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Autore: riccardoIII    21/05/2023    3 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, era stato tempo di frasi importanti.
 
Fu difficile, riprendere le fila dopo Sheffield. Sirius continuava ad avere incubi in cui Chase strappava le sue mani via dai chiodi che lo ancoravano all’albero, mani in cui restavano buchi grondanti densi grumi di sangue nero, per poi cascare a terra come una sacco di patate; quando provava ad avvicinarsi al ragazzo per soccorrerlo si rendeva conto che non era affatto Chase, ma Julian Nott coi suoi pallidi occhi vitrei e morti.
La prima volta si era svegliato urlando e James era corso in camera sua armato di bacchetta prima che si rendesse conto di aver sognato tutto.
Era già capitato in passato che sogni orribili lo perseguitassero eppure continuava a essere sconvolto, forse perché Chase era stato un ragazzo come lui. O perché era stato proprio lui a trascinarlo in quella guerra.
Il senso di colpa per averlo coinvolto lo stava divorando vivo, gli toglieva il sonno di notte e la concentrazione di giorno. Qualsiasi cosa facesse una piccola parte della sua mente restava sempre impegnata a pensare a Chase, a quello che gli era successo. A quello che non gli sarebbe successo se un giorno in un buio corridoio di Hogwarts il Corvonero non si fosse esposto per difendere James.
Avevano già perso Elijah, ora Chase. I loro piani, il loro macchinare e le loro brillanti idee, le notti insonni ai tempi della scuola, tutto si era rivelato non solo inutile ma foriero di sventura per chiunque avessero trascinato in quel gioco al massacro.
Chi sarebbe stato il prossimo a cadere?


Il funerale fu straziante. Il padre di Chase aveva già perso sua moglie a causa di Voldemort, ma almeno quella volta aveva saputo il perché; l’uomo che stava dritto davanti alla bara nel cimitero di St. Just di Truro era evidentemente distrutto, sembrava quasi che si reggesse in piedi solamente grazie all’appoggio della familiare donna che non lasciò mai il suo fianco, e non pareva nemmeno del tutto presente a se stesso. I suoi occhi erano vuoti quasi quanto quelli di suo figlio quando era stato staccato dalla quercia a cui l’avevano inchiodato.
Rosamund, inconsolabile, rimase tutto il tempo accanto a sua madre, quattro file avanti a loro, tentando di ostentare una compostezza che non poteva avere. Continuò ad asciugarsi le lacrime per tutta la funzione e nonostante si sforzasse evidentemente di non singhiozzare ogni tanto le scappava un verso talmente dolorante da incrinare la maschera di freddezza di Sirius.
Al funerale si era presentata metà della popolazione magico della Gran Bretagna. La madre di Chase era stata un’importante impiegata del Ministero morta in circostanze così orribili che tutti si erano sentiti in dovere di manifestare la propria vicinanza al signor Stebbins ora che gli era stato portato via anche il suo unico figlio, facendogli vivere un incubo ancor peggiore del precedente per un terribile caso del destino.
Come al solito Sirius prestò poca attenzione alle parole del cerimoniere del Ministero della Magia, un discorso sconnesso e privo di verità. Non c’era stata alcuna fatalità, alcun caso fortuito; Chase non stava facendo un picnic con gli amici, non si era trovato casualmente coinvolto in qualcosa più grande di lui. Chase Stebbins era un combattente, un soldato, che era morto con onore per difendere il suo mondo da una manica di pazzi assassini che trovavano divertente e ricreativo crocifiggere la gente. Certo il tizio coi capelli a ciuffi non poteva sapere niente di tutto ciò, ma questo non significava che quello stupido elogio funebre avesse una qualche forma di dignità.
L’impressione che qualcosa non andasse lo aveva colpito appena aveva preso posto con James, Lily, Peter e Remus tra le file di maghi e streghe addolorati, ma in un primo momento l’aveva imputata al proprio malessere; col procedere della funzione funebre la sua irrequietezza si fece così insistente che si guardò intorno, cercando di levarsi di dosso quella sensazione di disagio. Allora si rese conto che un’altra persona come lui non sembrava affatto interessata al prolisso e asettico discorso commemorativo: Laraine Graham, la loro vecchia compagna di scuola Serpeverde e cugina di Chase, non sembrava aver prestato affatto attenzione a nulla di ciò che le accadeva intorno dalla sua postazione accanto al signor Stebbins e a quella che doveva essere sua madre, intenta a sostenere il proprio fratello in quel momento di atroce dolore. I suoi freddi occhi verdi terribilmente accusatori erano puntati su Sirius e i suoi amici e nemmeno l’evidente sofferenza che la rendeva rigida come un fuso riuscì a mitigare quell’aura di sospetto e furia che la cingeva come il suo leggero mantello nero. Quando finalmente tutto finì e giunse il loro turno per le condoglianze Sirius quasi si stupì quando Laraine accettò semplicemente il suo cenno di partecipazione invece di interrogarlo lì, davanti a mezzo mondo magico, su cosa fosse davvero accaduto a suo cugino.
 

“Black,
non ti conosco e di sicuro non mi sei caro, dunque niente formalismi. Voglio solo che tu e i tuoi sappiate che io so. Gli altri, perfino Rose, potranno anche aver creduto alla “versione ufficiale”, ma io ricordo cosa facevamo e lo conoscevo troppo bene. Non lo dirò a nessuno. Ma non vi perdonerò mai.
Tieni le orecchie aperte. E fa’ attenzione al tuo fratellino.
Non mi aspetto una risposta.
Lorian Gray”
 
Era probabilmente la trentesima volta che la rileggeva da quando un gufo bruno l’aveva consegnata, qualche ora dopo il funerale. Aveva avuto il sentore che Laraine sospettasse la verità sul coinvolgimento loro e di Chase nella guerra, il pomeriggio passato al cimitero, ma non si aspettava di certo che gli scrivesse. Non si erano mai scambiati nulla più di un saluto formale a scuola, come lei stessa aveva sottolineato, e non riusciva a capire perché gli avesse mandato quella lettera.
-Sai qualcosa di Laraine Graham da quando abbiamo lasciato la scuola?-
Le parole gli uscirono di bocca prima che potesse pensare di fermarle. Lily, seduta sulla poltrona di fronte alla sua, sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo e si raddrizzò con una smorfia dolorante.
-Maledizione, perché continua a farmi così male! La cugina di Ch… Laraine, no non ne so nulla. Non è tra quelli del nostro anno che sono entrati al Ministero di certo-
Sirius sbuffò ripiegando la lettera, poi le rivolse uno sguardo preoccupato.
-Emmeline non ha fatto un buon lavoro con la tua ferita? Dovremmo chiamare Caradoc per sicurezza-
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Emmeline non ha mai sbagliato prima, e sapevamo che sarebbe stata lunga in effetti. Ma perché volevi sapere della Graham?-
Lui deglutì e poi prese una decisione; strinse per l’ultima volta il biglietto tra le mani e lo passò a Lily.
-Ah, finalmente sapremo cosa c’è scritto di tanto importante su quella pergamena che ti rigiri in mano da ieri sera!-
Fu quasi divertente vedere la sua espressione cambiare dal preoccupato al terrorizzato al dubbioso in soli cinque secondi. Quando rialzò lo sguardo la rossa sembrava davvero frastornata.
-Che cosa dovrebbe significare? Dobbiamo avvertire gli altri?-
Sirius scosse il capo.
-Penso davvero che non parlerà. Sapevo che aveva dei sospetti dal funerale, e guarda come ha scritto la lettera. C’è solo il mio nome, ha usato per sé lo pseudonimo che le aveva dato Chase a scuola, e lui non lo nomina mai. Ha cambiato anche il nome di Rosamund come facevamo nei codici con cui ci scambiavamo i biglietti-
L’espressione di Lily si fece corrucciata.
-Ma ti sta minacciando! “Fa’ attenzione al tuo fratellino”-
-Tu credi? E perché mai dal suo punto di vista dovrei preoccuparmi per la sorte di un fratello che mi ha rinnegato? E se invece quella che sembra una minaccia fosse il vero scopo della lettera?-
-Cioè?-
Sirius prese un respiro prima di tornare a guardare Lily negli occhi.
-Probabilmente non lo ricordi, ma Corban Yaxley ha fatto un riferimento a Regulus quando ci stavamo punzecchiando durante la battaglia. Ha detto qualcosa come “È diventato sfuggente”. E ora questa. Due persone che fanno riferimento a Regulus in pochi giorni, non può essere un caso- concluse indicando la pergamena ancora in mano alla ragazza.
-Intendi dire… Che sta cercando di metterti in guardia? Pensi stia succedendo qualcosa a Regulus?-
Non riuscì più a restare seduto.
-So che sembra assurdo, ma forse… Forse sta cercando di tirarsene fuori? Forse è per questo che Yaxley ha detto che è sfuggente, forse si sta nascondendo e cerca aiuto da questa parte… Magari Laraine ha contatti con qualcuno dei Mangiamorte, appartiene a una famiglia Purosangue, forse ha ascoltato qualcosa che non doveva sentire a uno dei loro ricevimenti o qualcosa del genere e nonostante quello che è successo a Chase, o forse proprio per quello, ha deciso di aiutarci passandoci ancora una volta informazioni!-
Smise improvvisamente di fare su e giù per il soggiorno di casa sua e si voltò a guardare Lily pregando tra sé e sé che non lo stesse guardando con commiserazione. Non lo stava facendo.
-Sir, io… Io ti capisco più di chiunque altro e lo sai benissimo, ma… Non credi che forse ti stai illudendo un po’ troppo? È la lettera di una donna sconvolta dal dolore, dopotutto-
-Me la faresti leggere, per favore?-
James si era svegliato dal suo pisolino post turno di sorveglianza notturna, e a quanto pareva aveva ascoltato tutta la conversazione; Lily chiese il permesso a Sirius con lo sguardo prima di porgere la pergamena al suo fidanzato. Lui si sistemò gli occhiali dritti sul naso, lesse quelle poche righe e rialzò gli occhi.
-Dove credi che potrebbe andare se stesse cercando di scappare?-
Il sollievo si impadronì di Sirius come un sorso di tè caldo dopo una notte all’addiaccio.
-Be’, se Orion ha offerto protezione a me…-
James annuì.
-Prendo il Mantello e andiamo a Grimmauld Place-
 

-Sei sicuro di quello che stiamo facendo?-
-Affatto. Ma non abbiamo altra scelta. Prongs, tu..?-
-Se ci credo davvero?- Sirius intuì che da sotto il Mantello dell’Invisibilità James stava scuotendo la testa.
-Se sono convinto che Regulus sia rinsavito? Non lo so Pads, ma se è quello che credi tu dobbiamo fare qualcosa. Non te lo perdoneresti tu, e nemmeno io-
Sirius prese un respiro e tirò fuori la bacchetta.
-Bene. Allora vado-
-No. Andiamo-
Sirius, che si era già voltato verso il marciapiede dove il numero dodici di Grimmauld Place si nascondeva, tornò a guardare il nulla davanti a sé.
-Sei impazzito? Non ti lascerò…-
-No, io non ti lascerò. Non ci tornerai da solo. Terrò il Mantello se devo-
-No, tu non capisci, Orion se ne accorgerà, e se ci fosse Walburga in giro…-
-Cosa potrebbero farmi, colpirmi? Credi che mi importi? O andiamo insieme o torniamo a casa. Decidi tu-
Sirius sollevò gli occhi al cielo e rimosse l’incantesimo di Disillusione.
-Bene, così vedrai quell’orrore di casa Black finalmente-
Non si prese il disturbo di aspettare di capire se James lo stesse seguendo, attraversò la strada e improvvisamente una casa prese a farsi spazio tra i numeri undici e tredici.
-Wow, queste sì che sono misure di sicurezza- fischiò James appena dietro di lui; Sirius ghignò, salì i gradini e batté tre colpi alla porta.
Per molti, lunghissimi istanti non rispose nessuno, poi la porta d’ingresso si aprì e Sirius dovette chinare lo sguardo per capire chi fosse il suo ospite.
-Padron Sirius?!-
-Kreacher, buonasera. Cosa ti è successo, Walburga ti ha costretto a punirti troppo spesso?-
L’elfo era smunto, spento, con le orecchie più cadenti di quanto ricordasse. Sembrava terribilmente afflitto. Non dava segno di voler rispondere, forse troppo sconvolto alla vista del suo vecchio padrone sulla soglia della sua vecchia casa.
-Dunque, Kreacher, hai intenzione di farmi entrare? I tuoi padroni sono in casa?-
La creatura parve ritrovare la voce.
-La padrona riposa, riposa sempre. Il padrone è nello studio-
-Bene, vorrei vedere giusto lui. Pensi di poterti spostare per farmi entrare?-
Un po’ dubbioso l’elfo si ritirò dalla soglia e si fece da parte; con la scusa di risistemarsi la maglietta Sirius si scostò per far passare James e solo dopo che questi lo ebbe sfiorato finalmente rimise piede in quella che era stata casa sua per sedici anni.
-Credo di saper trovare la strada da solo, puoi andare Kreacher-
-Dovrei avvertire il padrone che ha ospiti…-
-Posso annunciarmi da solo, grazie. Va’ a occuparti della cena-
Senza più dire una parola, nonostante non sembrasse troppo convinto ma come se non potesse fare altrimenti, l’elfo si dileguò oltre una porta in fondo al corridoio.
-Che posto meraviglioso popolato di creature amabili, non è vero? E ora su per le scale, andiamo a incontrare “il padrone”-
Sentiva i passi di James dietro i suoi sulle assi scricchiolanti delle scale. Era stata una follia lasciarsi accompagnare, ma conosceva Prongs troppo bene per non sapere che l’avrebbe davvero colpito alle spalle con una fattura e riportato a casa se non avesse acconsentito.
-Prongs, cerca di essere un po’ più leggero o ti sentiranno anche i topi in soffitta- sibilò, e quasi lo udì ridacchiare mentre bussava alla porta, -Preparati, si va in scena-
-Ti ho chiesto di non disturbarmi, Kreacher-
La voce di Orion non suonò irritata quanto avrebbe dovuto e questo gli diede quasi fastidio; non se ne diede troppa pena e aprì la porta.
-Non sono Kreacher-
Orion non era come al solito dietro la sua scrivania ma accomodato su una delle poltrone. Sul tavolino accanto a lui era posato un bicchiere pieno di quello che sembrava whisky, ed era mezzo vuoto. Doveva essersene scolato parecchio perché non reagì affatto come Sirius si aspettava quando lo vide: rimase seduto scompostamente, la giacca da camera spiegazzata e le occhiaie profonde, e sul suo volto comparve un’espressione sorpresa.
-Ubriaco prima di cena, Orion? Non è degno di te-
-Dovevo aspettarmi che saresti venuto- la voce era roca e impastata, ma ferma; non era poi tanto ubriaco evidentemente, -Chiudi la porta prima che tua madre ti senta o dovrò darle altra pozione Sonno Senza Sogni-
-La stai drogando? Dev’essere diventata più insopportabile, allora-
L’uomo impiegò il tempo che a Sirius servì per chiudere la porta a ricomporsi, perché quando si ritrovarono di nuovo faccia a faccia Orion sembrava molto più presente a se stesso.
-Penso sia troppo crudele persino per te parlare così di lei in questo momento-
Qualcosa si mise in moto nel cervello di Sirius.
-Quale momento? Cosa sta succedendo?-
Per un attimo Orion parve davvero interdetto.
-Non lo sai? Che sei venuto a fare allora?-
Uno strano presentimento cominciò a fargli formicolare le braccia e sentì James farsi più vicino alle sue spalle.
-Ho… Ho sentito in giro che Regulus potrebbe aver bisogno di aiuto, di scappare. So che non si fa trovare dai suoi amichetti-
Sul viso di Orion passò un’espressione talmente sofferente da far male anche a chi lo guardava; Sirius l’aveva vista solo un’altra volta in tutta la sua vita e cominciò a spaventarsi sul serio.
-Pensavo lo stessi nascondendo tu, visto quello che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti. Sono venuto a offrirti il mio aiuto, a offrirlo a Reg-
In un primo momento l’uomo non rispose e si limitò a fissarlo dritto negli occhi; poi, lentamente, si alzò in piedi con una certa solennità.
-Tuo fratello non è nascosto qui. È sparito circa una settimana fa senza dire niente a nessuno. Non sappiamo dove si andato, né con chi o perché. Il mattino dopo l’arazzo si è aggiornato-
Gli cedettero le ginocchia e un attimo dopo James lo stava sorreggendo.
 

Non aveva alcuna idea di come fossero tornati a casa, né di cosa fosse successo tra Orion e James una volta che quest’ultimo era sbucato fuori dal Mantello. Non ricordava niente, tutto a un tratto si era ritrovato con in mano una tazza di tè nero corretto con abbondante liquore, seduto sul divano di casa sua. James si era seduto accanto a lui dopo avergli preparato il tè e non si era più mosso da lì. Non aveva emesso un fiato, o almeno lui non lo ricordava.
Poi comparve Charlus, col volto così segnato che a Sirius ricordò l’uomo dei giorni della morte di Dorea, che gli tolse dalla mano la tazza intatta e ci mise dentro direttamente la bottiglia di whisky.
-Non è il giorno buono per fare i perbenisti. Bevi figliolo, ti aiuterà-
Sirius si costrinse a obbedire e quando il bruciore alla gola si fu calmato si sentì un po’ più ancorato al pianeta Terra.
-Che… Che ci fai tu qui?-
L’uomo prese posto sulla poltrona accanto a lui e gli strinse una spalla.
-James mi ha avvertito subito, era ovvio che venissi. Mi dispiace tanto per te, Sir-
Sentì che gli occhi stavano per tradirlo e deglutì.
-Grazie-
Dopodiché stettero in silenzio per tutta la notte.
 

Non ci fu alcun funerale ovviamente, non essendoci un corpo, ma comunque probabilmente a Sirius non sarebbe stato permesso di andarci. Nella sua esperienza di lutti quella era stata forse la cosa peggiore, perché di fatto non ci fu un prima e un dopo. Regulus era fuori dalla sua vita da tempo, la sua morte non avrebbe sconvolto la sua quotidianità e non ci sarebbe stata nemmeno una cerimonia per segnare il momento. Sembrava che il suo dolore fosse quasi immotivato, irreale. Non aveva niente a cui aggrapparsi se non il chiodo fisso che Regulus forse aveva infine deciso di mollare e lui non era riuscito ad aiutarlo. Sapeva, razionalmente, di non avere alcuna colpa, di aver provato in tutti i modi a salvare suo fratello, ma la razionalità non era il suo forte al momento.
L’altra certezza era che fosse stato Voldemort a ucciderlo. O meglio, i suoi scagnozzi. Charlus aveva indagato al Ministero e Lily aveva persino sfruttato quel po’ di influenza che era riuscita a costruirsi all’Ufficio Misteri: nessuno dei buoni sapeva nulla della scomparsa di Regulus Arcturus Black. E Voldemort non aveva alcun beneficio da trarre nell’ammettere di aver ucciso un giovane Purosangue, a maggior ragione se dissidente. Probabilmente non sarebbero mai riusciti a scoprire la verità, nemmeno se Orion avesse deciso di investire nella causa tutto l’oro delle camere blindate di famiglia. E Sirius dubitava seriamente che l’avrebbe fatto.

Passò una settimana. Era stato estromesso da tutti compiti per l’Ordine, Moody aveva dato ordini precisi in merito, cosicché aveva passato tutto il suo tempo sdraiato sul divano, o al pub di Mr Farton, o a passeggiare per le strade di Londra senza alcuna meta nelle giornate buone. Che, obiettivamente, erano state molto poche.

Dopo quindici giorni stava seriamente rischiando di impazzire, quindi mandò un Patronus piuttosto esplicito a Moody in cui esprimeva i suoi pensieri circa la politica del “periodo di pausa”. Moody si presentò a casa sua, gli urlò contro dieci minuti e poi lo riammise alle operazioni di base, il che significava passare quattro notti a settimana insonni col culo per terra fuori dalla casa di qualche Mangiamorte. Insonnia per insonnia, preferiva far finta di avere uno scopo sorvegliando luoghi in cui non accadeva nulla piuttosto che starsene in casa a immaginare tutti i modi orribili in cui il suo fratellino poteva essere morto.
Il suo fratellino, Regulus. Il ragazzo che l’aveva respinto, l’uomo che aveva scelto di appoggiare un pazzo maniaco che uccideva la gente.
Suo fratello. Suo fratello era morto.
Non lo vedeva da anni, eppure… Eppure era assurdo, davvero assurdo e impensabile, avere la certezza che non l’avrebbe mai più rivisto. Che non esisteva più suo fratello.
Regulus era morto.
 

-Cosa è successo, per le mutande di Merlino?-
Erano passati due mesi, due mesi di limbo e angoscia, di sonni interrotti da incubi in cui corpi morti assumevano le forme di Nott, Chase, Regulus; due mesi in cui i suoi amici e suo padre avevano tentato di stargli accanto pur se con la discrezione e il distacco che lui imponeva loro, due mesi di rabbia e freddezza e insensibilità.
Nessuno aveva brindato alla memoria di Regulus Black alla riunione dell’Ordine, cosa per cui aveva segretamente ringraziato. Tutti sapevano, per ovvi motivi, che suo fratello era morto ma nessuno aveva sollevato l’argomento in sua presenza; almeno fino a quando non c’era stato da confermare la sua esclusione dalle missioni operative. Charlus aveva fatto in modo di mitigare quella che lui aveva preso come una punizione e che invece Moody si ostinava a ribadire fosse l’unico modo per garantire la sua incolumità e quella dei suoi compagni: come aveva voluto il capo Auror lui e la sua rabbia accecante erano rimasti nelle retrovie, ma gli era stato affidato il compito di coordinatore di tutte le azioni dell’Ordine della Fenice. Stabiliva i turni di guardia, sorvegliava il loro orecchio segreto nel vicolo di Notturn Alley, stilava rapporti, organizzava piani d’azione rapidi in caso di attacchi a obiettivi sensibili. Passava le sue giornate nel vecchio pub di Ayr che avevano trasformato nel loro ultimo quartier generale, tornava a casa solamente per dormire e nemmeno tutte le notti, e non riusciva a smettere di essere furibondo, intrattabile, sospettoso. James lo guardava con preoccupazione crescente e lui non gli dava modo di parlare, sfuggendogli. La ruga tra le sopracciglia del suo amico si era approfondita talmente tanto da farlo sembrare molto più vecchio dei suoi vent’anni, e buona parte della colpa era sua.
Non poteva farci niente. Non voleva parlare, non riusciva a parlarne. Odiava essersi isolato e non poteva fare a meno di isolarsi sempre di più. Odiava covare tutto quel risentimento eppure gli sembrava che fosse tutto ciò che lo teneva ancora insieme. Remus aveva improvvidamente tentato di prenderlo di petto alla fine di uno dei suoi turni di guardia e ne era scaturita una discussione talmente brutta che Peter aveva smesso di andarlo a trovare per evitare di trovarsi di nuovo preso in mezzo tra due fuochi.
Lily era l’unica che l’aveva lasciato in pace, e probabilmente era lei a impedire a Prongs di fare ciò che aveva fatto Moony.
Lily, che adesso era lì davanti a lui, in lacrime e disperata.
-Io… Stavamo combattendo, era una bolgia, non riuscivamo a coordinarci… Gli uomini del Ministero erano troppo pochi e…-
-Sapevo che sarei dovuto venire anch’io, maledizione a quel vecchio pazzo!-
Lily si sforzò di trattenere un singhiozzo quando lui squarciò il maglione di James: il suo ventre era un unico ammasso rosso e sanguinolento.
-Pensi che avresti fatto la differenza, tu da solo?!-
-Di certo non avrei lasciato che succedesse QUESTO!-
Era furibondo. Più arrabbiato di quanto fosse stato nelle ultime settimane, più in collera di quanto si fosse mai sentito in vita sua. James era in fin di vita perché non gli era stato permesso di proteggerlo. L’unico fratello che gli rimaneva, la cosa più importante della sua vita…
-Cosa vorresti dire, che è stata colpa mia? Pensi che non lo sappia già?-
Incredibilmente la sua furia si placò un poco. Non smise di tamponare il sangue che fluiva libero fuori al corpo del suo migliore amico, né levò lo sguardo da quello spettacolo orrendo.
-Non ho detto questo. Non è col…-
-Sì che lo è! Se io non… Se non mi avesse protetta, se fossi riuscita a… A impedirglielo, se fossi stata abbastanza brava da cavarmela da sola…-
Finalmente la guardò davvero. Lily era disfatta, un rivolo di sangue le colava dall’orecchio sinistro e le aveva impiastrato i capelli e il collo. I suoi occhi erano gonfi e rossi per il pianto, le labbra pallidissime erano spezzate in parecchi punti; probabilmente le aveva morse per l’ansia. Si reggeva il braccio destro al petto col sinistro, che ancora impugnava la bacchetta. E tremava, tremava talmente forte da sembrare una foglia al vento.
-Non è colpa tua, Rossa. Non volevo dirlo, sono solo… Preoccupato. Dovresti farti vedere da Peter, sanguini-
Avrebbe voluto fare di più. Avrebbe voluto essere quel tipo di persona empatica e in grado di consolare che era, con molto sforzi, stato in altre occasioni. Ma non ci riusciva. Non aveva idea di cosa fosse accaduto a Derby per far finire James aperto in due su quella barella improvvisata in un vetusto pub nascosto tra le montagne della Scozia. Sapeva solo che non gli avevano permesso di proteggerlo, nessuno si era battuto per lui, e quello era il risultato. Sapeva anche che James si era preso quel colpo per Lily, e non riusciva a non odiarla un po’.
-Tu non capisci, era lì, Voldemort era lì, e ci ha cercati… Voleva… Voleva ucciderci, e noi non avevamo aiuto… Charlus è caduto quasi subito dopo essere arrivati, Moody e Fenwick non erano con noi, i Prewett stavano lottando contro cinque Mangiamorte e… Nessuno poteva aiutarci, eravamo solo noi due e non riuscivamo nemmeno a contrastare i suoi attacchi, e poi è arrivata la McGrannitt ma non riusciva a distrarlo, lui voleva davvero ucciderci e… Mi sono fermata un secondo, solo un secondo, perché dopo la botta all’orecchio non sentivo nulla e non riuscivo a orientarmi e poi… Lui si è lanciato davanti a me per coprirmi, si è preso la mia maledizione!-
Il sangue nelle vene di Sirius si era ghiacciato alla prima frase. Il terrore che l’aveva assalito quando Lily si era presentata in lacrime sull’uscio del quartier generale trasportando il corpo esanime di James era diventato solido. Si sforzò di ragionare prima di aprire bocca.
-Qualsiasi cosa sia accaduto, non è colpa tua. È colpa di Voldemort. Ora va’ da Pete, devi farti almeno tamponare il sangue e lui dovrebbe aver finito di medicare Charlus. Io cercherò di stabilizzare James fino a quando non arriveranno i Guaritori, non ho idea di come sistemarlo definitivamente-
Lily lo guardò finalmente negli occhi. Era terrorizzata e cercava qualcuno che la assolvesse, era palese; lui non era in grado di fare di più, però. Alla fine lei annuì e si allontanò verso l’altro capo della sala, dove sul bancone il corpo esanime di suo padre riposava vegliato da un Peter che aveva cercato in tutti i modi di fingere di non esistere da quando i loro due amici erano comparsi.
Non aveva davvero alcuna idea di come riparare il danno. Per quanto cercasse di fermare il sangue non ci riusciva, e lui non sapeva come riparare i vasi sanguigni. Non capiva nemmeno dove finisse la carne e iniziassero i visceri. Stava per essere preso dal panico, James sarebbe morto lì tra le sue braccia senza che lui potesse salvarlo e tutto il dolore delle ultime settimane stava per sopraffarlo, avrebbe ceduto, non sarebbe riuscito a sopportare anche questo, e Charlus, e Lily, e lui…
Prese una decisione. Continuando a premere garze sulla ferita aperta prese la bacchetta e in un attimo un grosso cane argentato comparve davanti a lui, poi si lanciò oltre una delle finestre dai vetri resi opachi dal sudiciume accumulato negli anni.
Senza curarsi delle mani sporche di sangue se ne passò una tra i capelli sudati per allontanarli dal viso e scorse Peter osservarlo con una muta domanda negli occhi.
-Non possiamo aspettare che finisca. Non possiamo portarlo al San Mungo. Non ho altra scelta, ho chiamato Madama Chips-
Lily alzò il capo, il terrore impresso su ogni centimetro del suo volto.
-Andrà tutto bene- si sentì dire con fin troppa convinzione. Lei annuì.
 

L’infermiera della scuola arrivò dopo nemmeno dieci minuti; quando andò ad aprire la porta Sirius dovette impegnarsi molto per impedirle di entrare immediatamente.
-Mi hai chiamata per un’emergenza, Black, e ora vuoi metterti a giocare agli indovinelli?-
-Madama, non la farò entrare se non risponde e più si oppone più tempo perderemo. Quindi, vuole per favore dirmi di che colore è diventato il bubbone che avevo al posto del naso dopo che ha tentato di risistemarlo?-
La Chips sembrava davvero sconcertata.
-Cosa? Sono passati anni, Black! Io davvero… Mi sembra… Verde?-
Sirius sorrise per il sollievo e si scostò per lasciarla passare.
-Grazie per essere venuta subito, è davvero grave. James… Non sapevo cosa fare-
Non aveva ancora finito la frase che la donna stava già levandosi il mantello e dando indicazioni a Peter, impegnato a cercare di arginare l’emorragia.
-Mi servono subito bende pulite, del disinfettante e tutta la Rimpolpasangue su cui riuscite a mettere le mani. Merlino, ne combinavate di ogni a scuola ma questo è davvero troppo anche per voi!-
La sua bacchetta era già all’opera e in men che non si dica Peter fu di ritorno dal retro con tutte le scorte richieste.
-Possiamo fare qualcosa per aiutarla?- domandò Sirius tradendo tutta la sua ansia.
-Avete idea di cosa l’ha colpito?-
-Io ero con lui quando è successo, ma Voldemort ha usato un incantesimo non verbale… Non so proprio…-
Sirius posò una mano sulla spalla di Lilly e strinse forte. La Chips invece smise per un attimo di borbottare tra sé.
-È stato Voi-Sapete-Chi? Siamo fortunati che non sia stato fatto a metà, allora. Bene. Ora fate silenzio e lasciatemi lavorare. Andate a occuparvi del signor Potter più adulto e più sano, sta per svegliarsi e non credo debba vedere-
Facendo violenza su se stesso Sirius annuì e fece come gli era stato ordinato. Stava diventando bravo a prendere ordini, in effetti. Fece comparire un paravento attorno alla lettiga di James e poi raggiunse l’Auror che stava tentando di mettersi dritto sul bancone.
-Cosa… Cos’è successo?-
-Devi stare sdraiato Charlus, sei rimasto privo di sensi per un po’. Ti hanno colpito con uno Schiantesimo e cadendo hai battuto la testa, ti ha portato qui Podmore. Peter ti ha rimesso in sesto ma resta sdraiato finché sarai visitato da un esperto-
Charlus chiuse gli occhi e sospirò.
-Non sono servito a molto stasera, vero? È finita?
Sirius si guardò alle spalle. Lily stava immobile dietro le tende chiuse su James e la Chips, Peter doveva essere andato a montare la guardia dietro alla porta.
-No, non è ancora finita. Ascolta, non allarmarti, ma James e Lily sono rientrati proprio come te. Lily sta bene, ma…-
In barba a tutto il suo discorso precedente, Charlus scattò seduto e decisamente presente.
-Cos’è successo a James? Dove sono i miei occhiali?-
Sirius gli passò le lenti e gli posò una mano sul petto.
-Madama Chips si sta prendendo cura di lui. Non sapevo cos’altro fare, non potevo portarlo in ospedale, ho dovuto chiamarla-
La paura si diffuse sul viso di suo padre.
-Sta così male?-
Sirius sospirò.
-Respira. E la Chips ha sempre fatto la sua magia, no? Dobbiamo solo aspettare, ci ha cacciati tutti via. Vuoi qualcosa da bere, magari?-
L’uomo scosse la testa.
-No figliolo, ti ringrazio. Aspetta qui con me-
Si misero seduti sul bancone, e aspettarono.
 

Ci vollero altre tre ore perché tutti rientrassero al Quartier Generale, e l’infermiera aveva finito con James da nemmeno venti minuti. Moody lanciò uno sguardo di fuoco a Sirius vedendo un’estranea all’Ordine presente, ma evidentemente soffriva troppo per le sue ferite per occuparsene subito e Sirius aveva smesso da tempo di aver paura delle sfuriate di Moody.
Tutti erano conciati parecchio male, sembrava essere stato un massacro. Lui e Peter aiutarono Madama Chips a occuparsi di Caradoc e Emmeline, cosicché tutti potessero poi dedicarsi agli altri insieme ai Guaritori. Sirius era alle prese con una brutta ustione sulla schiena di Dedalus Lux quando sentì un urletto di gioia provenire dalla prima lettiga.
-Va’ da lui, io posso bendarmi da solo- gli sussurò Lux da sopra la spalla. Lui gli rifilò una pacca di ringraziamento che lo fece mugolare dal dolore e corse via.
James, pallido come un lenzuolo e fasciato dai pettorali in giù, aveva riaperto gli occhi e si sforzava di parlare.
-Sto bene papà, non farti prendere dal panico, devo solo riposare un po’-
-Esatto, quindi prendi questa pozione e fatti una bella dormita. Devo controllare la tua ferita, anche se sono sicuro che Madama Chips abbia fatto un ottimo lavoro, e credimi se ti dico che vorrai essere privo di sensi quando leverò la fasciatura-
James dedicò a Caradoc uno sguardo offuscato.
-Non mi sento affatto così male…-
-Quando Lily ti ha portato qui eri praticamente aperto in due e ora sembri comunque mezzo morto, quindi fa’ quello che dice il personale qualificato e prendi la pozione per dormire-
In risposta alle parole di Sirius, James quasi sbuffò.
-Farò tutto quello che serve a farvi stare tranquilli, ma prima dovrei dire una cosa. Lily, credo che dovremmo sposarci-

 
   
 
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