Era il
2020 quando conobbi Katya, una signora di circa 70 anni.
Aveva
da poco perso il marito per cancro. Aveva lavorato duramente per tutta
la vita
e adesso che era finalmente in pensione e credeva che
l’avrebbe passata col suo
compagno, ecco sfumare tutti i suoi progetti di una vita.
Lui se
n’era andato in maniera estremamente veloce, giusto qualche
mese dalla scoperta
della malattia alla sua dipartita, avvenuta tra l’altro
durante la pandemia
iniziale, in cui lei non aveva nemmeno potuto salutarlo a dovere.
Avevano
gestito un’attività
di ristorazione insieme per
45 anni e adesso che volevano ritirarsi, l’avevano messa in
vendita. A causa
della pandemia non sono riusciti a venderla al prezzo concordato e
anzi, alla
fine lei l’ha dovuta praticamente regalare pur di disfarsi
delle spese
dell’affitto del locale e delle tasse dato che non produceva
più ma il
contratto non si sarebbe potuto rescindere a meno che non trovasse un
subentrante o aspettasse il 2025 per la scadenza.
Nell’arco di sei mesi era
crollato tutto ciò che conosceva. In pensione da nemmeno un anno
e tutto il suo mondo era andato a puttane.
Passò
dal mio ufficio per una consulenza finanziaria e tra una cosa e
l’altra si
finisce sempre per fare due chiacchiere, anche perché
dobbiamo creare un
rapporto di fiducia col cliente dato che gli spulciamo il portafoglio.
È il
nostro lavoro, ma questa è la parte decisamente
più antipatica per tutti.
Non mi
piace fare i conti in tasca alla gente, non mi piace chiedergli quanto
guadagnavano, cosa spendevano, per quale motivo conservano certi
importi sui
conti bancari eccetera, eppure è una cosa necessaria e
quindi al fine di fare
un bel lavoro, non tralascio quasi niente.
Katya
era di origini russe, non ricordo precisamente il Paese di provenienza,
ma non
si sarebbe mai detto conoscendola di persona perché era
estremamente fluente in
diverse lingue, tra cui l’italiano, la lingua di suo marito.
La conversazione
col cliente spesso verte su hobby, vacanze e animali, quindi mi
raccontò del
suo gatto anziano, unica compagnia che le era rimasta dopo la fine di
tutto.
Katya
non piangeva mai, la sua espressione era sempre contrita, forse ultimo
lascito
delle sue origini culturalmente aspre, ma sapeva come esprimersi.
Riuscivi a
capire quanto valore avessero le cose che nominava anche senza che lei
inondasse il dialogo di pathos. Il suo gatto Cesare doveva essere
sicuramente
molto importante, così come lo erano stati suo marito e la
sua carriera. Come
mia abitudine, per creare un rapporto di fiducia anche io racconto
qualcosa di
me, quindi le dissi che avevo gatti, cosa avevo studiato e alcune
vicende simpatiche
sui miei mici.
Per
tutta la vita non aveva avuto mai bisogno di una figura professionale
come la
mia, ma adesso verteva in una condizione di confusione e stress
abbastanza
marcata, tutte le pratiche erano online e lei non aveva nemmeno un
computer.
Necessitava di qualcuno che le impedisse di prendere cantonate e che
risolvesse
il lavoro senza provocarle altri danni, perché non avrebbe
potuto tollerare
altre difficoltà.
Finito
il lavoro e stabilito con lei il da farsi, la salutammo e se ne
andò.
Nel
2020 dovetti necessariamente adattarmi anche io ai cambiamenti imposti
dalla
pandemia e per non perdere guadagni aprii anche una piattaforma online
da cui
era possibile servire i nostri clienti senza bisogno di farli venire in
presenza. Non è utile per creare nuove relazioni
d’affari, che devono essere
sempre vidimate di persona per l’identificazione della
controparte, ma a
partire dal primo colloquio in ufficio era possibile gestire il cliente
anche a
distanza. Sul sito internet, nei contatti, abbiamo diversi metodi per
comunicare con noi. Tra tutti, vi è anche la
possibilità di contattarci via
Whatsapp Business e io ho condiviso direttamente lì il mio
numero “privato”
perché da anni non facevo altro che utilizzarlo
prevalentemente per lavoro e,
dato che il mio lavoro mi piace, non ho mai considerato un problema
eseguirlo
anche fuori dagli orari d’ufficio. Se ho modo di rispondere
subito, rispondo,
altrimenti evito. È comunque raro che i clienti debbano
aspettare più di due o
tre ore, a meno che non mi scrivano di notte. In ogni caso non mi
arrecano
disturbo. Ho disattivato tutte le notifiche e le chiamate appositamente
per
evitare stress, cosicché ho accesso al mio Whatsapp solo se
voglio io.
Per gli
amici stretti, il mio compagno e la famiglia, ho fatto un nuovo numero
con
tutte le notifiche attivate, separando quindi i contatti di lavoro da
quelli
privati.
Immaginate
la sorpresa quando una sera ricevo una chiamata (normale, non Whatsapp)
sul
numero aziendale proprio da Katya. Me ne accorsi solo perché
avevo visto il
telefono illuminarsi. Erano le dieci di sera, però
consapevole della sua
situazione e che fosse una persona estremamente concreta, ho fatto
un’eccezione
e le ho risposto. Piangeva: Cesare stava male, aveva bisogno di aiuto
immediato
e si ricordava che abitavo a meno di un chilometro da lei e che avevo
competenze di primo soccorso. Ecco, questo non me lo sarei aspettata,
ma che
fai? Te ne sbatti il cazzo e lasci da sola lei che non ha figli, nipoti
vicini
e nemmeno un veicolo per portare il gatto dal veterinario? Disse di non
avere
nessun altro cui chiedere.
Andai
da lei nonostante il mio precedente compagno continuasse a menarmela
che era
tardi, voleva dormire, ci dovevamo alzare presto l’indomani,
stavamo guardando
un film… ma non rompere i coglioni! Un giorno forse avrai
bisogno di aiuto e
troverai tutte le porte chiuse, e sapere che l’unica persona
che ti ha risposto
non vuole venire ad aiutarti perché sta finendo di guardare
un film,
consisterebbe nel perdere l’ultimo barlume di speranza che
serbavi in questo
mondo.
Così
arrivai a casa sua e la trovai con il suo Cesare in braccio, stava
avendo
complicazioni renali, problema molto comune nei felini di una certa
età e non
riusciva a farlo stare meglio. In quelle situazioni non
c’è tanto da fare, però
aveva delle medicine d’emergenza che il veterinario le aveva
dato proprio nel
caso si fosse verificata questa circostanza.
Le
chiesi se preferiva che portassimo il gatto al pronto soccorso
veterinario per
l’infusione di fisiologica che le aveva prescritto ma lei mi
disse che no, non
aveva potuto salutare suo marito per l’ultima volta, non
avrebbe potuto
sopportare che anche il suo gatto morisse lontano da lei. Questo
discorso
potrebbe sembrare egoistico ma vi assicuro che arrivati a certi livelli
davvero
l’unica cosa che potevano fare era forse
l’iniezione letale e, soprattutto in
periodo di pandemia, l’umanità del prossimo aveva
lasciato molto a desiderare.
Basti pensare che tutte le persone su cui poteva contare nei paraggi le
avevano
detto di no perché avevano sentito al telefono una voce
nasale (dovuta al
pianto) e non volevano recarsi a casa sua senza essere prima certi che
avesse
fatto il tampone e fosse negativa. Ma chi te lo fa un PCR
d’urgenza alle 22 a
domicilio?!
Io non
ho mai temuto il Covid, (ricordo che non vivo e non lavoro in Italia,
quindi
non vi basate su ciò che è successo in Italia,
perché non ho idea di come
andassero le cose lì) non ho mai obbligato i dipendenti a
vaccinarsi né ho
richiesto tamponi per venire a lavoro: lavoravamo tutti separatamente,
bastava
stare ognuno isolato sulla propria postazione ed avere un attimo di
buonsenso,
cioè che qualora qualcuno non si fosse sentito bene, avrebbe
preso da sé la
responsabilità di tutelare il prossimo. Per mia fortuna
tutti quanti presero la
questione molto seriamente non incorremmo mai in un’infezione
collettiva, non
ci contaggiammo mai sul lavoro. Su questo ci sarebbe da fare tutto un
discorso
enorme a parte, ma non voglio entrare nell’argomento
perché è davvero troppo
pesante e ognuno ha un’opinione diversa. In breve, quando
andai a casa sua, non
mi interessava se fosse positiva o no. Lei aveva bisogno di aiuto e io
potevo
darglielo.
Era
così agitata da non riuscire a dare un senso alle istruzioni
lasciatele dal
veterinario, quindi ci pensai io. Verificai immediatamente che il gatto
era
fortemente disidratato (basta prendere la collottola e alzarla di
qualche
centimetro e poi rilasciarla, il tempo che impiega a tornare normale
indica il
livello di idratazione a grandi linee), quindi tra le varie opzioni
necessitava
subito della fisiologica con il medicamento prescritto dal medico. Due
grossi
siringoni da iniettare sottocute. Quando si fa una fisiologica
sottocutanea al
gatto, gli si forma tipo un palloncino di acqua sul loco
dell’iniezione e io
l’avevo visto fare mille volte, quindi eseguii secondo
istruzioni.
Nel
giro di un’ora Cesare stava già meglio e il
palloncino si era quasi subito
riassorbito: doveva essere proprio concio. Le dissi che comunque il
giorno dopo
avrebbe dovuto portarlo a far vedere e che quella era stata solo una
misura
d’emergenza per fargli superare la notte. Mi
ringraziò, mi diede della
cioccolata perché aveva solo quella in casa e tornai a casa
che era circa l’una
di notte.
Il
giorno dopo le scrissi su Whatsapp dal numero aziendale per sapere se
Cesare
stava meglio e disse che sì, era tornato un poco in
carreggiata. Mi fece
piacere e sperai che non accadesse più, perché
comunque ero stanchissima e nel
mio lavoro la concentrazione è molto importante, una
privazione del sonno può
rivelarsi un vero e proprio handicap.
Quella
sera, al momento di andare a letto, controllai la chat Business come
sempre e
trovai un messaggio da parte sua. Era un’immagine con un
testo della
buonanotte. Mi lasciò abbastanza perplessa…
è comunque un numero business, ma
andava bene così. Ignorai il messaggio perché non
volevo che rispondendole
cominciasse una conversazione che a quell’ora non avrei di
certo potuto
sostenere.
La
sera dopo ricevetti un nuovo messaggio della buonanotte. E
così la sera dopo e
quella dopo ancora. Non sapevo come reagire. Cosa dovevo fare? Lei non
scriveva
nulla, ma ogni sera inviava una immagine con una dedica, oppure una
poesia, le
stelline, la luna, una candela e immancabile, la buonanotte. Non
aggiungeva
nient'altro e io non sapevo cosa rispondere.
Dopo
una settimana capii che la situazione mi metteva un po' a disagio e
andava in
qualche modo fermata. Ma come? Presi in mano il telefono una sera
durante il
weekend, così avrei avuto modo di intrattenermi un po'
più a lungo semmai avesse
voluto rispondere. Fissai lo schermo dello smartphone per diversi
minuti. Non
riuscivo a trovare le parole per spiegarle che quello era il numero di
una
azienda e che non potevo ricevere ogni giorno messaggi che non fossero
inerenti
all'attività, inoltre le immagini mi si accumulavano sullo
smartphone,
occupandone la memoria. Per tacer del fatto che a me quel genere di
immagini
sul buongiornissimo-caffè e buonanotte-stellina mi stanno
sul cazzo.
E
nonostante tutto non riuscivo a scriverle niente. Ecco che sentii in
testa la
voce della mia coscienza, essenza della rottura di culo che parla
quando non
deve e la mena quando non serve. È una donna
anziana, sola, vedova, triste,
isolata e sta per perdere anche il suo gatto che per lei è
tutto. "La
ditta non può ricevere questi messaggi gne gne gne" ma se
sei tu il capo,
chi è che li vede? Ti dà fastidio il messaggino
la sera? Ma smettila di fare la
stronza!
Cazzo,
aveva ragione. Porca vacca quanto odio quando ha ragione. Scollegai la
memoria
del telefono da whatsapp business per evitare il salvataggio delle
immagini sul
telefono, questione della memoria risolta. Non potevo dire che mi desse
davvero
fastidio, non sentivo nemmeno le notifiche e lei non scriveva mai
durante il
giorno, bensì solo negli orari serali in cui era attivo il
silenzioso. Ero
troppo smorfiosa per tollerare un "Buonanotte"?
Forse è
questo che succede ad alcune persone che hanno un bel rapporto con i
genitori
di una certa età. Parlandone con la mia dipendente lei disse
proprio questo
"Sì, anche mia mamma mi manda sempre questi messaggi,
però col buongiorno.
Ignorali e basta, magari poi smette."
Ma
Katya non era intenzionata a smettere e dopo qualche altro giorno
davanti a
quella chat, agii d'impulso e le risposi semplicemente "notte".
Lei
visualizzò, ma non rispose. Il giorno dopo inviò
di nuovo una delle sue
immagini e io risposi di nuovo "buonanotte". Al terzo giorno lei
inviò un'altra immagine e io risposi con una emoji.
Da
allora nacque una singolare relazione epistolare dell'augurio della
buonanotte.
Non del buongiorno, no no, solo della buonanotte. Quello che mi stupiva
di più
è che Katya non usava mai due volte la stessa immagine!
Doveva passare diverso
tempo al computer, che si era fatta installare in casa, per cercare
belle immagini,
poesie, foto da inviare a chi voleva lei. E all'inizio pensavo che
facesse tipo
un "inoltra" collettivo a tutta la rubrica, per poi scoprire che no,
il messaggio della buonanotte era solo per 4-5 persone in tutto.
Nessuno dei
miei parenti aveva mai fatto una cosa simile con me, nessuno si prende
così
tanta confidenza, sono comunque una donna abbastanza chiusa e
introversa. A
Katya intanto non fregava niente e mi mandava la buonanotte, un po'
come il
bombo, che non sa di non avere una forma aerodinamica, e quindi vola lo
stesso.
Qualche tempo dopo la rincontrai, Cesare si era
spento
e lei aveva deciso di trasferirsi, non ricordo bene dove ma credo in
uno dei
Paesi dell'Europa dell'Est vicino a sua sorella. Qui non aveva
più nulla per
cui restare.
Eppure per tre anni, ogni giorno dell'anno, dalle
22
alle 23:30 Katya mi ha mandato la buonanotte. Non sempre ho fatto in
tempo a
rispondere, non sempre me ne sono ricordata. Se erano periodi
stressanti non
rispondevo anche per giorni, ma presto o tardi trovavo un momento per
inviare
un messaggio di testo o una emoji. Non ho mai inviato a mia volta
immagini,
quello no, perché avrebbe significato doverle andare a
cercare, salvare,
inviare... no, troppo sbatti. Non sono stronza ma nemmeno
così samaritana, eccheccazzo.
Tutto ciò fino a settimana scorsa.
Non mi accorsi subito che non mi aveva scritto,
anche
perché non aveva un orario fisso, poteva benissimo essere
senza dati, occupata
o che fosse successo qualcosa che le avesse impedito di scrivere.
Il giorno dopo andai a lavoro, sbrigai come sempre
un
sacco di commissioni e non ci pensai, eppure la sera constatai che
ancora non
mi aveva scritto. Non era mai successo prima. Che si fosse stufata? Mi
andava
benissimo in caso, però non so... ho avuto una brutta
sensazione.
Non potevo guardare il suo ultimo accesso di
Whatsapp
perché il mio è nascosto per motivi di privacy e
non mi sentivo così paranoica
da voler vedere da quanto non si collegava una mia ex cliente anziana!
Ieri passavo a piedi di fronte alla sua vecchia
abitazione e lì vicino c'è anche il suo vecchio
bar-ristorante. Guardai dentro
ed entrai per bere qualcosa, lì girano sempre molte persone
che, avendo vissuto
nel suo stesso quartiere per cinque decadi, la conoscono bene e hanno
mantenuto
i contatti.
"Ciao Tizio, ciao Caio, tutto bene? L'altro
giorno pensavo... vi ricordate Katya? Sapete che fine ha fatto?"
E così scoprii da Tizio e Caio che Katya
ormai si è riunita
a suo marito e a Cesare.
Perché questa notizia mi ha turbata
tanto?
Abbiamo parlato poco, io e Katya, in questa vita.
Abbiamo vissuto un solo momento di intensità emotiva in
quattro anni. Non le ho
mai confidato niente di profondo e di lei, come persona, in fondo non
sapevo
tanto. Non ricordo quando è stata l'ultima volta in cui l'ho
vista e non sono
andata al suo funerale e non potrò mai portarle un fiore
sulla tomba.
Non ho pianto, perché per me non
è stata una figura di
riferimento, non abbiamo mai pranzato insieme né siamo
uscite come amiche o
confidenti.
Eppure chissà perché ogni
sera apro la chat di
Whatsapp Business, guardo la lista delle conversazioni e mi sento
triste a non
trovare il suo messaggio della buonanotte. Era diventata chiaramente
un'abitudine, direi che spesso è stata anche una rottura di
balle, eppure una
parte di me ne sente la mancanza.
Forse perché so che non
accadrà mai più e che la sera
di giovedì 29 giugno è stata l'ultima in cui ha
potuto cliccare invio e io ho
fatto in tempo a salutarla per l'ultima volta, con un semplice
"notte" e l'emoji di una stellina.
"Cos'è successo?" è il mio
compagno, che mi
si avvicina mentre sto fumando in balcone, ma qualcosa dalla mia
espressione
deve averlo incuriosito più del solito perché di
norma sta sempre zitto in
questi momenti.
"Ricordi la vecchietta che mi mandava la
buonanotte sul numero aziendale ogni sera?"
Annuisce.
"È morta, di cuore credo, qualcosa
così
istantaneo. È successo venerdì, credo. Me l'hanno
detto oggi."
"Ah..." china lo sguardo. Mi scrocca la
sigaretta (bastardo!) e poi restiamo semplicemente in silenzio, a
guardare il
cielo terso.
Katya, ti dedico queste pagine e qualche minuto di
silenzio, non ci conoscevamo veramente, eppure mancherai.
Buonanotte ⭐