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Autore: fiore di pesco    07/07/2023    2 recensioni
Vi propongo degli estratti dei miei pensieri più intimi, celata da un anonimato che dura da oltre un decennio.
Non è un testo delicato, non sono una persona eccessivamente sensibile e quindi potreste incappare in black humor, turpiloquio e considerazioni talvolta ciniche che potrebbero turbare i lettori più emotivi. Non voglio far finta che questo mi dolga, non sono mai stata ipocrita.
Potrete trovare capitoli composti da una vicenda che mi è successa di recente, altre molto lontane nel tempo, pensieri, aforismi, quello che mi va.
Alcune di queste riflessioni sono state scritte in bozze sul mio diario anni fa e non so perchè stasera abbia sentito l'esigenza di condividerle con qualcuno. Forse per strappare una risata o una imprecazione, ma sempre meglio della noia.
Questa "storia" è una raccolta disomogenea e non segue una trama, ogni capitolo è a sè e quindi non pubblicherò con scadenze, seguirà l'ispirazione.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era il 2020 quando conobbi Katya, una signora di circa 70 anni.

Aveva da poco perso il marito per cancro. Aveva lavorato duramente per tutta la vita e adesso che era finalmente in pensione e credeva che l’avrebbe passata col suo compagno, ecco sfumare tutti i suoi progetti di una vita.

Lui se n’era andato in maniera estremamente veloce, giusto qualche mese dalla scoperta della malattia alla sua dipartita, avvenuta tra l’altro durante la pandemia iniziale, in cui lei non aveva nemmeno potuto salutarlo a dovere.

Avevano gestito un’attività di ristorazione insieme per 45 anni e adesso che volevano ritirarsi, l’avevano messa in vendita. A causa della pandemia non sono riusciti a venderla al prezzo concordato e anzi, alla fine lei l’ha dovuta praticamente regalare pur di disfarsi delle spese dell’affitto del locale e delle tasse dato che non produceva più ma il contratto non si sarebbe potuto rescindere a meno che non trovasse un subentrante o aspettasse il 2025 per la scadenza.

Nell’arco di sei mesi era crollato tutto ciò che conosceva. In pensione da nemmeno un anno e tutto il suo mondo era andato a puttane.

Passò dal mio ufficio per una consulenza finanziaria e tra una cosa e l’altra si finisce sempre per fare due chiacchiere, anche perché dobbiamo creare un rapporto di fiducia col cliente dato che gli spulciamo il portafoglio. È il nostro lavoro, ma questa è la parte decisamente più antipatica per tutti.

Non mi piace fare i conti in tasca alla gente, non mi piace chiedergli quanto guadagnavano, cosa spendevano, per quale motivo conservano certi importi sui conti bancari eccetera, eppure è una cosa necessaria e quindi al fine di fare un bel lavoro, non tralascio quasi niente.

Katya era di origini russe, non ricordo precisamente il Paese di provenienza, ma non si sarebbe mai detto conoscendola di persona perché era estremamente fluente in diverse lingue, tra cui l’italiano, la lingua di suo marito. La conversazione col cliente spesso verte su hobby, vacanze e animali, quindi mi raccontò del suo gatto anziano, unica compagnia che le era rimasta dopo la fine di tutto.

Katya non piangeva mai, la sua espressione era sempre contrita, forse ultimo lascito delle sue origini culturalmente aspre, ma sapeva come esprimersi. Riuscivi a capire quanto valore avessero le cose che nominava anche senza che lei inondasse il dialogo di pathos. Il suo gatto Cesare doveva essere sicuramente molto importante, così come lo erano stati suo marito e la sua carriera. Come mia abitudine, per creare un rapporto di fiducia anche io racconto qualcosa di me, quindi le dissi che avevo gatti, cosa avevo studiato e alcune vicende simpatiche sui miei mici.

Per tutta la vita non aveva avuto mai bisogno di una figura professionale come la mia, ma adesso verteva in una condizione di confusione e stress abbastanza marcata, tutte le pratiche erano online e lei non aveva nemmeno un computer. Necessitava di qualcuno che le impedisse di prendere cantonate e che risolvesse il lavoro senza provocarle altri danni, perché non avrebbe potuto tollerare altre difficoltà.

Finito il lavoro e stabilito con lei il da farsi, la salutammo e se ne andò.

Nel 2020 dovetti necessariamente adattarmi anche io ai cambiamenti imposti dalla pandemia e per non perdere guadagni aprii anche una piattaforma online da cui era possibile servire i nostri clienti senza bisogno di farli venire in presenza. Non è utile per creare nuove relazioni d’affari, che devono essere sempre vidimate di persona per l’identificazione della controparte, ma a partire dal primo colloquio in ufficio era possibile gestire il cliente anche a distanza. Sul sito internet, nei contatti, abbiamo diversi metodi per comunicare con noi. Tra tutti, vi è anche la possibilità di contattarci via Whatsapp Business e io ho condiviso direttamente lì il mio numero “privato” perché da anni non facevo altro che utilizzarlo prevalentemente per lavoro e, dato che il mio lavoro mi piace, non ho mai considerato un problema eseguirlo anche fuori dagli orari d’ufficio. Se ho modo di rispondere subito, rispondo, altrimenti evito. È comunque raro che i clienti debbano aspettare più di due o tre ore, a meno che non mi scrivano di notte. In ogni caso non mi arrecano disturbo. Ho disattivato tutte le notifiche e le chiamate appositamente per evitare stress, cosicché ho accesso al mio Whatsapp solo se voglio io.

Per gli amici stretti, il mio compagno e la famiglia, ho fatto un nuovo numero con tutte le notifiche attivate, separando quindi i contatti di lavoro da quelli privati.

Immaginate la sorpresa quando una sera ricevo una chiamata (normale, non Whatsapp) sul numero aziendale proprio da Katya. Me ne accorsi solo perché avevo visto il telefono illuminarsi. Erano le dieci di sera, però consapevole della sua situazione e che fosse una persona estremamente concreta, ho fatto un’eccezione e le ho risposto. Piangeva: Cesare stava male, aveva bisogno di aiuto immediato e si ricordava che abitavo a meno di un chilometro da lei e che avevo competenze di primo soccorso. Ecco, questo non me lo sarei aspettata, ma che fai? Te ne sbatti il cazzo e lasci da sola lei che non ha figli, nipoti vicini e nemmeno un veicolo per portare il gatto dal veterinario? Disse di non avere nessun altro cui chiedere.

Andai da lei nonostante il mio precedente compagno continuasse a menarmela che era tardi, voleva dormire, ci dovevamo alzare presto l’indomani, stavamo guardando un film… ma non rompere i coglioni! Un giorno forse avrai bisogno di aiuto e troverai tutte le porte chiuse, e sapere che l’unica persona che ti ha risposto non vuole venire ad aiutarti perché sta finendo di guardare un film, consisterebbe nel perdere l’ultimo barlume di speranza che serbavi in questo mondo.

Così arrivai a casa sua e la trovai con il suo Cesare in braccio, stava avendo complicazioni renali, problema molto comune nei felini di una certa età e non riusciva a farlo stare meglio. In quelle situazioni non c’è tanto da fare, però aveva delle medicine d’emergenza che il veterinario le aveva dato proprio nel caso si fosse verificata questa circostanza.

Le chiesi se preferiva che portassimo il gatto al pronto soccorso veterinario per l’infusione di fisiologica che le aveva prescritto ma lei mi disse che no, non aveva potuto salutare suo marito per l’ultima volta, non avrebbe potuto sopportare che anche il suo gatto morisse lontano da lei. Questo discorso potrebbe sembrare egoistico ma vi assicuro che arrivati a certi livelli davvero l’unica cosa che potevano fare era forse l’iniezione letale e, soprattutto in periodo di pandemia, l’umanità del prossimo aveva lasciato molto a desiderare. Basti pensare che tutte le persone su cui poteva contare nei paraggi le avevano detto di no perché avevano sentito al telefono una voce nasale (dovuta al pianto) e non volevano recarsi a casa sua senza essere prima certi che avesse fatto il tampone e fosse negativa. Ma chi te lo fa un PCR d’urgenza alle 22 a domicilio?!

Io non ho mai temuto il Covid, (ricordo che non vivo e non lavoro in Italia, quindi non vi basate su ciò che è successo in Italia, perché non ho idea di come andassero le cose lì) non ho mai obbligato i dipendenti a vaccinarsi né ho richiesto tamponi per venire a lavoro: lavoravamo tutti separatamente, bastava stare ognuno isolato sulla propria postazione ed avere un attimo di buonsenso, cioè che qualora qualcuno non si fosse sentito bene, avrebbe preso da sé la responsabilità di tutelare il prossimo. Per mia fortuna tutti quanti presero la questione molto seriamente non incorremmo mai in un’infezione collettiva, non ci contaggiammo mai sul lavoro. Su questo ci sarebbe da fare tutto un discorso enorme a parte, ma non voglio entrare nell’argomento perché è davvero troppo pesante e ognuno ha un’opinione diversa. In breve, quando andai a casa sua, non mi interessava se fosse positiva o no. Lei aveva bisogno di aiuto e io potevo darglielo.

Era così agitata da non riuscire a dare un senso alle istruzioni lasciatele dal veterinario, quindi ci pensai io. Verificai immediatamente che il gatto era fortemente disidratato (basta prendere la collottola e alzarla di qualche centimetro e poi rilasciarla, il tempo che impiega a tornare normale indica il livello di idratazione a grandi linee), quindi tra le varie opzioni necessitava subito della fisiologica con il medicamento prescritto dal medico. Due grossi siringoni da iniettare sottocute. Quando si fa una fisiologica sottocutanea al gatto, gli si forma tipo un palloncino di acqua sul loco dell’iniezione e io l’avevo visto fare mille volte, quindi eseguii secondo istruzioni.

Nel giro di un’ora Cesare stava già meglio e il palloncino si era quasi subito riassorbito: doveva essere proprio concio. Le dissi che comunque il giorno dopo avrebbe dovuto portarlo a far vedere e che quella era stata solo una misura d’emergenza per fargli superare la notte. Mi ringraziò, mi diede della cioccolata perché aveva solo quella in casa e tornai a casa che era circa l’una di notte.

Il giorno dopo le scrissi su Whatsapp dal numero aziendale per sapere se Cesare stava meglio e disse che sì, era tornato un poco in carreggiata. Mi fece piacere e sperai che non accadesse più, perché comunque ero stanchissima e nel mio lavoro la concentrazione è molto importante, una privazione del sonno può rivelarsi un vero e proprio handicap.

Quella sera, al momento di andare a letto, controllai la chat Business come sempre e trovai un messaggio da parte sua. Era un’immagine con un testo della buonanotte. Mi lasciò abbastanza perplessa… è comunque un numero business, ma andava bene così. Ignorai il messaggio perché non volevo che rispondendole cominciasse una conversazione che a quell’ora non avrei di certo potuto sostenere.

 La sera dopo ricevetti un nuovo messaggio della buonanotte. E così la sera dopo e quella dopo ancora. Non sapevo come reagire. Cosa dovevo fare? Lei non scriveva nulla, ma ogni sera inviava una immagine con una dedica, oppure una poesia, le stelline, la luna, una candela e immancabile, la buonanotte. Non aggiungeva nient'altro e io non sapevo cosa rispondere.

Dopo una settimana capii che la situazione mi metteva un po' a disagio e andava in qualche modo fermata. Ma come? Presi in mano il telefono una sera durante il weekend, così avrei avuto modo di intrattenermi un po' più a lungo semmai avesse voluto rispondere. Fissai lo schermo dello smartphone per diversi minuti. Non riuscivo a trovare le parole per spiegarle che quello era il numero di una azienda e che non potevo ricevere ogni giorno messaggi che non fossero inerenti all'attività, inoltre le immagini mi si accumulavano sullo smartphone, occupandone la memoria. Per tacer del fatto che a me quel genere di immagini sul buongiornissimo-caffè e buonanotte-stellina mi stanno sul cazzo.

E nonostante tutto non riuscivo a scriverle niente. Ecco che sentii in testa la voce della mia coscienza, essenza della rottura di culo che parla quando non deve e la mena quando non serve. È una donna anziana, sola, vedova, triste, isolata e sta per perdere anche il suo gatto che per lei è tutto. "La ditta non può ricevere questi messaggi gne gne gne" ma se sei tu il capo, chi è che li vede? Ti dà fastidio il messaggino la sera? Ma smettila di fare la stronza!

Cazzo, aveva ragione. Porca vacca quanto odio quando ha ragione. Scollegai la memoria del telefono da whatsapp business per evitare il salvataggio delle immagini sul telefono, questione della memoria risolta. Non potevo dire che mi desse davvero fastidio, non sentivo nemmeno le notifiche e lei non scriveva mai durante il giorno, bensì solo negli orari serali in cui era attivo il silenzioso. Ero troppo smorfiosa per tollerare un "Buonanotte"?

Forse è questo che succede ad alcune persone che hanno un bel rapporto con i genitori di una certa età. Parlandone con la mia dipendente lei disse proprio questo "Sì, anche mia mamma mi manda sempre questi messaggi, però col buongiorno. Ignorali e basta, magari poi smette."

Ma Katya non era intenzionata a smettere e dopo qualche altro giorno davanti a quella chat, agii d'impulso e le risposi semplicemente "notte".

Lei visualizzò, ma non rispose. Il giorno dopo inviò di nuovo una delle sue immagini e io risposi di nuovo "buonanotte". Al terzo giorno lei inviò un'altra immagine e io risposi con una emoji.

Da allora nacque una singolare relazione epistolare dell'augurio della buonanotte. Non del buongiorno, no no, solo della buonanotte. Quello che mi stupiva di più è che Katya non usava mai due volte la stessa immagine! Doveva passare diverso tempo al computer, che si era fatta installare in casa, per cercare belle immagini, poesie, foto da inviare a chi voleva lei. E all'inizio pensavo che facesse tipo un "inoltra" collettivo a tutta la rubrica, per poi scoprire che no, il messaggio della buonanotte era solo per 4-5 persone in tutto. Nessuno dei miei parenti aveva mai fatto una cosa simile con me, nessuno si prende così tanta confidenza, sono comunque una donna abbastanza chiusa e introversa. A Katya intanto non fregava niente e mi mandava la buonanotte, un po' come il bombo, che non sa di non avere una forma aerodinamica, e quindi vola lo stesso.

Qualche tempo dopo la rincontrai, Cesare si era spento e lei aveva deciso di trasferirsi, non ricordo bene dove ma credo in uno dei Paesi dell'Europa dell'Est vicino a sua sorella. Qui non aveva più nulla per cui restare.

 

Eppure per tre anni, ogni giorno dell'anno, dalle 22 alle 23:30 Katya mi ha mandato la buonanotte. Non sempre ho fatto in tempo a rispondere, non sempre me ne sono ricordata. Se erano periodi stressanti non rispondevo anche per giorni, ma presto o tardi trovavo un momento per inviare un messaggio di testo o una emoji. Non ho mai inviato a mia volta immagini, quello no, perché avrebbe significato doverle andare a cercare, salvare, inviare... no, troppo sbatti. Non sono stronza ma nemmeno così samaritana, eccheccazzo.

 

Tutto ciò fino a settimana scorsa.

Non mi accorsi subito che non mi aveva scritto, anche perché non aveva un orario fisso, poteva benissimo essere senza dati, occupata o che fosse successo qualcosa che le avesse impedito di scrivere.

Il giorno dopo andai a lavoro, sbrigai come sempre un sacco di commissioni e non ci pensai, eppure la sera constatai che ancora non mi aveva scritto. Non era mai successo prima. Che si fosse stufata? Mi andava benissimo in caso, però non so... ho avuto una brutta sensazione.

Non potevo guardare il suo ultimo accesso di Whatsapp perché il mio è nascosto per motivi di privacy e non mi sentivo così paranoica da voler vedere da quanto non si collegava una mia ex cliente anziana!

Ieri passavo a piedi di fronte alla sua vecchia abitazione e lì vicino c'è anche il suo vecchio bar-ristorante. Guardai dentro ed entrai per bere qualcosa, lì girano sempre molte persone che, avendo vissuto nel suo stesso quartiere per cinque decadi, la conoscono bene e hanno mantenuto i contatti.

"Ciao Tizio, ciao Caio, tutto bene? L'altro giorno pensavo... vi ricordate Katya? Sapete che fine ha fatto?"

 

E così scoprii da Tizio e Caio che Katya ormai si è riunita a suo marito e a Cesare.

 

Perché questa notizia mi ha turbata tanto?

Abbiamo parlato poco, io e Katya, in questa vita. Abbiamo vissuto un solo momento di intensità emotiva in quattro anni. Non le ho mai confidato niente di profondo e di lei, come persona, in fondo non sapevo tanto. Non ricordo quando è stata l'ultima volta in cui l'ho vista e non sono andata al suo funerale e non potrò mai portarle un fiore sulla tomba.

Non ho pianto, perché per me non è stata una figura di riferimento, non abbiamo mai pranzato insieme né siamo uscite come amiche o confidenti.

Eppure chissà perché ogni sera apro la chat di Whatsapp Business, guardo la lista delle conversazioni e mi sento triste a non trovare il suo messaggio della buonanotte. Era diventata chiaramente un'abitudine, direi che spesso è stata anche una rottura di balle, eppure una parte di me ne sente la mancanza.

Forse perché so che non accadrà mai più e che la sera di giovedì 29 giugno è stata l'ultima in cui ha potuto cliccare invio e io ho fatto in tempo a salutarla per l'ultima volta, con un semplice "notte" e l'emoji di una stellina.

 

"Cos'è successo?" è il mio compagno, che mi si avvicina mentre sto fumando in balcone, ma qualcosa dalla mia espressione deve averlo incuriosito più del solito perché di norma sta sempre zitto in questi momenti.

"Ricordi la vecchietta che mi mandava la buonanotte sul numero aziendale ogni sera?"

Annuisce.

"È morta, di cuore credo, qualcosa così istantaneo. È successo venerdì, credo. Me l'hanno detto oggi."

"Ah..." china lo sguardo. Mi scrocca la sigaretta (bastardo!) e poi restiamo semplicemente in silenzio, a guardare il cielo terso.

 

Katya, ti dedico queste pagine e qualche minuto di silenzio, non ci conoscevamo veramente, eppure mancherai.

Buonanotte ⭐

  
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