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Autore: Zyadad_Kalonharysh    02/07/2023    0 recensioni
Anni prima della scoperta del continente oscuro, si scopre un altro continente enorme e mai visto prima. Una macroregione composta da cinque piccoli continenti: Europa, Asia, le due Americhe, Africa e zone di vaste distese ghiacciate. Alcuni coraggiosi abitanti di questo continente provano a raggiungere York Shin City, ma scompaiono misteriosamente dopo l’atterraggio presso la repubblica di Padokea. Alla scomparsa degli incursori, i cui responsabili sono ignoti, segue la comparsa di alcuni personaggi eccentrici alla ricerca di risposte.
Espedito Petracelli è il presidente incaricato dell’organizzazione WCS (Worlds Communication Services) e si è ritrovato a svolgere questo ruolo improvvisamente dopo la morte del padre. La sua vita fatta di lusso, moda e serate eleganti verrà stravolta per una nuova avventura non molto glamour.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shonen-ai | Personaggi: Genei Ryodan, Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 4

I tempi si stringono a causa dell’imminente gran giurì.

Comma 2

Usciamo dall’aula con il nostro agognato statuto, con le nostre firme appostate sotto quelle di Pariston e Netero. Lo statuto prevede che ogni minaccia alla pace fra continenti sia considerato un reato per entrambe le giurisdizioni, riuscendo quindi a perseguire penalmente i terroristi.
Abbiamo da poco finito il trasloco nella sede ufficiale, molto più grande e nuova di zecca. Abbiamo finalmente una vera sala conferenze, uffici separati e ubicazioni per accogliere l’intero staff principale.
Per via del lavoro, non ce la siamo goduta neanche un po’. In sala conferenze abbiamo disposto una serie di documenti sul tavolo. Sono i reperti che abbiamo intenzione di presentare per il processo Azur Corporation.
«Questo processo mi farà venire un esaurimento», sbotta Maxine, mentre apre e chiude il suo quadernone degli appunti.
«Perché sei così nervosa? Siamo nella stessa situazione da una settimana! Nulla è cambiato», le fa notare Graziina, allegra come sempre.
La conversazione viene interrotta dai quattro adorabili hunter che entrano nella stanza senza bussare. Ormai Edna li conosce, li trova simpatici e li fa sempre entrare senza problemi. Peccato che questa cosa di interrompere le riunioni vada assolutamente corretta.
«Scusate! Edna ha detto che eri qui dentro e io sono in orario…» si giustifica Kurapika.
Oggi dovevamo iniziare ad indagare su Vahn, mi era completamente scivolato via dalla testa.
«Questo è il problema, siamo in stallo. Il coroner ha convocato il gran giurì per mercoledì. Cioè, fra tre giorni» sputa il rospo Maxine.
Questo non può essere vero, cazzo.
«Merda, vorrai scherzare?» rispondo ansioso, con la mascella che per poco non mi cade. «Ve la faccio breve», dico poi per spiegarlo agli altri, «il gran giurì è una riunione a porte chiuse convocata dal procuratore, decideranno se le prove che abbiamo prodotto sono sufficienti per far partire il caso. Sarà una giuria popolare, secondo me non capiranno un accidente.»
«E fammi indovinare, quello che dobbiamo fare è aiutarti a trovare materiale!» ridacchia Killua, centrando perfettamente il punto.
In un’altra saletta, ci riuniamo tutti per illustrare la situazione. Trasmetto nuovamente il profilo di Vahn sul proiettore e diversi frammenti che abbiamo ritrovato fino a questo momento.
«Queste informazioni le abbiamo recuperate da un archivio web che ha fortunatamente catturato alcune pagine, tutte rimosse quando Vahn è stato condannato a un anno e sei mesi per frode. Grazie allo statuto, la nostra squadra legale avrà accesso agli atti del suo processo per trovare informazioni utili. Ma, come immaginerete, non ci sarà il tempo di utilizzarlo per il gran giurì. E qui entrate in gioco voi…»
«Perfetto, dove si trova Vahn ora?» chiede Gon tutto agguerrito, cacciando uno sguardo determinato che mi fa ridere per quanto è goffo.
A quel punto, Maxine avanza la sua teoria: «Questo non lo sappiamo perché le informazioni raccolte su di lui non vanno oltre al 18 agosto dell’anno scorso. Il che è strano pure per una persona particolarmente scaltra e riservata. Questo ci apre tre opzioni:
  1. Vahn è morto. Dati a favore: l’assenza totale di informazioni che vadano oltre il 18 agosto, tabulati telefonici non disponibili, presenza non rilevata in nessuna struttura amministrativa o sanitaria quale può essere un municipio o un ospedale. Dati contrari: nessuno se non l’assenza di un certificato di morte o un loculo al cimitero.
  2. Vahn ha cambiato la sua identità. Lui è cittadino della repubblica di Padokea, ma ha lavorato per dieci anni a York Shin City fino al 2008, per poi finire in carcere, uscirne per poi sparire nel nulla. C’è la probabilità che dopo l’incidente WCS abbia cambiato paese. A York Shin City una delle attività criminali più redditizie è proprio la falsificazione dei documenti.
  3. Vahn si è spostato a Meteor City…»
A quel punto, Maxine si interrompe e nella sala cade il silenzio.
«Sapete di Meteor City?» domanda Kurapika, stupito.
«Sì, Kurapika, sappiamo di Meteor City.» rispondo io.
Questa è una situazione molto sconveniente.
Sappiamo di Meteor City perché nei primi mesi del mio insediamento alla WCS ho fatto una cosa brutta. L’allora procuratore Michael Thompson Jr. ha pressato affinché i servizi segreti si documentassero sulla criminalità nel nuovo continente. Ho acconsentito a una manovra poco etica effettuata da una squadra di crittoanalisti che hanno intercettato alcuni funzionari dell’associazione Hunter. A capo di questa squadra di crittoanalisti della NSA c’era proprio una dipendente dell’ufficio del procuratore, Antonia Todd.
Anche detta Tinì.
«Nessuno parla di Meteor City, dubito che l’associazione si sia esposta così con voi. Suppongo che lo abbiate scoperto in modalità poco lecite», interviene Leorio con tono molto serio. Mi sento già giudicare nelle loro menti, vedermi descritto come una persona moralmente ambigua e problematica. Questa cosa, per quanto io cerchi di inghiottirla, non riesco a non accusarla e rimanerci male.
Voglio morire.
«Una squadra di crittoanalisti della NSA ha commesso un illecito amministrativo intercettando funzionari dell’associazione Hunter. Era passato poco tempo dall’attentato ed eravamo sotto pressioni di ogni tipo da parte dei vari organi governativi, in particolare il nostro procuratore distrettuale. In quanto esecutivo della WCS, ho acconsentito alla cosa. Tutto ciò che posso dire a mia discolpa è che ero molto inesperto e non sapevo come gestire la pressione. Chiedo umilmente scusa.» trovo il coraggio di confessare.
«Però… e dire che fa tanto il perfettino!» sento Killua mormorare verso Gon.
«Va bene», si limita a dire Kurapika. «Non è stata una tua decisione. Hai dovuto avallarla per forza, dico bene?»
«Si tratta comunque di una mia responsabilità», insisto.
«Il procuratore Thompson era particolarmente insistente al riguardo. Espedito era appena arrivato e io e Maxine eravamo ancora più scombussolate di lui. Siamo stati raggirati in una situazione molto fragile» Graziina si butta in mezzo per difendermi.
«Allora, ribadisco, va tutto bene», si ripete Kurapika.
«Se era questa cosa a spaventarvi, potete chiedere a noi tranquillamente», Leorio sembra calmarsi un attimo. «Anche se Meteor City è una bella gatta da pelare…»
«Quando si tiene il gran giurì?» chiede Gon, con aria di chi ha voglia di impelagarsi in qualcosa di pericoloso.
«Si terrà a Boston fra tre giorni esatti. Ci serve il tempo per scovare le prove e inviarle via fax», spiego io.
 
Diverse ore più tardi, mi ritrovo ancora a rileggere gli atti nel mio ufficio. Non capisco come sia possibile che la situazione sia ancora così inceppata. Continuo a pensare che qualcosa mi sia sfuggito. Deve essere così, con le risorse a nostra disposizione dovremmo sfrecciare come razzi.
«Presidente, c’è una donna che la cerca. Dice di essere un hunter, la faccio accomodare?» mi chiede Edna facendomi prendere un colpo.
Io non conosco nessuna donna che faccia l’hunter. Nonostante il buonsenso mi direbbe di non fidarmi, la curiosità mi uccide troppo per dire di no.
Dalla porta del mio ufficio entra una ragazzina che sembra quasi coetanea di Gon e Killua con un appariscente vestito e due codini biondi simili a due molle.
«Mi scusi per averla disturbata in tarda serata», si introduce mentre si avvicina alla poltrona sita alla parete.
«Non si preoccupi!» per qualche ragione, sono molto ben disposto nel parlarle. «Purtroppo non credo di conoscerla…»
«Non ci conosciamo. O meglio, io conosco lei di nome. Ero una giurata nel primo processo contro la Azur… quello che si è interrotto.»
Non che ce ne siano stati altri dopo quello, ho tanta paura che questo nuovo processo farà la fine del precedente.
Poi si avvicina un po’ di più e sussurra: «Non so come tu ci riesca, Espedito. Io mi sarei andata a nascondere da qualche parte. E invece sei qui…»
Già, purtroppo sono qui.
Faccio finta di non aver sentito e apro il fascicolo che avevo proprio sottomano.
«Eri per caso la giurata numero cinque, Biscuit Krueger?» le dico, ricevendo in risposta un cenno affermativo. «Molto lieto, Espedito Petracelli.»
«Mi è particolarmente dispiaciuto tutto ciò che è successo, immagino il terrore che si prova dalle tue parti. Per questo volevo cercare di darvi una mano. Sono molto esperta in combattimento e conosco tante…»
«Vuoi sapere se sei intercettata, giusto?» ridacchio interrompendo quella presentazione così offa.
«Fate già intercettazioni?» mi fa, stupita.
«No», rido per sdrammatizzare. «Ma, per esperienza, una persona che si presenta alla tua porta dicendo che può aiutarti è o qualcuno che ha bisogno a sua volta di un favore o qualcuno che ha paura di finire nelle tue mire. Tu di quale fazione sei? Bisognosa o impostora?» dico, aprendo già i vari fascicoli alla ricerca di qualcosa. «Perciò, se ho ragione veniamo al punto. Ti serve qualcosa o hai qualche scheletro nell’armadio che non vuoi vedere saltar fuori durante il processo? In fondo, mi farebbe comodo avere informazioni in più e cassare qualche prova.»
«Non credi nel fatto che le persone possano provare solidarietà o semplice empatia nel vedere qualcuno in difficoltà?», mi risponde con tono compassionevole guardandomi negli occhi. «Sei molto giovane, è brutto che tu abbia già questo approccio alla vita.»
«Credo proprio che ci servirà qualcosa da bere», le sorrido, prendendo dal frigobar una bottiglia di Martini e preparando i bicchieri.
Nel giro di venti minuti, sono già riuscito a collocare Biscuit nel mio schema. Ipotizzavo dal suo portamento un po’ accidentato che qualcosa le facesse paura, come se nascondesse qualcosa e volesse da me la grazia di occultarla. Ma non mi sembra malintenzionata, né una persona con interessi criminali. Sembra più una persona che non vuole che dettagli imbarazzanti della sua vita privata non vengano sbandierati ai quattro venti in sede processuale.
«Non voglio che vengano mostrate queste mie foto», si decide finalmente a confessare, mostrandomi sul display del suo cellulare delle fotografie in cui ha tutto un altro aspetto: altissima, corpo pieno di muscoli fino a scoppiare, una mascella enorme e uno sguardo tutt’altro che carino.
«Perché non l’hai detto subito?» dico io, scioccato. «Hai fatto benissimo a venire qui, questo è un diritto inalienabile!»
«Dici sul serio?»
«Sì! Ti capisco tanto, sai? Devo confessarti che prima della chirurgia ero orribile. Che fatica cambiarmi i connotati anche sui documenti! Approverò il documento falso che hai presentato la volta scorsa!»
«Era così palese fosse falso?»
«Hai attaccato la foto con la colla…» faccio il possibile per non riderle in faccia. «Fu Pariston a dirci di chiudere un occhio perché ti conosce.»
Mentre entrambi ridiamo di gusto per la cosa, sento la porta sbattere nuovamente e qualcuno sta correndo disperatamente verso il mio ufficio. In men che non si dica, vedo Leorio materializzarsi nella stanza.
«Ma nessuno bussa più di questi tempi?» sbotto infastidito.
Leorio ignora il mio rimprovero e sbatte una busta sulla mia scrivania.
«Che cos’è?» gli chiedo.
«Aprila», mi ordina. Sembra adirato nei miei confronti.
Faccio come dice e quello che viene fuori è semplicemente sconvolgente.
«Questo è un mandato di comparizione per il gran giurì», mi muoiono le parole in bocca mentre leggo.
«Vuoi dire che non ne sapevi niente?» continua a inveirmi contro. «Piantala di prenderci in giro, mi hai proprio scocciato!»
«Assolutamente no, credimi! Devo subito chiamare le ragazze. Siediti lì e aspetta.»
«Che sta succedendo?» chiede Biscuit, che ha assistito alla conversazione senza capirci un’acca.
«Bisky ti conviene lasciare il mio ufficio, qualcuno sta giocando sporco.»
Biscuit non si offende e si congeda educatamente.
 
Nel giro di pochi minuti, nell’ufficio piombano sia le ragazze sia gli altri del quartetto degli hunter. Sto facendo troppe figuracce e credo seriamente di essermi giocato la fiducia di tutti.
«Espedito vuole farci credere di essere estraneo alla faccenda. Immagino che tu sia estraneo a questa lettera come lo eri alle intercettazioni dei tuoi amichetti…» continua a punzecchiarmi l’occhialuto.
«E perché dovrebbe essere coinvolto?» gli risponde Maxine. «Guarda che non ci guadagniamo niente a mandarti lì. Anche pensandola cinicamente, tu ci servi qui con noi.»
«Ma perché proprio Leorio?» domanda Kurapika.
«Perché è il soggetto più stabile», spiega Graziina. «Leorio tra di voi è l’unico che ha un’identità ben esposta e rintracciabile, con dei documenti regolari e, soprattutto, è considerato più facile da catturare.»
«Per questo motivo non c’è alcuna fuga di dati», dice sempre Maxine. «Hanno pescato il primo che sono riusciti a rintracciare. Se avessero voluto del materiale avrebbero chiamato Kurapika. Ma sapevano bene che Kurapika avrebbe potuto sbattersene del mandato senza conseguenze.»
«Ma non mi basta», sbotto, intenzionato ad andare a fondo alla faccenda, sconvolgendo i presenti per l’apparente ribaltamento dei ruoli. «Ho detto all’avvocato Gardner in maniera esplicita che i ragazzi non dovevano essere coinvolti e adesso pretendo delle spiegazioni. Maxine, telefona al tuo ufficio e io parlo col procuratore.»
«Forse è meglio che parli io col procuratore», interviene Graziina. In effetti lei non farebbe degenerare il tutto in una litigata. «Tu occupati dei ragazzi.»
Devo occuparmi io di fare le pubbliche relazioni con questi ragazzi. Non perché io sia emotivamente coinvolto come sostiene Maxine o perché abbia iniziato a prenderli a simpatia. Io avevo fatto promesse, c’è un accordo scritto sulla privacy! Ne va della mia immagine e di quella dell’organizzazione. È solo questo.
«Guardate che noi siamo qui ad ascoltarvi!» protesta Killua.
«Avete ragione», dico io. «Devo chiedervi nuovamente scusa» mentre lo dico mi scappa un singhiozzo e loro sembrano notarlo.
«Gli credo», interviene Kurapika.
Questa è la seconda volta che mi difende e crede a ciò che gli dico. Non me lo aspetto da lui, dovrebbe essere un tipo diffidente, anche perché mi conosce da poco. Tutta questa fiducia inaspettata non fa altro che allarmarmi. Che stiano complottando contro di me?
Dopo l’intervento di Kurapika, tutti gli altri sembrano rilassarsi. A quanto pare loro si fidano ciecamente di lui, che a sua volta si fida di me.
«Cosa devo fare?» dice infine Leorio. «Io non ne so niente di questa roba.»
«Per prima cosa, ti serve un avvocato», dico io. «Non può essere Maxine, in questo momento sei un testimone super partes, ci sarebbe un conflitto di interessi. Fortunatamente, ho un’amica che mi deve un favore», gli spiego per poi premere sul telefono fisso il numero dell’interno di Edna. «Edna, chiama Louise Bishop e dille di mettersi in contatto con me il prima possibile.»
«Secondo te per quale motivo ci hanno presi di mira?» Killua, non fiducioso quanto gli altri, continua a punzecchiare.
«La mia organizzazione è informata della collaborazione e il procuratore segue il nostro caso. Si può trattare di un tentativo in buona fede, pensano che convocare un hunter al gran giurì ci faccia vincere facile», mi limito a spiegare. «Ciò non giustifica l’atto di non informarmi della cosa ed esporre Leorio al sistema giudiziario americano senza che lui abbia modo di difendersi. Avevo chiesto a chi di dovere di non coinvolgervi a tradimento, visto che già l’ufficio legale aveva avanzato questa richiesta. In un certo senso è comunque colpa mia.»
«Il procuratore non dovrebbe essere dalla nostra parte?» Gon alza la mano. «Dico, tu combatti i terroristi, non vedo perché remarti contro.»
«Perché il procuratore fa solo ed esclusivamente i propri interessi. Lui vuole combattere i terroristi ma vuole anche farsi rieleggere. Ci sta addosso perché se il nostro operato smerda quello degli uomini di mio padre, i suoi amichetti finiranno per prendersela con lui.»
Dopo aver dato quest’ultima spiegazione smetto subito di parlare. Mi sto rendendo conto giorno dopo giorno di quanto io sia solo. Tutti mi remano contro da ogni lato, noi tre non abbiamo proprio alleati. E non ho ancora abbastanza coraggio di chiedere ai ragazzi di aiutarmi per davvero.
«Il procuratore vuole che Leorio descriva alla giuria la situazione criminale di York Shin City e quello che conosce sulle cellule assassine», Maxine piomba in stanza lanciando la bomba. «Se sei ben informato, elaboriamo una strategia. Se non sai nulla, dovrai appellarti al quinto emendamento.»
«Quinto emendamento?» le fa eco, non sapendo a cosa si riferisca.
«Il diritto a non rispondere. Ad ogni domanda non dovrai dire nulla se non: “mi rifiuto di rispondere alla domanda perché potrei autoaccusarmi”. A un certo punto perderanno la pazienza e ti manderanno via, così da liberarti da questo impiccio.»
«Dici che il procuratore se la prenderà se facciamo così?» chiede Graziina ansiosa.
«E chi se ne frega? Ci ha tirato un colpo basso e si meriterebbe di peggio. Ha violato i patti», rispondo cercando di celare tutta la mia rabbia.
«Non c’era alcun accordo scritto», mi bacchetta Maxine. Come al solito, lei si dimostra umana come un cyborg. Dovrebbe mettere un freno agli automatismi di tanto in tanto, si sta veramente trasformando in un automa.
«Certo che nell’ufficio del procuratore stanno veramente impazzendo! Prima il gran giurì improvviso, poi la convocazione di Leorio totalmente senza senso e Tinì che sta venendo qui da sola senza dirci il perché» sbuffa l’altra, stanca di non riuscire a venirne a capo.
Cazzo, Tinì. Me ne ero completamente scordato, arriva questa sera per cena.
«Tinì è una brava ragazza», le risponde Maxine. Almeno su questo siamo d’accordo. «Credo che si caccerà in un guaio. È palese che stia agendo di nascosto», prende un sospiro stanco. «Ci toccherà coprirla.»
«Ho male ai capelli», Graziina si siede alla scrivania, vi si appoggia con i gomiti e si regge la testa con le mani.
«Certo che le vostre conversazioni sono così incasinate!» sbuffa Killua, guardando le ragazze con aria di sufficienza. «Hai idea di cosa possano volere al gran giurì? È gente tua, non nostra.»
Non so perché si stia riferendo a me quando qui l’esperta è Maxine. Rispondo con una faccia seccata, per poi voltarmi verso l’avvocata per dirle tacitamente di rispondere al posto mio.
«Il procuratore vuole elementi tali per cui il caso venga aperto. Vale a dire, credono che convocando direttamente un hunter avranno informazioni subito per poterci scavalcare.»
 
È stata una giornata infernale. Mi ritiro in camera d’albergo e metto l’acqua nel bollitore elettrico per prepararmi un tè verde. Ho trascorso quattordici ore in ufficio, sono fisicamente a pezzi. Arriverà il giorno in cui mi stancherò.
Ho un paio d’ore di tempo prima che Tinì si faccia viva al ristorante qui di fianco, devo assolutamente riposare.
«Apri la porta», sento Maxine bussare a tutta forza.
Mio Dio, speriamo non sia un’altra disgrazia!
«Maxine, che succede? La cena è tra due ore…» le dico non appena apro la porta, non riuscendo a nascondere tutta la mia stanchezza.
«Non voglio litigare, voglio solo mettere in chiaro una cosa», mentre entra la vedo prendere un bel sospiro. «Non mi piace essere scavalcata né che mi facciate passare come la stronza acida di turno. Mi sono laureata a Princeton in diritto, ho frequentato l’accademia forense a Yale, ho praticato in otto studi legali diversi, faccio parte del consiglio di amministrazione del Fondo per la difesa. Sono una stronza solo perché ho le mie credenziali e faccio il mio lavoro nel modo corretto?»
Immaginavo che il caos di oggi avrebbe fatto inalberare Maxine. Litigare con lei non è proprio la cosa che ci serve. Non ho mai negato che sia la più qualificata dei tre e che senza di lei saremmo persi, eppure questo argomento ogni tanto si ripresenta.
«Nessuno ha insinuato nulla di simile. Che cosa è successo?» le chiedo cercando di non sembrare infastidito, anche perché non lo sono. Ho la testa che mi esplode e non ho voglia di fare ginnastiche mentali. L’idea che la forte coesione tra noi tre possa essere minacciata mi fa stare genuinamente male.
«Cosa è successo? Lo chiedi anche? Prima di tutto hai messo bocca sul mio dipartimento, come se noi fossimo capaci di fare cose poco etiche. E la tua priorità in tutto questo è stata discolpare te stesso e tenerti buoni quei tizi senza alcuna ragione!»
«Mi dispiace Maxine», le rispondo, sinceramente colpito da quelle parole. «Non l’avevo vista in questo modo.»
«Ci credo! Ultimamente stai dando i numeri. Ti ho detto di non farti coinvolgere emotivamente da questa gente, rischi di compromettere la missione e anche di farti del male da solo. Perché ti comporti così? Adesso vuoi fare il poliziotto buono di punto in bianco? Mi sembra ci sia già Graziina a ricoprire quel ruolo…»
«Sai cosa? Non mi farebbe schifo avere degli amici da queste parti», le confesso con tono infastidito.
Di tutta risposta, Maxine mi ride in faccia. «Amici? Ho capito bene? Siamo in uno stupido film per ragazzini?»
«Sì, amici. Persone che ci danno una mano senza tenderci trappole ad ogni dove e senza interessi per cui remarci contro alla prima occasione. Sono stanco dei funzionari governativi, sono delle merde e io ho bisogno di un cazzo di porto sicuro.»
«Lascia che te lo dica: ti sei rammollito», rincara la dose lei, non intenta a riflettere sulla cosa. «Sei la persona più forte che io conosca, sei persino più forte di me. Finora hai mostrato una tenacia senza precedenti e adesso, solo perché le cose si sono fatte un tantino più difficili del solito, inizi a lamentarti implorando l’arrivo di un amico?»
A quella frase non so cosa risponderle e resto a fissarla in silenzio.
Maxine mi afferra per il colletto della camicia e mi guarda dritta negli occhi a distanza ravvicinata. «Ma quali amici? Tu devi fotterlo il mondo!» urla.
 
Le parole di Maxine mi rimbombano in testa mentre cammino senza una meta per la strada. Oggi va così, ho bisogno di camminare per far scorrere i pensieri passo dopo passo, in modo che la matassa piena di nodi nella mia mente si districhi. C’è chi va in terapia per questo, un tempo ci andavo anche io. Be’, si fa quel che si può.  
Sto per mettere gli auricolari quando il suono di alcune voci molto familiari mi preleva dalla bolla di pensieri nella quale ero calato. Dietro l’angolo c’è una paninoteca e le voci provengono da un tavolino sul marciapiedi. A quanto pare, il destino continua a mettermi quei quattro per strada.
Non sta bene origliare, però…
No, Espedito, non esiste. L’hai sentita Maxine? Cambia strada e non ci pensare! Non deve interessarti né la loro vita fuori dal lavoro né cosa pensano di te.  
«Tu sei sicuro di volerci ancora collaborare?» sento la voce di Leorio, con tono evidentemente poco convinto.
A quel punto, mi nascondo nuovamente dietro l’angolo e prego di non essere scoperto, trattenendo disperatamente il fiato. Devo assolutamente sapere cosa si stanno dicendo.
«La catena della pressione non ha mai rivelato bugie da parte sua. Espedito è un tipo onesto», gli risponde Kurapika, con aria di sufficienza.
Catena della pressione? Cosa sarebbe? Io non ho visto nessuna catena!
«Troppo onesto, direi» si sente anche il solito tono saccente di Killua.
«Perché sei ancora così diffidente? Kurapika ha detto che dice la verità!» gli domanda Gon confuso.
«Infatti, non diffido di lui. Non fraintendetemi, è comunque un pagliaccio, ma non è lui che mi spaventa.»
«Sembra il poliziotto cattivo ma non lo è», aggiunge Leorio. «Quella Maxine mi mette i brividi.»
«Lei è solo una trentenne frustrata, non deve preoccuparci!» ridacchia l’albino. «Quella che non me la dice giusta è la fata confetto, ha qualcosa che non va. Il mio istinto dice che è pericolosa.»
«E perché mai? Graziina è una ragazza così bella e gentile!» Leorio ride di gusto a quell’affermazione.
«Anche a me piace tanto! La trovo adorabile», si aggiunge Gon.
«Perché pensi questo, Killua?» gli domanda Kurapika, interessato a sapere quale sia la sua analisi. «Tu che cosa hai visto?»
«Tutti e tre hanno questa particolarità di mantenere una sorta di maschera. Maxine ha sempre uno sguardo spento e il viso smorto, non comunica alcun tipo di emozione.»
Merda. Ci ha preso.
«Graziina, al contrario, sorride costantemente e ti guarda con occhi compassionevoli, oltre alla sua parlata in falsetto che è insopportabile.»
Anche qui ci ha preso. Merda due volte.
«Espedito, a differenza delle altre, ho notato che fa tantissime smorfie quando parla e sa come fare per attirare tutta la sua attenzione su di sé. È della specializzazione, tutto torna.»
Ma come fa? C’è una sorta di oroscopo con le tipologie di Nen? Della serie: “Ehi, Specializzazione! Oggi è il tuo giorno fortunato, potresti incontrare un bel Manipolatore che si rivelerà la tua anima gemella! Evviva gli sposi!”.
«E cosa distinguerebbe Graziina in negativo dagli altri due se non il fatto che piace tanto a Gon?» lo provoca Leorio facendolo diventare fucsia in viso, tra le risatine degli altri due.
«Non c’entra niente! Quella ragazza ha qualcosa di strano dentro, è come se tutta quella gentilezza avesse un secondo fine. Fa la svenevole e ha sempre quel sorriso idiota stampato in faccia anche quando è da sola e nessuno la guarda. È pazza, nasconde qualcosa e il suo amichetto la copre!»
«Ora sei proprio irragionevole», Leorio continua a ridergli in faccia, non prendendo minimamente sul serio le sue parole.
«Ti assicuro che sto dicendo la verità. Non hai notato che c’è una sorta di schema? Espedito e Maxine attaccano ferocemente e poi subentra lei a cercare di mediare la situazione, così da ben disporci anche nei confronti degli altri due. Non pensi che sia tutto organizzato? Che lei lo faccia di proposito per manipolare le persone?»
«Sono degli operatori di pace, devono essere persuasivi… Evidentemente la loro tecnica funziona» minimizza Kurapika, il quale sembra il più rilassato di tutti. «Non mi sembra una cosa che deve preoccuparci!»
«Sì, ma…» Killua vorrebbe obiettare, ma viene interrotto da Kurapika.
«Credo che tu ti stia facendo prendere da un’antipatia personale. Basta andarci cauti e andrà tutto bene. Hanno i loro interessi, finora non c’è nulla di cui preoccuparsi.»
Le parole del biondo hanno tranquillizzato tutti, infatti hanno cambiato argomento e stanno proseguendo la loro cena tranquillamente.
Tiro un sospiro di sollievo.
   
 
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