?
All’ennesima gelida risposta di Angel, che lo precedeva, Aki sospirò sconsolato.
Strinse i pugni “Ehi, Angel…”
“Andiamo adesso.”
“… ehi.”
“voglio subito farmi una doccia, e lasciarmi dietro questa nottata del cazzo.”
“Aspetta…”
“Non perdiamo tempo.”
“ANGEL, PORCA MISERIA!”
Si portò di scatto le mani alla bocca, rendendosi conto di aver alzato troppo la voce. Però il collega si era fermato, voltandosi lievemente verso di lui. Non poteva vederlo in faccia, ma sicuramente lo stava guardando male.
Prese un profondo respiro, facendosi coraggio.
Non poteva certo comportarsi da codardo, adesso che lo aveva istigato, giusto?
“Angel, ascolta… quello che ho detto prima…” si passò una mano dietro la testa, imbarazzato “Non ho scuse, davvero. Neanche una. Potrei dire che la mia testa non era esattamente al suo posto, ma sarebbe solo da codardi. Ho fatto un’enorme cazzata e ti ho ferito… mi dispiace.”
“… puoi scommetterci, che l’hai fatto.”  
Beh, almeno aveva finalmente risposto. Con al freddezza di Nettuno, però lo aveva fatto.
“I-io non so come ti sarai sentito. Ho sofferto a mia volta, ma sicuramente anche tu hai subito lo stesso terribile trauma e, a differenza mia, sei riuscito ad uscirne molto più dignitosamente. Perché, a differenza tua, io sono molto più debole…” ridacchiò nervoso, sentendo le lacrime che pungevano i suoi occhi “p-però… però non voglio che tu ce l’abbia con me, davvero.”
Angel non disse nulla. Lo prese come  un invito a continuare.
“Qualcosa non va con la mia testa. Ogni giorno che passa, me ne rendo conto sempre di più! Ho deciso che avrei fatto del mio meglio per tenermi tutto dentro… per non esporre nessuno ai miei problemi del cazzo… ma se il risultato è solo arrivare poi al limite e reagire in questo modo davanti alle persone che amo…” lo guardò intensamente, con le guance bagnate “… non so se potrai mai perdonarmi… ma ti prego… non odiarmi, Angel! Farò del mio meglio per smettere di trattenere tutto, per parlare di più con voi… ma non posso farcela, senza il tuo aiuto!”
Non rispose, il rosso, ma lo vide irrigidirsi.
Si strinse nelle spalle, pizzicandosi la giacca nera con le dita.
“… pensi davvero che questa scenata basterà per farmi smettere di essere arrabbiato con te?”
“Ang-”
Il pugno alla bocca dello stomaco gli bloccò il respiro, facendolo piegare in avanti. Doveva ricordarsi che, nonostante la stazza minuta e i modi, quasi sempre, delicati, quel tipo era piuttosto violento quando ci si metteva. Aki s’inginocchiò a terra, con le mani sulla pancia, e alzò lo sguardo verso il suo interlocutore, che abbassava lentamente il braccio guardandolo con l’incazzatura che usciva dalle orecchie.
“Vuoi che ti perdoni? Comincia allora a smettere di pensare di meritarti tutte le punizioni del mondo. Non è colpa tua se la tua famiglia è morta, e anche se ti sei comportato come un bastardo, poco fa, ci vuole molto più di questo per cancellare il fatto che sei una brava persona! Soprattutto, non credere che facendo una scenata da pazzo suicida ti permetta di farmi allontanare! Non riuscirai a liberarti di me così facilmente” si diede qualche pugno sulla fronte “PORCA MISERIA AKI, sei il tipo di persona che non si ritiene degna nemmeno del più semplice ed inutile complimento. Hai idea di quanto la cosa mi faccia prudere le mani!? La modestia ti rende sicuramente sexy, ma a questo livello ti rende anche una calamita per pugni.” Affilò lo sguardo “I miei.
Lo spadaccino, inginocchiato a terra mentre recuperava il fiato, guardò il compagno che lo stava sgridando con due occhi che quasi uscivano dalle orbite.
“Adesso ti spiego cosa succederà: andremo all’albergo, ci faremo una cazzo di doccia e poi, a costo di trascinarti di peso, mi porterai da Denny’s a fare colazione. E ti conviene sganciare il portafogli, perché non ho intenzione di sborsare nemmeno un centesimo. Ci siamo capiti?”
Chiuse il discorso alzando un po’ più la voce del dovuto.
E rimasero per un po’ in silenzio, a guardarsi.
A quel punto Aki, scosso da un brivido, si portò una mano alla faccia.
Per poi esplodere in una grassa risata liberatoria, con le lacrime che scendevano dagli occhi.
L’interlocutore, sorpreso, scosse la testa “Adesso si può sapere che diavolo ti pre-”
Sia benedetto il giorno in cui ci siamo conosciuti, Angel” alzò la testa, Aki, verso l’altro Sacerdote, che adesso lo guardava con occhi sgranati “Sono così felice che tu sia mio amico. Che tu abbia ancora tutta la forza necessaria per sopportarmi. Cazzo…” si passò una mano tremante sugli occhi “… se tu non facessi parte della mia vita, non saprei nemmeno come farei respirare.”
Angel, che adesso aveva le guance dello stesso colore degli occhi, digrignò i denti ed aggrottò le sopracciglia “C-come… come puoi dire queste cose in modo così- sei davvero… davvero…
Scattò ed afferrò quel poco che rimaneva del colletto della giacca del compagno, facendolo sussultare e tirandolo verso di se. Per poi stampare le proprie labbra sulle sue, in un miscuglio di violenza e delicatezza che lo stordì come una mazzata dietro la nuca.
Quindi l’alito di Angel sapeva di menta? Chi lo avrebbe mai detto.
Onestamente? Sarebbe morto bloccato in quella posizione, ma poi il rosso interruppe il contatto con una certa irruenza, facendolo vacillare all’indietro.
Cadde sulle chiappe.
“ANGEL! MA COSA-” tornato in sé, Aki si portò una mano alla bocca, arrossendo fino alla punta dei capelli.
Quell’altro era tornato a dargli le spalle, ciondolando avanti e indietro e intrecciando le dita tra loro, con le mani giunte dietro la schiena “Quando… quando hai detto di voler utilizzare quella Reliquia, mi sono arrabbiato, perché pensavo fosse semplicemente una tua altra scusa per tentare di ammazzarti… ma poi…” prese un profondo sospiro, intrecciandosi una ciocca rossa attorno all’indice “quando sei tornato in quel… modo, e quando hai fatto il culo a Valak così platealmente… eri davvero super figo, Aki.”
Si voltò verso di lui, rosso in viso e lo puntò col dito, aggrottando le sopracciglia “Voglio ancora vedere altri tuoi lati così fighi, da ora in poi. Quindi… quindi non tentare mai più di morire, intesi?”
Mentre collegava i pochi neuroni che non erano bruciati urlando durante il bacio, il moro trovò la forza di sorridere raggiante “Te lo prometto.”
E Angel capì di essere molto debole ai sorrisi sinceri, sereni e grati. Soprattutto se attaccati al volto della persona che si ama. Si voltò di scatto con la testa bassa, con la pelle che adesso era un tutt’uno con il colore dei capelli “Idiota. Sono ancora arrabbiato con te! Prenderò le cose più costose che ci sono in quel cazzo di ristorante e ti farò finire in banca rotta!”
Aki ridacchiò, per poi tirarsi su in piedi.
“… e sorridi più spesso.” Mormorò tra i denti Angel, sperando di non essere sentito “… sei decisamente più carino quando lo fai.”
“Hai detto qualcosa?”
“Non ho parlato?”
“Sicuro?”
“Sicuro.”
E finalmente, dopo una delle notti più infernali della loro vita, i due Sacerdoti si avviarono verso l’alba, in silenzio. Ed Aki, alzando lo sguardo verso l’astro solare, si rese conto che quella luce, in un mondo dominato dal Male e dall’oscurità, per la prima volta gli sembrava molto più brillante di ciò a cui era abituato. 

E così, si conclude anche un'altra storia... CAZZO, tre storie finite in un anno? Non sembro io
se mi avessero raccontato che avrei finito di raccontare così tanti racconti, decisamente non gli avrei creduto.
Andiamo, non mi credo nemmeno adesso! COmunque sia, temo che dire questa storia conclusa sia un po' una... bugia.
Eh raga... ho aperto robe di trama abbastanza aperte... e forse non mi va poi così tanto di lasciare tutto al caso. Diciamo che, se mi dovesse girare, potrei dire 'basta' e mi metto a scrivere una long in questo AU di Chainsaw-Man. Ne ho ABBASTANZA voglia, disciamo. Anche perché è morto uno dei Sovrani, ce ne sono ancora dodici.
E molto probabilmente non rimarranno lì a compiangere il caduto. Molto probabile lo abbiano già sostituito.
E poi c'è la questione 'Bestia'. Diciamo che a qualcuno, qua, qualcuno con una certa passione per le boobies, dovrà pur metterci una pezza, no?
Ma detto ciò: non mi sarei mai aspettato di scrivere una storia simile! il BL non è esattamente il mio kind of bread. Per chi mi conosce SA che sono molto più per l'altra parte. Quella in cui posso sciogliermi davanti all'amore e alla tenderness dimostrata da un rapporto romantico tra due ragazze. Però devo ammetterlo, sono molto soddisfatto di cosa ho scritto! Certo, ho ancora i miei classici ed interminabili dubbi da scrittore che non è mai soddisfatto di ciò che scrive, ma sono contento di aver concluso la storia.
Inoltre, ormai... questi due maledetti sono a gamba tesa tra le mie top ship di CSM. Sempre dopo la Powerbeni, OVVIAMENTE.
Miei cari, grazie mille per avermi accompagnato in questo viaggio.
Spero di risentirci presto! 
   
 
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