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Autore: rosy03    13/07/2023    3 recensioni
• || Storia Interattiva || Iscrizioni Chiuse || •
Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.
È questo il destino? Come vostro Umile Narratore non posso rispondere a una tale domanda.
Finora non ho mai visto nessuno abbandonare la pista, non ho mai incontrato qualcuno che fosse stato in grado di cambiare disco. Il destino è davvero già scritto?
Se sapeste la verità, penso proprio che mi odiereste.
Ma nonostante questo sono qui: a raccontarvi di questa mitica impresa. Sono qui a parlarvi di come la Bestia dagli Occhi di Luna ululerà, di come questo porterà il caos nel continente di Ishgar, di come seguirà un’infinita notte, di come le stelle smetteranno di brillare, di come la luna scurirà il suo colore... e magari anche di come sorgerà una nuova aurora. Chissà.
Il vostro Umile Narratore.
J.C.
|| • «Ho perso tutto. Ho perso la mia umanità, il mio tempo, la mia famiglia. Lei è l'unica cosa buona che mi sia rimasta...»
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Aurora'
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CAPITOLO 12. Incontro (in)desiderato

 
 
 
Il viaggio proseguì senza intoppi per un’altra giornata.
Naevin aveva ritenuto opportuno rimanere lontani dalla via principale e anche se così facendo avrebbero perso un po’ di tempo, almeno ne avrebbero guadagnato in altro modo: evitando scocciature. Al di fuori della città portuale, gemma brillante in mezzo al deserto, e alla biblioteca, il regno di Damocles sembrava avvolto nella miseria. I pochi villaggi incrociati erano stati abbandonati, non v’era traccia di alcun segno di vita.
Nonostante ciò, il gruppo non si perse d’animo.
Certo, Hydra aveva cominciato a soffrire la mancanza della costa e Killian aveva dovuto il serio timore che potesse abbandonarli lì e tornare alla sua nave. «Non mi piace essere troppo lontano dal mare» aveva detto con voce grave.
Invece, Eve era tornata di buon umore – più che altro si era ripromessa di sfruttare ogni piccola occasione per rifilare occhiatine maliziose alla cacciatrice di taglie tutte le volte che questa arrossiva a causa del marinaio. Una volta era perché le aveva abbassato l’orlo della maglietta, alzatasi per via di un rametto rimasto impigliato; un’altra volta era per via del suo occhio color dell’oceano puntato su di lei – e la mente di Nypha aveva cominciato a viaggiare un po’ troppo con la fantasia, a un certo punto.
Intanto, Lily snocciolava domande al capotribù Lakad, malamente seduta alle sue spalle. «Sei mai stato a Xeres?»
Naevin scosse prontamente la testa. «Preferisco non avventurarmi in zone fredde e con un clima perennemente invernale. Sulle montagne di Xeres si gela, moriremmo tutti di freddo con solo le nostre tende.»
«Vero. È un bel posto, però. Ci sono stata un paio di volte.»
Killian, che ascoltava di nascosto la loro conversazione da dentro il carro mentre fingeva di leggere il suo romanzo giallo, sorrise. Era contento del fatto che la sua sorellina sembrava intenzionata a fare amicizia.
Stava già costruendo un bel rapporto con Eve e Nypha – non che fosse complicato, perché entrambe avevano saputo mostrare grande empatia nei suoi confronti – e sembrava intendersela anche con Niv.
«Ci sei andata per conto della tua gilda?»
«Sì. Era stata ritrovata un’antica stele di pietra con incisi alcuni caratteri ed essendo un’ottima linguista, Royal ha mandato me.»
A intervenire nella conversazione fu lo scienziato: «Fammi capire, saresti un’esperta?» Al cenno di assenso della corvina, Reha sorrise, rivolgendosi poi alla maga di Bosco: «E tu ti occupi di rune?»
«Non sono la stessa cosa?» domandò Naevin, confuso.
«Assolutamente no» ribatté Lily, serissima. «Studiare le rune non è da tutti. In pochi riescono davvero a leggerlo e a comprenderlo senza il bisogno del dizionario! A trovarlo, poi, un dizionario decente!»
«È stata Kyla a insegnarmi l’alfabeto runico e tutte le sue particolarità. È difficile, vero, ma non impossibile.»
A quel punto la corvina alzò le spalle e incrociò le braccia al petto. «Comunque, è vero che sono una linguista e anche se non conosco le rune, sono soddisfatta del mio percorso di studi!»
Nimue intervenne subito dopo aver sgranocchiato delle arachidi che aveva in borsa. «È fissata.» Dopodiché, ignorò volontariamente il ringhio sommesso della più giovane per rivolgersi a suo fratello: «A te? Come vanno le ferite?»
«Mi fanno ancora un po’ male ma è sopportabile.»
Diana roteò gli occhi al cielo e, su questo, persino Lily si ritrovò d’accordo. «Sei il solito esagerato. Ti lamenteresti anche di una puntina da disegno.»
«Sorellina, pensa agli affari tuoi.»
E in maniera molto, molto matura, la corvina lo scimmiottò.
Rehagan scoppiò a ridere, seguito a ruota da Eve e da Nypha che tentò inutilmente di nascondere elegantemente il riso dietro il dorso della mano.
Ma bastò un’affermazione del Lakad a cambiare completamente l’atmosfera rilassata che si era creata. «C’è qualcuno davanti a noi.» Infatti, tra la coltre di alberi che si innalzavano verso il cielo terso, v’era una figura leggermente piegata in avanti, come a volersi regge sulle proprie ginocchia.
Diana assottigliò lo sguardo e aprì la bocca per dire qualcosa ma fu Nimue a parlare al posto suo. «Accostiamoci. Sembra che non si senta bene.»
Naevin lo fece e quando vide bene la donna – che a stento riusciva a stare in piedi – abbandonò tutto e si catapultò a terra. Aiutò la sconosciuta a raddrizzarsi e lei, colta alla sprovvista, sussultò di brutto rischiando di inciampare in una radice sporgente.
«Va tutto bene, non voglio farti del male.» Disse, sorridendo.
Nimue fu la prossima a scendere dal carro e si avvicinò mesta alla donna. «Nelle sue condizioni non dovrebbe fare sforzi, signora. La accompagniamo a casa, ci indichi la strada.»
E infatti, tutti i presenti non poterono non notare la situazione: la pronunciata rotondità che le allargava le vesti, la fronte imperlata di sudore, i capelli biondo cenere che erano attaccati alla pelle. La donna, spaventata e a tratti disperata, scosse la testa. «Non posso... mio marito... devo andare da lui...»
Gli occhi le si riempirono di lacrime e non riuscì più a proseguire. Singhiozzò e allora le ginocchia cedettero e Naevin fu costretto a riacchiapparla per evitare che rovinasse a terra come un sacco di patate.
Allibito, guardò la dottoressa che annuì. «Dobbiamo riportarla a casa.»
«Nel giro di un chilometro non c’è nessuno.» Affermò Diana. «Suo marito non è nelle vicinanze e non sappiamo come-»
«Ci penso io.» Lily attese che il Lakad posasse il corpo spossato della donna sul carro e poi tirò sul col naso. Ne inspirò forte il profumo; poi, annusò l’aria. «Di qua.»
Eve ridacchiò. «L’avevo detto io, un cane da tartufo.» Al che, la corvine le rifilò un’occhiataccia.
Ma grazie alle sue indicazioni – e al suo naso – riuscirono a raggiungere quella che sembrava una casetta in pietra e mattoni dall’aria semplice ma confortevole. Non si fecero scrupoli a entrare per poter sistemare la donna incinta sul divano – in questo modo poterono appurare che si trattasse davvero di casa sua, grazie a una foto appesa al muro che ritraeva lei e un uomo prestante con tanto di barba e capello bruno.
«Si è affaticata. Sembra mancare poco al parto.» Spiegò Nimue, intenta a controllarle il battito.
«Perché diavolo se ne va in giro, allora?» Fece Lily. «Non dovrebbe rimanere a riposo e cose simili?»
Nypha si guardò attorno. La casa era stata concepita per almeno due persone, eppure dalle stoviglie lasciate nel lavandino e dai vestiti appesi era chiaro che la donna vivesse da sola da tempo, ormai. «Forse suo marito l’ha lasciata.»
«Non penso.» Asserì Killian, sbucando in soggiorno all’improvviso facendola sobbalzare. Da dove spunta? «Ho fatto il giro della casa e una donna sola non lascerebbe mai la foto del matrimonio sul comodino accanto al letto se fosse stata abbandonata.»
«L’hai dedotto solo da questo?» Naevin era scioccato.
Killian ridacchiò. «No. Anche da questo.» E mostrò loro un libricino. E alla domanda del Lakad, il mago dell’Aurora disse che si trattava di un diario di sfogo. «Suo marito è stato rapito dagli scagnozzi di Kiel, il Master di Goblin Thief
 

 
§

 
 
Aspettarono pazientemente che la donna si riprendesse. Fuori dall’abitazione, Diana si era dedicata all’accensione di un piccolo falò cosicché potessero scaldarsi e cucinare qualcosa, mentre Hydra aveva abbeverato i cavalli.
Naevin si era munito di frecce ed era tornato con due fagiani e un bel po’ di frutta tipica dei boschi del luogo, seguito da una Lily che per la prima volta aveva potuto assistere a una vera battuta di caccia. Intanto, la donna si era svegliata e se prima aveva avuto timore di fronte a così tante facce sconosciute, bastò la voce calma della giovane dottoressa e il sorriso incoraggiante di Rehagan perché non avesse più dubbi.
Raccontò ai due cos’era successo giusto un mese prima e mentre Nimue si assicurava che stesse totalmente bene, lo scienziato uscì di casa per spiegarlo anche agli altri.
«Kiel Reidar sta davvero esagerando.» Grugnì Naevin, spezzando un ramoscello tra le mani. «Perché diavolo ha bisogno di uomini? Non ha già una gilda intera che esegue i suoi ordini?»
«A quanto ci ha raccontato Ysami, sta cercando qualcosa nelle miniere e ha bisogno di persone che lavorino al posto dei suoi.»
Si era fatta sera e i maghi si era radunati attorno al fuoco scoppiettante, a eccezione della dottoressa dell’Aurora. «C’è la possibilità che... che muoiano?» Domandò Eve.
Non avrebbe voluto risponderle, Rehagan, ma si vide costretto ad ammettere la realtà dei fatti. «Sì.»
«A quanto ne so c’è una specie molto pericolosa che vive lì dentro.» Continuò Naevin. Quell’assurda situazione era riuscita a togliergli persino l’appetito.
«Le falene vampiro.» Rehagan non perse tempo a illustrare tutte le sue particolarità, come solo un tuttologo come lui poteva fare. «Sono grandi quanto una comune falena e di conseguenza il sangue che possono ingerire è di piccole quantità, ma basta una loro puntura per andare all’altro mondo.»
Seguì il silenzio, rotto soltanto dal crepitio delle fiamme. Diana aveva preso in mano un pezzo di legno e aveva cominciato a scolpire, ignorando i pensieri dei presenti – tutte parole d’odio nei confronti di Kiel Reidar o d’apprensione per quella povera donna costretta a vivere da sola in un momento tanto cruciale.
Hydra aveva smesso di mangiare e si era appoggiato con la schiena alla ruota del carro, poco più distante dal fuoco rispetto agli altri. Aveva incrociato le braccia al petto e fissava i suoi compagni di viaggio aspettandosi di lì a poco una parola da parte del loro leader.
Non dovette aspettare poi molto, perché Killian tirò fuori la sua idea in un sospiro. «Andiamo a Gramr.»
A quel punto, successero parecchie cose. Naevin gli lanciò un’occhiata riconoscente, al che il mago dell’Aurora rise. «Riportiamo a Ysami suo marito e, intanto, liberiamoci di Kiel una volta per tutte. È uno stronzo!»
Nypha non riuscì a non sorridere. «Ok, ci sto.»
In quel momento, si udì l’uscio aprirsi e i maghi spostarono la loro attenzione su Ysami, ferma allo stipite della porta. Ora sembrava avere un aspetto migliore rispetto a quel pomeriggio – si sentiva fresca a riposata, seppur appesantita dalla pancia.
I capelli biondo cenere sfioravano le spalle e gli occhi chiari erano colmi di riconoscenza.
Li raggiunse con passo fermo e accompagnata da Nimue che, finalmente, poteva mettere qualcosa sotto i denti dopo aver trascorso le ultime ore di luce a prendersi cura di lei. «Vi ringrazio per avermi aiutata. Se non fosse stato per voi...»
«È presto per ringraziarci, Ysami.» Esclamò Killian, su di giri. «A dire il vero, non ce n’è neanche bisogno.»
Avrebbero voluto dirle del piano ma a tutti loro era sembrato troppo crudele illuderla. Prima dovevano essere sicuri che Abel fosse ancora vivo e che stesse bene prima di accennarle una cosa del genere – il dolore sarebbe stato doppiamente più forte.
Ragion per cui, di tacito accordo decisero di non dire nulla.
Se la loro “missione” fosse finita bene, per Ysami sarebbe stato il giorno più felice della sua vita. O quasi. Insomma, il più felice dopo la nascita del suo bambino o della sua bambina.
Dopo cena, la donna tornò in casa e si vide costretta ad accettare di lasciare fuori i suoi salvatori su loro esplicita richiesta. Gli unici ad accettare un posto più comodo furono Nimue – per ovvie ragioni mediche – e Rehagan, che dopotutto aveva alcune cose da fare, studi da completare.
Lily andò a rannicchiarsi nel carretto e accanto a lei, Eve sembrava intenzionata a prendersi tutto lo spazio a sua disposizione, spingendo Nypha contro i sedili. Alla fine, la cacciatrice di taglie si vide costretta a uscire e a sperare di trovare un angolo dove poter appisolarsi in santa pace. Una volta fuori, trovò Naevin spaparanzato a terra, incurante di tutto.
Come si vede che è abituato a dormire all’aperto... lo fa con una serenità invidiabile.
Poco distante, c’era Diana. Dormiva anche lei con il braccio a farle da cuscino. Era tutta rannicchiata su se stessa e in un primo momento Nypha pensò che avesse freddo, ma poi la vide scuotere leggermente la testa.
Sembrava stesse avendo un incubo ma non osò svegliarla. L’ultima volta che ci aveva provato, lei per poco non le rompeva il polso in una stretta mortale!
Dovrebbe rilassarsi un po’ di più, è sempre sul chi va là, si ritrovò a pensare.
Killian non c’era, forse era entrato in casa. E poi vide Hydra.
Era esattamente lì dove l’aveva lasciato prima di andare a coricarsi nel carro. Era seduto contro il tronco di un albero, un po’ più distante rispetto agli altri e rispetto al piccolo fuoco che andava via via spegnendosi.
Prese una coperta e lo raggiunse.
Si inginocchiò accanto a lui e gli tolse il cappello a tre punte che era sul punto di cadere. Glielo appoggiò di fianco alle gambe e fece per coprirlo con la trapunta leggera ma quando i suoi occhi tornarono sul suo viso si accorse che la stava guardando.
Ah... quindi non stava dormento, appurò.
«Scusa, ti ho svegliato?»
Hydra scosse la testa e stiracchiò la schiena prima di abbandonarsi di nuovo contro l’albero. «Non riesci a dormire?»
«Con Eve che scalcia e Lily che parla nel sonno... non proprio.» Confessò divertita. L’espressione del marinaio si fece scura ma al tempo stesso esasperata, al che lei scoppiò a ridere – ma cercò comunque di farlo a bassa voce per non svegliare gli altri. «E tu come mai ti sei messo qui? Non hai freddo?»
«Tanto a breve si spegnerà.» Disse, accennando al fuoco.
Nypha annuì, come a non volergli dare tutti i torti, e senza aggiungere nient’altro si andò a sedere accanto a lui. Neanche il tempo di un sospiro che già rabbrividì.
Ma ciò che la lasciò basita fu l’invito di Hydra ad alzarsi un attimo. Fece come richiesto e lo vide scostarsi di dosso la coperta, poi la prese per il polso e la tirò verso di sé, costringendola a sedersi in mezzo alle sue gambe. «Avresti dovuto prendere una coperta più grande.» Si azzardò a dire, trattenendo una flebile risatina.
Infine, il marinaio stese nuovamente la trapunta ma questa volta coprendo entrambi.
Nypha arrossì di botto e in un primo momento non riuscì a non pensare che, abbandonandosi completamente, avrebbe aderito la schiena contro il petto massiccio del ragazzo – per questo restò rigida e dritta come fosse una sedia. Poi, però, considerò che la cosa non le sarebbe affatto dispiaciuta.
Ma non fece in tempo a seguire il suo istinto che Hydra se la strinse addosso, piccato. «Ogni volta ti comporti sempre come fosse la prima.» Asserì, mettendosi più comodo contro il tronco. «Non pensarci e dormi.»
E Nypha, semplicemente, si accoccolò.
 

 
§

 
 
All’alba, Lily fu svegliata da degli scossoni. E la voce assonnata e infastidita di Orias non fu affatto d’aiuto. «Ti prego, uccidila
Aprì gli occhi di scatto e inveì contro la maga di Bosco che aveva deciso di svegliarla in un modo assai poco convenzionale: scuotendola così tanto da rischiare di staccarle la testa dal collo a causa del colpo di frusta.
«Che cazzo vuoi di prima mattina?!» Sbraitò in collera ma Eve le tappò la bocca intimandole di non fare casino. Aveva gli occhi sgranati – occhi che avevano visto cose assurde e compromettenti – e un sorriso che andava da un orecchio all’altro che Lily giudicò inquietante. Lily. Quella che, quando accennava un sorriso, metteva in bella mostra le sue adorabili zanne.
Quando Eve le liberò la bocca, solo allora riuscì a formulare una frase di senso compiuto e che non contenesse almeno venti parolacce. «Devi vedere una cosa ora
E uscì, lasciandola ancora intontita e mezza addormentata.
Alla fine, sebbene non avesse alcuna voglia di dare corda a una che l’aveva tolta dal mondo dei sogni in quel modo, decise di seguirla. Una volta giù dal carretto, Eve la prese per le spalle e la fece camminare fino a un punto preciso, sussurrandole all’orecchio di non parlare altrimenti li avrebbe svegliati.
Svegliati chi? E poi... eccoli.
«Santa... Madre... di Dio...» Ora capiva tutto. Ora capiva la fretta che aveva Eve di mostrarle il delizioso quadretto.
E la rossa era ancora su di giri, tanto che cominciò a saltellare sul posto. «Chi ha una macchinetta fotografica?»
Lily rispose senza pensarci due volte. «Nimue.»
«Corro a prenderla!»
Giusto in quel momento, si trovò a passare Rehagan, con un bel paio di borse sotto agli occhi a causa della nottata passata in bianco a leggere e fare esperimenti. «Che succede?»
La corvina gli fece segno di tacere e con la stessa mano gli indicò il fatto incriminato. Anche lo scienziato rimase di stucco, dopodiché si tappò la bocca per evitare di ridere.
«Ecco la macchinetta!» Sussurrò Eve, di ritorno. E scattò almeno una decina di foto dalle più disparate direzione perché – a suo dire – il momento doveva essere immortalato nella sua interezza. «L’ultima me la tengo come ricordo di questo meraviglioso viaggio.»
«È strano che non si siano ancora svegliati.» Rehagan s’inginocchiò e sventolò la mano davanti alla loro faccia. Niente.
Al che Eve mise da parte la macchina fotografia per sollevare il mento, fiera della sua deduzione. «Chissà cos’avranno combinato stanotte invece di dormire...»
Lily finse un conato di vomito. «Ti prego. No
«Perché?»
«Avrebbero potuto invitarmi, comunqueSta’ zitto.
Poi, finalmente, si udì uno sbadiglio. Nypha si stava svegliando e, intanto, si stiracchiò verso l’alto, lasciando altresì scricchiolare le ossa di collo e spalle. Si accorse dei tre spettatori solo dopo essersi strofinata gli occhi. «Ma che paura! Che state facendo?»
Eve sollevò le spalle. «Niente di che. Assistiamo soltanto al risveglio dei due piccioncini.»
In un primo momento, non sembrò capire. Poi capì. E le guance s’imporporarono d’imbarazzo. Scostò la coperta in fretta e furia e tentò di alzarsi ma non tenne conto di una cosa.
Nel corso della notte, Hydra aveva fatto scivolare il braccio attorno alla sua vita. Era stata arpionata e nel ricadere all’indietro, gli finì letteralmente addosso. Gridarono entrambi: lei di sorpresa, lui di dolore perché non si aspettava di ricevere un colpo all’inguine di prima mattina.
Poi anche lui si accorse del trio guardone. E venne accecato da un flash.
Lily scoppiò a ridere, seguita a ruota dallo scienziato che finalmente poté dar libero sfogo alla sua voce, non dovendo più temere di poterli svegliare.
«Queste foto varranno un capitale.» Asserì Eve, orgogliosa dell’ottimo lavoro svolto.
«Non è come-» Cercò di dire Nypha ma vide apparire Nimue alle spalle della rossa con la sua solita espressione.
La dottoressa riprese possesso della propria macchinetta e ordinò che non venisse distrutta – il suo sguardo indugiò sul marinaio, come a volerlo mettere in guardia.
Lily si limitò a un’alzatina di spalle. «Ha la passione per la fotografia.» Detto ciò, si dileguò, seguita a ruota da Eve e da Rehagan – nessuno dei tre voleva davvero incappare per sbaglio nelle mani di Hydra e fare una brutta fine.
Intanto, Nypha era riuscita a rimettersi in piedi e a causa dell’imbarazzo era riuscita appena a dargli il buongiorno che l’attimo dopo era sparita in casa. Una volta dentro, trovò giustappunto Eve che aveva deciso di preparare una colazione abbondante con ciò che il Lakad aveva raccolto nel bosco e con alcune cose offerte da Ysami.
Quando vide l’argentea entrare non si lasciò sfuggire l’occasione per continuare a prenderla un po’ in giro. Nypha, di tutta risposta, si morse le guance per l’imbarazzo. «Ti giuro che non abbiamo fatto niente!» Esclamò.
Ma la rossa continuò. Era chiaro che non avessero fatto niente, ma era così divertente vederla trasformarsi in un pomodoro! «Sì, ceeeerto. Come no.»
«Te lo giuro!»
«Cosa giuri?» Domandò Killian, entrando in casa.
A quel punto, Eve rispose al posto suo. «Sta giurando che lei e Hydra non hanno fatto sesso selvaggio in mezzo al fogliame.»
«Ma non è vero!»
«Oh, però. Io non lo farei mai in un bosco. Troppi insetti.»
Nypha gonfiò le guance e, incapace di dire altro – complice anche l’atteggiamento ilare della coppia di stronzi –, decise di andare a salutare la padrona di casa. Tutto pur di non starli a sentire.
Subito dopo, i due scoppiarono a ridere.
Killian riuscì a stento a tirare fuori dalla credenza la confettura di albicocche tant’era preso dal momento. «Tu hai una pessima influenza su di me. Prima non ero così.»
«A me risulta che ti sia sempre divertito a prendere in giro le persone, capo
Lui prese un respiro profondo, riprendendo fiato. «Non così apertamente come fai tu.»
Eve sogghignò e tornò a cucinare, lasciando in sospeso la questione. La colazione che ne uscì fuori era da veri re – roba che Ysami per poco non scoppiò a piangere davanti a tutto quel ben di Dio. Mangiarono a sazietà e in prossimità del carro, così da far trascorrere alla donna qualche momento all’aria aperta.
Aspettarono che Ysami rientrasse a prendere una cosa, dopodiché analizzarono a dovere la situazione.
«Ok. Chi va?» Domandò Rehagan, senza esitazione.
Fu la rossa a fare una proposta. «Ci affidiamo alla sorte?»
In breve tempo Naevin recuperò otto bastoncini di legno, cinque dei quali più corti di altri. Quando fu sicuro di averli perfettamente stretti nel suo pugno, annuì e gli altri poterono prenderne uno a testa.
«Bene.» Asserì Killian. «Le squadre sono decise! Lily, Naevin, Hydra, Nypha e Diana andranno a dare una bella lezione a Kiel. Noi, invece, resteremo qui con Nimue e Ysami.»
La cacciatrice di taglie sollevò una mano, segno che aveva qualcosa da dire. «Se posso... vorrei poter cercare un luogo dove poter sparare in tranquillità. Sono solita combattere sulla lunga distanza e in mezzo al caos non potrei mai riuscire a prendere bene la mira.»
Il mago dell’Aurora annuì, compiaciuto. «Sì, certo. Diana ti coprirà.»
Al che la più giovane corrucciò la fronte. «Perché io?»
«Perché chiunque possa anche solo pensare di colpire il nostro cecchino alle spalle, tu sei più che sufficiente per abbatterlo. Contiamo su di te!»
E alla fine, così fu deciso. Per l’occasione, Nypha indossò la sua “divisa”: una tuta in spandex nera molto – tanto – aderente e scarpe dello stesso colore adatte a qualsiasi tipo di terreno. Una volta finito di cambiarsi nel bagno di Ysami, fece per uscire ma qualcun altro spalancò la porta per lei.
Hydra era lì con un cipiglio quasi adorabile. «Lo sapevo.»
«Che cosa?» Fu allora che notò che il moro avesse entrambe le mani impegnate da... stracci? No, erano una giacca a maniche corte e una... sciarpa, forse. Entrambe nere.
Non fece nemmeno in tempo a chiedere spiegazioni che Hydra le intimò di indossare il primo indumento mentre lui stesso si apprestava ad annodarle il pezzo di stoffa in vita.
Poi, non ancora soddisfatto del risultato, tolse la sciarpa e, anzi, alla allacciò i bottoni della giacca.
«Perché mi hai dato questa?» Domandò, indicando l’indumento che aveva indosso.
Allora, Hydra le rivolse un’occhiata scocciata. «Quella dannata tuta che ti ostini a mettere per il lavoro lascia ben poco all’immaginazione. Così va meglio.» E tornò dagli altri con l’animo più leggero.
Nypha abbassò lo sguardo e, in effetti, con quella giacca a doppio petto, le curve del suo corpo erano state nascoste; sedere compreso. Seppur un po’ emozionata per questa cosa, la cacciatrice di taglie era pronta.
Partirono immediatamente – non prima di aver ricevuto da Rehagan un antidoto contro le punture delle falene vampiro da somministrare rigorosamente a meno di cinque minuti da un’eventuale puntura.
 

 
§
 

 
Avevano lasciato Nypha e Diana in un punto strategico, dopodiché si erano incamminati. Da lontano, sembrava che la cava fosse ben sguarnita – in parole povere, farsi largo con la forza non sarebbe stato un problema.
Nascosti dietro la prima fila di alberi, Lily, Naevin e Hydra diedero un’occhiata veloce. Il loro piano era assai semplice, in realtà. Andare dritti e annientare chiunque li ostacolasse.
Da un lato dell’ingresso alla miniera, c’era una costruzione precaria, una specie di tettoia dove circa dieci uomini erano stati ammanettati al palo centrale: tutti uomini grossi e muscolosi, ma con in viso un’espressione ingrigita e per nulla serena.
Dall’altro lato c’era una tenda scolorita. «Qualcuno sarà stato punto e portato lì dentro.» Suggerì, inviperita. «E comunque non sembrano esserci maghi.»
Il marinaio annuì, d’accordo con la sua ipotesi.
Fosse stato per me l’avrei lasciata a suo fratello ma lui ha tanto insistito...
E, in effetti, Killian l’aveva pregato di far squadra con lei in quanto – parole sue – sarebbe stata un’ottima occasione per imparare a collaborare. Che Lily fosse restia a stargli accanto era palese. Lui, semplicemente, avrebbe preferito vedersela da solo.
«Sono degli incompetenti.» Alitò, critico. Gli uomini di Kiel erano sparsi un po’ ovunque, a caso, nello spiazzale.
La corvina annuì. «Almeno siamo d’accordo su qualcosa.»
«Ho un brutto presentimento.» E non servì dirsi d’accordo con il Lakad, perché dalle loro espressioni, anche gli alti due avevano avvertito qualcosa di strano. Ma non avevano tempo per pensare: dovevano salvare Abel e tutti gli altri prigionieri.
Lily uscì fuori dal bosco per prima e si lanciò alle spalle di un tizio, atterrandolo e bloccandolo a terra con i suoi artigli. Immediatamente, fu dato l’allarme.
Naevin approfittò della lontananza per scoccare una freccia al tipo accanto alla tenda e subito dopo evocò la frusta di spine che arrotolò attorno alla testa del bo.
La sua tecnica col bastone era impressionante e in pochi secondi riuscì a mettere fuori gioco quattro uomini che avevano pensato di circondarlo e sfruttare la superiorità numerica. Intanto, quelli che avevano preso “di mira” Hydra non sembra stessero avendo un finale diverso – per quanto assai più cruento.
Lily si diresse verso la tenda e mollò un calcio in mezzo alle gambe di un energumeno grande il doppio di lei. Lo guardò stramazzare al suolo, schifata. «Mai viste delle schiappe simili.»
Il colpo di un proiettile magico che s’infrangeva contro un corpo la fece voltare. Un altro tizio cadde rovinosamente, sollevando un polverone. Nypha aveva cominciato a sparare e così Lily poté entrare nella tenda e assicurarsi che Abel non fosse tra i malati.
Una volta dentro, però, dovette trattenere un conato di vomito.
Ammassati in un angolo c’erano corpi in decomposizione e la puzza atroce che emanavano non le permetteva nemmeno di ragionare. Tanto che non si accorse in tempo di un uomo nascosto dietro di lei che la colpì in testa e la spinse a terra. Lily si voltò appena per poi essere pugnalata alla spalla.
«Ohi, ohi! Non t’azzardare a morire per mano di un pezzo di sterco simile, eh!»
L’uomo estrasse l’arma e fece per continuare l’operato, ma lei gli rifilò una ginocchiata allo stomaco e con una manata se lo tolse di dosso. Affannata perché si ostinava a fare piccoli respiri per non sentire quell’odore immondo, Lily si rialzò e gli diede un calcio in testa. «No che non muoio per così poco, stronzo!» Esclamò, rivolgendosi però a Orias.
Il “pezzo di sterco” svenne e così la corvina poté ispezionare la tenda. C’erano tre cadaveri ma a parte quelli non c’era nient’altro – fortunatamente, nessuno di loro assomigliava nemmeno per sbaglio ad Abel.
Lily scappò fuori dalla tenda appena in tempo per vedere un altro idiota cadere sotto i fendenti di Hydra e così la situazione si calmò.
«Fatto?» Domandò, sperando in una risposta affermativa che, sfortunatamente, tardò ad arrivare. «Che ti prende?»
Lui sbuffò. «Non è possibile che sia tutto qui.»
Entrambi si guardarono attorno e attesero in silenzio. Nulla di sospetto.
«Liberiamo loro e andiamocene.» Sentenziò il Lakad, impaziente di levare le tende.
Fu Lily a spezzare le manette – a mani nude – mentre Hydra restava in allerta accanto all’ingresso delle miniere. Una volta che tutti furono liberati, non persero tempo a ringraziarli. Tutti tranne Abel, che non c’era. «Sono entrati?! Quando?!»
Uno degli uomini – quello con i capelli scuri e un paio d’orecchini di metallo, vestito con una semplice canotta bianca e pantaloni cargo con almeno tre tasche per gamba – annuì. «Sì, erano almeno in due. Sono entrati più di mezz’ora fa e non sono ancora tornati.»
Lily imprecò e roteò gli occhi al cielo. Dopodiché si rivolse al marinaio: «Ci tocca entrare.»
«Già, lo penso anch’io.» Se fosse stato Hydra a pronunciare quelle parole non sarebbe stato meno strano. L’uomo con gli orecchini ghignò alle loro spalle e con un rapido movimento delle braccia fece schioccare tra loro i palmi delle mani, attivando il suo incantesimo.
Di colpo, la terra cominciò a ondeggiare sotto i loro piedi e il marinaio fece appena in tempo a mettere le mani sull’elsa delle sue sciabole che perse l’equilibrio e ruzzolò all’indietro, lasciandosi scappare un gemito di dolore quando qualcosa di duro lo colpì in testa. Aprì un occhio e in un breve, brevissimo istante, vide la luce del sole sparire di colpo e si ritrovò immerso nel buio.
Capendo l’antifona, scoprì l’occhio sinistro e spostò la benda su quello destro. Era dentro la cava. E dall’altra parte della roccia c’era i Lakad: «State bene?!»
Perché diavolo sta parlando al plurale?
«Porca miseria... ma che cazzo...?!» Esclamò l’ultima voce che avrebbe voluto sentire.
Nonostante la mancanza di luce, il suo occhio sinistro era abituato al buio; ragion per cui non gli fu difficile trovare la figura di Lily rannicchiata in un angolo mentre controllava che la fronte non ospitasse alcun bernoccolo indesiderato.
Ecco spiegato l’arcano: si erano dati una testata.
«Spostati dall’ingresso.» Esalò, rivolgendosi a Naevin. «Proverò a buttare giù tutto.»
Ma il Lakad gridò ancora. «Fermo! Morirete prima di riuscire ad aprire uno spiraglio! Per non parlare degli uomini che sono ancora là dentro!»
La terra tremò pericolosamente e dal soffitto della miniera presero a staccarsi alcune piccole pietre. Lily sbiancò. «Niv! Prendi a calci in culo quello stronzo e costringilo a riaprire l’ingresso!»
Ma non vi fu alcuna risposta da parte del Lakad. Al che, Hydra sospirò. «Sta combattendo.»
Lily annuì, sconfortata. «E adesso? Proseguiamo? Dobbiamo trovare Abel.» Nel dirlo, volse la testa verso la galleria che proseguiva sotto la montagna.
E Hydra, questo, lo notò. «Riesci a vedere?»
«Certo che sì. Azzarderei a dire che al buio ci vedo persino meglio.»
Allora, il marinaio prese a camminare. La superò di un paio di falcate prima di commentare. «Per lo meno non dovrò farti da balia qui dentro...»
«Come cazzo ti permetti?!»



 
§
 
 
 
Killian aprì gli occhi ancor prima che Rehagan potesse picchiettargli sulla spalla per svegliarlo. «Mi cercavi?»
Lo scienziato annuì e senza troppi convenevoli si sedette di fronte a lui, a gambe incrociate, volgendo un’occhiata veloce a Eve che riordinava le stoviglie che avevano usato per la colazione fuori. Non voleva che nessuno li sentisse.
«Il sangue di Lily non ha niente che non va.» Killian non disse niente; si limitò a starlo a sentire con estrema attenzione. «Ed è proprio questa la stranezza!»
«In che senso?»
«Il colore, la consistenza, è tutto nella norma. Ma allora perché reagisce quando entra in contatto con la verbena? Del normale sangue umano non lo farebbe. È come se avesse una specie di strana, fortissima e letale allergia nei confronti di questa pianta...»
Killian sospirò e fece spallucce. «Cosa vuoi che ti dica... il suo organismo è parecchio bizzarro.»
«È pallida da far paura e ha dei denti che non sono normali. E gli occhi grigi. Non sono solo grigi, sembrano quasi morti.» Asserì, serio. «Va contro tutte le leggi della natura.»
Era da un po’ che ci pensava.
Rehagan possedeva un’intelligenza spaventosa ed era un ottimo osservatore. Non era semplicemente uno scienziato fissato con la chimica, lui conosceva tante, tantissime cose. E questo includeva persino le leggende – quelle più antiche, quelle dimenticate.
«Mi stai dicendo che non è un essere umano?»
«Lo è in apparenza. Forse, è per questo che nessuno ha mai notato niente.»
Killian annuì ma, ancora una volta, non espose alcun dubbio, non pose alcuna domanda intelligente. E questo bastò a fargli capire una cosa. «Tu lo sapevi già.»
L’altro ridacchiò, come se avesse appena fatto notare l’ovvio.
«E Lily? Lei lo sa?»
«Certo che lo sa.» Disse, tristemente.
«E Orias? Il sangue che ho prelevato quando era lui a controllare il suo corpo non ha niente di diverso da quello di Lily. Questo prova che non c’entra niente con la condizione di tua sorella...»
Killian scosse la testa. «Per niente. Lei è così dalla nascita. A dire il vero, Orias la sta aiutando sotto quel punto di vista.» Poi, semplicemente, sorrise. «Mi dovresti fare un altro favore, Reha.»
«E cioè?»
Ma non ricevette risposta, perché udì dei passi a pochi metri da loro, oltre la prima fila di alberi. I due si guardarono e Killian annuì impercettibilmente. «Avrei dovuto immaginarmelo. Sarebbe stato meglio se almeno Niv fosse rimasto con noi...!»
Nemmeno il tempo di formulare una risposta d’assenso, che qualcosa venne lanciato nella loro direzione. Rehagan rotolò all’indietro e si rimise in piedi, congiungendo le mani ed evocando Arya.
Il mago dell’Aurora sbuffò e volse una veloce occhiata in direzione di Eve che, avvertendo movimento, si era precipitata fuori. Non aspettò neanche un secondo; le ordinò di tornare dentro e di coprire loro le spalle con i suoi proiettili per niente convenzionali ma un grido improvviso proveniente dall’interno dell’abitazione lo fece sbiancare. «Oh, per l’amor del cielo!»
Eve venne afferrata per il poncho da Nimue che sigillò la porta al meglio delle sue possibilità, e indicò Ysami che, seduta sul suo divano, sembrava preda di un attacco di panico. «Che succede?»
«Deve partorire.» Nimue era sempre stata molto, molto concisa.
Eve strabuzzò gli occhi. «COSA?!»
«Deve. Partorire.»
«No, non può essere. Killian e Reha non ce la faranno mai da soli... e lei... oddio, non puoi partorire adesso!» Strillò, agitandosi.
Ysami singhiozzò. «Non credo di poterlo trattenere arrivata a questo punto!»
Nimue l’afferrò per le braccia e la costrinse a guardarla negli occhi. La rossa si accorse in quell’istante di aver smesso di respirare e allora inspirò forte. «Devi aiutarmi, ti dirò io cosa fare.»
«Ci stanno attaccando, Nim. Non so il perché ma ci stanno attaccando e Reha è-»
«Praticamente da solo, lo so benissimo. Killian non gli sarà di alcuna utilità ma tu mi servi qui, quindi... datti una mossa.» Rabbrividì. Semplicemente, rabbrividì.
La dottoressa mollò la presa e si accostò a Ysami, aiutandola ad alzarsi; doveva portarla in camera da letto. E, intanto, Eve sbatté le palpebre, ritrovando il senno perduto. Sospirò pesantemente e annuì, come per darsi un contegno. «Ok.» Si disse.
Salì al primo piano e, affacciandosi alla finestra del bagno, vide Killian intento a schivare quelli che sembravano shuriken. «Ehi! Tratteneteli che qui abbiamo da fare! Non fate entrare nessuno!» Detto ciò, creò un cerchio dorato che sparò in direzione di un mingherlino tutto pelle e ossa. «Ci siamo capiti?!»
Reha annuì, ben conscio che non sarebbe stato affatto un pomeriggio tranquillo.
Al che, Eve chiuse la finestra e – abbandonato il poncho su una sedia lì vicino per stare più fresca – si avvicinò a Ysami. Le sorrise cercando di rassicurarla, poi si rivolse a Nimue: «Che devo fare?»

 
 
§
 

 
Poco prima, da Nypha
 

Sparò il primo colpo e Nypha accennò un sorriso.
Da quella distanza, sarebbe riuscita a coprire le spalle ai suoi compagni in maniera egregia e – perché no? – sarebbe anche riuscita a farli fuori tutti ma aveva come il sentore che Lily non l’avrebbe presa bene. Alle sue spalle, Diana ascoltava i rumori della foresta, vigile.
Non avevano spiccicato neanche una parola. La cacciatrice di taglie era stesa a pancia sotto, il fucile carico e pronto al prossimo colpo. Riuscì a vedere Lily entrare nella tenda, mentre Hydra e Naevin si occupavano di quelli fuori.
Sembrava andare tutto per il meglio, eppure aveva una strana sensazione. Erano stati rapiti degli uomini – uomini grossi quanto Hydra, quanto il Lakad –, com’era possibile che nessuno di loro fosse riuscito a ribellarsi fino ad allora? Forse a prenderli era stato qualcun altro. Forse dovevano temere l’arrivo di qualcuno più... forte?
Ma non andò avanti con il ragionamento perché udì Diana lasciarsi andare a un’esclamazione parecchio colorita. «Hai sentito qualcosa? Si sta avvicinando qualcuno?»
Diana aveva gli occhi sgranati e aveva il viso rivolto alla fitta foresta che le circondava. «Ho sentito qualcosa ma... no, nessuno si sta avvicinando.»
«E allora, cosa?»
Ma Diana sembrava essersi ammutolita. Sembrava aver sentito qualcosa che doveva averla terrorizzata a morte perché Nypha vide le sue mani tremare.
Per un attimo, lasciò perdere il fucile. «Tutto bene?»
Aveva come la sensazione che ci fosse qualcosa, qualcuno che Diana non avrebbe dovuto – o voluto? – sentire. Allora, provò a farsi spiegare. Perché, se non capiva, Nypha non avrebbe potuto aiutarla.
«Non è niente.» Continuò a dire la più giovane, imperterrita.
«Diana, non ti giudicherò, lo sai. Se a portarti qui è stato qualcosa di diverso dalle fate, puoi dirlo…» Fece una pausa, capendo che così non avrebbe ottenuto nulla. «Tu vuoi andare a controllare, vero?»
Fu allora che Diana si girò a guardarla. C’era urgenza nel suo sguardo e sembrava davvero pronta a scattare nella direzione in cui aveva sentito quel qualcosa. E lo fece.
Corse via senza dare alcuna spiegazione e all’argentea non rimase che guardarla sparire tra gli alberi.
Sospirò, Nypha. Chissà cosa la turba. Chissà cosa le prende. E con questi pensieri nella testa, tornò a concentrarsi sui suoi tre compagni.
Quella sensazione di turbamento non accennava ad andare via e, anzi, s’intensificò quando li vide indugiare accanto agli uomini appena liberati. Da lì, l’unica cosa che avrebbe potuto fare era tenere d’occhio l’entrata e accertarsi che nessuno li chiudesse in trappola.
Non possono essere così stupidi da lasciare i loro “schiavi” in mano a gente incompetente. Ho una brutta sensazione.
«Wow. Hai proprio una bella mira!»
Nypha non aspettò neanche un secondo e puntò la sua pistola alla fronte della nuova arrivata. Ma quest’ultima, anziché preoccuparsi di avere la canna di un’arma da fuoco a pochi centimetri dalla testa, ridacchiò divertita. La cacciatrice di taglie si chiese come avesse fatto a non accorgersi della sua presenza – se l’era ritrovata distesa accanto a lei, con la tempia appoggiata al pugno chiuso e un sorrisetto infantile a illuminarle il viso gioviale.
Chi diavolo era? Perché era lì? Che fosse una sottoposta di Kiel Reidar?
Ma non ebbe il tempo di dire alcunché, perché la ragazza le soffiò in faccia una strana polverina che la costrinse ad alzarsi di scatto. Nypha tossì e tentò di ignorare il bruciore agli occhi, continuando a tenerla sotto tiro.
Quella si alzò con tutta calma continuando a ridacchiare. «Come mai sei da sola? Non c’era qualcun altro con te?»
«Chi sei?» Nypha la seguì, alzandosi in piedi; la nuova arrivata era leggermente più bassa di lei.
Gli occhi viola erano grandi e radiosi. I capelli rosa non arrivavano alle spalle ed erano piegati in soffici boccoli che le davano un’aria sbarazzina. Non sembrava affatto un nemico, più una maga bambina. «Io mi chiamo Emilia, piacere!»
Nypha corrucciò la fronte, asciugandosi le lacrime che minacciavano di uscire. Con gli occhi annacquati a causa di quella brutta irritazione non riusciva a vederla nitidamente e tra loro non passavano neanche tre o quattro metri. «Ti ha mandata Kiel?»
«Oh, no. Lui non ha alcun potere su di me. Sono venuta di mia spontanea volontà. Volevo conoscervi.» Intanto, Nypha tirò fuori la sua seconda pistola. «Ma ho pensato di cominciare da te. Mi sembri un tipo simpatico.»
Non appena finì di parlare accaddero due cose. Innanzitutto, una nube aranciata avvolse Emilia dalla testa ai piedi, facendola sparire alla vista. Nypha si guardò in giro, spaventata che potesse coglierla alle spalle – era esattamente per quel motivo che un cecchino non doveva mai, mai essere solo. Per un attimo, si maledì per aver permesso a Diana di allontanarsi. Avrebbe dovuto correrle dietro.
La seconda cosa che accadde fu del tutto inaspettata: un coltellino le si conficcò nell’avambraccio e dall’intenso bruciore Nypha lasciò cadere la pistola. Non è normale questo dolore... sarà veleno?
«Sei in pensiero per qualcuno e questo ti distrae.» Esclamò Emilia, apparendo affianco a lei, a un palmo dalla sua spalla.
La cacciatrice di taglie si voltò e sparò un colpo ma della ragazza neanche l’ombra, si era già volatilizzata in una nuvola di fumo colorato. Fumo che puzzava di morte.
Fu allora che Nypha se ne rese conto. Il suo corpo si fece più pesante e i suoi riflessi rallentati; per questo, non riuscì a evitare il secondo coltellino con cui venne colpita all’altro avambraccio. Tossì ancora e, seppur gli occhi avessero smesso di lacrimare, c’era ancora qualcosa che non andava.
Le gambe divennero di gelatina e dovette appoggiarsi a un tronco d’albero per non scivolare rovinosamente al suolo. Dopodiché, Emilia tornò di fronte a lei con un sorriso che andava da un orecchio all’altro – la sua espressione pura e giocosa dava l’idea di una ragazzina tutta presa da un gioco innocuo e per nulla mortale.
«Tranquilla, le ferite non sono mortali. E questo veleno non ti ucciderà.»
Non sapendo più cosa fare per tenere lontani lei e i suoi fumi, Nypha tentò di tirarle un calcio ma l’altra schivò agilmente la sua gamba con una risatina, avvicinandosi ancora di più. Recuperò i due coltellini strappandole un gemito di dolore e le tirò una ginocchiata allo stomaco, costringendo l’argentea a crollare in ginocchio. Tutto succedeva con una velocità e una semplicità spaventose.
Nypha non riusciva a credere di essersi fatta sconfiggere così facilmente, non riusciva a capire come ragionasse quella ragazza!
«Sei confusa? Lo capisco, sai? Un essere umano come te non può mica capirmi.»
Un essere umano come me...?
Emilia l’afferrò per le spalle e le diede una piccola spinta cosicché Nypha finisse seduta ai piedi dell’albero. Le si inginocchiò davanti e le sorrise. «Forse mi sbagliavo. Non sei così pericolosa come pensavo. Non da vicino, almeno.»
«Che cosa vuoi?» Gracchiò, dolorante. Le gambe erano andate, non se le sentiva neanche più – avrebbero potuto tagliargliele e non se ne sarebbe neanche accorta. «Perché tu e il tuo gruppo siete a Cortana? Cosa volete da questo regno?»
Emilia inclinò la testa di lato, incuriosita. «Sei arrabbiata?» E, naturalmente, Nypha non capì dove volesse andare a parare con quella sua domanda. «O sei... preoccupata? Hai un cuore interessante.»
Ma cosa sta dicendo?
«E se ti dicessi che dopo aver finito con te andrò ad avvelenare tutti i tuoi amici?»
Nypha sgranò gli occhi e fece per avventarsi su di lei ma Emilia usò i coltellini per inchiodarle le mani al tronco – la cacciatrice di taglie urlò di dolore e per un attimo si dimenticò di come si respirava. Non poteva permetterle di raggiungere gli altri – non poteva permettere che li uccidesse.
Anche soltanto immaginare Hydra mentre non riusciva a muoversi come avrebbe voluto, affaticato e debilitato a causa di quei fumi, le faceva male al cuore.
E fu allora che Emilia scoppiò a ridere. «Non ci credo! Tu sei innamorata!»
Di scatto, l’argentea sollevò gli occhi verdi su di lei, allibita.
«E chi è il fortunato? Dai, dai, raccontami! Vedrò di chiudere un occhio con lui, ok?»
«Come fai a...?» Ma non terminò la frase perché l’altra spinse le lame dei coltelli più in profondità. Strinse i denti e trattenne un grido.
«Come faccio? Io so leggere i cuori delle persone!» Disse, entusiasta. «Ma adesso basta o Betty mi darà per dispersa! Mi occuperò dei tuoi amici un’altra volta.»
La cacciatrice di taglie non lo diede a vedere ma sospirò di sollievo.
«Però, sai, quasi quasi lascio loro un regalino.»
Il cuore mancò un battito. «Non ti azzardare…!» Sibilò, con la poca voce che le era rimasta.
«Tranquilla, non mi avvicinerò nemmeno a loro. Il mio regalino sei tu.» E senza neanche darle il tempo di capire cosa intendesse, Emilia catturò le sue labbra in un bacio voluttuoso.
Nypha sgranò gli occhi e tentò di liberarsi ma il corpo non rispondeva ai comandi, muovere le mani era diventato impossibile a causa di un insano bruciore. Sentì qualcosa di liquido scivolarle in gola – veleno, si disse – e solo dopo che fu costretta a ingoiarlo, Emilia si staccò dalla sua bocca con una certa euforia.
La cacciatrice di taglie tossì un paio di volte per poi scoccarle un’occhiata omicida.
«Oh, wow. Mi ricordi Betty quando è arrabbiata!» Disse, scoppiando nuovamente a ridere.
Dopodiché le fece ciao-ciao con la mano e sparì tra gli alberi, lasciandola lì, con ancora i coltellini conficcati nella carne. Nypha cercò di liberarsi ma il dolore era troppo forte, troppo.
La parte inferiore del corpo era addormentata, quella superiore bruciava in ogni parte. La vista si sfuocò; i suoni si fecero ovattati. Le sue pistole erano abbandonate a pochi passi da lei e non poteva raggiungerle, non avrebbe potuto sparare un colpo di segnalazione e avvertire gli altri. Non poteva muoversi. Non riusciva a muoversi.
Si sentiva sempre più debole, sempre più stanca. Il cuore era in fiamme.
La sua pelle chiara e priva di imperfezioni cominciò a macchiarsi a cominciare dalle braccia, dalle ferite aperte. Divennero violacee e sempre più doloranti, tanto che Nypha tirò una flebile testata al tronco per cercare di non pensarci.
E se solo avesse potuto, se ne avesse avuto la forza, avrebbe urlato il nome di Hydra. Ma il suo fu poco più che un sussurro.


 
 
 











 

 
 
Ditelo che non ve l’aspettavate! L’estate mi uccide ma questa volta sono riuscita ad aggiornare!

Eh già. Eh già. Prima Ella. Poi Royal. Adesso Nypha.
Io vi avevo avvertiti che li avrei fatti soffrire...! ^^

Insomma... Nypha è mezza morta con dei coltellini piantati nei palmi; Ysami è in travaglio; Eve è alle prese con una donna che sta per partorire e non ha la minima idea di cosa fare; Reha è praticamente da solo (Killian non serve a niente, ammettiamolo!); Killian è spacciato; Lily e Hydra sono costretti a collaborare... oddio, che orrore; Naevin è anche lui da solo ad affrontare quello che si è finto un ostaggio; e Diana? Azzarderei a dire che nemmeno lei se la sta passando bene. Per niente.

Ma non aggiungo altro. Si saprà tutto nel prossimo capitolo!

E ho finalmente scovato un prestavolto per la nostra simpaticissima Emilia!

EMILIA ► https://s1.zerochan.net/Ebisu.Kofuku.600.1699770.jpg


In tutto ciò... questo non è niente! Ho in mente tante di quelle cose... mi faccio paura da sola.

Curiosità n.21 ► Questo capitolo è cambiato parecchio dall’idea iniziale. Innanzitutto, la scena finale non doveva esserci – doveva essere posticipata al prossimo. Ysami doveva chiamarsi Ysabel. Lily e Hydra non dovevano finire bloccati nella miniera – Hydra non doveva proprio esserci. Come Eve, anche Reha veniva eletto “aiuto infermiere per un giorno”. Il dialogo tra Killian e Reha non doveva esserci – nemmeno per sbaglio.
Meglio l’idea originale o questa nuova “versione”?

Curiosità n.22 ► In relazione al capitolo precedente: Killian, Wiles e Royal parlottano molto spesso al bandone del bar. Wiles non perde occasione per metterli al corrente delle sue disastrose storie d’amore, finendo per venir preso in giro dal Master; quest’ultimo ha smesso da tempo di vantarsi delle sue conquiste per ovvie ragioni – ringraziamo tutti Clizia per essere riuscita a fargli mettere la testa a posto; Killian è sempre stato il più restio a esprimersi al riguardo ma quelli sanno bene come fargli svuotare il sacco. Una volta hanno provato persino a includere Alastor nei loro discorsi... inutile dire che il topo di biblioteca ha preferito immergersi con la testa in un libro piuttosto che starli a sentire.

Passo e chiudo. Alla prossima!

Rosy


 
  
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