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Autore: berettha    19/07/2023    2 recensioni
BARTYLUS, Barty Crouch jr x Regulus Black.
||La vita di Regulus dai primi anni ad Hogwarts, sino alla presa del Marchio Nero ed oltre ancora.||
Dal testo: Portami a casa Sirius, cambiami i vestiti, sistemami i capelli dietro alle orecchie, fammi sentire il tuo tocco sulla pelle, asciugami i capelli e lascia che io posi la testa sulle tue gambe.
Raccontami di Hogwarts, di James Potter e di quella volta che avete volato sopra al Lago Nero: come era il vento? Lo sentivi tra i tuoi capelli? Ti faceva lacrimare gli occhi?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Evan Rosier, Famiglia Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La Guerra, capitolo venti.
Dove giacque la speranza.


Per l’immortalità.
Dove l’aveva già letto? 

Regulus Black passò in rassegna ogni singolo volume della biblioteca di casa, tirando giù tomi su tomi dagli scaffali e consultando l’indice di ognuno di loro.
Pietra filosofale? No, non sembrava il caso. 
Era in possesso dell’alchimista Nicholas Flamel, e se gli fosse stata rubata, certamente si sarebbe venuto a sapere.
Teurgia? Oracoli caldaici?
Per quanto potessero risultare teorie plausibili, c’era sempre qualcosa che non tornava. 
Per l’immortalità. 
Dove aveva letto quella frase, e quando? 
Barty, quando era sicuro che Regulus fosse solo un casa, appariva grazie al caminetto della biblioteca, e rimaneva con lui qualche ora. 
“Cosa stai cercando esattamente?” 
“Non lo so.” 
“Potrei aiutarti se mi dessi qualche indizio.” Regulus scartò l’ennesimo volume, Magie Oscure dell’altopiano del Thaba Bosiu, chiudendolo in malo modo e sbattendolo tra le braccia di Barty, seduto al suo fianco.
“Non posso.” Lo liquidò. ”Quando sarà tutto finito lo saprai, okay? Fidati di me.” 
“Io mi fido di te.” Si sentì afferrare per una spalla, Barty lo stava obbligando a voltarsi verso di lui, “Ma tu non di me. Dimmi qualcosa. Sono settimane che sei rinchiuso qua dentro.” 
“Non posso.” Disse nuovamente.
Qualunque cosa avesse scoperto, Barty, non ne sarebbe dovuto venire a conoscenza. 
Barty doveva rimanere al sicuro. “Per favore, non farmi questo. Non farmi parlare.” Aggiunse, non riuscendo più a sopportare il suo sguardo, pesante. 
L’altro annuì, grave, e si sporse verso di lui, per lasciargli un bacio sulla guancia.
Regulus sentì la sua mano, calda, posarsi sulla sua coscia, avvicinarsi per rubargli un altro bacio, sul collo, la mascella, l’angolo della bocca. “E una pausa te la puoi permettere?” 
“Forse.” Il respiro di Barty sul suo viso gli fece il solletico.
Fu un bacio goffo, perché entrambi non riuscivano a smettere di sorridere.

Due missioni e un mese dopo, la situazione non era migliorata: gli scaffali della sua biblioteca si svuotavano di giorno in giorno, mentre sul suo tavolo da lavoro i libri iniziavano ad accumularsi in una pila vertiginosa.
I gemelli Prewett vennero uccisi in un attacco a Diagon Alley dove persero la vita anche altri 17 maghi, tra passanti e commercianti. Fu una bella vittoria per i Mangiamorte, e una grande perdita per l’Ordine della Fenice. E Regulus sapeva che ne avrebbe dovuto essere felice, lo sapeva davvero, ma i suoi studi lo drenavano di ogni energia.

Non c’era nulla, nulla, di quello che leggeva che si potesse applicare al Signore Oscuro.
Pensò anche che forse non era veramente immortale. Forse la sua era semplicemente una magia difensiva particolarmente potente, e quindi iniziò a consultare manuali su manuali di Incantesimi, di Fatture, Maledizioni e Duelli, anche questa volta con scarsi risultati.
Sembrava non esserci nulla di così forte da poter annullare l’effetto di un Avada Kedavra. 
Quando non passava le giornate chiuso nella piccola biblioteca a Grimmauld Place, continuava a fare il suo dovere: si metteva la maschera, la veste e partiva assieme ai suoi compagni. Levava la bacchetta, quando necessario. Faceva rapporto al Signore Oscuro, consigliava e organizzava turni di guardia assieme ai Lestrange.
Mamma gli posava una mano sulla spalla, giocava distratta con i ricci che gli crescevano sulla nuca. Parlavano poco e lui si faceva amare, per quel tanto che sua madre considerava amare.
Guardava Voldemort negli occhi, senza paura, nascondendo i suoi pensieri più oscuri: prendeva Barty, la Francia, la morte della Meadowes e li metteva dentro ad un cassetto, nell’angolo più remoto della sua mente; sapeva che non li avrebbe mai trovati lì dentro, per quanto Lui si sforzasse di scavargli attraverso.
C'era solo una cosa che cercava di non perdere mai di vista: la certezza che il Signore Oscuro fosse solo un uomo. 
Solo un uomo. Abile e potente, certamente, ma con il suo tallone d’Achille.
Sapeva che il giorno in cui si fosse fatto prendere dalla paura e dal panico sarebbe stato il giorno che avrebbe decretato la sua sconfitta. 
E adesso che aveva qualcosa per cui combattere, non poteva permetterselo.

✧.·:*¨༺ ༻¨*:·.✧*̥˚ 

“Il Signorino Regulus deve mangiare, lo faccia per il vecchio Kreacher!” 
L’elfo domestico di casa Black entrò in biblioteca, tenendo in equilibrio sulla testa un piatto contenente una porzione di stufato. 

Il sole era tramontato da un pezzo, e Regulus non solo aveva saltato il pranzo ma se non fosse stato per Kreacher, avrebbe saltato anche la cena. Il tempo era passato così veloce, che nemmeno se ne era reso conto. 
“Grazie Kreacher, mettilo pure qui.” Tolse qualche tomo sulla Magia Difensiva dal tavolo, facendoli fluttuare lontano con la bacchetta. “Mangio in biblioteca.” 
“Kreacher pensa che non sia sano, Signorino Regulus. Venga di là, con la sua famiglia.” Borbottò sconsolato, ma posò lo stesso il piatto accanto a Regulus, che ne prese immediatamente una forchettata, senza staccare gli occhi dal libro che stava consultando.
Con l’altra mano, intanto, cercava di prendere appunti.
“Alla signora Black si spezza il cuore, è così lontano in questi giorni, Signorino Regulus!” riprese l’elfo, impilando tra le braccia qualche vecchia edizione tascabile che Regulus aveva scartato qualche ora prima. Un piccolo cenno con la testa, ed essi si Smaterializzarono, apparendo quasi immediatamente sul loro scaffale di appartenenza, in ordine e spolverati.
“Oh, Kreacher, la sottovaluti. E’ una roccia, quella donna.”
Mentre Kreacher rispondeva, elogiando le qualità della madre, Regulus arrivò alla fine del paragrafo, ...Inutilizzabile contro la Maledizione Avada Kedavra.
Lasciò cadere la forchetta nel piatto, l’urto fece volare qualche goccia di cibo sul libro, e si prese la testa fra le mani.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Strappò le ultime tre pagine che aveva scritto, fitte di appunti, accartocciandole e gettandole lontano.
Non sapeva più dove guardare. Mesi di studi, e ancora, non aveva nulla in mano.
Non un’idea, non un indizio su dove guardare.
Nulla.
I libri di cui disponeva, ormai era certo, non lo avrebbero aiutato. Serviva altro. La biblioteca dei Malfoy, forse? Così grande e fornita? Quell’anno, alla magione, mentre il resto della famiglia era in ansia per i preparativi del matrimonio di Narcissa, si era rifugiato solamente nella piccola sezione dimenticata dedicata alla letteratura babbana, ma conoscendo i suoi abitanti non avrebbe faticato a trovare qualcosa che facesse al caso suo.
Avrebbe potuto mandare Kreacher, di nascosto. Avrebbe potuto funzionare. Avrebbero preso solo pochi volumi alla volta per non essere scoperto e ci sarebbe voluto del tempo, ma avrebbe avuto pazienza.
“Kreacher?” 
“Dica pure a Kreacher, Padron Regulus.”
“Dovresti farmi un favore, un grosso favore. Ricordi quando sei entrato di nascosto ad Hogwart-” Regulus si bloccò, portandosi la mano alla bocca. Il cuore aveva preso a battergli nel petto così forte che iniziava a fargli male.
Quella volta che Kreacher si era infiltrato ad Hogwarts. Per l’immortalità. 
“...Signorino? E’ molto pallido...” Kreacher gli si era avvicinato, passandogli una delle sue lunghe mani rugose sul braccio.
“Sì, sì, sto bene.” Sussurrò.
Regulus lo aveva letto, molti anni prima, prima che gli venisse strappato dalla mani dal preside della scuola, Albus Silente.
Era tutto lì, come crearli, ma soprattutto: come distruggerli. Lo aveva letto.
Un’ondata di adrenalina prese possesso del suo corpo, facendolo tremare come se gli fosse salita improvvisamente una febbre. 
Un Horcrux.
Lord Voldemort aveva creato un Horcrux.

“Come mai sei così felice, stasera?” Gli sussurrò Barty da sotto le coperte, mentre Regulus gli fece segno di abbassare ancor di più la voce. Grimmauld Place era addormentata, come i suoi abitanti, e l’unica luce accesa sembrava essere quella di camera sua. 
“Perché presto sarà tutto finito.” Lo baciò sulle labbra, attirandolo a sé. “Vinceremo,” Gli sfiorò la schiena, con la punta delle dita. Sentì i muscoli di Barty rilassarsi, sotto al suo tocco, la pelle tesa sopra alle scapole sciogliersi, “e ce ne andremo via.” 
“Non vedo l’ora, odio quel lavoro al Ministero.” 
“Lo so. Non dovrai mai più timbrare il cartellino.”
Ti amo, ti amo, ti amo.
Barty gli si posò sul petto, passandogli le braccia sotto la schiena, come in un abbraccio. “Abbiamo vinto la guerra.” Lo guardò sorridente, una luce terrificante nei suoi occhi.
Spietata.
La cicatrice sul lato sinistro della bocca lucida ed eterea, illuminata dal Lumos della bacchetta posta sul comodino.
“Sì.” Rispose con sicurezza Regulus. “Abbiamo finito di combattere.” 
“Abbiamo vinto.” 
Non nel modo in cui pensi tu. Ma saremo liberi. Pensò a Sirius, lontano da qualche parte nel mondo. Forse ad Hogsmeade, forse a Londra a festeggiare con i suoi amici. Ogni occasione era buona per i Malandrini per organizzare una festa. Il pensiero lo fece sorridere. Chissà quanti M.A.G.O aveva preso. Si poteva amare una persona così intensamente, dopo aver creduto di odiarla per così tanti anni? “Saremo liberi. Tutti quanti.”
“Cosa intendi?” Si spostò, appoggiandosi sul mento. I suoi occhi marroni lo guardarono, pensierosi. “Liberi come? Tutti quanti chi?”
“Lo saprai.”
Spesso lo ossessionava il pensiero che Barty non glielo avrebbe mai perdonato, questa sua ricerca: perché Barty ci credeva davvero, in quella Guerra.
La vedeva quella scintilla nel suo sguardo prima di scendere in battaglia, come rideva tornato a casa, sempre trionfante.
Le mani sporche di sangue non lo preoccupavano e non sembravano pesargli come invece pesavano a Regulus.
Non per questo sentiva di amarlo di meno, ma se era Barty che invece lo avrebbe amato di meno?
“Sei misterioso di questi tempi. Non mi piace, rendimi partecipe.” Lo disse sorridendo, ma Regulus riuscì lo stesso a percepire un poco di agitazione nella sua voce.
Credimi, amore, se potessi l'avrei già fatto.
E qualche volta aveva paura che si stufasse di aspettare una spiegazione che sembrava non arrivare mai. Che gli desse le spalle una volta per tutte. 
E forse sarebbe stato meglio: non lo avrebbe messo in pericolo, nemmeno involontariamente.
Scosse la testa, cercando di far uscire quei pensieri da essa.
Ci avrebbe pensato se e quando fosse mai arrivato il momento.
Adesso Barty era tra le sue braccia, e le sue gambe erano intrecciate ai suoi fianchi, entrambi accaldati, sudati e leggeri.
“Presto.” Rispose, portandogli una ciocca di capelli lontana dalla fronte, “Okay?” 
“Okay.” 
Barty annuì, lasciandosi cadere su Regulus. Rimasero così, un po’ abbracciati, un po’ annodati, finché Regulus non sentì il respiro dell’altro farsi regolare.
Si districò dalle sue membra, lasciandolo addormentato nel suo letto e si sistemò sulla scrivania, aprendo il diario dove aveva annotato tutto quello che si ricordava sugli Horcrux.
Rileggerlo, in qualche modo, riusciva a dargli conforto.
La parte difficile, adesso, era capire cosa avrebbe potuto essere un Hocrux. 
Quale oggetto, il Signore Oscuro, avrebbe potuto decidere di utilizzare per tale scopo?
Per saperlo avrebbe dovuto conoscere la persona che era davvero, l’uomo che si celava dietro il nome di Lord Voldemort. 
Mentre era perso nei suoi pensieri, Barty si rigirò nel sonno, mormorando qualcosa.
Regulus si voltò a guardarlo: il suo volto non gli era mai sembrato così giovane. 
Un nodo gli si formò in gola, e Regulus tornò a letto, stringendolo a sé.
La mattina dopo si sarebbe svegliato presto, avrebbe salutato velocemente Barty che si sarebbe Smaterializato prima che suo padre notasse la sua assenza. Sarebbe sceso in sala da pranzo, saltando la colazione, avrebbe incontrato le nuove reclute per i Mangiamorte, e poi se avesse avuto tempo si sarebbe dedicato alla ricerca su Voldemort.
Ma adesso, in quella notte stranamente silenziosa, poteva permettersi qualche ora di pace.

✧.·:¨༺ ༻¨:·.✧*̥˚

Suo padre era un uomo particolarmente meticoloso.
Fin da quando lui e Sirius non erano altro che due bambini, non lo aveva mai visto muovere un passo senza una delle sue agende.

Lì dentro, era segnata una vita intera. Dagli incontri al Ministero, ai compleanni dei figli, dalle più inutili annotazioni –come: avvertire Kreacher di far scappare il Molliccio in soffitta-, fino alle riunioni con il Signore Oscuro.
Walburga gli aveva fatto cercare di capire più volte quanto pericoloso fosse avere un’agenda del genere, specialmente se fosse finita nelle mani sbagliate, ma a Orion non sembrava importare.
Aveva tutto un ordine, ogni minimo aspetto della propria vita.

Quando Regulus entrò di nascosto nel suo ufficio, in quella tiepida mattina di fine luglio, sapeva esattamente cosa cercare. 
Le teneva tutte nell’ultimo cassetto della scrivania, reso abbastanza capiente da un incantesimo di espansione: la prima era datata il giorno in cui si era trasferito a Grimmauld Place, dopo il matrimonio con la madre, l’ultima invece la portava sempre a lavoro con sé.

Facendo attenzione a non mettere troppo in disordine, cercò quella datata 1973: ed eccola, davanti ai suoi occhi, rilegata in pelle di drago, di un chiaro color verde salvia.
La sfogliò velocemente, fino ad arrivare ad una delle ultime pagine, quella del suo tredicesimo compleanno.
Il cuore gli battè più velocemente, mentre leggeva quelle poche regole: Incontro, Tom Riddle.
Se a quei tempi gli avessero detto che un uomo spaventoso come quello che si era fiondato a casa sua quel pomeriggio avesse avuto un nome banale e anonimo come Tom si sarebbe messo a ridere.
Tom Riddle.
Ricordava la paura che gli aveva annodato le membra, come lo aveva letto nel pensiero. Nel caldo della stanza, sentì nuovamente il tocco gelato di Riddle sulla sua schiena, come se non fossero passati più di sei anni da quel giorno.
Sfiorò l’inchiostro, con mano tremante. Si sentiva così vicino alla fine.
Adesso c’era solo una persona in tutto il mondo magico che avrebbe potuto dargli le risposte che cercava. 
“Krecher.” 
L’elfo si Materializzò al suo fianco, quasi immediatamente. “Padron Regulus.” 
“Portami a Hogwarts. Mostrami l’entrata segreta.” 

Un tunnel sotterraneo collegava la città di Hogsmeade alla scuola. I muri, di terra e sasso erano per lo più spogli, senza contare il nido di qualche ragno o le incisioni fatte in malo modo con la bacchetta: S + R, erano quelle che più si ripetevano.
Evidentemente parecchi studenti erano passati lì sotto.
Regulus lo percorse a grandi falcate e con un nodo in gola, arrivando velocemente nei corridoi di Hogwarts. Tutto era buio, gli studenti erano a casa loro per le vacanze estive, probabilmente anche metà del corpo docente, e pure di Mrs Norris non sembrava esserci traccia.

Aveva detto a Kreacher di tornare a Grimmauld Place: se il suo piano avesse funzionato non avrebbe avuto bisogno di lui per Materializzarsi nuovamente a casa.
Se non avesse funzionato, lo avrebbero spedito ad Azkaban e preferiva pensare Kreacher lontano da tutto quello.
Coperto solo da un incantesimo di Disillusione, e attento a non fare troppo rumore, arrivò velocemente davanti all’ufficio del preside.
La porta era aperta, come se lo stesse aspettando. Chiuse gli occhi. 
Ed entrò.

 

“Regulus Black. Si sieda, venga.” 
Il preside era seduto dietro alla sua scrivania, gli indicava con un gesto della mano la poltroncina vuota posta lì davanti.

I quadri alle pareti, tutti posti attorno a loro, dormivano, cullati dal lieve sbuffare degli innumerevoli artefatti magici che decoravano l’ufficio.
Alcuni di essi sembravano molto antichi, molto più di quelli nelle teche di Grimmauld Place.
“Vuole favorire?” Aggiunse subito dopo, e con un colpo di bacchetta sulla scrivania, comparvero stuzzichini e due tazze di thè fumanti.
Regulus si sedette, guardando Silente negli occhi. Non sembrava turbato dalla sua presenza ad Hogwarts, né spaventato. 
“Lei sa che sarei venuto qui?” 
“No. Il Frate Grasso l'ha riconosciuta mentre sgattaiolava per il corridoio del terzo piano. Oh, bergamotto, il mio preferito.” Prese una delle tazze, soffiandoci sopra piano. Con lentezza disarmante se la portò alle labbra, quasi non curante della sua presenza. Poi, sorrise, benevolo. “Suppongo non sia qui per richiedere l’aiuto che aveva rifiutato anni prima, anche se vorrei sbagliarmi.” 
“No.” 
Allungò la mano verso uno dei tramezzini, imbarazzato. Si era aspettato di dover combattere, urlare, addirittura di doverlo minacciare per ottenere le risposte che cercava.
Certamente non un pic-nic al chiaro di luna.
“Ho saputo di Evan Rosier.” Riprese Silente, “Mi dispiace. Eravate molto uniti, vero?” 
“Non può dirmi di essere veramente dispiaciuto per la morte di un Mangiamorte.” 
“No, non per quella del Mangiamorte. Ma per quella del ragazzo, sì.”
Il pensiero di Evan gli fece chiudere la bocca dello stomaco. “Sono qua per farle delle domande.” Si pulì le mani dalle briciole sui pantaloni, continuando a guardare il preside, che lo scrutava calmo da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
“E se è nella mia facoltà le risponderò, signor Black.” 
“Tom Riddle.” Vide la sua espressione vacillare, le labbra farsi più sottili e gli occhi azzurri dell’uomo sbarrarsi impercettibilmente. Regulus faticò per trattenere il sorriso che gli stava nascendo sulle labbra. Aveva colpito nel vivo. “Era un suo studente? Lo ha conosciuto?” 
“Era un mio studente, sì.” Rispose dopo poco, come se stesse valutando le parole da usare. “E’ da molto che non sentivo quel nome.”
“Adesso preferisce presentarsi come Lord Voldemort. Corretto?” 
“Corretto.” Lo vide posare la tazza, allontanarla da sé. Il clima di tranquillità apparente che circondava l’ufficio quando era entrato poco fa si era frantumato.
“Voldemort ha qualcosa, che lo rende quello che è. E per trovarlo, devo imparare a conoscerlo. Devo sapere chi-” Era il turno di Regulus, di soppesare le parole. “Chi è stato veramente. Mi deve parlare di lui. Di Tom Riddle. E’ l’unico modo per far finire tutto questo. Lei vuole che questa guerra finisca quasi quanto me.”
Il preside non rispose. Qualche ritratto si era svegliato, Regulus li sentiva borbottare eccitati tra di loro. 
“Possiamo davvero fidarci di lei, signor Black?” 
"No.” Rispose con sincerità. “Ma quello di cui sono venuto a conoscenza è l’unico modo per mettere un punto a tutto questo. Nessuno ne uscirà vivo, altrimenti.”
“Tom Riddle.” Quel nome, pronunciato da Silente, sembrava una maledizione. Un brivido percorse la schiena di Regulus. “Ha tempo, signor Black? Penso che ci vorranno molte ore.” 
Con la punta della bacchetta, si estrasse un filamento argenteo e brillante dalla tempia. 
Regulus annuì.



Note: Notine blandine perché non ho nulla da dire.
Al prossimo mercoledì, un bacino!

 
   
 
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