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Autore: moira78    08/05/2023    7 recensioni
A volte basta un desiderio per cambiare il corso degli eventi. E se Anthony non fosse morto? Come sarebbero state le vite di Candy e di tutti gli altri?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. La storia diventa travagliata, fatta di "non incontri" e alla fine avverrà la triste separazione. Candy vive da qualche tempo con Albert, che ha perso la memoria, prendendosi cura di lui e la sofferenza per la perdita di Terry viene lenita dalla sua presenza costante. Anthony invece resta un caro amico, anche se ancora innamorato di lei. Il giorno in cui Albert sparisce d'improvviso, Candy è confusa: vorrebbe riprovare a tornare con Anthony, ma il suo vecchio amore per lui ormai è solo profondo affetto. E Albert le manca. Quando si rivela quale prozio William a tutti, Candy è ancora più confusa. Infine, Albert decide di tentare la sorte con Candy, ma quando la vede ridere e scherzare con Anthony, capisce che rischia di sbagliare tutto.
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Chicago, 1920

"Anthony, ma è bellissimo!", proruppe Candy prendendo in mano il portagioie intarsiato.

"Era di mia madre, voglio che lo abbia tu".

Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Anthony e si sentì annegare nei suoi laghi placidi come se fossero onde impetuose: "Non posso accettarlo, è troppo prezioso per me...".

Anthony scosse la testa e le pose le mani sulle proprie che ancora tenevano lo scrigno: "Candy, ti dirò la verità: avrei voluto regalarti questo portagioie il giorno in cui ti avessi chiesto di sposarmi. Ci pensavo già prima di partire per la Saint Paul School. Ma visto che non ci sposeremo, te lo regalo in nome di quello che di bello condividiamo oggi come amici. E smetti di essere triste per me".

Candy si asciugò le lacrime e annuì: "È così prezioso che non so se troverò qualcosa di pari valore da metterci dentro. E non mi riferisco solo al valore materiale".

Lui sedette sulla poltrona del salottino dopo aver richiuso la cassaforte e fece un sospiro: "Sai, mia madre ci teneva i suoi gioielli, ma mi diceva sempre che per lei non c'era nulla di più prezioso di me. E io non sarei potuto certo entrare lì dentro", disse con una risatina. "Quando ti ho conosciuta, una delle prime cose che ho pensato era che somigliassi molto a lei, anche se i suoi occhi avevano un colore diverso".

Candy passò le dita sulle linee degli intarsi che decoravano il coperchio: "Ho visto un suo dipinto a Lakewood, il giorno in cui ho scoperto... l'identità dello zio William. Mi ha colpita per la sua bellezza e la dolcezza dello sguardo. Era identico al tuo".

"E somigliava anche al piccolo Bert...".

"Era così che lo chiamava, già...". Un sorriso le incurvò le labbra e Candy si sentì morire d'amore. Aveva il cuore così pregno di quel sentimento che continuava a sentirsi in colpa verso Anthony. Ma non c'era nulla che potesse fare, voleva solo vedere Albert prima che la zia Elroy decidesse di uscire dalle sue stanze e fremeva dal desiderio di incontrarlo.

"Penso... che farò un giro in giardino mentre parlate".

Alzò il viso di scatto, smettendo di ammirare il portagioie nel quale immaginò di mettere alcune lettere e ritagli del suo passato: "Ma... fa molto freddo!".

"E io ho un cappotto molto pesante, sciarpa e guanti, come vedi. Siamo stati lì fuori fino a poco fa e nessuno dei due è congelato. Inoltre... dovete parlare...".

"Ma puoi restare in casa, al caldo!".

"Non posso restare qui, Candy", disse in tono gentile ma fermo. "Tornerò per l'ora di cena, te lo prometto".

"Grazie, Anthony...". Gli diede un ultimo, breve abbraccio e lo sentì tremare. Poteva percepire quanto gli costasse lasciarla fra le braccia di un altro, ma comprese anche che non avrebbe potuto mai dargli ciò che desiderava. Lo accompagnò all'ingresso, dove lui rifiutò di essere accompagnato da uno dei servitori, dichiarando che voleva solo fare una passeggiata.

Quando la porta si richiuse, si sentì di nuovo divisa in due. Ma non aveva alcun dubbio su quale fosse la direzione che il suo corpo desiderava prendere in quel preciso istante. Tornò nella propria stanza solo per riporre con cura il portagioie di Anthony e si sorprese a controllarsi allo specchio, sistemandosi i capelli.

Sto diventando vanitosa... adesso?

Scese le scale dirigendosi verso lo studio dove Albert lavorava. Quando bussò, dopo aver preso un respiro profondo, le rispose il silenzio. Le pareva di essere tornata al giorno in cui pensava di trovare il vecchio zio William nel solarium di Lakewood. Invece stava cercando di raggiungere il cuore dell'uomo che amava nel suo ufficio di Chicago. La sua vita era destinata a non avere proprio nulla di romantico.

Il sorriso che le suscitò quel pensiero si trasformò in panico quando socchiuse la porta e si rese conto che, in effetti, Albert non era lì. Lo chiamò un paio di volte e si aprì la porta comunicante con l'altro studio: ne uscì Georges e la guardò, sorpreso.

"Il signor William non è qui".

"Cosa? Oh... dove lo trovo, Georges, in biblioteca, forse?".

L'uomo la fissò per qualche istante ed ebbe l'ennesimo dejà-vù. Al contrario di quel giorno, però, il suo Cavaliere Bianco non pareva molto convinto di poterle dare una risposta.

"Sta partendo per un viaggio e credo stia facendo i bagagli, se vuole posso...".

Candy non ascoltò oltre, si precipitò fuori dall'ufficio risalendo le scale due a due, a malapena conscia dei richiami allarmati di Georges.

Oh, no, William Albert Ardlay. Io ho smesso di scappare e non continuerai a farlo tu, parola mia!

 
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Il bussare insistente alla porta della sua stanza lo fece sobbalzare. Albert si accigliò e fu pronto ad affrontare il visitatore: non credeva che le notizie in quella casa corressero così veloci.

"Avanti", disse continuando a dare le spalle alla porta per infilare un'altra giacca leggera in valigia. "Senti, zia Elroy, non ho intenzione di discutere con te...".

"Infatti è con me che devi parlare". La voce lo fece voltare di scatto e si ritrovò di fronte una Candy in apparenza furiosa e col fiatone per aver corso.

"Candy, cosa...?".

"Perché stai fuggendo?", chiese chiudendo la porta e appoggiandovisi contro.

Albert si accigliò: "Non sto fuggendo. Voglio solo fare quello che non ho fatto fin'ora: vivere la mia vita. Ho sistemato gli affari come meglio potevo e desidero spostare alcuni investimenti in Africa, quale supporto...".

"Allora vengo con te. Sono un'infermiera diplomata e posso esserti d'aiuto". Candy si raddrizzò e fece un passo verso di lui.

"Ma... non puoi!".

"Sì che posso! O credi che io non sia in grado di affrontare l'Africa perché sono una donna? Non sarò certo la prima a...".

"Non intendevo questo! Non puoi... lasciare Anthony".

Candy sembrò colpita da quelle parole e assunse un'espressione stupita: "Anthony? Lui si trasferirà nella sua nuova azienda per seguirne i lavori".

"Beh, allora dovresti seguire lui". Albert si era voltato e stava sistemando alla cieca abiti che erano già piegati e che forse non erano neanche dei tessuti giusti.

Con un profondo sospiro, tentò di tornare padrone di se stesso e affrontare anche quell'ennesima prova, quando Candy parlò con una nota di dolore così intenso che fu costretto a girarsi di nuovo: "Perché fai questo, Albert? Perché decidi cosa è meglio per me senza mai consultarmi? Prima volevi mandarmi fra le braccia di Terry e ora vuoi che renda infelice Anthony?".

"Non lo renderai infelice. Siete perfetti insieme", disse piano, con un sorriso sincero per metà.

"Davvero? E tu come lo sai?".

"Perché vi ho visti. E ho capito che era tutta un'illusione. Basta cogliere la dedizione dei vostri gesti per... capire quanto vi amiate". Dirlo gli costò lacrime di sangue, ma era la pura verità.

"Ci hai visti? E cosa hai visto, di preciso, Albert?".

Ora Candy sembrava punta sul vivo.

"Candy...". Era stanco, non voleva infliggersi più dolore del necessario, né fare del male a lei, ma non voleva lasciarla così, arrabbiata per chissà quale motivo.

"Te lo dico io cosa hai visto, William Albert Ardlay". Albert tacque, sconvolto da quella piccola furia che aveva alzato persino un poco la voce, chiamandolo col suo nome completo. "Hai visto un ragazzo meraviglioso e ancora innamorato che chiede alla ragazza che non avrà mai di fargli un regalo: essere felice. Hai visto un addio tra due anime affini e legate che però non condivideranno mai nulla più di un'amicizia fraterna e profonda. Hai visto il gesto nobile di tuo nipote Anthony che sta cercando di farci capire che siamo due stupidi".

Albert cercò di deglutire, ma la gola era improvvisamente secca. Invece, gli occhi di Candy mandavano scintille che erano in parte rabbia e in parte lacrime.

"Vuoi dire che... ho frainteso tutto?". Si sentì un po' sciocco e comprese, sulla propria pelle, quanto l'amore possa rendere ciechi in ogni senso.

Candy prese un profondo sospiro: "Quando ho lasciato Anthony per Terry mi sono sentita lacerata in due. Ma negli anni non ho mai cercato di ingannarlo, anche se qualche tempo fa... ammetto di avergli chiesto di riprovarci. L'ho fatto perché desideravo davvero ricambiarlo. Se lo meritava, Dio solo sa quanto Anthony si meriti la felicità! Però non potevo, non potevo comandare al mio cuore di amare lui invece che... te".

L'ultima parola la disse così piano che Albert fu sicuro di averla immaginata: "Puoi ripetere, per favore?", chiese con voce incrinata dall'emozione.

"Pensavo ti fosse chiaro già quando abbiamo parlato in Florida, visto che mi hai... mi hai persino...".

Baciata. Ti ho baciata e vorrei farlo anche ora, ma temo che se ti prendo fra le mie braccia prima che ci chiariamo una volta per tutte, poi non riuscirò più a lasciarti andare.

Le si avvicinò e si accorse che tremava, mentre le prime lacrime cominciavano a scenderle sulle guance: "Candy, tu mi ami? Dimmi la verità!".

E Candy sorrise nel pianto, le guance arrossate: "Sì, ti amo perché sei il mio Principe della Collina. Ti amo perché sei il mio amico Albert da sempre. Ti amo perché quando hai perso la memoria sei stato il mio sostegno mentre io dovevo essere il tuo. Ti amo perché sei il mio zio William che mi ha dato la possibilità di avere un nome e una nuova vita. Ti amo... perché sei tutto questo e molto, molto altro, Albert. Non so quando ho cominciato a rendermene conto, forse dopo che ti ho perso e ho dovuto cercarti per la prima volta in vita mia".

Con un nodo in gola, lottando per trovare la voce e le parole, Albert alzò una mano per toccarla.

"Stavi crescendo sotto ai miei occhi, diventando una donna", le disse carezzandole la guancia con le nocche, mentre le iridi verdi diventavano sempre più lucide per nuove lacrime, "e io a quel tempo sognavo l'Africa. Sapevo che eri con Anthony e che eri felice, non immaginavo neanche lontanamente che il mio cuore fosse già tuo. Beh, forse un po', ma ho cercato di reprimermi. Mi sono concentrato su quelli che erano i miei doveri e le mie passioni, fingendo di non ascoltarlo mentre gridava di dolore e desiderio. Amavo così tanto vedere felici te ed Anthony che ho dimenticato che anche io potevo provare qualcosa di egoistico. E quel qualcosa era l'amore che stava crescendo per te. Sono fuggito come un ladro, vergognandomi perché tu eri la fidanzata di mio nipote, l'unico figlio che la mia defunta sorella avesse avuto e che io volevo solo proteggere. Ero di troppo, in quelle condizioni, ma la lontananza e la perdita di memoria hanno alimentato quel fuoco e ora... ora che sei qui, davanti a me, dicendomi queste cose, non posso più tacere, Candy".

"Albert...", una lacrima si staccò e scese con pigra lentezza sulla guancia rosea, attraversando una piccola porzione vicino al naso su cui spuntavano le lentiggini. Affascinato, lui la rimosse con il pollice, aprendo la mano e girandola per toccarle il viso.

Si avvicinò, annusando l'aria fino a sfiorarle la punta del naso, inalando il suo profumo di fiori, chiudendo gli occhi per inebriarsene come se per tutta la vita non avesse atteso altro. Il fatto di averla sempre guardata da lontano e di aver immaginato quella vicinanza tante volte gli fece temere che lo stesse solo sognando, così riaprì le palpebre per incontrare i suoi smeraldi, ancora una volta. L'altra mano si alzò per foggiarle il viso a coppa e una seconda lacrima gli cadde sul polso.

"Ti amo, Candy", soffiò chinandosi un poco di più, le labbra così vicine che sarebbe bastato così poco, oh, così poco per impossessarsene!

Lei esalò un respiro chiudendo gli occhi: possibile che lo anelasse a sua volta? Incredulo e incerto, Albert inclinò il capo da un lato, mentre Candy emulava il suo gesto da quello opposto, proprio come se volesse...

"Anche io ti amo, Albert", ripeté.

Il cuore batté impazzito come le ali di un colibrì, salendo in gola e mozzandogli il respiro. Aspettava quelle parole da tutta la vita.

Aspettava Candy da tutta la vita.

E non esitò oltre. Teneramente, senza più esitazioni, pose le labbra sulle sue con un tocco morbido, strofinando le une con le altre, godendosi quell'attimo eterno e benedetto. Fu così diverso dal bacio quasi timido e disperato della Florida!

Candy lo sorprese, allacciandogli all'improvviso le mani dietro la nuca, affondandogli le dita fra i capelli e attirandolo a sé per rendere quel contatto più stretto.

E Albert non si lasciò pregare.

La cinse dietro la schiena e mosse la bocca sulla sua finché non poté più resistere e si gettò nell'ignoto, schiudendola e chiedendole di fare altrettanto con un tocco leggero della lingua. La risposta di Candy fu immediata: si lasciò guidare imitando il gesto e ben presto, quello che era cominciato come un bacio casto e romantico, divenne qualcosa di così appassionato che ad Albert girò la testa.

Ciononostante, sapeva che Candy era molto più giovane di lui e che, nonostante l'amore appena confessato, doveva procedere per gradi. Si staccò da lei gentilmente, mescolando col proprio il respiro affannato di lei.

"Non è uno dei miei sogni, vero?".

La risata di Candy era leggermente roca, mentre poggiava la fronte alla sua: "E cosa succede di preciso nei tuoi sogni?".

"Beh, innanzitutto ti bacio e ti confesso quanto ti amo. E anche da quanto tempo".

"E poi?". Lo sguardo di Candy era luminoso, innocente e le labbra un poco arrossate per il bacio gli fecero desiderare di ricominciare tutto da capo.

"Per sapere il resto devi prima sposarmi".

 
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Fine estate, Lakewood, 1920

Il cavallo era lanciato al galoppo.

Anthony sentiva il vento leggero divenire una specie di tempesta impetuosa che gli scompigliava i capelli e faceva sbattere i lembi della giacca da fantino che non aveva abbottonato. Era una sensazione impagabile, era come se stesse dominando il mondo.

Una voce lontana lo richiamò, ma lui era troppo concentrato sulle sensazioni adrenaliniche della corsa per rendersene conto. Quando udì il suo nome una seconda volta e si accorse che era Candy, rallentò solo di un poco, sentendosi proiettato nello stesso bosco otto anni prima.

Lei lo stava seguendo sul suo cavallo e si stava svolgendo una caccia alla volpe.

Il viso giovane e sorridente, le lacrime mentre gli spiegava perché non voleva che facesse del male alla mamma dei piccoli.

Il cavallo saltò un grosso ramo e lui strinse forte le redini inoltrandosi nel fitto del bosco. Candy non lo stava chiamando già più.

Candy innamorata di Terence, che mi dice addio in Scozia. E poi di nuovo, in America, quando le ho chiesto di riprovarci, di riprendere il mio cuore.

La luce del sole si attenuò, filtrando appena dalle fronde degli alberi, quindi divenne di nuovo accecante mentre usciva nella radura.

Candy che gioca con me sulla neve, mentre la lascio andare per sempre fra le braccia di Albert. Il loro matrimonio assieme a quello di Annie e Archie, il mio sorriso sincero quando mi congratulo con loro. Le lacrime, di nuovo il sorriso. Josephine. Un arrivederci che sa di addio. Il mio cuore che...

"Attento, Anthony!". Albert e Candy, a una voce. Gli zoccoli dei cavalli che ora sente scalpitare netti alle proprie spalle. Un daino sulla sua traiettoria e lui, troppo distratto dai ricordi, che non riesce quasi a evitarlo.

Anthony tirò forte le briglie per evitare l'animale, il suo corpo venne sbalzato indietro. Mentre cadeva, perdendo la presa e il cavallo s'impennava, udì un richiamo colmo di dolore e disperazione.

Il richiamo della sua Candy.

 
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Candy osservava il corpo inerme di Anthony nel letto d'ospedale. Il pallore del volto rendeva ancora più netto il contrasto con i capelli color grano. Intorno al capo, una benda lo avvolgeva scompigliando le ciocche.

"Ti prego, Anthony, svegliati! Eravamo così felici che fossi venuto a trovarci! Non può essere successo davvero, non... può".

Erano appena tornati dal viaggio di nozze, tutto era come una favola: e si era appena trasformato in un incubo. Era come se un'entità malvagia la stesse punendo per aver fatto soffrire tanto il ragazzo col viso d'angelo che sembrava riposare in un sonno profondo.

La rincorsa affannosa per cercarlo, il cavallo lanciato al galoppo, gli zoccoli del proprio che stava cavalcando con Albert. E Anthony che cadeva, riportandola indietro nel tempo, come se allora tutto si fosse cristallizzato per continuare otto anni dopo. Con un epilogo molto diverso.

Suo marito, seduto accanto a lei, la strinse per le spalle, cercando di confortarla e, forse, di confortare se stesso: "Coraggio, Candy, sono sicuro che il nostro Anthony è forte. Ha troppe cose da fare in questo mondo per lasciarci". La voce di Albert era un po' incrinata.

"Perché non si è fermato quando lo abbiamo chiamato? Albert... pensi che sia successo qualcosa tra lui e Josephine? Dobbiamo avvisarla!".

Non so neanche se tra loro sia mai davvero sbocciato qualcosa d'importante, non ho mai osato chiederglielo...

Lui sospirò, fissando il nipote con espressione triste: "Non lo so, Candy, l'ultima notizia che ho è che lei è tornata in Francia dopo che si sono incontrati in Scozia, ma si scrivono spesso. Recupererò il suo indirizzo da una delle lettere di Anthony e le manderò un telegramma".

Candy annuì e carezzò il viso del ragazzo che amava come un fratello e per cui avrebbe dato parte della sua vita. Il suo tocco dovette sortire un qualche effetto su di lui, perché le palpebre tremarono e, mentre gli occhi si aprivano, udì anche l'ansito stupito di Albert.

"Candy, Albert...". La voce non era nulla di più di un mormorio sommesso, ma le fece salire le lacrime agli occhi.

"Anthony, caro, come ti senti?", chiese stringendogli la mano. Il suo istinto d'infermiera le gridò che poteva farcela, eppure...

Eppure è stato a lungo privo di sensi e secondo il dottore potrebbe avere un'emorragia cerebrale fatale...

No, non voleva pensarci, anzi, non doveva. Forse, se si fosse convinta che Anthony sarebbe sopravvissuto, sarebbe accaduto sul serio.

"Ti sembrano scherzi da fare, nipote?", disse Albert cercando di usare un tono leggero.

"Vedervi qui, accanto a me, mi fa stare bene. Siete... meravigliosi insieme. Il vostro destino... era scritto fin dall'inizio. Ora lo so".

Candy spalancò gli occhi, sorpresa.

"Anthony, perché parli così? Ora vado a chiamare il medico...". Si stava già alzando, ma Albert la trattenne e un'espressione allarmata gli increspò i lineamenti. Accennò ad Anthony, che sembrava voler dire loro qualcosa di importante.

No, non sono le sue ultime parole. Dio, fa' che non sia così...

Le loro mani si strinsero forte, intrecciandosi, e lo sguardo di Anthony si fissò proprio su di esse: "L'ho visto. Ovunque, in ogni tempo, in ogni luogo. Questo legame è così speciale! Grazie, grazie per amarmi tanto. Sono felice. Sono felice per voi". La mano, debole e pallida al pari del viso, si posò sulle loro come dando una benedizione.

"Anthony, devi vivere! Mi senti? Devi vivere, vogliamo che tu resti con noi!". Il tono di Candy divenne urgente, le lacrime ormai l'accecavano mentre si protendeva verso di lui e Albert portava la mano che non le stringeva su quella gelida di Anthony. E vi unì la propria. Insieme, tentarono di trattenerla mentre scivolava via.

Erano allacciati, tutti e tre, in quel destino di cui Anthony parlava con tanta passione.

"Devi vivere, devi vivere!", ripeté.

 
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Chicago, 1920, notte

"Devi vivere... devi vivere". Albert udì la propria voce sussurrare quella frase, ripeterla mentre lacrime silenziose gli scendevano sulle guance e infine apriva gli occhi, nell'oscurità della propria stanza.

Sbatté le palpebre, mettendo a fuoco a malapena ciò che aveva intorno.

La finestra sul lato destro, con le imposte aperte che gli mostrarono l'ultimo quarto di luna accarezzato da lunghe nubi scure come dita scheletriche; il comodino con la lampada spenta e un bicchiere d'acqua pieno per metà; l'armadio in pesante mogano.

Lentamente, si alzò a sedere, accese la lampada e si asciugò gli occhi, sentendosi come se avesse vissuto un'intera vita in un sogno. Che era appena mutato in incubo.
Si prese la testa fra le mani, confuso. Aveva di nuovo perso la memoria? Perché il ricordo di due esistenze differenti si accavallava nella sua mente facendolo impazzire? Passò le dita sugli occhi, le strofinò sulle tempie e sobbalzò quando udì il fruscio dei vestiti e il rumore di passi.

"Mi dispiace".

Con un singulto gutturale, Albert si ritrasse per la sorpresa.

"Anthony?", mormorò incredulo. "Allora stai bene?". No, sapeva che la domanda aveva qualcosa di sbagliato e la riformulò. "Cosa è successo?".

"Hai scoperto ciò che desideravi conoscere. Alla fine, lei sarà sempre innamorata di te".

L'ho visto. Ovunque, in ogni tempo, in ogni luogo.

"Ma come.. come ho fatto a... come è possibile tutto questo, Anthony? Scusami, ti confesso che mi sento un bel po' stordito... peggio di quando ho perso la memoria". Scosse forte il capo, per scacciare l'emicrania e la confusione.

"Per questo mi sono scusato, poco fa. Nessuno dovrebbe avere ricordi di più di una vita alla volta. Te ne dimenticherai, poco a poco, te lo prometto, e tutto ti sembrerà solo un sogno vivido", spiegò con un sorriso.

"Vuoi dire che è successo veramente?".

Il sorriso divenne una risatina: "Questo e... molto altro. Ciò che l'altro Anthony vi ha confessato in quel letto d'ospedale è vero: non esistono mondi dove voi non siate insieme. Eccetto forse un paio, ma non credo t'interessi", concluse stringendosi nelle spalle come se l'enormità celata dietro quell'affermazione fosse cosa di poco conto.

Aveva parlato di mondi?

"Continuo a non comprendere molto bene come sia possibile tutto ciò... ma immagino che devo imparare la lezione". E la lezione era che Candy era sua, in ogni caso. E che doveva solo attendere che il sole sorgesse per dirglielo. Forse neanche quello.

"No, zio, non è una lezione. Volevo solo mostrarti che c'è un legame indistruttibile tra voi e che Candy non mi amerà mai abbastanza o abbastanza a lungo. Persino con Terence non ha che un unico futuro alternativo che non è nemmeno troppo... Ma non voglio parlarti di ciò che non ti riguarda".

Anche se non gli stava dando che poche, frammentarie notizie che afferrava a malapena, Albert si sentì sopraffatto. Tuttavia, c'era una cosa che doveva sapere e doveva saperla subito: "Tu sopravvivrai? In quel mondo che ho visto... ti salverai o...?".

"Non hai bisogno di saperlo, Albert. Tu vivi qui e non ti rimarrà nulla di quei ricordi, se non la traccia di un sogno fugace. Smetti di ancorarti al passato e vivi il futuro con lei. Ricordi? Sei tu quello che deve renderla felice. Non io e nemmeno Terence".

Albert sospirò, scese dal letto e fronteggiò brevemente Anthony prima di abbracciarlo. Lo sentì solido fra le sue braccia e non poté fare a meno di sentire gli occhi riempirsi di lacrime: "Non so come ringraziarti, Anthony. Tu hai fatto tanto per me che non ho mai fatto nulla per te. E non mi abituerò mai a un mondo dove tu...". Soffocò le ultime parole in un singhiozzo, chinando il capo sulla nuca di lui. Profumava di rose, quasi come Candy. La sua innocenza di ragazzino sarebbe rimasta cristallizzata nell'eternità.

"Non piangere per me, Albert. Io sono felice di ciò che ho vissuto. In questo mondo, perlomeno sono rimasto fino all'ultimo istante con l'illusione che Candy amasse solo me".

Albert si scostò un poco per guardare il viso così simile a quello di Rosemary e lo prese fra le mani, baciandolo sulla fronte: "Ti voglio bene, Anthony. Sarai sempre nei nostri ricordi".

"Lo so", disse lui semplicemente. "Ora, da bravo, torna a dormire".

Albert lo guardò ancora per qualche istante e non fece domande su quella richiesta strana. Probabilmente faceva parte del gioco. O della magia. O del miracolo. O di qualunque cosa fosse. Si sdraiò senza staccare lo sguardo da lui e vide il suo ultimo sorriso prima di chiudere gli occhi.

Fu come spegnere un interruttore.

Chicago, 1920, mattino

Albert strinse le palpebre, sentendo la luce del sole colpirle. Le sbatté brevemente e aprì un occhio, poi l'altro e si schermò con un braccio.
Il sole, quella mattina, era accecante.

Senza perdere altro tempo, si alzò dal letto e andò alla finestra alzando le braccia per stirare tutti i muscoli del corpo, con un grugnito soddisfatto. Restò per un istante in quella posizione, gelato, con un'espressione di stupore che si delineava sul viso.

Cosa diamine ho sognato stanotte?!

Lasciò ricadere pesantemente le braccia e aggrottò le sopracciglia, strofinandosi la fronte con due dita, frugando nella mente.

Anthony. Ho visto Anthony. E c'era Candy. Mi diceva qualcosa di Candy. Possibile che fosse cresciuto? E lei... lei mi baciava! Dio... ricordo persino un abbraccio.

Di colpo, tutto gli ritornò in testa come un'ondata in pieno volto che rischiò di annegarlo. Anthony gli aveva fatto provare la sensazione fisica delle braccia di sua madre quando era appena nato. E gli aveva fatto comprendere quanto fosse sciocco continuare a rimandare la conversazione con Candy.
Perché Candy lo amava, almeno quanto Albert amava lei.

Ma come? Come l'ho capito? E perché ricordo un bacio che non c'è mai stato?

Albert ebbe dei flash di eventi che non erano mai davvero accaduti: lui che guidava una vettura accanto a un Anthony ventenne; Candy che entrava nella sua stanza mentre preparava una valigia. E quel bacio...

Scuotendo la testa con vigore, Albert si disse che perlomeno quello poteva ricrearlo e ci avrebbe pensato fin da subito, andando da lei e dandole il buongiorno come aveva sempre desiderato fare.

Corse sotto la doccia, si vestì e scese il più silenziosamente possibile in cucina.

 
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Candy sentì qualcosa che le solleticava il naso e arricciò le labbra, con una smorfia di fastidio. Quasi immediatamente, però, sentì un profumo noto e sorrise, aprendo gli occhi: la Dolce Candy sembrava brillare alla luce del sole.

Alzò gli occhi girandosi un poco per capire chi la tenesse in mano e incontrò quelli celesti di Albert. Sorrideva, seduto sul suo letto, e con la coda dell'occhio si rese conto che c'era un vassoio con la colazione sul comodino.

Stupita ed emozionata, si mise a sedere a sua volta, ormai completamente sveglia.

"Albert! Hai fatto tutto questo... per me?", chiese prendendo in mano la rosa che le porgeva e scoccando un'occhiata alla caraffa di caffè, ai toast e alle uova.

Lui annuì: "Avevo proprio voglia di darti un buongiorno speciale, questa mattina. E sai perché?".

Di colpo, Candy sentì che tutto intorno a lei scompariva. Rimanevano il profumo della rosa e il sorriso dolce e sereno di Albert. E, ovviamente, il cuore che cominciava a battere più forte nel petto.

Ci siamo! Sta davvero per dirmelo? Oh, Dio, non reggerò a tanta emozione!

"Perché?", chiese respirando a malapena.

Albert si chinò di un altro pollice verso di lei: "Perché oggi voglio confessarti cosa si cela nel mio cuore da molto, molto tempo, Candy".

Chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime di gioia perlomeno finché Albert non avesse parlato. Li riaprì e si rese conto che era impossibile.

Candy lasciò che la voce dell'uomo che amava la cullasse prima di far esplodere il suo cuore di felicità.



Epilogo

Albert attraversò il Giardino delle Rose per l'ultima volta e trovò Candy china su una di quelle che Anthony le aveva dedicato, tanti anni prima, e che portava il suo nome. Vide la scia luminosa di una lacrima scenderle sul viso, baciata dai raggi dell'ultimo sole estivo, e gli si strinse per un attimo il cuore.

Nel momento in cui lei si voltò per guardarlo, però, il sorriso che gli rivolse gli fece capire che, dopotutto, forse stava solo dando l'addio al loro giardino.

"Sei molto più carina quando ridi che quando piangi", non poté fare a meno di dirle.

E la frase del suo Principe ebbe il potere magico di far diventare quel sorriso una risata colma di gioia, mentre lei gli si gettava fra le braccia. L'accolse stringendola e affondando il naso fra i riccioli dorati che sapevano a loro volta di rose.

"Piccolo Bert...".

E il viso ancora affondato nel proprio petto divenne per un momento quello di Rosemary. Sua sorella, con il piccolo Anthony accanto, seduta in quello stesso giardino. Candy gli mostrò gli occhi asciutti e brillanti e Albert si sentì, ancora una volta, l'uomo più fortunato del mondo.

"Possiamo ancora cercare di sistemare le cose in modo diverso...", tentò, sapendo che era quasi impossibile.

Candy scosse la testa: "Non è necessario, Albert, davvero. Non ti nascondo che mi si spezza il cuore al pensiero che non rivedrò più Lakewood, ma so che se solo rimarremo insieme, ogni luogo sarà meraviglioso. E tu hai degli affari da seguire in Scozia".

Lui sospirò: "Sì, è così, non posso più rimandare. Avrei anche potuto tenere la proprietà, ma la zia Elroy con i suoi malanni è costretta a rimanere a Chicago, dove i medici possono seguirla meglio, e Archie e Annie non tornano qui da quando si sono sposati. Ora che ce ne andiamo anche noi rimarrebbe abbandonata".

"Lo so, tesoro, ne abbiamo già parlato. La ragione ci dice che è giusto, ma il cuore resta legato qui, vero?". Candy si scostò un poco dal suo abbraccio e rimasero per alcuni istanti a guardare i petali dei fiori che venivano dispersi dal vento che si era alzato. Bianco, rosso, lilla, giallo, tutti i colori vorticavano in un arcobaleno confuso di profumi.

"I fiori muoiono e rinascono ancora più belli. Le persone muoiono e rinascono ancora più splendide nel cuore di chi resta", disse Albert con voce roca, citando le parole che gli aveva riportato Candy tempo prima.

"Sono le parole di Anthony... le parole di Rosemary...", aggiunse infatti, chiudendo gli occhi. Di certo, stava ricordando anche che il medesimo vento, che preannunciava l'autunno, si era alzato allo stesso modo il giorno prima che suo nipote morisse.

Nel bosco c'erano ancora i fiori che Albert aveva piantato in sua memoria. E in quel luogo avevano perdonato loro stessi per una colpa che non avevano. Un tragico incidente aveva spezzato la vita di Anthony a soli quindici anni e non c'era nulla che loro potessero fare per cambiare quella triste realtà, se non portarlo nel cuore per il resto dei loro giorni.

Sei tu quello che deve renderla felice.

Albert sbatté le palpebre: da dove veniva quel ricordo? Era... la voce di Anthony? Impossibile, non si erano più parlati da quando lui se n'era andato di casa per vivere come un vagabondo e, l'ultima volta che l'aveva visto, il nipote era solo un bambino.

Candy lo stava guardando e lui, colto da un impulso che non poté trattenere, si chinò un poco per baciarla. Per baciare sua moglie, la futura madre dei suoi figli, se Dio avesse voluto.

"È un simbolico bacio d'addio per Lakewood?".

"No, è un bacio d'amore alla donna che amo", disse con un sorriso, offrendole il braccio.

Lei gli si strinse, seguendolo fino alla porta d'entrata: "Ti amo anche io, Albert. Ti amerò sempre e ovunque ce ne andremo".

"Fino ai confini del mondo?", chiese lui inarcando un sopracciglio e sorridendole mentre entravano.

"Fino ai confini e oltre", confermò lei e la porta si richiuse alle loro spalle.
 
   
 
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