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Autore: Scribbling_aloud    07/07/2023    1 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 19 – L’uomo cattivo è in prigione
 
Neve imbiancava il cortile di Azkaban ma, per qualche ragione, anche quella perdeva il suo candore e purezza in quel luogo. Dove pestata dai detenuti era solo una purea grigia, e dove intoccata, esacerbava solamente il senso di vuoto.
Il freddo era mordente. Molte delle persone imprigionate lì, se già deboli, non sopravvivevano all’inverno. Le celle non erano più calde della temperatura fuori e sicuro più umide. Un’umidità che penetrava nelle ossa.
Nonostante il freddo, Harry ed Earnest sedevano su una panchina, entrambi guardando la porta principale dove la guardia era sparita con il nuovo ospite.
Il viaggio con l’uomo degli Inferi era stato silenzioso. Solitamente non si parlava mai troppo, amarezza nell’essere stato catturato e un senso di inquietudine all’idea di entrare in Azkaban lasciavano tipicamente lo sfortunato stregone senza troppe parole. Harry non era molto incline a parlare lui stesso, specialmente dopo una cattura così sentita come questa. Giusto prima di essere condotto via, lo stregone aveva incontrato gli occhi di Harry ‘Uscirò. E tu sarai il primo a pagare’ aveva mormorato minaccioso.
Harry non si era neanche preso la briga di rispondere. Non era la prima volta che riceveva questo genere di minacce dopo una cattura, e lo lasciavano abbastanza tiepido. Questa non fece eccezione; lo scrutò mentre lo portavano via. Giudicando dalla sua costituzione era già un miracolo se sarebbe sopravvissuto all’inverno. Lui era quello che avrebbe pagato, pensò provando un po’ di pena, e molto caro. Harry in un’ora e qualcosa sarebbe stato nella sua casa accogliente, in un comodo letto e tra qualche giorno sulla spiaggia in Australia con sua moglie.
No, non sono io quello che pagherà.
Azkaban era un posto orribile che lo lasciava sempre sfiancato e quel giorno ancora di più, solo il pensiero del letto che lo attendeva lo sosteneva.
Aveva ricevuto un ordine categorico da Elisabeth di non farsi più vedere in ufficio per quel giorno e di andare a casa per recuperare un po’ di sonno.
Mentre sonnecchiava sul divano dell’ufficio, un’ora prima, stava facendo un bel sogno ma il rumore di una penna che grattava un foglio di carta l’aveva svegliato di soprassalto.
‘Che ora sono? Quanto ho dormito?’ chiese allarmato a Elisabeth scattando su accorgendosi solo in quel momento di essersi addormentato.
Lei alzò gli occhi e sorrise. Si era seduta alla sua scrivania per compilare degli altri documenti.
‘Non preoccuparti, solo una ventina di minuti. Non avevo cuore di svegliarti’ aveva detto serenamente continuando a scribacchiare. Era stato in quel momento che gli aveva dato l’ordine di riposo a cui era stato forzato a sottomettersi. Aveva indugiato ancora un po’ sul divano, il rumore della penna sulla carta accompagnando le sue riflessioni. Il sogno che stava facendo gli aveva lasciato una bella sensazione. Aveva cercato di riportarlo alla mente, ma se n’era andato. Solo un senso di calore e luminosità era rimasto.
Quando lo sgradevole compito di assicurare lo stregone in prigione era stato completato, Earnest gli aveva proposto una tazza di caffè per poter fare quattro chiacchiere e lui aveva accettato di buon grado.
Entrambi avevano una tazza fumante tra le mani destinata a raffreddarsi molto velocemente se non si fossero dati una mossa nel berla.
Si erano scambiati notizie delle rispettive famiglie e ora stavano solo guardando la porta ognuno perso nelle proprie considerazioni.
‘Le cose devono cambiare’ Earnest disse dopo un po’.
‘Cosa intendi?’
Le sopracciglia di Eranest si aggrottarono, e la sua espressione si incupì ‘Qui, intendo. La situazione sta diventando ingovernabile. Abbiamo troppi detenuti, facciamo fatica a tenerli a bada’
Harry rimase in silenzio per un momento. ‘Molti saranno morti per la fine dell’inverno’ replicò alla fine. Non era esattamente qualcosa di felice da affermare ma ciò non lo rendeva meno vero.
‘Ieri è morto un ragazzo. L’abbiamo trovato congelato nella sua cella tutto rannicchiato in un angolo che cercava di tenersi al caldo. Non aveva neanche vent’anni. Questa non può chiamarsi giustizia’
Harry non rispose, Earnest aveva troppo cuore per lavorare in un posto del genere. Non avrebbe potuto farlo neanche lui. Nessuno dei due aveva abbastanza pelo sullo stomaco. A Harry dispiaceva per Earnest. Gli era sempre piaciuto il ragazzo e provava compassione sapendo che passava tutti i giorni in quel posto. Gli aveva suggerito più di una volta di cambiare lavoro, aveva anche considerato di raccomandarlo al Ministro, contrariamente alle sue normali inclinazioni visto che se lo meritava ampiamente, ma Earnest aveva sempre rifiutato.
In Azkaban gli stipendi erano più alti che in qualsiasi altro posto e aveva bisogno di quei soldi per mantenere una famiglia in cui era l’unico a lavorare. Ma Harry aveva notato quanto fosse invecchiato prematuramente negli ultimi tempi. Le rughe più marcate sul suo viso, stava perdendo il buonumore e la positività che lo caratterizzavano quando si erano conosciuti.
‘Preferirei vederli decrescere in un altro modo. Questo serve solo a esacerbare il risentimento. Ci sono risse praticamente ogni giorno e non siamo abbastanza per tenerle a bada’ concluse preoccupato appoggiando la schiena alla panchina ‘Abbiamo chiesto rinforzi ma non ne mandano. È da mesi che manca il personale. È un gioco pericoloso quello a cui stanno giocando.’
Harry rifletté sulle sue parole. Aveva ragione, era un gioco pericoloso. Il Ministro non era mai troppo disponibile ad aumentare il budget per un posto come Azkaban, quella era un’altra ragione per cui era così desolato.
Era molto costoso da mantenere. E lo era diventato ancora di più da quando gli scannatori erano stati scacciati.
Le guardie dovevano essere pagate adeguatamente quando gli scannatori non lo erano, lavorando solo per la soddisfazione di cibarsi della disperazione dei detenuti. In più, i detenuti dovevano essere sfamati e senza gli scannatori vivevano più a lungo, nonostante le condizioni miserevoli, contribuendo al sovraffollamento. E il ritorno era nullo. Molte persone nella comunità magica non erano contente sapendo che i loro soldi venivano usati per mantenere detenuti, quindi, le spese erano tenute al minimo e richieste di cambiamenti o miglioramenti ignorate.
Harry aveva sentimenti contrastanti sull’argomento; da una parte pensava che la maggior parte dei criminali chiusi lì se lo meritasse tutto, dall’altra parte  si ricordava di quando Hagrid era stato imprigionato nel suo secondo anno perché creduto responsabile degli attacchi agli studenti. Non aveva colpe e l’esperienza lo aveva fortemente scosso. Si ricordava anche di Sirius che ne aveva avuto un’esperienza anche peggiore. E poi si ricordò di Ted che una volta gli aveva detto “Se ne escono, ne escono ancora peggio di come ne sono entrati”.
‘Ne parlerò al Ministro’ disse svuotando la tazza in un sorso, il liquido ormai tiepido che gli scivolò piacevolmente nella gola ‘Vediamo cosa riesco a tirarne fuori’
La fronte di Earnest si distese e dopo qualche minuto di silenzio, con un tono più leggero, gli si rivolse nuovamente ‘Allora, te ne vai in Australia?’
Harry ne rimase sconcertato ‘Come lo sai?’
‘Ho sentito Ellen e Diana che ne parlavano, facciamo il turno di notte insieme qualche volta, stavano discutendo una rivista, credo. Una tua amica si sposa lì, o sbaglio?’
Harry non riuscì a frenare l’irritazione che spuntò ben visibile sul suo volto e Earnest, notandolo, ridacchiò.
‘Se ti fa stare meglio la discussione era adornata da commenti molto interessanti sulle sensazioni create dalla tua persona in costume da bagno…’
‘Che non voglio sapere, grazie’ lo interruppe prontamente già sentendo un rossore salirgli al viso mentre Earnest scoppiava in una ristata.
‘E, sì, si spera che io riesca ad andare. Parto appena posso’
‘Glielo dico allora, così comprano sicuramente il prossimo numero’ Earnest esclamò in una fitta di buon umore.
 
Harry era seduto sul letto contemplando una grande valigia quasi vuota davanti a lui. Stava cercando di capire perché quella di Ginny era stata piena fino all’orlo rendendo necessario il suo intervento per chiuderla e la sua, dopo averci messo tutto quello che gli era venuto in mente, era ancora praticamente vuota. Era stato tentato di chiamarla per essere illuminato su cosa si stesse dimenticando, se non che, facendo un veloce calcolo, si era reso conto che era molto presto in Australia e sicuro stava ancora dormendo. Era solo.
Ne studiò il contenuto: tre magliette, un paio di jeans, un pantaloncino per il giorno e un costume, alcuni boxer, calze, scarpe per correre, un paio di occhiali da sole e uno spazzolino. A malapena copriva il fondo.
Si grattò la testa riflettendo. Solitamente, era sempre Ginny che si occupava di quelle cose, come era sempre lei a scegliergli i vestiti. A Harry piaceva molto acquistare abiti per lei e Sunrise ma non poteva essere più indifferente a quello che si metteva indosso. I vestiti si materializzavano magicamente nel suo armadio e Ginny, per evitare che indossasse sempre gli stessi indumenti, qualche volte glieli sistemava perfino sul comodino la mattina.
Si alzò e pigramente pescò una felpa dall’armadio, sperando di non doverla usare, e una maglietta addizionale.
La valigia era ancora tristemente vuota.
Dopo averci pensato ancora un po’, prese uno zaino e, svuotando la valigia, ficcò tutto lì dentro. Lo riempiva perfettamente. Problema risolto.
Prese un libro che aveva trovato in una delle sue spedizioni in Nocturnal Alley su una perfida branchia di magia nera di cui voleva essere meglio informato e lasciò sul comò (con molta soddisfazione) un trattato scientifico noiosissimo sugli Inferi che stava leggendo.
La scatoletta che conteneva l’anello era lì a fianco. L’acquisto non era stato così semplice come si era figurato. Per cominciare c’erano migliaia di modelli e Ginny non indossava gioielli rendendo complicato capire cosa avrebbe potuto piacerle. Alla fine, la commessa dietro al bancone l’aveva aiutato ‘Se non mette nulla dovresti scegliere qualcosa di semplice’ e così aveva fatto. Aveva scelto qualcosa di semplice. Ma poi aveva scoperto che gli anelli avevano le taglie un po’ come per le scarpe, qualcosa che avrebbe dovuto immaginarsi ma che non aveva mai sfiorato la sua mente.
Frustrazione che saliva non sapeva dove girarsi per ricevere aiuto. Alla fine, anche se controvoglia, aveva chiesto a Molly che l’aveva fornito di un aiuto più che entusiastico. Harry sperava solamente che quell’entusiasmo non le avrebbe fatto spifferare tutto visto che voleva che la cosa rimanesse una sorpresa.
Prese la scatoletta e la mise nello zaino.
Mentre considerava che forse era il caso di prendere anche degli infradito e, gettandolo nel panico, qualcosa per il matrimonio, un urlo acuto perforò il silenzio.
Harry lasciò lo zaino ancora aperto vicino alla porta e seguì l’urlo immaginandone già la motivazione.
Accese la luce della camera di Sunrise. Era stato a prenderla quel giorno dalla Tana per passare un po’ di tempo in sua compagnia prima di partire.
La trovò piangente che stringeva convulsivamente l’orsacchiotto.
‘Cosa c’è che non va, amore mio? Un altro incubo?’
‘Papà…’ piagnucolò vedendolo.
Lui la tirò su e le baciò i capelli ‘Hai sognato ancora l’uomo cattivo?’ chiese cercando di consolarla.
‘Sì, papà. Ti fa male’
Harry portandola nella sua camera ripensò all’ammonizione dell’uomo degli Inferi. Sarebbe morto in Azkaban e non c’era più nessun rischio che facesse male a lui o a nessun altro.
‘No, amore. L’uomo cattivo è in prigione.’
‘In prigione?’ lei chiese ancora lacrimante.
‘Sì, gli uomini cattivi vanno in prigione e non escono più. Puoi dormire serena; non mi può fare del male.’ Disse rassicurante facendola sdraiare nel lettone sotto al piumino.
‘E la mamma?’
‘Neanche la mamma. Anche lei è al sicuro’ aggiunse sdraiandosi vicino a lei e spegnendo la luce.
‘Dov’è la mamma?’
‘Al mare’
‘Al mare??’ lei chiese emozionata.
‘Sì, ci vado anche io tra poco. Dobbiamo preparare tutto per quest’estate, per quando andremo con Jamie e Alby. E’ per quello che devi stare un po’ con i nonni. Fai la brava bambina mentre non ci siamo, vero? Se lo fai poi andiamo tutti insieme in estate’
‘Io sono una brava bambina’ lei disse convinta.
Harry sorrise e sbadigliò ‘Lo so che lo sei. Ora lo dimostri al papà addormentandoti subito, va bene?’
‘Babbene papà’
La tenne stretta già sapendo che sarebbe stato difficile lasciarla alla Tana il giorno successivo, la ripetizione dei “papà” che punteggiavano le sue giornate gli sarebbe mancata acutamente.
Ma poi pensò al cielo azzurro che lo aspettava, l’acqua cristallina, la sabbia bianca e Ginny con indosso il costume minimal che gli si avvicinava e si consolò in qualche modo.
E giusto quando l’immaginazione stava perdendo forma in un sogno, la voce di Sunrise lo fece sobbalzare, il cuore balzandogli nel petto.
‘Papà??’
‘Cosa, amore?’
‘Dai un bacio a Teddy?’
   
 
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