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Autore: Zyadad_Kalonharysh    16/06/2023    0 recensioni
[KilluGon]
Gon Freecss è quasi morto. Ed è ormai prossimo ai quindici. La sua avventura con il suo inseparabile gruppo di amici è finita ormai da un anno e mezzo. Non ha contatti con Killua dalla separazione mentre Kurapika e Leorio non ci sono quasi mai. Ha assimilato la solitudine e si è concentrato su altro, ma sa di non stare bene. Il ragazzino esuberante che parlava troppo e agiva in modo impulsivo con il suo volto puro e sorridente sembra ormai un lontano ricordo. Oggi fa più fatica a parlare, balbetta, tende ad essere riflessivo, si chiude a riccio e non esce mai di casa. Ogni notte ha un incubo, si sveglia piangendo e passa la giornata a studiare. Questo è ormai un ciclo continuo, le sue giornate sono tutte così. La vita monotona di Gon continua finché delle vecchie insolite conoscenze non interverranno per invertire questo trend.
In questa dramedy avremo a che fare con le sfide personali di Gon prossimo alla vita adulta, sfide quotidiane molto meno avvincenti di quelle di un tempo. Molte di queste riguarderanno il suo rapporto con Killua post-separazione.
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gon Freecss, Jin Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16

Gon disseziona il dolore della sua perdita.

La douleur exquise

Questo lunedì scolastico è un disastro. Ha iniziato a piovere, quindi si dovrà stare nella palestra interna per l’ora di educazione fisica e per la ricreazione. Una mattinata di palla prigioniera dove io fingerò di non saper giocare onde evitare omicidi alle otto del mattino.
L’unica ora in cui sento di stare un po’ meglio è quella di francese con la professoressa Lefebvre, madrelingua, che per oggi aveva chiesto di scegliere una poesia da leggere in classe, facendo qualche domanda sul suo significato e valutandone la pronuncia. Inizia così a muoversi il dito minaccioso verso i presenti, tutti si chiedono chi sarà l’eletto che dovrà affrontare una simile sfida. Nessuno alza la mano, tanto a lei non interessa e chiama le persone arbitrariamente.
«Gon Freecss.» dice, puntando il dito proprio verso di me. «Qu'allez-vous lire?» Mi chiede quale poesia ho deciso di portare. Non ho mai sentito una parola che non sia in francese da parte della professoressa Lefebvre, credo sia il suo modo di forzarci ad imparare.
Mi sforzo di formulare la risposta completa, onde evitare correzioni continue. «"Il pleure dans mon coeur" de Paul Verlaine.» Devo sforzarmi meglio su come pronuncio i dittonghi, la parte più difficile per me.
Ho scelto questa poesia ieri notte. Avevo intenzione di portare altro, ma questa rappresenta esattamente come mi sento dopo questa mattina, nonché gli incubi di ieri notte. La leggo, spegnendo le emozioni, non vorrei piangere in classe. Ma la leggo, impegnandomi al massimo nella pronuncia.
Piange nel mio cuore
come piove sulla città;
che cos’è questo languore
che penetra il mio cuore?
 
Oh, dolce rumore della pioggia
per terra e sui tetti.
Per un cuore che s’annoia,
oh, il canto della pioggia.
 
Piange senza ragione
in questo cuore che si scoraggia.
Cosa. Nessun tradimento?
Questo dolore è senza ragione.
 
È ben la peggior pena
di non sapere perché
senza amore e senza odio
il mio cuore ha tanta pena.
Quando finisco di leggere, mi sento completamente svuotato. Un po’ mi ricorda i colloqui con Samantha. Ancora una volta, il mio dolore è stata delizia altrui. Ma favorire lo sciacallaggio è sempre meglio che lasciare il dolore in circolo senza farlo mai uscire finché non mi dà alla testa.
«Pronuncia perfetta! E che espressività da lettura teatrale! Dobbiamo lavorare sui toni, ma per uno studente del secondo anno che studia francese per la prima volta è super!» si complimenta la professoressa. «Mi sai dire due parole sul significato?»
Questa è la domanda più semplice che potessero farmi per un compito scolastico. «La pioggia rappresenta la malinconia struggente che vive l’autore all’interno di un senso di vuoto. Il rumore della pioggia ha anche la capacità di anestetizzare il dolore.»
«Sai,» dice lei. «Questa poesia, secondo molti critici, parlerebbe della fine della sua relazione con Arthur Rimbaud.»
«I due giravano sempre per Londra, Bruxelles e Parigi. Hanno vissuto mille avventure per tre anni.» La interrompo perché questa è la mia parte preferita. «Potevano essere amici, amanti o qualunque altra cosa ma sicuramente erano compagni prima di tutto. Sempre uniti, come se non esistesse altro. Uniti nella spensieratezza di ciò che avevano e nel non vedere futuro che non prevedesse lo stare insieme. Verlaine è fragile e vive con un costante senso di colpa dovuto alla sua sessualità, Rimbaud è una testa calda sfacciata ed egoista. I due erano veleno l’uno per l’altro ma non avrebbero mai pensato che, un giorno, le loro strade si sarebbero divise. Eppure.»
Mi fermerei ad apprezzare l’intensità di questa storia se non fosse la mia, se non mi ricordasse i miei errori e se non avesse aperto una parte oscura della mia anima che, come un vaso di Pandora, non riesco più a chiudere.
«Bravissimo! Se metti la stessa energia nel progetto della prossima settimana, porterai sicuramente a casa una A.» La professoressa Lefebvre si congratula, ma negli occhi ha qualcosa che mi fa capire che vorrebbe dirmi di più. È probabile che ci sia stato uno scambio non verbale durante la mia lettura o durante la mia spiegazione. 
L’importante è prendere A.
 
Durante la ricreazione, telefono ad Espedito. «Tu te ne intendi di lingue?» Gli chiedo, mentre fumo una sigaretta di nascosto nel cortile.
«L’inglese non è la mia prima lingua e guarda come parlo. Secondo te?»
Bastava dire di sì, ma gli verrebbe un colpo se non cogliesse ogni opportunità per vantarsi. «Quali lingue parli?»
«Francese da parte di papà e tedesco da parte di mamma, ma parlo fluentemente anche l’italiano. Perché me lo chiedi?»
«Ho un certo lavoro da fare per il corso di francese. Si tratta di un tema libero.» gli spiego. «Ho fatto bene a chiedere a te?»
«Naturalmente! Senti, in questo periodo sarò un po’ intasato per via delle riprese ma, se ti va, possiamo unire l’utile al dilettevole concentrandoci sulla cinematografia. Facciamo sabato sera. Film d’autore, ho la collezione completa di Jean-Luc Godard. Stupendo.»
«Mi va bene.» dico mentre faccio un altro tiro di sigaretta, per poi salutare.
 
Con lo sguardo cerco Sebastian, oggi più che mai ho bisogno di lui. Mi metto ad aspettare al solito posto, starà uscendo anche lui dalla mensa. Resterò qui a fumare e a pensare. Pensare, ecco. Mi manca quando non avevo tempo per farlo tra allenamenti e missioni, ora mi ritrovo a farlo continuamente. Ed è straziante, soprattutto per la difficoltà del mantenere il dialogo interiore, appunto, interiore.
«Eccoti qui!» Thomas che sbuca da dietro l’angolo mi fa saltare per aria dallo spavento. «Scusa, ma ti avevo visto alquanto strano e Sebastian non c’è, perciò…»
«Grazie.» Questa è la prima cosa che mi viene da dirgli.
«Vuoi venire con me, Tameka e Danielle? Prendiamo un caffè prima della prossima ora.»
Annuisco e lo seguo. Fortunatamente, esistono ancora le amicizie.
 
«Ti sei iscritto al Cordon Bleu? Ma lo sai che c’è la faina italiana?» mi fa notare Thomas.
«Amalita è la più sopportabile delle tre. In realtà, sembra quella più sana di mente.» faccio notare.
«Ma poi, perché l’hanno messa come tutor? Lei non cucina mica!» dice Tameka.
«Perché è italiana e quindi la gente assume che se ne intenda. Un mio amico frequenta quel club e mi ha detto che si limita a girare facendo facce strane.» le risponde Danielle.
«Che mi dite di Gina Gambarro?» chiedo.
«Viene dal Queens, è una borsista. Frequenta il corso di scienze con me.» dice Tameka. «Stava con un amico di mio fratello.»
«Club di cucina più discorso strappalacrime durante l’ora di francese. Va tutto bene con Sebastian?» Thomas mi fa questa domanda totalmente a bruciapelo.
«Con Sebastian va benissimo.» rispondo sorridendo, per poi scoppiare in un pianto incontrollato subito dopo.
Ma che cosa mi sta succedendo?
Ho ancora la sensazione dell’abbraccio di Killua addosso, dei suoi capelli sul mio viso e il suo odore. Ho ancora gli occhi abbagliati dai suoi, ho ancora tutto di lui nella mia testa. Non sarò mai libero. Sto vivendo il mio peggior incubo.
Devo parlarne con qualcuno, ma per quanto Thomas e Tameka siano gentili e simpatici, non so ancora se fidarmi. Chiamo Danielle in disparte, ci allontaniamo andando nell’aiuola più vicina, dove c’è una panchina. Cammino fissando il pavimento e chiedendomi dove cazzo sia sparito Sebastian. Ho bisogno di vederlo.
«Sai tenere un segreto?» le domando, partendo già un po’ sfiduciato.
«Ma certo! Quando Tameka ha avuto la cacarella alla festa di Peter Danahue io l’ho coperta e non l’ho mai detto a nessuno.» Mi racconta fieramente. «Ah, cazzo…» realizza subito dopo. «Ti assicuro che non è successo con nessun altro.»
 «Promettimi almeno una cosa.» Faccio per cambiare le carte in tavola. «Non usare ciò che ti dico oggi contro di me quando sarò felice con Sebastian.»
«Su questo puoi contare, nessuno meglio di me capisce questi drammi.» Alza la mano in segno che posso fidarmi.
«Non riesco a togliermelo dalla testa.» confesso, tenendo una mano sul cuore perché fa male.
«Chi?» chiede, capendo subito dopo. «…llua.»
«Credo che Sebastian mi piaccia sul serio. Se fosse una relazione di copertura o cose simili non proverei nulla. Invece sto così bene con lui, sono davvero felice.» metto subito le mani avanti. Ma, in ogni caso, io sto dicendo la verità.
«Ma?»
«Non potrò mai cancellare per davvero Killua. Ho un buco a forma di lui nel cuore e non si colma con nient’altro. E la cosa peggiore è che posso amare Sebastian e non desiderare nessun altro come fidanzato, ma avrei bisogno comunque di Killua nella mia vita.»
«Non capisco.» Danielle si gratta il mento, confusa. «Se non è amore, che cos’è? Amicizia?»
«Qualcosa di indefinibile.» sbuffo, arrendendomi al non senso di questa realtà. «Sai, anni fa sono andato a casa sua per liberarlo dalla famiglia. Il fratello lo aveva costretto a tornare.» Sorrido nel ricordare quell’episodio. «Alla fine, ce l’ho fatta, ma è stata dura. Pensa che lo torturavano fin da quando era piccolo.»
«Non ci posso credere! Proprio non ci posso credere!» Danielle è senza parole.
«Ed è lì che ho capito che… uhm… non posso esistere senza di lui.» Ulteriori lacrime sgorgano dai miei occhi. Credo che dovrò vedere un oculista prima o poi.
«Credo che esperienze così forti ti leghino molto a qualcuno.» Dice. «Io non ne so nulla, sono cresciuta a casa di mia zia finché Aly non mi ha adottata. Da allora, ho sempre vissuto pensando alle feste, al mio blog di moda… non ho legami veri se non con Aly ed Espedito. E insomma, non è che siano persone chissà quanto profonde. Per questo non capivo quando parlavi di Killua. Pensavo che ti piacesse e basta.»
E forse è così, ma non è questo il punto adesso.
«Pensi che io faccia schifo?» Le domando. «Per Sebastian…»
«Ma no!» Mi tranquillizza lei, mettendomi una mano sulla spalla. «Numero uno, tu e Sebastian non siete ancora fidanzati e soprattutto non ti ha ancora detto “ti amo”. Numero due, Killua è indisponibile, non c’è modo in cui tu tradisca Sebastian con lui e, anche se ci fosse, sono certa che tu non lo faresti. In sintesi, non dire niente e resta con Sebastian. Fidanzatevi e cercate di avere qualcosa di bello insieme. Questa non è la vita vera, siamo al liceo, nessuno si aspetta che tu faccia scelte sensate e che le relazioni durino in eterno.»
 
 
Almeno mi porto a casa una B per il compito di scienze, riuscendo a mantenere una media decente.
Ho forzato Thomas a venire con me al Cordon Bleu. Avevo bisogno di una faccia amica e lui, tra tutti, è quello che non mi dice mai di no. Non ho ancora incontrato Sebastian e non ha ancora risposto ai miei messaggi dopo il suo buongiorno.
«Tu pensi che io debba preoccuparmi?» Gli domando, facendo riferimento alla sparizione del mio quasi-fidanzato.
«Ma no, è possibile che non si sia svegliato perché ha passato la notte a guardare Stranger Things.» Risponde lui, mentre monta la crema all’uovo al posto mio.
«Tu hai più esperienza di me. Stavi con Mackenzie, giusto?» gli chiedo. Thomas si allarma e mi fa cenno di abbassare la voce.
«Sei pazzo? Nessuno sa che è gay.» Sussurra. «No, io non stavo con Mackenzie, ci scopavo ed eravamo amici. Ma non eravamo scopamici, erano due cose separate.» Thomas sembra leggermente emotivo quando parla di lui.
Amici.
Chissà che intende.
Mentre a turno facciamo cuocere le quiche nel forno, nel vedere che tutti iniziano a lavare i piatti, corriamo a farlo anche noi per non fare brutta figura.
«Io queste cose non le faccio nemmeno a casa mia!» sbuffa lui, mentre scrosta la terrina. «Tu hai intenzione di stare a guardare? Mi hai portato tu qui, fa’ qualcosa!»
«Hai ragione. Ho la testa altrove.»
«Ho rinunciato al club di pittura per venire qui.» Si lamenta, facendomi gli occhioni dolci.
«Ma che carino…» faccio per abbracciarlo.
In quel momento, Gina Gambarro si materializza davanti a noi due. «Se avete finito di lavare i piatti, venite al banco per la valutazione.» Ci indica il posto all’ingresso dove lei, Amalita e la professoressa Pino di lingua italiana faranno da giudici.
«Ma a cosa serve la valutazione?» domanda Thom.
«Scelgono chi ci rappresenterà contro la Roosevelt per la gara di cucina.» Gli spiego. Gira e rigira, è sempre quella scuola la nostra avversaria. «Io ho fatto una cosa del genere all’esame per diventare hunter.»
«Una gara di cucina?» mi guarda, perplesso.
«Siamo andati nella palude a cacciare dei maiali selvatici pericolosissimi, per poi cucinarli. Poi siamo saltati in un canyon per prendere delle uova giganti e cuocerle. Quella prova fu parecchio strana.» Gli racconto. Ormai quando riporto certi aneddoti, non lo faccio più con l’amaro in bocca, penso solamente a quanto sia bello il ricordo ma senza quel desiderio drenante di tornare indietro.
«La tua vita è una figata.»
Prima di noi ci sono, in quest’ordine, il gâteau di Tina Chang in coppia con Marta Lee, la mousse di Julie Mayer, la Tarte Tatin di Teairra Johnson e, infine, la quiche Lorraine di Gon Freecss e Thomas York.
«Gon! Non ti avevo visto, come stai?» mi saluta Amalita appena ci avviciniamo al tavolo. Oggi ha cotonato i capelli più del solito. «E c’è pure Thom York!»
«Mi hanno costretto.» balbetta lui, stremato da tutto il lavoro che ha fatto al posto mio.
«Ti sei divertito, ammettilo.» lo stuzzico.
«Voi siete quelli della quiche, giusto?» ci interrompe Gina, mentre tira fuori dal forno il nostro piatto. Ci ho messo tutto l’intuito possibile e la manualità di Thomas, deve essere venuto bene.
Amalita e la professoressa Pino iniziano a parlare in italiano tra loro, cosa molto scorretta perché nessuno capisce cosa si stiano dicendo. Gli italiani sono davvero strani, Espedito mi dice spesso di non averci a che fare a patto che non siano stilisti di alta moda.
«Come si dice in frangese? Magn’ i fichi!» commenta Amalita, per qualche motivo aggiungendo una risata fragorosa, dopo averne assaggiato un pezzo. Dal tono e dallo sguardo capisco le sia piaciuto, peccato che non riesco mai a prendere sul serio il suo modo di parlare incomprensibile.
«Buono.» la professoressa Pino, invece, sembra un robot.
«Ottima la consistenza, cottura adeguata, ricco di sapore e qualità degli ingredienti accettabile. In sostanza, non vi si può dire nulla.» conclude Gina.
Le tre si guardano e parlano tra loro, emanando poi un verdetto unanime. Quattro stelle su cinque. Thomas reagisce con più entusiasmo del voluto.
 
Quando esco dal club di cucina, un certo ragazzo con una giacca di pelle, borsa da palestra, dilatatori alle orecchie e capelli neri come la pece è appoggiato al muretto con una sigaretta in mano. E guarda solo me.
Quando mi avvicino, Sebastian getta la sua sigaretta e mi dà un bacio al tabacco. A lui non interessa di farlo davanti a tutti. Questa scuola non è così male in termini di accettazione dell’omosessualità, ma molti non si bacerebbero in pubblico lo stesso. Lui lo fa, non ha paura. Perché lui è Sebastian Carter.
«Dove eri oggi? Ti ho aspettato al solito posto. Ci sono rimasto male.» gli dico, con quella vocina che faccio solo con lui.
«Dormivo.» Mi risponde. «Ti sono mancato?»
«Come l’aria.» sussurro prima di dargli un altro bacio.
Zoe Sinclair e Donna LaDonna sono dall’altra parte del cortile, probabilmente aspettando Amalita, e mi stanno fissando. Mi spiace per loro, Gon Freecss piace agli uomini più delle Faine Rosa.
«Non mi piace come ti guardano le ragazze.» Gli dico, buttandola un po’ sul ridere.
«E a me non piace come ti guardano i ragazzi.» Ribatte lui con tono di sfida. «Devono sapere che sei mio.»
Non so a chi si riferisca, se a Thomas o a Killua. La risposta è forse molto più scontata di quanto io creda.
«Ma io non guardo loro.» Faccio con tono di superiorità. «Sono uno dei ragazzi più sexy adesso, ho una certa lista d’attesa.»
Il giornalino della scuola ha fatto un altro articolo-gossip, la classifica sulle ragazze più belle e sui ragazzi più sexy. Danielle è al quarto posto dopo le Faine Rosa che hanno monopolizzato il podio, capitanate ovviamente da Zoe. Io invece sono al primo posto, superando persino l’ex primo posto Sebastian.
«Salvami dall’ennesima cena al country club con i miei genitori.» Dice, cambiando discorso all’improvviso. «Vuoi fare qualcosa stasera?»
In verità non mi dispiacerebbe fare sesso.
«Cosa proponi?»
«A casa mia, nella sala vino…» propone. «Ci beviamo un bel calice di Bolgheri e poi andiamo dritti nell’idromassaggio.» Mi mette una mano nei capelli, tentandomi in tutti i sensi. Ovvio che ci sto.
Ora che ci penso, so per certo che anche Zoe Sinclair e la sua famiglia siano nel country club, questo perché Espedito, Danielle e Alexandria lo frequentano e si ricordano della famiglia Sinclair. Questo significa che se lasciassi andare Sebastian a quella serata, Zoe cercherebbe di accopparselo.
«Ovviamente ci sono.» E certo, col cavolo che lo lascio andare.
 
 
Prima di tornare a casa, decido di incontrare Kurapika e Leorio nel loro albergo. Resteranno solo un paio di giorni e vorrei passare del tempo con loro. Mentre sono in ascensore, il telefono vibra nella tasca della mia giacca. È Shuk.
«Il tuo libro è primo in classifica.»
«Che cosa?!» Questa notizia mi fa saltare per aria. «Ma se è uscito solo ieri!»
«Il tuo discorso al Rockefeller ha aiutato molto. Sei disponibile in questi giorni? Samantha mi ha scritto perché c’è da organizzare il tour.»
Oddio, il tour. Certo che ultimamente non ho nemmeno il tempo di respirare.
«Lo sanno che frequento il liceo?» le faccio presente, non perché l’idea di girare per il paese mi dia fastidio, tutt’altro.
«Sì, tutti sanno tutto di te. Sono disposti di limitare la cosa ai weekend e a qualche sera.»
«Sai già dove mi faranno andare?»
«Le librerie sono impazzite e c’è una vera guerra civile per aggiudicarsi una tua presentazione. Samantha sta facendo già la scrematura. Per Barnes & Noble a New York non ci sarà problema, no?»
«Non è molto lontano, è fattibile.»
«Per il mese di novembre ti faranno fare l’East Coast. Le tappe di New York e dintorni le farai nei pomeriggi feriali, quelle fuori nei weekend. Ti vogliono a Baltimora domenica prossima, quella dopo andrai a Rhode Island. Poi ci sono Washington, Boston e Chicago.»
«E poi cosa succederà?» Ho già paura delle tappe fuori dalla costa est.
«Per dicembre dovrai farti le vacanze tra San Francisco, Los Angeles, Phoenix e Tucson.»
«Credo di sentirmi male.» Dico, prima di salutarla e chiudere. Come sempre, Samantha cerca di uccidermi.
 
La stanza di Leorio e Kurapika è molto rustica. È tutto in legno, bagno incluso, e sul pavimento c’è una comoda moquette. Il biondino ha indosso la sua solita maglietta bianca, la toga è appesa su una sedia. Leorio, invece, non ha la giacca.
Quando mi siedo, noto che Kurapika, estremamente turbato e infastidito, continua a grattarsi il collo.
«Ho fatto tre docce e ancora mi sento strano. Non farci caso.» dice, appena ci sediamo tutti e tre in cerchio.
«Dovresti smetterla di indossare tessuti scadenti, non fanno respirare la pelle!» Lo prendo in giro.
«Detesto questa nuova versione di te ogni giorno di più.» Mi fa la linguaccia. Scoppiamo tutti a ridere.
«Deve essere un sogno essere ricchi senza fare assolutamente niente.» Sbuffa Leorio, guardandomi con invidia.
«Il mio libro è primo nella classifica nazionale.» A proposito di ricchezza, sgancio la bomba. «Ha superato anche l’ultima uscita di J.K. Rowling, il che è solo un bene.»
«Non ci posso credere!» Fanno loro due all’unisono, restando a bocca aperta.
«Mi vogliono in tutta l’America per questo benedetto tour, non avrò un giorno libero fino a febbraio.» Mi verso un po’ di tè, piagnucolando. «La settimana prossima devo andare a Baltimora. Io non so nemmeno dove sia Baltimora!»
«Le mappe dei nostri telefoni non funzionano.» borbotta Kurapika. «Orientarsi qui è una sfida.»
«Controllo sul mio, dovrei trovarlo con Google Maps.» gli spiego, tirando fuori il cellulare. «Che è il GPS che usiamo qui.»
«E il Beatle dov’è?» commenta Leorio alla vista dell’iPhone.
«Dalla zia Mito! Qui non lo posso usare e così ne ho dovuto prendere uno nuovo. Detto tra noi, non so ancora esattamente come funziona, ogni tanto si apre la fotocamera e mi scatto delle foto brutte per sbaglio.»
«Fa’ attenzione, so che questi aggeggi non hanno privacy. Raccolgono dati costantemente e li vendono alle aziende! L’ho letto sul giornale.» mi avverte Kurapika.
«E quindi non ci verrai a trovare per Natale? Sarebbe carino riunirci sull’isola tutti e quattro.» Leorio sembra rattristarsi all’idea di non passare le feste insieme. Dopotutto, le feste si passano in famiglia e loro sono la mia famiglia.
«Vedrò cosa posso fare! Ma mi fa bene tenermi impegnato, così non mi abbatto pensando sempre alle stesse cose.» Voglio guardare il lato positivo. Ma poi cambio subito atteggiamento. «Killua è partito questa mattina.»
«Capisco.» Kurapika sembra aver già capito. «Siete riusciti a riappacificarvi?»
«Sì, credo.» Rispondo. «Ma penso comunque che sia davvero difficile recuperare il rapporto di prima. Siamo cambiati tanto. Io gli voglio troppo bene, il che peggiora le cose.»
«Devi lasciargli il suo spazio. È evidente che i fatti di NGL e Gorteau Orientale lo abbiano turbato parecchio.» interviene Leorio. «Mi dispiace dirtelo ma, riflettendoci attentamente, ho iniziato a capire il suo atteggiamento.»
«Almeno so che mi vuole ancora bene. Abbiamo passato delle belle giornate.» Mi tengo stretto quella piccola, ma anche tanto grande, consolazione. «Voi, piuttosto? Come state?»
«Ce ne andremo domani sera.» Sbuffa Kurapika. «Questo posto è carino, ma non fa per me. E poi tornerò in missione.»
«Non vieni a salutare Espedito?» gli domando. «So che ce l’hai con lui, ma è brutto andarsene senza salutare!»
«Ci azzanneremmo come al solito.» differisce con tono cupo. Sembra quasi che gli dispiaccia. «È davvero una persona sgradevole.»
«Ti svelo un trucco.» Mi avvicino a lui e lo invito a guardarmi. «Quando gli parli, guardalo negli occhi e digli qualcosa di carino.»
«Perché dovrebbe essere carino con lui?» Si intromette Leorio. «Ci stai dicendo di adularlo?»
«Tutt’altro.» mi spiego. «Non devi fargli complimenti, devi solo fargli sentire la tua empatia. Diventa molto più bendisposto se vede che dall’altra parte c’è una persona che non vuole ferirlo. E poi, vorrei davvero capire cosa sta succedendo tra voi tre.»
«Che cosa deve succedere?» Leorio risponde troppo velocemente.
«Mi ha detto di provarci con Leorio.» dice Kurapika.
Okay.
Questo non me lo aspettavo.
«Tutto è partito perché la tua assistente ha sentito mentre gli davo del povero illuso.» spiega il biondo.
«Questo non è affatto carino!» lo rimprovero.
«Poco dopo si è presentato sul balcone e ha iniziato a dire cose velenose su me e Leorio. La conversazione che abbiamo avuto è lunga e intricata, perciò arrivo al sodo. Pensa che tra noi due ci sia del tenero e mi ha detto che sono patetico perché evito la cosa.» continua a borbottare.
«Non è totalmente fuori di testa?» all’occhialuto viene da ridere istericamente.
 
CHE BRUTTA SITUAZIONE…
 
 «Okay… uhm… Dio.» Non so davvero cosa dire, è tutto così confuso. «In base a cosa…»
I drammi sentimentali con Espedito, Maxine e Graziina sono chiacchiere divertenti per la naturalezza con cui le affrontano. Con Kurapika, Killua e Leorio, invece, sono momenti di tragico imbarazzo.
«In realtà non so cosa gli abbia dato questa idea.» Commenta il biondino.
Servono Killua e la sua sagacia in questo momento.
«Perché no!» Mi viene da dire.
«Cosa?» Chiede Leorio.
«Può darsi che sia così!» specifico.
«Ma che discorsi ti metti a fare, Gon!» Kurapika salta dalla sedia.
«Penso solo che anche quella sia una cosa da scoprire. Sperimentate nuove sfere della vostra vita.» Dico.
I due mi guardano con colpevole silenzio. Forse ho toccato il tasto giusto. O, al contrario, quello più sbagliato di tutti. Fatto sta che un vero amico è sincero su ciò che pensa, perciò ho fatto un buon lavoro.
In quell’attimo di silenzio tombale, controllo con nonchalance le notifiche del cellulare.
 
Cambio di programma.
Verresti con me al country club?
- Sebastian
Credo che Sebastian non sia riuscito a convincere i genitori di lasciarlo a casa. L’idea di andare ad un posto del genere non mi fa impazzire, ma sempre meglio che lasciarlo da solo con Zoe. Merda, a volte la mia vita è davvero fastidiosa. Gli rispondo di sì, sperando di chiuderla lì il prima possibile.
«Chi ti tiene incollato al cellulare?» rompe il ghiaccio Leorio.
«Sebastian.»
«E chi, sennò!»
«Dovremmo parlare di ciò che ha detto Gon.» sbotta Kurapika. Sembra in un pesante stato di shock. Ha gli occhi a palla e fissa Leorio in maniera stranissima. «Ho proprio bisogno di togliermi questo pallino.»
«Lo sapevo di aver combinato un guaio.» dico tra me e me, un po’ dispiaciuto ma anche molto stufo di questo teatrino.
«Ne parleremo appena Gon se ne andrà.» gli risponde Leorio.
Ottimo modo per dirmi di levarmi dai piedi. «Non mi vorrete cacciare?»
«Non lo faremmo mai. Anche se ultimamente tu sai fare solo due cose.» dice il biondo piccato. «Ficcare il naso negli affari altrui e monopolizzare le conversazioni parlando ossessivamente di te stesso. Non conosci vie di mezzo.»
«E adesso cosa ti prende?» lo sgrida Leorio.
«Va bene, vi accontento e mi tolgo dalle palle.» Mi alzo salutando distrattamente e me ne vado. Mi girano come non mai.
«Ma che cosa è successo negli ultimi cinque minuti?» Il medico cerca nuovamente di calmarci.
«Hai imparato a fare la vittima e non la smetti più. Complimenti.» continua Kurapika. Ma che diamine gli è preso?
«Forse ha ragione Espedito. Sei uno stronzo narcisista e patetico.» Mi è uscito fuori. Io non volevo.
«Gon!» Non ho mai sentito Leorio urlare così forte.
«La prossima volta che deciderai deliberatamente di porre fine alla tua vita nessuno verrà a farti da balia.»
C’è da dire che con questa ha vinto lui.
Che schifo.
«Adesso basta. Chiedetevi subito scusa a vicenda.» Leorio ci prova ancora un’ultima volta.
«Devo proprio andare. Ho da fare.» Me ne vado da quella camera in lacrime. Non voglio commentare oltre l’accaduto.
 
 
Sono passate due ore e ancora nessuna chiamata o messaggio da Kurapika o Leorio. Nel frattempo, ho ripassato le materie del giorno, ho pianto nella vasca idromassaggio per mezz’ora e mi sono vestito e imbellettato per quella cena al country club che, se prima mi interessava come collezionare francobolli, adesso l’idea mi crea addirittura fastidio. Non so perché lui mi abbia aggredito in quel modo e non so perché io gli abbia risposto in quel modo. In sostanza, è stato uno spettacolo orrido.
Sono targato Chanel alla testa ai piedi, sul divano con uno sguardo annoiato mentre aspetto che Sebastian mi venga a prendere. Graziina farà tardi, probabilmente non la vedrò prima di domani. Mi sento svuotato e come se avessi preso fuoco. Sono tentato di chiamarlo e annullare tutto, io non ci riesco stasera.
Vado nel mio bagno a cercare una crema per il viso – da quell’esfoliazione chimica per la festa, mi brucia giorno e notte – ma nel mio non trovo nulla. Mi allargo al bagno di Graziina e, cercando nello sportello vicino allo specchio, trovo non solo delle creme ma anche delle scatole di medicinali. Tra queste spicca un grosso flacone di Adderall. Se non ricordo male, è quel farmaco che ti trasforma il cervello in quello di un ninja per alcune ore. C’è chi lo usa per studiare.
Mentre tengo in mano una di quelle pastiglie mi domando come io sia finito qui. Pensare che un tempo ero sempre euforico e il mio cervello era sempre all’opera. Oggi è già tanto se non mi addormento sull’autobus.
Inghiottita.  
Come ha potuto dirmi una cosa del genere? Ho fatto così pena come amico da meritarmi un insulto così grave? Okay che gli ho dato dello stronzo, ma alludere al suicidio in quel modo è davvero troppo. Io non so come superare una cosa del genere.
 
La serata al country club è insostenibile. Fortunatamente, quella compressa di Adderall sta iniziando a fare effetto. Siamo al tavolo con il padre di Sebastian, Donald Carter, la sua compagna Ivanka e due persone che non conosco, molto probabilmente una coppia sposata.
«Nostra figlia sarà qui a momenti, si sta sistemando il trucco.» Esordisce il marito della coppia misteriosa, il cui nome è Alan ed è socio di qualche strana azienda quotata in borsa. «Anche se è venuta da sola.»
«Nostro figlio ha deciso di portare qui qualcuno…» commenta Donald, emozionato. «In verità è stata una sorpresa, non pensavamo che gli piacessero i ragazzi.»
«Papà!» lo rimprovera Sebastian, imbarazzato. Non ho mai visto lui arrossire.
«È una cosa seria?» Chiede Louise, la moglie di Alan.
A quella domanda non sappiamo rispondere. Io e Sebastian non abbiamo mai definito il nostro rapporto. Non ci siamo mai detti che ci amiamo né abbiamo deciso se questa storia sia seria o meno. Fatto sta che per me è speciale.
«Direi proprio di sì.» Dice lui, guardandomi negli occhi con un sorriso adorabile.
Il tavolo è in delirio per quella risposta e Donald ci versa un giro di prosecco, quando al tavolo arriva la figlia della coppia seduta al tavolo con noi.
E chi altri poteva essere?
«Gon! Che sorpresa!» Zoe mi saluta, prendendo posto accanto al padre.
«Voi vi conoscete?» Chiede Alan.
«Naturale! Frequenta la Onassis con noi. Tutti conoscono Gon.» Fa la sorridente, ma dal modo in cui parla mi suona viscida. «Una grande scoperta, se permettete.»
«Quindi voi siete il signore e la signora Sinclair, giusto?» domando ad Alan e Louise. Loro annuiscono. «Donna e Amalita frequentano questo country club?» domando poi a Zoe.
«Mercy LaDonna frequenta questo country club, Donna e Amalita invece frequentano a Yonkers, quello della contea di Westchester.» Spiega lei, parlando con me come se nulla fosse. «A proposito della sorella di Donna, lei incontrava spesso la signora Petracelli, il figlio e la figliastra. Proprio qui. Erano sempre con la signorina Petrovsky e la dottoressa Parker.»
«Davvero! Non l’avrei mai detto.» Una mezza idea ce l’avevo, ma mi piace parlare con lei fingendo di non averla in antipatia. «Sono tutti molto impegnati, purtroppo. Sarebbero voluti venire, ma Petracelli lavora fino a tardi sul set di un nuovo film, Petrovsky sta registrando un album jazz e la dottoressa Parker si è da poco messa in proprio, non stacca mai.»
«Maxine Parker!» esclama Alan, guardandomi con entusiasmo. «La chiamano “lo squalo di Manhattan”. Ha rappresentato Johnson & Johnson, Bloom Cosmetics, Telecom Italia!»
«Io, lei, Espedito e Graziina siamo amici. Siamo spesso insieme!» Gli dico con naturalezza.
«Però!» commenta Donald. «Non pensavo che avessi di questi agganci.»
Con la coda nell’occhio guardo in direzione di Zoe. È pietrificata.
   
 
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