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Autore: berettha    05/07/2023    2 recensioni
BARTYLUS, Barty Crouch jr x Regulus Black.
||La vita di Regulus dai primi anni ad Hogwarts, sino alla presa del Marchio Nero ed oltre ancora.||
Dal testo: Portami a casa Sirius, cambiami i vestiti, sistemami i capelli dietro alle orecchie, fammi sentire il tuo tocco sulla pelle, asciugami i capelli e lascia che io posi la testa sulle tue gambe.
Raccontami di Hogwarts, di James Potter e di quella volta che avete volato sopra al Lago Nero: come era il vento? Lo sentivi tra i tuoi capelli? Ti faceva lacrimare gli occhi?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Evan Rosier, Famiglia Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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tw. Sesso. Non è esplicito, tho.

La Guerra, capitolo 18.
Mele, labbra umide.


Nei primi mesi del 1978 l’egemonia di Lord Voldemort iniziava a vacillare, e questo era chiaro a tutti.
Era chiaro agli Auror, all’Ordine della Fenice, al Ministero intero ma soprattutto era chiaro ai Mangiamorte: chi non veniva ucciso in battaglia, o catturato, provava a scappare. Pochi, però, riuscivano nell’impresa. 
Voldemort sembrava in grado di riuscir a percepire il tradimento prima ancora che avenisse, e tutto si risolveva con l’uccisione del malcapitato.
Regulus pensava che, probabilmente, l’unica cosa che teneva ancora in piedi il teatrino del Signore Oscuro era la paura. 
Paura del Ministero nell’andare troppo oltre, nonostante la nuova legge che permetteva agli Auror di utilizzare l’Anantema che Uccide, paura dei Mangiamorte di ribellarsi, paura della popolazione: l’orrore e il terrore che suscitava era sufficiente a tenere ben saldi i ranghi, di qualunque fazione. 
C’era solo paura, angoscia, ansia e disperazione. Anche dove Regulus si sarebbe aspettato di veder urla e risate per festeggiare la vittoria, trovava solo sorrisi pallidi e tirati.

“Wolfhard, Leveret, Barracus e Rosier,” Lucius si sporse sul tavolo, con davanti a lui una mappa. “Prenderete Moody da questo lato, visto che uscirà dalla porta sul retro se le informazioni che abbiamo ricevuto sono sicure.” Alzò leggermente gli occhi dalla mappa, posandoli sul ragazzo in piedi davanti a lui, che si agitava nervoso.
Barty sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto. “Certo che sono sicure.” Calcò molto l’ultima parola, facendo il verso. 
Lucius si limitò a lanciargli un’occhiata infastidita, mentre procedeva ad illustrare il resto del piano.
Regulus invece ascoltava in silenzio, sdraiato sul divano. Il bracciolo sotto la sua testa era terribilmente scomodo, e le gambe oscillavano dalla parte opposta, mezze addormentate; con la punta della scarpa provò a sporgersi verso Barty, sfiorandogli lo stinco. 
“Non capisco perché non posso andare io.” Interruppe nuovamente Barty, “Ho dato io le informazioni. Senza di me Wolfhard sarebbe ancora sul tetto del Ministero a fare da vedetta, senza offesa Mike.”
Wolfhard si limitò ad alzare le spalle, troppo nervoso per considerare il piccolo bisticcio fra Barty e Lucius.
“Perché, come ti abbiamo già spiegato, tu servi altrove." Lucius strinse i pugni, mentre un leggero rossore iniziava a diffondersi sul suo volto pallido, "Non possiamo permettere che tu venga catturato, e se posso permettermi un giudizio imparziale, hai la faccia di uno che si lascia catturare.”
“Beh, per me è una cazzata.” 
Bart.” Fu Evan a parlare questa volta, e l’altro ammutolì quasi immediatamente.
“Dico solo che...” 
“Bart, basta. Per favore.” 
Evan sembrava stanco, la pelle lucida e tirata sul suo volto segnato da due profonde occhiaie. I capelli, una volta biondi, adesso sembravano quasi marroni, unti e legati in malo modo come se non avesse avuto tempo negli ultimi giorni per farsi una doccia. 
Cosa che, probabilmente, era vera. 
Erano stati giorni terribili anche per Regulus, e fino a quella stessa mattina era stato assolutamente sicuro che sarebbe stato richiamato per l’attacco contro Moody e Meadowes ma, con un sospiro di sollievo, il suo nome non figurava nel piano di Lucius.
Fece vagare lo sguardo sul gruppetto di Mangiamorte che, qualche ora prima, si erano ritrovati assieme a lui al maniero dei Malfoy: alcuni, come Evan e Leveret li conosceva da Hogwarts, altri come ad esempio Wolfhard non aveva saputo della loro esistenza fino ad una settimana prima. 
Ed erano tutti giovani, terribilmente giovani. Il più grande, Barracus, non poteva aver avuto più di venti anni: una leggera barba rossiccia cresceva a chiazze sul suo volto, segnato dall'acne.
Gli adulti morivano e toccava a loro occupare le file rimaste vuote. 
Qualche anno prima aveva detto ai loro amici: Voldemort non se ne fa nulla di un gruppo di ragazzini. Ma come si era sbagliato!
“...Siete pronti? Il Signore Oscuro è ospite a Grimmauld Place, da Orion Black. Smaterializzatevi lì, quando avete finito.” 
Tutti annuirono gravi, preparando le bacchette e le lunghi vesti nere.
Regulus si alzò dal divano, avvicinandosi a Evan e lo stesso fece Barty. 
“Ci vediamo stasera, eh?” Evan fece passare un braccio attorno alle spalle di Barty, l’altro lo poggiò su quelle di Regulus, stringendoli. 
Regulus posò la sua fronte su quella dell’amico, “Ci vediamo stasera.” Odorava di un leggero bagnoschiuma alla camomilla, stantio, ma ancora facilmente riconoscibile sulla sua pelle: lo stesso che per anni gli aveva rubato da sotto il naso, nel bagno di Hogwarts. 
Barty gli schioccò invece un bacio sulla guancia, “Cerca di non farti ammazzarre.” 
“Mai! Chi terrebbe a terra quel tuo culo arrogante sennò?”
“Mi dispiace interrompere il vostro momento romantico, ma Rosier dovrebbe andare.” Lucius si avvicinò a Evan, spostando malamente Regulus da parte e sbattendogli contro al petto una cartina del Ministero. “Un ritardo rischerebbe di far arrabbiare il nostro Signore, e non vogliamo questo, vero?” 
“No.” Rispose Evan, tornato improvvisamente serio. 
Regulus sapeva che i suoi genitori camminavano su ghiaccio sottile, con Voldemort. Non poteva permettersi margine d’errore.
Ancora qualche secondo, prima di Smaterializzarsi sull’uscio del Maniero assieme a Barracus, lanciando un’ultima occhiata a verso di lui e Barty, che lo avevano seguito fuori dalla stanza, giù per le scale e verso il corridoio di marmo bianco che conduceva all'esterno. I loro passi avevano rimbombato nel silenzio, i fruiscii delle vesti come unico accompagnamento a quella piccola marcia.
Regulus non potè vedere il volto di Evans, coperto totalmente dalla maschera, ma si immaginò stesse sorridendo mentre si voltava per l'ultima volta a salutarli con un gesto della mano.
Lo faceva sempre.
Quando anche l’ultimo Mangiamorte se ne fu andato, Barty si mosse verso di lui, a disagio “E noi cosa facciamo?” chiese a Regulus.
“Se posso intrommertermi, tornatevene a casa." 
Rispose Lucius, al suo posto, nervoso. "Ho del lavoro da fare.” 
✧.·:¨༺ ༻¨:·.✧*̥˚
Regulus non era mai stato a casa Crouch, non prima di allora.
Dopo esser stati cacciati in malo modo da Lucius, Barty aveva preso la mano a Regulus, per una Smaterializzazione congiunta.
Non gli aveva detto nulla, cogliendolo di sorpresa: ma quando il mondo smise di girare e i suoi piedi toccarono terra, si ritrovò in mezzo ad un campo, la cui fine si perdeva all'orrizonte, l’erba alta ghiacciata per le basse temperature e un filo di nebbia tra le staccionate che dividevano i terreni.
“Quando hai imparato a farlo?” 
Barty alzò le spalle, sorridendo, ”Non potevo certo continuare ad usare la Metropolvere per tutta la vita.”
“Dove siamo?” 
“A casa mia. Ho pensato che visto che mio padre è occupato col Ministero e mia mamma è andata dalle zie...” 
“E’ bellissimo.” 
Barty si stinse le spalle, “E’ casa.” 
Camminarono per la strada sterrata che conduceva a casa Crouch, senza essersi ancora lasciati la mano. I sassi schricchiolavano allegri sotto le loro scarpe, e dopo essersi assicurati che non ci fosse nessuno –oltre a due cavalli che dormivano sdraiati sull’erba e ad una mucca che mangiava, sbuffando di tanto in tanto- si lasciarono andarono a qualche bacio.
Regulus sentiva la punta del naso di Barty, congelata, sfiorare la sua, le labbra secche che iniziavano ad ammorbidirsi a contatto con le sue. Sentiva Barty, ma sembrava che il suo corpo non ne avesse mai abbastanza. Voleva di più, strappare via i centimentri di tessuto che li separavano, strappare anche la sua pelle se avesse potuto e lasciarsi andare completamente a lui.
Essere uno.
Barty aprì l'uscio di casa con un calcio, senza staccarsi da Regulus, che invece quasi inciampò sul gradino d’ingresso.
Tutte le paure, le ansie, la pressione di quegli ultimi giorni sembravano essersi temporaneamente dissolte dalla sua testa: gli dispiaceva per Evan, che era là fuori in prima linea, ma adesso c’era Barty, solo Barty, con quei dannati capelli in cui metteva sempre troppo gel e quel vecchio maglione che si era bucato accidentalmente con una sigaretta accesa.
Avevano iniziato a fumare, Evan e Barty, di recente: una strana abitudine che avevano rubato ai babbani che osservavano per Londra durante le loro ronde attorno al Ministero.
Sentiva anche quello, Regulus, mentre lo baciava: un soffocante aroma di fumo, che stava imparando ad amare. 
Perché era di Barty.
Si trascirono fino in camera da letto, nel frattempo lasciando cadere a terra quello che si stavano togliendo: la giacca, una sul divano, l’altra nel corridoio, poi le scarpe, i maglioni. Con dita tremanti, sia per il freddo che per l’urgenza di fare in fretta, faticarono per slacciarsi le camicie, le fibbie delle cinture. 
Barty si chinò per baciargli il petto, le costole, i fianchi, mentre Regulus affondava le mani tra i suoi capelli. Un bacio su ogni cicatrice, lasciate da Lucius quello che sembrava esser stata una vita fa.
Poi più in basso ancora, strappando a Regulus un lamento sommesso.
E il cuore di Regulus perse un battito quando Barty si chinò ancora a baciargli le ginocchia, la pelle tesa dietro di esse, e le gambe e oh amore mio, come lo teneva con le mani, come lo solleticavano le sue dita. Non si era mai sentito così vicino a qualcuno.
Pelle contro pelle, finalmente, si abbandonarono l’uno nell’altro.
Regulus lo strinse per i fianchi, le dita che affondavano nella pelle morbida e tirata del bacino, il naso premuto tra la sua attaccatura dei capelli e la nuca.
Ti amo, pensava, ti amo ti amo ti amo. 

La camera di Barty non aveva niente in comune con la sua: era la camera di un bambino.
Di un bambino che sembrava esser stato amato, tanto e genuinamente, considerando il numero di poster, di biglietti di partite di Quidditch e foto di musicisti che aveva attaccato al muro. C’erano anche tante foto con sua madre, specialmente scattate durante la sua infanzia: un piccolo Barty, senza un dente davanti, sorrideva in svariati angoli della stanza, abbracciato ad una donna con una cascata di ricci biondi. 
Di suo padre, però, non c’era traccia in quella stanza.
Regulus si guardava intorno, sdraiato a letto, mentre distrattamente accarezzava i capelli di Barty, che invece lo abbracciava, sdraiato tra le sue gambe e la testa poggiata sul suo ventre. Fuori dal letto accarezzzava il vuoto la sua mano, con una sigaretta accessa di cui non aveva preso ancora un tiro. Si consumava, e la cenere cadeva piano sul pavimento di legno azzurro cielo.
“Quella foto di quando è?” Chiese, indicandone una in particolare dove Barty si trovava sulle spalle di sua madre, davanti ad una grande villa color crema. 
“Penso almeno cinque anni prima di Hogwarts. Ero a casa dei Potter.” 
“Potter? James Potter, il cacciatore dei Grifondoro?” 
“Proprio lui.” 
Regulus sorrise, continuando a pasticciare le mani tra i capelli di Barty. “Eravate amici?” 
“I miei genitori e i suoi. Colleghi al Ministero, solita roba.” 
“Non me lo hai mai detto!” 
Barty spostò il volto, per guardarlo bene in faccia. “Non volevo parlare di Potter! Eri cotto di lui, mi dava fastidio.” 
“Era così evidente?” Adesso Regulus rideva, mentre sentiva le guance imporporarsi. 
“Assolutamente! Dovevi vederti durante le partite di Quidditch: gli occhi a cuore! Evan aveva paura che potessi cadere dalla scopa se ti fossi sporto ancora un pochino per guardarlo mentre tirava quella dannata pluffa.” 
Il nome di Evan gettò una coltre di preoccupazione su di loro. Gli occhi di Barty si fecero remoti, mentre finalmente si sporgeva fuori dal letto per prendere un tiro dalla sigaretta. 
“Quindi mi stai dicendo che eri geloso.” Disse Regulus, per sdramatizzare.
Osservò il viso dell’altro arrossarsi questa volta, mentre tirava fuori una nuvola di fumo, ”Non ti vantare, Black, non sei l’unico che mi ha rubato il cuore.” 
“Ti ho rubato il cuore? Davvero?” 
“Oh, sta zitto.” Gli diede un morso sul fianco, scatenando altre risate.
Ti amo, ti amo, ti amo. Pensò ancora. Ti amo, ti amo, ti amo.
“Bart?” 
“Dimmi.” 
“Ti ho mai raccontato di Arromanches-les-Bains?” 
Barty gli lasciò una scia di baci sul ventre, ”Parlamene.” 

Si divisero qualche mela per cena, qualcosa di cui i genitori non avrebbero notato la mancanza, e si rivestirono velocemente, prendendo gli abiti sparsi per la casa.
Il sole iniziava a tramontare, dietro alle colline, e la madre di Barty sarebbe tornata a casa di lì a poco.
Si scambiarono gli ultimi baci sul bancone della cucina, tra le ceramiche delle spezie e una pirofila contenente gli avanzi della cena della sera prima. 
Labbra zuccherine, umide di saliva, ancora appiccicose per il frutto appena mangiato. Morbide, rosse, vive.
Regulus sentì le mani di Barty stringersi sui suoi fianchi, avvicinare il suo corpo al suo. 
“Dobbiamo andare, Bart.” 
“Lo so.” Mormorò in risposta, affondando il viso nei suoi capelli. 
Si Smaterializzarono fuori da casa Crouch, appena più lontano dal cancello di casa, apparendo davanti a Grimmauld Place.
C’era molto più freddo, e Regulus si strinse nella giacca mentre una nuvoletta di vapore si formò con il suo respiro. Barty lasciò andare quasi immediatamente la sua mano, e a Regulus già mancava. 
“Entriamo?” Chiese l’altro, affondando le mani in tasca. 
“Andiamo.” 
Ma non si mosse subito. Sentiva la solita morsa allo stomaco a bloccarlo, come ogni volta che entrava a casa sua. Quella sensazione di ansia, di angoscia e di sbagliato che sentiva da quando era bambino. 
E non c’era nemmeno più Sirius, a precederlo, ad essere il primo ad aprire la porta: un sorriso rassicurante e la promessa di tenere la porta della sua camera aperta, quella sera.
Iniziò a salire i gradini. 

C’era qualcosa di profondamente sbagliato.
Un uomo piangeva in sala da pranzo, lo potevano sentire dal corridoio.
Per il resto, il silenzio era talmente assordante che Regulus poteva sentire il rumore del suo cuore martellargli nel petto. 
Barty si girò verso di lui, mimando con le labbra Che succede? 
Regulus scosse la testa, nulla di buono, avrebbe voluto rispondere, prima di percorrere gli ultimi metri che lo avrebbero portato in sala. 
A tavola, il Signore Oscuro in persona che giocava distratto con la bacchetta. A terra,  Mike Wolfhard, il viso sporco di muco e lacrime.
I genitori di Regulus, dall’altro capo del tavolo, che si guardavano le mani giunte davanti a loro, senza alzare lo sguardo e Lucius e i coniugi Lestrange si stringevano sul divanetto in fondo alla stanza, lo stesso che anni prima fu occupato dalla famiglia Rosier.
“Perché sei qui allora, Wolfhard? Perché sei scappato?” Lord Voldemort non sembrava arrabbiato, con quel tono quasi derisorio.
“H-ho avuto paura. Dovevo andarmene mio Signore, mi avrebbe ucciso.” Mike faticava a parlare, ansimando tra un singhiozzo e l’altro. Non sembrava ferito, ma sia che la sua maschera che la veste nera erano torse di sangue, i capelli scuri incollati al volto per il sudore.
“Reg, Evan non c’è.” Sussurrò Barty al suo fianco, afferrandolo per un braccio. Si fermarono sull’uscio, in piedi, mentre il cuore di Regulus perdeva qualche battito.
“Hai avuto paura?” Ripetè Voldemort, sorridendo al Mangiamorte.
“Li hanno uccisi tutti. Tutti. Uno per uno.” Mike aveva iniziato a guardarsi attorno, cercando una via di fuga. “Non potevo rimanere, mio Signore, non potev-” 
Avada Kedavra.” 
Mike cadde a terra, con un tonfo leggero. La maschera gli scivolò dalle mani, brillante di sangue. 
“Fra tre notti. Malfoy, Lestrange e il giovane Black, verrete con me.” Si voltò verso Regulus, alzandosi dalla sedia. “Ma lo farò io stesso, visto che non ne siete in grado.” 
Uscì dalla stanza, passando in mezzo a Regulus e Barty, il secondo che venne spinto con una spallata contro al muro al suo fianco.
“Reg,” sussurrò ancora una volta Barty, pallido come un fantasma. “Evan non c’è. Non è tornato.”





Note: beh??? Che ve ne pare???? Mi dispiace avervi fatto aspettare 18 capitoli prima di un po' di spicy - a questo punto della storia sono tutti maggiorenni, tranq-, e soprattutto di aver rovinato il momento con questa botta finale XD, also, sì il capitolo è cortissimo perché doveva essere tutt'uno con quello precedente, ma mi sembrava giusto dividerli per le cose che succedevano!!!
Evan, il mio tesorino, mi mancherà da morire. 
Vorrei pubblicare un piccolo missing moments dedicato a lui, probabilmente assieme al prossimo capitolo! 
Fatemi sapere cosa ne pensate, un beso <33

 
   
 
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