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Autore: Felixia    18/07/2023    0 recensioni
Il cielo limpido e blu di Novyi Zem, il sole caldo che illuminava i campi di jurda e un ragazzo Zemeni dal sorriso spavaldo che si divertiva a scolorirne i petali con il solo tocco delle sue dita. Se si concentrava abbastanza poteva ancora riportare alla mente l'esatta gradazione di grigio dei suoi occhi. Wylan non potè fare a meno di sorridere a sua volta ricordando quel ghigno soddisfatto che gli vedeva stampato in faccia ogni volta che lo stupiva con i suoi poteri. Aveva pensato spesso a lui, a come quel ragazzo, sempre in movimento, sempre sorridente, fosse un po’ come la jurda con cui giocava: dall’aspetto splendido, come il suo fiore arancione, e dall’incontenibile energia, come la sostanza eccitante che nei fatti la jurda era.
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Jan Van Eck, quando si rende conto che suo figlio non sa leggere, lo allontana da Ketterdam per non far scoprire a nessuno la sua incapacità. Wylan cresce quindi a Novyi Zem dove diventa amico di Jesper, almeno finché i due non vengono separati dal destino per poi ritrovarsi, 10 anni dopo, di nuovo insieme, tra i Corvi.
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Avvertimento: storia Wesper centrica.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Inej Ghafa, Jesper Fahey, Kaz Brekker, Wylan Van Eck
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Jesper era in anticipo. Questa sì che era una novità, veramente un evento più unico che raro.
«Tu prendi un po’ troppo alla lettera l’espressione "elegantemente in ritardo”» gli aveva detto una volta Inej.
«Soprattutto la parte sull’eleganza, direi» aveva risposto lui facendole un occhiolino e sistemandosi la giacca.
Eppure quella sera era stato il primo a ritrovarsi davanti al laboratorio dove Kaz aveva dato a tutti loro appuntamento. Subito dopo l’irruzione nell’Anticamera dell’Inferno si erano tutti separati, così sarebbe stato più facile non farsi notare: le ragazze erano rimaste con il fjerdiano sulla barca che le avrebbe condotte al rifugio, Nina si assicurava che il gigante non si svegliasse e Inej era la più brava quando si trattava di muoversi senza farsi notare; Kaz era tornato al Club dei Corvi per recuperare velocemente i documenti che gli servivano; e Jesper invece era andato dritto al punto di incontro prestabilito. L’aria era fredda e non aspettò un momento di più per entrare nel locale, ma quando aprì la porta, non vedendo nessuno all’interno, si chiese se fosse nel posto giusto. Kaz aveva detto che li aspettava l’ultimo membro della banda che aveva messo su per il colpo, ma, come al solito, non aveva aggiunto altro. La luce era soffusa e le uniche cose che Jesper poteva vedere erano un disordine totale sul pavimento, un enorme tavolo da lavoro ricoperto di ampolle e sostanze chimiche, scatoloni e scaffali carichi dei più disparati materiali e nient’altro.
«Ehi? C’è nessuno qui?» Fece un tentativo.
Una testa di capelli scompigliati fece capolino da sotto il tavolo. «Oh… Ciao!» Il ragazzo si alzò di scatto in piedi e gli rivolse uno sguardo sbalordito. Jesper si chiese ancora una volta se fosse nel posto giusto, il ragazzo non sembrava neanche maggiorenne e lo guardava come se non riuscisse a capacitarsi di avercelo davanti. Kaz lo aveva avvertito che sarebbero arrivati tutti lì? «Io non-non… Ciao. Non mi aspettavo di vederti» gli sorrise scostandosi dal viso alcuni ricci ribelli.
«E tu saresti?» Jesper si avvicinò al tavolo ed iniziò a giocherellare con la prima ampolla che si trovò a portata di mano.
«Noi… Noi eravamo…Tu non…?» Il ragazzo balbettò parole senza senso, poi fece un respiro e riuscì ad articolare una frase per intero «Uh, mi chiamo Hendriks».
«No, voglio dire. Perché Kaz ha detto di incontrarci qui?»
«Oh. Credo di… Ehm, essere il vostro nuovo esperto di demolizioni.»
«Tu? Tu hai ancora tutte le dita attaccate». Jesper tornò a guardarlo e non poté che essere scettico. Davanti a lui c’era quello che sembrava un principe dai riccioli morbidi e dalla pelle delicata, sicuramente non aveva l’aspetto di un artificiere con esperienza. Per un attimo si soffermò sugli occhi di un intenso blu. Aveva la sensazione che gli ricordasse qualcuno, ma non sapeva esattamente chi. Forse lo aveva già incrociato in qualche locale del Barile? Se ci fosse andato a letto, se lo ricorderebbe sicuramente.
«Magari è perché sono prudente», rispose stizzito mentre gli toglieva dalle mani la boccetta che si stava rigirando tra le dita distrattamente.
«Prudente è qualcosa che impari a essere quando perdi le dita», Jesper gli sfiorò la mano e lo vide distogliere lo sguardo imbarazzato per quel contatto inaspettato.

Il rumore della porta che si spalancava alle loro spalle catturò la loro attenzione, Kaz entrò nella stanza senza rivolgergli né una parola né uno sguardo. Ma Jesper non se ne sorprese, era semplicemente Kaz che si comportava da Kaz.
«Allora questo novellino dice che è il nostro nuovo esperto di demolizioni» Jesper si rivolse al suo capo come se non avesse davanti la persona di cui parlava «Raske è meglio, o anche Pim».
«Eppure quello che ho assunto è Hendriks», rispose asciutto Kaz.
Jesper si voltò di nuovo verso il ragazzino che nel frattempo si era messo ad applicare etichette sulle ampolle. «Non dovresti laurearti e, non lo so, andare a fare un lavoro d’ufficio?»
Hendriks gli lanciò un’occhiataccia rimanendo in silenzio, fu Kaz a rispondere al posto suo: «Dove pensi che abbia preso tutte quelle bombe negli ultimi mesi? È lui il mio fornitore».
«Ma avrà sedici anni al massimo».
«Ne ho ventidue», questa volta Hendriks rispose alla provocazione.
«Se devi inventare balle, fai in modo che sembrino realistiche», rise Jesper. Sembrava che il ragazzino fosse pronto a rispondere a tono, ma che si stava mordendo la lingua per evitare di far uscire le parole.
Iniziava a diventare divertente per Jesper punzecchiare il nuovo arrivato, aspettava di godersi la sua reazione quando il richiamo di Nina li interruppe: «Un aiutino? Matthias è bello pesante».
«Kaz?» Jesper lo guardò in cerca di aiuto, ma l’unica risposta che ricevette fu l’indice guantato del capo che puntava alla sua gamba debole. «Oh, certo, molto comodo giocare la carta dello zoppo adesso». Kaz fece spallucce.
«Perché è legato?» chiese Hendriks mentre preparava una sedia dove sistemare il corpo privo di sensi del fjerdiano.
«Scoprirai che è più amabile così», rispose Nina con il fiato corto dalla fatica.
«Legatelo stretto. Zenik, tieniti pronta a svegliarlo tra qualche minuto» ordinò Kaz prima di tornare ai documenti che aveva lasciato sparsi sul tavolo.
Inej strinse in fretta i nodi intorno alle caviglie, mentre Jesper si occupò dei polsi. L’adrenalina della giornata gli scorreva ancora in corpo e la stanchezza iniziava a farsi sentire, aveva proprio bisogno di sedersi. Doveva essere così anche per gli altri perché Nina e Inej si lasciarono cadere sul divanetto a fianco a lui. Poco distante Hendriks aveva preso una sediolina e si era avvicinato a loro, se ne stava seduto con la schiena dritta e gli occhi rivolti a Kaz, in attesa. Ogni tanto Jesper si rendeva conto che il suo sguardo si rivolgeva verso di lui, saettava su Matthias ancora incosciente, per poi tornare velocemente a Kaz.
Jesper ruppe il silenzio che andava avanti da una manciata di minuti: «Beh, visto che che Kaz non fa le presentazioni. Inej, Nina, questo è Hendriks, il nostro nuovo esperto di kaboom».
«Lo so, ci conosciamo da qualche mese», Inej si sporse dal divano e sorrise a Hendriks che ricambiò con espressione nervosa. «Ero io a portargli gli ordini per gli Scarti».
«Io invece ti conosco per fama, le voci corrono alla Casa della Rosa Bianca» Nina stava sbocconcellando dei biscotti che chissà da dove aveva preso.
«Che voci?» il tono di Hendriks si fece ancora più ansioso del normale, sembrava davvero agitato.
«Voci che dicono che Brekker lavora con un ragazzino dall’aria innocente che fa bombe decisamente pericolose per quel faccino d’angelo che si ritrova», rispose lei ficcandosi un altro biscotto in bocca con un ghigno di soddisfazione di aver fatto diventare rosa gli zigomi di Hendriks.
«Quindi alla fine sono sempre io l’ultimo che viene a sapere le cose», sospirò Jesper affondando sempre di più tra i cuscini del divano.
«Zenik, ora» Kaz, con la sua solita delicatezza mise fine allo scambio di convenevoli. Nina mandò giù quel che stava mangiando e con un suo rapido movimento delle mani il respiro di Matthias si fece più rapido, le palpebre cominciarono a sbattere alla ricerca di luce.
«Buongiorno, raggio di sole», lo salutò Nina quando lui si guardò intorno.
«Strega», la risposta di Matthias era stata pronunciata con così tanto odio che Nina non riuscì a controbattere. Non era da lei rimanere in silenzio davanti a un insulto, Jesper non poté che meravigliarsi dell’espressione genuinamente ferita che non aveva mai visto sul volto della Grisha, sempre così fiera.
«Certo, non c’è bisogno di ringraziare per averti fatto evadere, figurati», Jesper cercò di sdrammatizzare perché era troppo difficile vedere Nina con quella faccia triste che non le si addiceva affatto.
«Bene, ora che siamo tutti presenti» Kaz li riportò all’attenzione e tutti si concentrarono su di lui. «Un’opportunità si è presentata. Il lavoro più remunerativo che abbiamo mai accettato. Esiste una nuova arma che è stata messa sul mercato. Se viene usata, farà sembrare la distruzione della Faglia come un picnic primaverile. Ogni angolo del mondo ne subirà gli effetti. È una droga chiamata jurda parem. Crea fortissima dipendenza. E se la assume un Grisha, il potere aumenta di mille volte tanto. Il chimico che l’ha sintetizzata, Bo Yul-Bayur, è uno Shu arrivato a Kerch. Quando si è reso conto di quello che aveva creato, era troppo tardi, i fjerdiani l’hanno preso. Adesso aspetta la sua sentenza. Se i fjerdiani usano questa droga come un’arma, le conseguenze saranno inimmaginabili. Tutto quello che conosciamo, tutte le capacità su cui ci appoggiamo, tutto distrutto. Domande?»
Fu Inej la prima a parlare. «In che consiste il lavoro?»
«Far evadere Bo Yul-Bayur dalla Corte di Ghiaccio», rispose Kaz come se non avesse appena detto la cosa più assurda che Jesper avesse mai sentito.
Matthias fece una risata crudele, ma onesta: «Non ci riuscirete mai».
«Per questo abbiamo bisogno di un esperto della Corte di Ghiaccio. Sarai tu a darci le indicazioni per rubare alla tua gente».
«E perché dovrei farlo? Ho già tradito la mia patria per quella strega e guarda cosa ci ho guadagnato».
«Tutti hanno un prezzo».
«Lasciamela uccidere e ti dirò come entrare, demjin».
Nina si guardava i piedi, sembrava che non avesse le forze di seguire la conversazione a testa alta. Jesper si mise a giocare con i suoi anelli facendoseli girare tra le dita per combattere l’impulso di piazzare un pugno sul naso del fjerdiano. Doveva solo tacere e lasciar fare a Kaz, come sempre.
«Posso darti un premio di valore più alto: tornare a casa». Kaz sventolò davanti alla faccia di Helvar il documento che dichiarava il suo rilascio permettendogli di tornare tra le fila dei Drüskelle. «Interpreterò quello sguardo omicida come un “accetto il patto”».
«Chi ci ha assunto?», chiese ancora Inej una volta che la trattativa sembrava conclusa.
«Jan Van Eck», rispose Kaz senza far trasparire nessuna emozione.
Calò il silenzio nella stanza, gli occhi di tutti si cercarono come per chiedere conferma di aver capito bene. Jesper notò gli occhi neri di Kaz fissi su Hendriks, si chiese se non si fidasse ancora abbastanza della nuova recluta e lo stesse studiando per calcolare le sue reazioni e prevedere i suoi pensieri.
«Chi è?» Chiese Matthias, l’unico che non aveva avuto abbastanza esperienza di Ketterdam da conoscere uno dei nomi più importanti della città.
Kaz non aveva mosso un muscolo, teneva ancora gli occhi puntati su Hendriks con quel suo sguardo intimidatorio. «Perché non ce lo facciamo dire da suo figlio?»
Hendriks, che fino a quel momento era rimasto seduto, cercando di occupare meno spazio possibile, si alzò di scatto, rosso in volto. Jesper si chiese se fosse umiliazione o rabbia, ma non poté fare a meno di ridere e godersi la rivelazione, una vera e propria sceneggiata che Kaz aveva messo in piedi.
«Ma certo, sei figlio del Consigliere Van Eck, ecco perché mi ricordavi qualcuno» si rese conto improvvisamente Jesper, spiegandosi così quella sensazione che aveva avuto non appena aveva incrociato il viso del ragazzino. Aveva già visto la faccia di Jan Van Eck in più occasioni, la somiglianza era evidente. Gli occhi blu di Hendriks scattarono verso i suoi e quella volta non c’era modo di fraintendere, quella che gli arrossava le guance era chiaramente rabbia, uno sdegno tale che Jesper non riusciva a capire che cosa avesse detto perché fosse rivolto proprio a lui.
Hendriks tornò a rivolgersi a Kaz con i pugni serrati sui fianchi che tremavano appena. «Quindi è per questo che mi hai assunto, per il mio nome».
«Dovresti essere grato del tuo nome, ti ha salvato la vita. Non ti sei mai chiesto come mai, durante le tue gite notturne al Barile, tu non sia finito morto dissanguato in un vicolo?»
«Kaz ti ha messo dietro la protezione degli Scarti», rispose per lui Inej, che nemmeno per un secondo aveva mostrato un minimo di sorpresa, a differenza di tutti gli altri. Jesper si chiese quanti segreti conservasse per Kaz.
«L’hai sempre saputo?». Chiese ancora Hendriks che cercava disperatamente di sostenere gli occhi spietati di Kaz.
«Non faccio affari con chi non conosco. E sapevo che avere in busta paga il figlio di un membro del Consiglio poteva rivelarsi utile, se mai avessi avuto bisogno di qualcosa come una garanzia su 30 milioni di kruge».
«30 milioni? Mio padre non ha tutti quei soldi».
«Il Consiglio delle Maree sì».
«Se ha messo in mezzo il Consiglio, è una cosa davvero grossa».
«Lo è. Da domani mattina inizieremo con lo studio della Corte di Ghiaccio, grazie al gentile aiuto del nostro simpatico amico fjerdiano,» Matthias rispose con un ringhio basso, «tenetevi pronti a fare rifornimento di tutto il necessario e non parlate a nessuno di questo lavoro. Segretezza assoluta».
Non appena finì di pronunciare la frase, Kaz prese le sue cose e si allontanò verso l’uscita a passo svelto nonostante il bastone. Jesper aveva ancora una marea di domande, ma si disse che poteva aspettare l’indomani mattina. Evidentemente Hendriks non era dello stesso avviso perché Jesper lo vide correre dietro al capo chiedendogli di aspettarlo. Anche se non era esattamente vicino a loro, riuscì a sentire la brevissima conversazione che ebbero.
«Kaz, se sai di mio padre… Conosci il mio nome completo?»
«Certo».
«Perché non l’hai detto davanti a tutti?»
«C’è più guadagno nel mantenere alcuni segreti nascosti. Penso che tu possa essere d’accordo con me».
«Sì…Grazie».
«Perché mi ringrazi? Ti sto usando come ostaggio».
«Sei troppo sveglio per pensare che mio padre possa davvero farsi condizionare da me».
«Tutti hanno almeno una debolezza».
«Io non sono quella di mio padre».
«Staremo a vedere».
«Voglio solo dire… Non contare sull’affetto di mio padre per vincere questo gioco, perderesti».
«Lo sai qual è la cosa più importante per vincere al gioco, Hendriks?»
«Avere fortuna?»
«Barare».
E con quest’ultima battuta Kaz era uscito dal laboratorio lasciando Hendriks interdetto e nervoso. Jesper rimase a guardarlo mentre nella testa gli ronzavano mille domande. Qual era il suo vero nome? Perché non aveva mai sentito parlare di un figlio di Van Eck? E perché diavolo un mercantuccio del genere sapeva costruire bombe e aveva lasciato la sua vita da riccone per andare a vivere nel Barile?
E poi Jesper aveva ancora quella sensazione che non riusciva a giustificare concretamente; c'era qualcosa nel mercantuccio, nel suo modo di parlare controllato, nel suo sguardo intelligente e ingenuo, nel suo modo di muoversi nella stanza come se avesse paura di dare fastidio con la sua sola presenza che gli faceva rimbombare nella testa la stessa frase: "Mi ricordi qualcuno".

  
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