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Autore: Jamie_Sand    05/06/2023    4 recensioni
Nel pieno della seconda guerra magica, lontano dalla famiglia, senza più una fidanzata e con ben pochi amici rimasti al suo fianco, il giovane Percy Weasley cerca di fare del suo meglio per limitare i danni.
Poi, una notte di fine ottobre, l'incontro con una babbana di nome Audrey Manning.
Genere: Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Audrey, Famiglia Weasley, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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TW: menzioni ad abusi in famiglia (nulla di troppo esplicito ma è sempre meglio avvisare)


Capitolo 10


Nei cinque giorni successivi, Percy si prese una vera e propria vacanza da sé stesso che si rivelò insolitamente piacevole. 

Dopo i primi due giorni passati a lottare contro l’imbarazzo di ritrovarsi in una casa piena di sconosciuti e contro il dolore alla testa e alla bruciatura che aveva sul petto, il giovane Weasley iniziò a sentirsi molto più a proprio agio di quanto non si sarebbe mai potuto aspettare. Dopotutto, come già aveva capito durante il pranzo di Natale, quel posto non era poi tanto diverso dalla Tana, sebbene si trovasse in città e fosse molto più grande e ordinato. 

Nonna Harriette tentò di cimentarsi in pietanze inglesi solo per lui, seppur con scarso successo dato che perfino il filetto alla Wellington sapeva vagamente di paprika se lo cucinava lei, mentre Constance iniziò a lanciarsi sempre più spesso in strane predizioni che in comune avevano sempre un finale molto nefasto (“morte e tristezza ti attende! Morte e tristezza!”). 

Elijah prese a comportarsi come se nulla di strano fosse mai successo tra loro, parlandogli come a un vecchio amico e finendo per stargli persino simpatico. Certo, era decisamente un tipo strano: una volta si era seduto al suo fianco, l’aveva fissato a lungo e poi aveva chiesto di Charlie, per poi alzarsi e andare via senza prima ascoltare una risposta. 

Jude lo sottopose invece a un nuovo interrogatorio per capire cosa facesse davvero nella vita e quali fossero davvero le sue aspirazioni: 

- Quindi hai davvero delle ambizioni politiche. - Gli disse una sera, guardandolo torvo dall’altra parte del tavolo della cucina. 

- Una volta ne avevo, sì. - Rispose Percy, provando per la prima volta nella sua vita un certo disagio nel parlare di sé. 

Quando aveva conosciuto il padre di Penelope si era sentito così fiero mentre raccontava del suo lavoro e della sua straordinaria carriera al Ministero, mentre ora quella posizione lo faceva sentire come se avesse addosso l’etichetta del potenziale sostenitore del Signore Oscuro. 

Jude, inoltre, era esattamente l’opposto del signor Light, che era un uomo piuttosto socievole che lo aveva preso subito in simpatia. Il padre di Audrey sembrava una persona tremendamente giudicante, un perfezionista che a tratti poteva sembrare un vero e proprio automa e, a dir la verità, la sua presenza faceva sentire Percy un po’ intimorito. 

Comunque stare in quella casa valeva come tutte le lezioni di babbanologia di tutti e sette gli anni a Hogwarts e anche di più: Percy vide un film per la prima volta nella sua vita, imparò a giocare a scarabeo e scoprì che in alcune famiglie si pregava prima dei pasti e si andava in chiesa la domenica. 

Tuttavia Percy aveva l’impressione che Audrey non prendesse molto sul serio la religione come sua nonna e la sua bisnonna e che anzi si divertisse un po’ a dire cose considerate eretiche per far infuriare Harriette:

- Non è che non ci credo, eh… solo che mi sembra strana l’idea di un Dio che ti fulmina se ti masturbi e ti manda all’inferno se sei gay, quando invece non condanna, che so… lo stupro, l’incesto e il cannibalismo, per così dire. - 

- Audrey! - Esclamava Harriette, esasperata, ogni singola volta. 

- Almeno lei ci viene in chiesa. - Sottolineava Constanze, fulminando con i suoi occhietti brillanti Jude ed Elijah. 

- Be’, sì che ci vengo… ci vengo per il coro e perché il figlio del pastore è proprio un figo. -

Assistere ai loro battibecchi era per Percy divertente e doloroso insieme: quell’aria di familiarità gli era mancata terribilmente in quegli ultimi anni. 

Percy si rese anche conto quasi subito che in verità non in tutti i bagni dei babbani c’erano delle paperelle di gomma, come invece aveva affermato una volta suo padre. In compenso, nel bagno sul corridoio del secondo piano, c’erano tantissimi prodotti per capelli che avevano lo stesso profumo di Audrey. 

Paradossalmente, in quel quadretto di rassicurante ospitalità, Audrey sembrava l’unica a non volerlo davvero lì, anche se Percy stava facendo del suo meglio per non rimuginarci troppo sopra. 

Di giorno lei lo evitava come il vaiolo di drago, inventando scuse per stargli più lontano possibile, (“devo studiare”, “sono stanca”, “sono troppo occupata, scusa”), mentre di sera gli concedeva un po’ della sua presenza guardando insieme a lui ed Elijah un film sul divano in salotto o gli parlava dalla sua stanza attraverso dei vecchi walkie talkie che proprio Percy aveva trovato nella stanza dello zio. 

Durante quelle notti, i due iniziarono a costruire una strana e inaspettata intimità: si perdevano in lunghissime chiacchierate, messi al sicuro dal non trovarsi faccia a faccia come al solito o forse spinti semplicemente dalla stanchezza che li rendeva in un certo senso più disinibiti. 

Ogni tanto lei leggeva ad alta voce e lui la stava ad ascoltare, immaginando nel frattempo un mondo alternativo in cui non c’era una guerra che rendeva il loro legame illegale, in cui era lecito pensarla in modi che gli facevano sperare con tutto il cuore che nessuno attorno a sé fosse un legilimens, un mondo in cui lui non aveva una ragazza e in cui Audrey non aveva quell’apparenza irraggiungibile. 

Audrey Manning non era di certo una persona alla mano, non era dolce, né mite, né simpatica come Penny e, forse, in nessun mondo alternativo Percy avrebbe trovato il coraggio di approcciarsi a lei. 

Tuttavia lui iniziò pian piano ad aprirsi su cose che non aveva mai detto a nessuno prima d’ora. Le parlò della sua infanzia, dei suoi anni a Hogwarts e soprattutto della sua famiglia. Le descrisse ogni singolo membro in modo tanto dettagliato che Audrey ebbe quasi l’impressione di conoscerli davvero alla fine; poi Percy le raccontò di quel brutto litigio che lo aveva allontanato definitivamente da casa e, con gran sorpresa di lui, la giovane non lo giudicò affatto. 

- Lo avrai capito, mio padre è ipercritico. - Gli disse invece, proprio l’ultima notte. - Non sai quante volte mi aspettavo che mi dicesse brava e invece sono stata criticata o corretta. È frustrante. Comunque il tuo caso è un po’ diverso, dato che pare che abbiate sbagliato entrambi… ma sei suo figlio, ti perdonerà. - 

- Non credo che mio padre mi perdonerà mai per ciò che gli ho detto. - Fece Percy a bassa voce, sdraiato nel vecchio letto di Elijah, al buio, il walkie talkie in una mano e l’altra sul suo viso. - Tutte le volte in cui lo incontro al Ministero mi ignora. - 

La sentì fare un secco verso di scetticismo. - Mi sembra di capire che nemmeno tu gli faccia le feste quando lo vedi. - 

- È lui che deve fare il primo passo. - 

- E perché? - Domandò la voce metallica di Audrey. 

- Perché lui è mio padre! - Ribatté Percy, come se questo risolvesse qualsiasi cosa. - A rigor di logica è lui che deve fare il primo passo, non io. -

- E perché? - Ripeté Audrey. - Sei troppo orgoglioso, non ne vale la pena. - 

- Tu perché non chiami tua madre? - 

Per un po’ dal walkie talkie stretto nella mano sinistra di Percy si sentì solo il brusio che gli assicurava che l’apparecchio funzionasse ancora. Poi Audrey sospirò. 

- È completamente diverso. - Disse. - Mia madre non è… una madre. - 

- Cosa vuol dire questo? - 

- Starle lontana è una mia scelta. Lei non mi manca come a te mancano i tuoi, e non dire che non è vero! Ti mancano da morire! - 

Percy si sentì arrossire. Non aveva senso obiettare in alcun modo perché tanto lei lo scopriva sempre. 

Quel modo che aveva Audrey di buttargli addosso le verità più scomode lo faceva sentire vulnerabile. 

- La batteria del mio walkie talkie si sta scaricando. - Disse lei, quando l’apparecchio emise uno strano suono distolto. - Se non mi senti più è per quello. - 

- Vuoi andare a dormire allora? - Domandò lui. 

- Andare a dormire prima di mezzanotte la tua ultima notte qui? E io che volevo passarla facendo discorsi profondi come al solito… noi sì che ce la spassiamo. - 

- Puoi sempre attraversare i due metri che separano le nostre porte. - Gli suggerì lui con leggerezza, certo di ricevere un no come risposta. 

Audrey mugugnò ma sorrise, anche se lui non poteva vederla. - Mi stai forse invitando nel tuo letto? - Disse, fingendosi risentita. - Svergognato… ma per chi mi hai presa? - 

Percy sgranò gli occhi. - Non intendevo dire questo! - Si affrettò subito a esclamare, alzandosi a sedere di scatto. - Ma hai ragione, la mia è stata una proposta inappropriata. Scusami. Spero di non averti messa in imbarazzo o offesa in alcun modo. - 

Questa volta lei rise. - Stavo scherzando. - Disse divertita, mentre si alzava dal letto. - Dammi sessanta secondi e sono da te. - 

- S… sei sicura? Non dicevo sul serio. - 

- Ma come, una volta mi hai detto che non scherzi mai. - Gli ricordò lei. 

- Ogni tanto lo faccio. - 

Audrey sbuffò. - Quindi che vuoi fare? Se ti senti così in imbarazzo lasciamo stare. - 

Ci fu silenzio per almeno dieci secondi buoni e poi Percy rispose: - Ti aspetto qui. - Come se questo gli costasse un grande sforzo di coraggio. 

Audrey abbandonò il walkie talkie sul comodino senza aggiungere altro, attraversò la stanza per raggiungere la porta e poi si fermò di scatto e tornò indietro. Raggiunse l’armadio, spalancò le ante e si specchiò. Si liberò della cuffia per capelli che indossava per dormire e tentò di dare un senso a quella chioma informe legandola in una coda alta come al solito. Poi si sfilò la maglia di quell’orribile pigiama di pile per indossare una canottiera leggera che lasciava decisamente molta più pelle scoperta. 

Sei proprio stupida, si disse, dandosi un’ultima giudicante occhiata, patetica e stupida! 

Alla fine uscì dalla sua stanza, raggiunse la porta che aveva davanti con due passi ed entrò in quella di Percy, dove trovò il ragazzo seduto sul letto ad attenderla, senza gli occhiali sul naso, illuminato dalla luce tenue della lampada appoggiata sul comodino che gettava la stanza in una quieta penombra. 

- Ci hai messo più di sessanta secondi. - Commentò lui, pur di rompere il silenzio. 

Audrey sogghignò. - Ma che carino… sentivi la mia mancanza? - Chiese, prendendolo in giro. Poi si sedette al suo fianco sul letto, con la schiena appoggiata contro la spalliera. 

Percy si domandò dove fossero finiti i pigiami imbarazzanti che le aveva viso sfoggiare le sere precedenti e anche come potesse non sentir freddo, in pieno dicembre, con indosso quella canottiera striminzita dal tessuto molto leggero che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. 

Era tutto appena accennato sul corpo di lei, come se non avesse ancora smesso di crescere, come se ci fosse ancora tempo per lei per fiorire davvero. Percy si prese qualche attimo per osservarla, assaporando quella pungente sensazione di desiderio che da qualche tempo aveva iniziato a trapassarlo tutte quelle volte in cui lei era troppo vicina o quando, da solo in quella stanza, lasciava correre la sua mente su cose che probabilmente non sarebbero mai potute accadere. 

Percorse il suo profilo con lo sguardo, arrivò a guardare le sue labbra, scivolò lungo il suo collo e ancor più giù, verso la scollatura di quella maledetta canottiera e la curva appena accennata del seno e… no! 

No, no, no; contegno, per l’amor di Merlino! 

C’erano così tante ragioni che rendevano quell’attrazione che sentiva nei confronti di Audrey sbagliata, ma ce n’era una che spiccava su tutte: Penelope. 

Penelope era scappata via per mettersi in salvo e lui non poteva farle questo, non poteva tradirla, buttare tutto all’aria per una che conosceva da poco meno di tre mesi, lasciarsi prendere da uno stupido impulso come uno stupido adolescente alla prima cotta. 

Penelope era perfetta. Era dolce, era bellissima, era calma, odiava litigare ed era così accondiscendente che spesso Percy si era ritrovato ad annoiarsi davanti a tutti i suoi sì. Su di lei poteva avere il controllo totale, insieme a lei poteva rispettare tutti gli standard che si era prefissato nella sua mente, quelli che secondo lui potevano fare di una coppia la coppia perfetta. 

Voleva tornare a casa dopo il lavoro e stare in compagnia di una persona silenziosa e calma come la sua Penny, parlare della giornata appena trascorsa davanti a una cena per nulla speziata, andare a pranzo a casa della famiglia di lei la domenica e non rischiare di essere ucciso da uno dei suoi parenti; voleva sposarsi, voleva dei figli e voleva andare a quelle pompose cene ministeriali in cui una babbana come Audrey non avrebbe mai potuto mettere piede. 

Eppure proprio quella babbana si stava facendo prepotentemente largo nella sua mente, ficcandogli nella testa l’idea di un futuro completamente diverso da come se l’era sempre immaginato e Percy era certo di aver capito il perché: lei era decisamente carina, lui era un ventenne solo, che non aveva a che fare con l’altro sesso da mesi; passavano troppo tempo insieme e lui… be’ era naturale che prima o poi qualcosa scattasse, no? 

No? 

Era tutto qui. Una stupida infatuazione guidata dall’attrazione fisica e da bisogni non soddisfatti per troppo tempo. 

- No che non sentivo la tua mancanza. - Assicurò lui. - Passiamo così tanto tempo insieme, ultimamente, che sarebbe un po’ strano. - 

- A me un po’ mancherà parlarti prima di andare a dormire, lo sai? - Rivelò Audrey. 

Percy si sistemò seduto in un angolo del letto pur di mantenere una certa ragionevole distanza. - Dovrò necessariamente comprare uno di quei telefoni, allora. - Le disse. 

- Non sapresti usarlo. - 

- Questo lo dici tu, cara. A casa dei miei genitori ce n’era uno e una volta l’ho utilizzato per chiamare Penny. - Ribatté lui, dandosi delle arie. - Non è stato affatto complicato: mi sono scritto ciò che dovevo dire su un foglio di pergamena e tutto è andato liscio. - 

Audrey si voltò a guardarlo e aggrottò la fronte. - La spontaneità è scomparsa dal mondo il giorno in cui sei nato, Weasley. - Disse. - Ma sentiamo: cosa avevi scritto sul foglio di pergamena? - 

Percy si schiarì la gola. - In caso al telefono avesse risposto suo padre allora avrei detto: buonasera signor Light, sono Percy, uno dei compagni di scuola di sua figlia. Per caso Penelope si trova in casa in questo momento? Desidererei parlarle, se non è un problema. - Recitò con convinzione.

Audrey soffocò una risatina e scosse la testa.

- Dove ho sbagliato? - Chiese allora lui. 

- Nessuno parla così tra i babbani, Perce. - Spiegò Audrey, sorridendo divertita. - Devi scioglierti un po’ se vuoi sembrare uno di noi. - Aggiunse, dandogli una leggera pacca su una spalla. 

Percy produsse un gemito sommesso. - Attenta all’ustione. - La ammonì, toccando il punto tra la spalla e lo sterno in cui in quel momento c’era ancora un grosso cerotto. 

- Scusa. - Fece lei. - Nonna Harriette dice che ti rimarrà di sicuro il segno. -

- Già. Tuo zio mi ha sfigurato per sempre. - Borbottò Percy.

Audrey alzò gli occhi al cielo. - Sfigurato… che esagerazione. - Disse. - Quando la tua ragazza tornerà da te potrai raccontarle che te la sei procurata lottando all’ultimo sangue con un crudele mangiamorte. Ti darà un’aria molto più affascinante, vedrai. - 

- Non ce n’era bisogno. - 

- Tu credi? - Fece Audrey. - Sarà che le cicatrici mi piacciono. Anche le mie. - 

- Elijah ha folgorato anche te, per caso? - 

Audrey scosse la testa. - No, no… però ho avuto l’appendicite quindi ho un piccolo taglio qui sulla pancia. - Disse, toccando un punto accanto al fianco destro. - Poi ho una piccola cicatrice su un ginocchio, mentre qui ho qualche segno lasciato dalla varicella, nulla di eclatante. - Aggiunse, tirando un po’ più giù la scollatura della canottiera e indicando dei piccoli segni che aveva all’altezza del petto. - La tua ha una storia decisamente molto più interessante. - 

Percy mugugnò in risposta e la guardò solo di sfuggita.

- Ho anche un tatuaggio. - Proseguì Audrey. - Ma non credo che conti. - 

- Non sembri una tipa da tatuaggio. - Osservò lui. 

- Infatti non lo sono. -

- E dove ce l’hai? -

Audrey si mosse e gli diede la schiena. Lì, poco più sotto della nuca e proprio al centro, c’era il disegno di una piccola peonia dai petali rosa. 

- Molto egocentrico da parte tua, Peony. - Commentò Percy. 

- È una lunga storia. - Ribatté lei, voltandosi a guardarlo. 

- Raccontamela. -

Audrey tornò a dargli le spalle e per un po’ non parlò. - L’ho fatto per coprire il segno di una bruciatura che mi procurò uno dei fidanzati di mia madre, molto tempo fa. - Svelò in tutta tranquillità. 

- Cosa?! - Esclamò Percy, sgranando gli occhi. - Come… perché… perché mai l’avrebbe fatto? - 

- Perché le persone sono cattive e il mondo è un posto orribile. - Disse lei, piano, ma con lo stesso tono rilassato di poco prima. - Non tutte le famiglie sono felici e non tutti i genitori amano i propri figli. - 

- Sì, ma… tua madre… - 

- Te l’ho appena detto: non tutti i genitori amano i propri figli. - Ripeté Audrey. - Mia madre ha iniziato a lasciarmi a casa da sola quando avevo sei anni, Lucy ne aveva a malapena uno. Non mi ha mai abbracciata, consolata o accudita. Pensi che le importasse qualcosa se il suo fidanzato abusava delle sue figlie? Se la cosa ti sorprende tanto allora sei stato davvero molto fortunato con i tuoi. - 

Percy rimase zitto, impietrito dalle parole di lei e dal gelo con cui le aveva pronunciate: doveva essere quello il motivo per il quale Audrey non parlava con sua madre, ma era sorprendente il distacco con cui glielo stava raccontando. 

Sul suo viso, che in quel momento il giovane scorgeva solo di poco, non sembravano esserci particolari espressioni, non era tesa, né a disagio. 

- Se ti stai domandando se qualcuno qui ne sapesse qualcosa… la risposta è sì, solo che l’hanno saputo molto in ritardo, dato che mia madre evitava di farmi stare in contatto con la famiglia di mio padre. - Continuò a parlare lei. - Ho scelto una peonia proprio per ricordare a me stessa che rimango sempre io, nonostante tutto, che non importa cosa la vita mi butterà addosso. Io non mi lascerò mai cambiare dagli eventi. O almeno è ciò che tento di fare. -  

Percy produsse un secco sospiro.

Gli sarebbe piaciuto così tanto avere la capacità di lenire qualsiasi cosa stesse provando lei in quel momento con le parole giuste, avere una frase per circostanze del genere o essere una di quelle persone capaci di stringere qualcuno a sé per farlo star meglio, un po’ come faceva sua madre con lui e i suoi fratelli quando erano bambini. Ciononostante tutto ciò che riuscì a fare fu fissare quella piccola peonia rosa disegnata sulla schiena di Audrey mentre il suo cervello si riempiva di domande che non avrebbe mai avuto il coraggio di porle. 

- È un tatuaggio molto carino, Peony. - Si limitò a dirle a voce bassa. 

- Lo so. - 

Ci fu silenzio, poi lei si voltò verso di lui. 

- Posso restare qui per un po’? - Gli domandò. - Giusto il tempo di prendere sonno... parlare di certe cose mi provoca sempre un po’ d’angoscia. - 

- Tuo padre dorme nella stanza accanto, non so se è il caso. - 

Non che gli dispiacesse averla vicino, soprattutto dopo una delle rarissime occasioni in cui era lei ad aprirsi con lui e non il contrario. Magari lei avrebbe continuato a parlare...

Tuttavia c’era una voce dentro di lui che non faceva altro che ricordargli quanto inopportuno e potenzialmente pericoloso fosse ritrovarsi in quel letto con lei in quel momento. 

- Dovresti temere nonna Harriette, non lui. - Fece Audrey. 

- In effetti nutro un certo timore reverenziale nei confronti di tua nonna. - Ammise Percy. - Ma tuo padre è decisamente più minaccioso. - 

Audrey aggrottò la fronte e scosse la testa. - Secondo me inizi addirittura a piacergli. - 

- Te l’ho detto che prima o poi avrebbe capito che sono un ottimo partito. - 

Audrey alzò gli occhi al cielo. 

- Anche tu piaceresti ai miei, soprattutto a mio padre. - Proseguì Percy. - Lui adora i babbani, ti riempirebbe di domande. - 

- Quindi gli piacerei solo perché sono babbana. -

- È un fattore che contribuisce. - Ribatté lui. - Inoltre non sei bella ma sciocca come tutte le ragazze che mio fratello Bill ci ha fatto conoscere nel corso degli anni; questo sarebbe già molto per loro. - 

- Essere bella e sciocca è il mio sogno da sempre. - 

E invece ti tocca essere solo bella, pensò lui, ma non si azzardò a dirlo. 

- Ad ogni modo queste sono solo chiacchiere sconclusionate. - Disse invece. - Dopotutto è piuttosto improbabile che tu metta piede alla Tana… non so nemmeno se ci tornerò io, prima o poi. - 

- Se continui ad essere ostaggio del tuo orgoglio allora sì: non tornerai mai a casa. - Disse lei. - Se invece ti fai coraggio e li vai a trovare… non li conosco, ma ho il sentore che non esiteranno nemmeno un istante ad aprirti di nuovo le porte. - 

Percy la guardò facendo un piccolo e triste sorriso. Lui non la pensava affatto come Audrey. Era invece certo che la sua famiglia non sarebbe stata mai capace di dimenticare del tutto quel tradimento. 

Audrey lo fissò pensierosa per una manciata di secondi. - Perché non andiamo a trovarli? - Disse poi, di botto. 

- Cosa? - Domandò lui, alzando le sopracciglia con sorpresa. 

- Andiamo a trovarli, ti accompagno. - Replicò lei, entusiasta. - Facciamo una piccola gita in campagna: prendiamo il treno, tu vai a scusarti con i tuoi così ti togli finalmente quest’aria deprimente da cucciolo bastonato di dosso. Poi ci fermiamo in una sala da tè. Dalle tue parti fanno gli scones migliori del paese, lo sapevi? - 

- Non posso semplicemente andare lì e scusarmi. - Obiettò lui.

- E perché non puoi? - 

- Il Ministero li tiene d’occhio, entrare in contatto con loro sarebbe molto pericoloso nella mia posizione. - Spiegò Percy. - Il Ministro potrebbe pensare che sono un traditore, mi sottoporrebbe a uno di quei processi farsa che ovviamente perderei. - 

- Be’, puoi sempre mandare a tuo padre dei segnali.

- Non posso, Audrey. - Tagliò corto lui. - È troppo rischioso, sia per me che per loro. Il Ministero usa sempre la famiglia come arma di ricatto e per questo devo mantenere un basso profilo e sperare che tutto questo finisca presto… non ne posso più. - 

Audrey annuì, stringendo le labbra. - Adesso sembri tu quello angosciato. - Osservò, e poi si sdraiò, come se quello fosse il suo letto. 

Lui rimase zitto e fermo per un po’. Solo dopo una manciata di secondi di rimuginamento su cosa fosse giusto fare a quel punto la imitò, occupando una parte minuscola di letto, contro il muro, così che nessuna parte del suo corpo potesse entrare in contatto con quello di lei nemmeno per sbaglio. 

- Sei proprio sicura che tuo padre non se ne accorgerà? - Le domandò. 

- Anche se fosse non stiamo facendo niente di male, rilassati. - Sbuffò lei, prima di allungarsi per spegnere la luce. - Tu hai una ragazza… - 

Nell’oscurità della stanza, Percy si rese conto che lei era sdraiata rivolta nella sua direzione. Riusciva a distinguere a malapena il suo contorno grazie alla luce fioca dei lampioni fuori casa che trapassava attraverso le tende, ma sapeva che era vicina. 

Così vicina.

Così vicina che sarebbe stato naturale baciarla lì in quel momento, prenderla per mano e accarezzarle il viso; ma Percy si fece sfiorare da quel pensiero solo per un istante, prima di farsi più in là rotolando poi sulla schiena, lo sguardo rivolto al soffitto. 

Non si era mai ritenuto un tipo particolarmente empatico o bravo a percepire i segnali, ma tuttavia aveva l’impressione che forse lei non si sarebbe allontanata se lui avesse tentato di baciarla. E questo era strano dato che da un bel po’ di tempo Percy Weasley si riteneva piuttosto repellente.

Ho una ragazza. C’è una guerra. Audrey è una babbana. 

Questo era ciò che si stava ripetendo nella sua testa. 

Non importava se lei provasse o meno qualcosa per lui, non importava nemmeno ciò che lui provava per lei. Doveva mettere un freno, disegnare dei confini, altrimenti la situazione sarebbe di sicuro degenerata. 

Se qualcuno al Ministero l’avesse scoperto… se qualcuno fosse venuto a conoscenza del fatto che l’assistente del Ministro era invischiato in qualcosa con una babbana probabilmente nessuno dei due avrebbe avuto scampo. 

- Questa non è una buona idea. - Asserì duramente, prima di muoversi per accendere nuovamente la lampada appoggiata sul comodino, illuminando la stanza. 

Audrey fece una faccia perplessa, cosa che lo spinse a proseguire prima che lei potesse aprir bocca: 

- Tu sei molto attraente e io sono davvero lusingato, ma temo che tu abbia frainteso scambiando la nostra amicizia per qualcos’altro. - Disse. - Noi due siamo solo amici, non possiamo dormire insieme o baciarci… o altro. E poi tu… tu sei una babbana. - Aggiunse, e alle orecchie di lei quello suonò quasi come un insulto. 

Audrey lo fissò come se non avesse capito nemmeno una delle parole pronunciate da lui, poi schiuse la bocca per dire qualcosa, ma ci ripensò e scosse la testa. Si alzò dal letto senza dire niente, raggiunse la porta e poi si voltò verso di lui. 

- Vado a dormire. - Disse in tutta tranquillità. 

Cosa? Tutto qui? Si chiese Percy, sorpreso. Be’, meglio così.

- Se vuoi possiamo parla… - 

- No. - Lo interruppe lei. - Non sprecare il fiato per una semplice babbana, Weasley. È già tutto abbastanza umiliante così, senza che tu ci metta bocca. - 

Percy sentì il suo cuore stringersi dolorosamente nel petto e poi anche lui si alzò dal letto. - Lo sai benissimo che non intendevo dire questo. - Disse, facendo un timido passo nella direzione di lei.

- Non importa. - 

- Ascoltami… non voglio che pensi che… - 

- Non importa. - Ripeté gelidamente Audrey, prima di spalancare la porta. 

Non gli diede il tempo di aggiungere altro che varcò la soglia, sparendo al di là di essa. 

Con l’orgoglio ferito e sorreggendo una montagna di imbarazzo sulle spalle, Audrey tornò in camera sua.




 

Per chi si aspettava la storia d’amore in cui i due si mettono insieme dopo tre capitoli… lo so, vi ho delusi. A mia discolpa posso ricordarvi che sto scrivendo senza un piano, lasciando fare tutto ai personaggi e ahimé hanno deciso questo. 

Percy ha la capacità di gestire i rapporti umani uguale a quella di un piattino da tè, mentre Audrey sta incasinata persa, povera stella, quindi diciamo che ce ne vorrà di tempo e di dramma. 

Vabbé, non ho nient’altro da dire, vi risparmio altre divagazioni cringe, anche se le adoro (in realtà scrivo fan fiction per queste note).

Alla prossima, 

J.

   
 
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