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Autore: Scribbling_aloud    21/07/2023    2 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 21 – Ginny, ti amo
 
Harry saltava da frontiera a frontiera senza fermarsi e senza pensare. Guardie urlavano nella sua direzione cercando di fermarlo, ma erano solo un’ombra appena accennata subito scomparsa mentre tirava della metropolvere nel fuoco urlando il nome dello stato da attraversare, c’era solo la frontiera successiva davanti a lui, e quella dopo, e quella dopo, in un interminabile successione di paesi e urli infuriati di protesta in lingue straniere che non riusciva a comprendere.
Era vagamente consapevole che questo trasporto frenetico gli stava facendo venire la nausea, ma sembrava come se non fosse lui quello nauseato ma un’altra persona che condivideva il suo corpo. Il vero lui era proiettato su un unico obbiettivo: raggiungere Ginny.
Non si era fermato a riflettere su cos’avrebbe fatto una volta che sarebbe arrivato lì, doveva solo arrivare lì. La sua mente era ingolfata di agghiaccianti visioni che avevano la stessa tinta dei suoi incubi del cimitero. Aveva vissuto quel momento così tante volte che era impossibile contarle, la stessa impotenza era lì, come nuotare controcorrente, tutte quelle frontiere, tutto quel tempo perso e la consapevolezza di cosa stesse accadendo nel frattempo non gli dava un attimo di respiro.
Ogni secondo gli pesava addosso come un’ora e tuttavia non riusciva a muoversi più veloce.
Ginny stava urlando in agonia e lui era ancora così lontano. I suoi incubi si mescolavano con la realtà terrorizzandolo con la nozione che in nessuno di quelli era mai riuscito a salvarla.
Ciecamente attraversò un’altra frontiera, qualcuno lo afferrò urlando qualcosa, colpì un viso per liberarsi e stava gridando il nome del prossimo paese.
 
‘Lascia la tua bacchetta al suolo e spingila verso di me’
854 era in mezzo alla stanza. Segni di lotta lo circondavano. Pezzi di mobilio rotti o ribaltati e tracce di sangue dappertutto. Ginny aveva sicuramente cercato di difendersi.
I vestiti di 854 erano strappati, il naso rotto e aveva graffi sulle braccia e sul viso, ma era in piedi puntando la bacchetta contro Harry e quella di Ginny nella tasca dei pantaloni. Aveva perso le sembianze di Harry e, esattamente la stessa faccia dell’Avversaspecchio, lo stava fissando.
Ginny era a qualche passo da lui riversa sul pavimento. Il suo viso era coperto dai capelli arruffati, e stava sanguinando, ma era difficile capire da dove; la sua camicia da notte era macchiata e in disordine e la sua pelle era coperta di lividi rossi e graffi.
Era completamente immobile e vedendola così emaciata Harry si trovò pietrificato dallo shock, velocemente seguito da terrore.
‘Lascia la tua bacchetta a terra e spingila verso di me’ 854 ripeté.
La sua espressione era seria, ma era possibile intravedere una nota di soddisfazione nei suoi occhi scorgendo l’espressione scioccata di Harry.
Il suono della voce dello stregone lo riscosse e con un tono appena udibile chiese, ‘Cosa le hai fatto?’
854 sentendo questa domanda finse una risata ‘Usa la tua immaginazione. Pensa il peggio e raddoppialo. Ho sempre trovato che l’immaginazione funziona meglio di un noioso elenco’ e tornando serio aggiunse ‘Ora, non lo voglio ripetere di nuovo. Lascia la tua bacchetta e spingila verso di me’ ordinò marcando ogni parola concisamente ‘Se no qualcuno si farà ancora più male’ e, detto ciò, spostò la sua bacchetta da Harry a Ginny ‘Se provi a fare qualche giochetto, se mi dai un qualsiasi motivo, non colpirò te ma lei. È chiaro?’
Harry annuì e senza altra resistenza, lasciò cadere la bacchetta e la spinse verso di lui. Non considerò neanche per un momento di agire diversamente; non poteva arrischiarsi con Ginny in quelle condizioni. Stava riflettendo su come riuscire ad avere la meglio sullo stregone senza una bacchetta, non perché fosse un Mangia Morte, non perché fosse pericoloso, neanche per vendetta; per lui quell’uomo era invisibile, era solo una barriera che gli impediva di arrivare a Ginny. Il suo sguardo continuava a posarsi su dove giaceva cercando di capire se stesse respirando, sperando di vedere un leggero movimento che l’avrebbe dichiarata viva.
854 si abbassò per raccogliere la bacchetta di Harry. La ispezionò interessato ‘Bella’ disse percorrendola con le dita ‘Deve essere di Olivander. Erano delle buone bacchette. Anche la mia deve essere di quelle. Il mago a cui l’ho fregata sembrava essere ricco’ rimarcò mettendola nella tasca insieme a quella di Ginny ‘peccato che devo usare questa ora. Sembra quella più amichevole’ fece una smorfia facendo un cenno a quella nella sua mano.
Harry non lo stava ascoltando ma osservava ogni suo movimento cercando di distinguere un punto debole, qualsiasi abbassamento della guardia. Ma la sua mente era offuscata dall’impulso di correre verso Ginny, ogni secondo era vitale. Non ne poteva sprecare neanche uno.
‘Sfortunatamente, la mia è ancora in Azkaban’ lo stregone continuò ‘Peccato… Era…’
‘È viva?’ Harry lo interruppe frustrato. Non aveva nessunissima intenzione di ascoltare la sua stupida filippica mentre Ginny sanguinava sul pavimento.
854 sembrò irritato dell’interruzione ma poi sorrise subdolamente ‘Ma sai che non ne ho idea? Controlliamo?’ disse muovendo alcuni passi verso di lei.
‘Non la toccare!’ Harry ringhiò tutto il suo corpo che si contrasse nello sforzo di non scattare ma allo stesso modo pronto a scattare ogni momento.
854 si fermò e poi, lentamente, inarcò le sopracciglia, sorridendo ‘Siamo nervosetti, eh?! Non penso che tu sia nella posizione di potermi dire quello che posso o non posso fare. Comunque, visto che mi sento particolarmente ben disposto e l’ho toccata abbastanza per oggi, non lo farò’ e piegando la testa da un lato, il viso che si aprì in un ampio sorriso ‘Mi puoi ringraziare ora’
Harry sentì un lancinante odio sviscerarlo e sapeva che in quel momento avrebbe potuto uccidere quell’uomo. Spietatamente, nessuna pietà l’avrebbe fermato. Avrebbe potuto ucciderlo e goderne. Per la prima volta nella sua vita, era sicuro che avendo l’uso della sua bacchetta l’incantesimo Avada ne sarebbe sgorgato forte e senza impedimenti, perché devi voler fare del male per lanciare una Maledizione senza Perdono e lui voleva fargli male.
Il sorriso di 854, non ricevendo una risposta, scemò e tenendo ferma la bacchetta contro Ginny ripeté cupamente ‘Ho detto che mi puoi ringraziare ora.’
‘Grazie’ Harry borbottò velocemente stringendo i pugni.
Lo stregone si rischiarò ‘Prego. Sono sempre stato un po’ nobile di cuore… Sai, una volta il Signore Oscuro mi diede una missione…’ Harry aveva a malapena la pazienza di ascoltare la sua tiritera, ma il livello di attenzione dello stregone si era abbassato mentre raccontava dandogli un’opportunità che decise di sfruttare.
Scattò e si lanciò su 854.
Lo stregone, sorpreso dall’improvviso attacco fisico, trasalì, offrendogli l’opportunità di dargli una gomitata sul naso rotto abbastanza forte, sperò, da fargli perdere conoscenza. Si abbassò su di lui e strisciò per sottrarne bacchetta ma proprio mentre stava per afferrarla dalla tasca, 854, che non aveva perso conoscenza per niente, gridò ‘CRUCIO’
Harry trasalì pronto a sentire quel dolore atroce, ma non arrivò. Un filo rosso sottilissimo colpì Ginny dritto al petto e un prolungato lancinante grido le lasciò le labbra mentre si accartocciava su sé stessa, tutto il corpo che si contraeva.
Quel grido disintegrò qualsiasi cosa in Harry: il controllo su stesso, il suo odio per 854 e il suo potere di pensieri coerenti. Gridando il suo nome si fiondò su di lei. Lo stregone non cercò di fermarlo, ancora raggomitolato sul pavimento, una mano al volto sanguinante, rise soltanto di cuore senza abbassare il braccio dove il filo rosso stava scomparendo.
Harry cascò sulle ginocchia di fianco a lei, raccogliendone il corpo pieno di spasmi. Liberò il suo viso pieno di lividi dai capelli, i suoi occhi erano chiusi. Non rispondeva al suo tocco. Il suo viso, i suoi capelli in quel momento, gli ricordarono così tanto un altro evento simile di tre anni prima che lo paralizzò quasi dal terrore, ma, al contrario di quella volta, percepì con sollievo il respiro, debole ma comunque lì.
‘Sono qui, Ginny. Non preoccuparti, andrà tutto bene’ mormorò, la sua voce tremante, baciandole la fronte.
Lo stregone sentendo ciò, nonostante continuasse a tenersi una mano sul naso chiaramente dolorante, scoppiò in una risata. Si avvicinò tenendo la bacchetta puntata su di loro ‘Sei divertente! Cosa te lo fa pensare? È così ovvio che non lo sarà. Almeno non per te e neanche per lei’ Continuò scrollando le spalle non curante ‘Sei stato molto stupido, ma sono stato ancora più stupido io, te lo concedo. Comunque, ho imparato la mia lezione come tu hai imparato la tua, penso. Non fai il furbo con me, ora allontanati’
Ma Harry non si mosse, non si sarebbe allontanato non importa cosa. Se la tenne solo stretta tra le braccia accovacciandosi per schermarla il più possibile.
Lo stregone ripeté la sua ingiunzione e non vedendo Harry ubbidire, incrociò le braccia e sbuffò ‘Perché mi devi obbligare a diventare cattivo? Potremmo divertirci molto di più se ti spostassi’
Harry non rispose, tutti i suoi sforzi mentali concentrati nel proteggere Ginny. Sapeva che qualcuno sarebbe arrivato ad aiutarli, non sapeva quando, ma dovevano venire. Doveva solo trovare un modo di tenere Ginny al sicuro fino a quel momento.
854 camminò fino al tavolo dove c’era una bottiglia. Si versò il contenuto in un bicchiere e poi si lasciò cadere sul divano osservandoli freddamente. Giochicchiò con il bicchiere facendo girare il liquido dorato all’interno.
‘Non mi interessa niente di quella puttana di tua moglie. È te che voglio vedere morto’ disse dopo un po’ prendendo un sorso ‘Dieci anni ho passato in quel merdaio!’ ringhiò ‘Niente potrà mai rimediarlo!’ urlò arrabbiato frantumando il bicchiere sul pavimento.
Harry non si mosse, carezzava solo delicatamente la testa di Ginny per rassicurarla. Ma lei era incosciente. E tutto quello che stava facendo in realtà era cercare di rassicurare sé stesso. Era all’erta per ogni rumore, per una qualsiasi opportunità di scappare, attentamente valutando ogni possibilità.
La smaterializzazione era impossibile e nessun suono si sarebbe sentito dall’esterno. Lo stregone aveva pensato a tutto. Era stata la prima cosa che aveva notato entrando lì dentro. Il fuoco era stato barrato per impedire a qualsiasi stregone a parte lui di entrare.
Quando aveva visto il suo doppelganger nella stanza di Ginny dal suo ufficio, gli ci era voluto qualche secondo per comprenderne il significato e quando finalmente lo capì, un puro panico aveva preso il sopravvento privandolo della capacità di pianificare qualcosa di concreto. Voleva solo raggiungerla.
L’Auror in lui provava a formare un piano nella confusione, cercava di placare l’impulso di buttarsi nel fuoco immediatamente. Doveva avvisare qualcuno, era impensabile di andare senza farlo nonostante l’ingiunzione ricevuta. Ma l’ufficio era vuoto, Elisabeth era da qualche parte nel Ministero e ogni altro Auror fuori. Un Patronus sarebbe stata la soluzione migliore, ma si trovò incapace di congiurarlo, l’orologio ticchettava e Ginny sicuramente torturata, non aveva il tempo di concentrarsi su pensieri felici, non ce n’erano nella sua testa. Doveva andare, non c’era tempo, e neanche abbastanza concentrazione per formare un piano. L’Auror riuscì solamente a fargli afferrare un foglio di carta, scrivere l’indirizzo sopra e solo una frase ‘Ha preso Ginny’.
Era stato lasciato sul pavimento davanti al camino.
Quella era stata l’unica cosa che era riuscito a fare prima di entrare nel fuoco. Probabilmente Elisabeth sarebbe passata dal suo ufficio e probabilmente avrebbe visto il foglio.
Tutte le sue speranze erano basate su quel terreno sdruccioloso.
Doveva solo trovare un modo di tenere Ginny salva fino a quel momento. Sopraffare lo stregone sembrava impossibile. Si era bruciato la sua occasione e ora che aveva Ginny tra le braccia non riusciva a contemplare l’idea di lasciarla andare. Non poteva lasciar andare quel fragile corpo annidato contro di lui, era impensabile. Doveva proteggerla. Non poteva correre il rischio che venisse colpita da un’altra maledizione. Era già troppo debole per sopportarla. Mai, come in quel momento, lo colpì come fosse piccola e delicata, scomparendo quasi completamente tra le sue braccia.
La teneva stretta cercando di trasferirle un po’ di forza e accumularne un po’ per sé stesso sicuro di quello che stava per accadere.
854 si era di nuovo lasciato mollemente cadere sul divano con un’espressione corrucciata ‘Mi consolo pensando che sarò famoso intanto. Tutti tremeranno alla semplice menzione del mio nome dopo che ti avrò ucciso. Comparirò in ogni libro di storia come il potente stregone che ha ucciso Harry Potter’
Si fermò in considerazione ‘Ma penso sarai d’accordo con me che mi merito una sorta di ricompensa per questi dieci anni di vita persi, non pensi?’
Aveva pronunciato quelle parole quasi pigramente, la mano con la bacchetta che giaceva al suo fianco. Concludendo il discorso, la sollevò appena ‘Possiamo cominciare direi. Un Crucio per ogni anno per cominciare e poi vedremo. Posso guarirti a sufficienza per andare avanti per un bel po’ o almeno per averti abbastanza cosciente in modo da poter essere testimone di quello che farò alla tua puttana una volta che non riuscirai più a muoverti. Cosa ne pensi? Puoi supplicarmi di fermarmi in qualsiasi momento però e lo valuterò’ disse e, senza aspettare una risposta, impartì alla bacchetta un lieve movimento.
Harry sentì un dolore spasmodico che gli attraversò tutto il corpo; le sue ossa sembravano in fiamme, i muscoli lacerarsi, il cervello gonfiarsi sull’orlo di un’esplosione. Era un dolore lancinante che lo fece contrarre contro Ginny. Era una tortura che aveva già sperimentato, tuttavia, ricordava benissimo la memoria del dolore ma non il dolore in sé, quindi colpì più forte che mai, esattamente come quando quindicenne aveva confrontato Voldemort nel cimitero. Era quel momento di nuovo.
Quando si fermò, Harry ansimava pesantemente cercando di costruire una barriera per prepararsi a quello dopo.
‘Sei pronto ad implorare?’ 854 chiese senza mutare la sua finta noia e, non ricevendo una risposta da Harry, fece un profondo sospiro ‘Va bene, come vuoi’
E un altro colpetto marcò l’inizio di un’altra insopportabile tortura, sempre la stessa ma sempre diversa nei devastanti effetti sul suo corpo. Questa volta durò così a lungo che portò un potente conato che lo fece rimettere della bile gialla sul pavimento, fitte di tosse e vomito non gli diedero pace, respirando profondamente cercava di fermarle per tornare nella sua armatura, pronto per la prossima.
Lo stregone si alzò e camminò verso di loro. Si fermò abbastanza lontano per non essere afferrato e si abbassò per trovarsi al loro livello reclinando la testa da un lato.
‘Sai, è abbastanza stupido da parte tua non fare come ti ho chiesto. Certo che ti ucciderò ma lo stai prolungando e rendendo molto più doloroso con la tua cocciutaggine. E quello che è peggio, è che quando sarai passato a miglior vita, sarò così incazzato dal tuo rifiuto di obbedire che me la prenderò con la tua troia, e farò del mio meglio per darle una morte atroce. È quello che vuoi?’
Fece una pausa mentre Harry cercava di controllare la tosse, stringendo Ginny convulsamente.
‘Se mi supplichi ora, ucciderò solo te. Lei non deve per forza morire…’
Harry non era così ingenuo; sapeva che non poteva fidarsi. Se avesse lasciato Ginny ora, era sicuro che 854 l’avrebbe torturata e alla fine uccisa sotto i suoi occhi perché l’obbiettivo dello stregone era chiaro; voleva solo vederlo soffrire il più possibile prima di ucciderlo. Era come Voldemort in tutti i suoi incubi con la sola differenza che ora non avrebbe lasciato che le succedesse nulla. Mai nel suo sonno, aveva avuto la possibilità di proteggere le persone a cui teneva, ora poteva, e non si sarebbe allontanato.
Era però anche vero che sarebbe morto lasciando Ginny alla sua mercè. Ma sarebbe morto proteggendola e questo avrebbe fatto tutta la differenza.
Lo stregone sospirò melodrammaticamente ‘Come vuoi. Se preferisci così, sia. Alla fine, raggiungiamo comunque lo stesso obiettivo.’
E l’agonia ricominciò di nuovo e di nuovo, lunga, atroce; il cervello friggeva, le sue ossa si crepavano, i muscoli si scioglievano, e si fermava per un attimo per cominciare nuovamente ancora più intenso e Harry stava cercando con tutte le sue forze di non svenire. Non doveva, se no Ginny sarebbe stata in pericolo. Doveva morire. Doveva aggrapparsi allo stato cosciente per forzarsi a morire. Per proteggerla. Era l’unico modo per salvarla. Solo in questo modo lo stregone non sarebbe stato capace di toccarla dopo la sua morte. Sarebbe stata protetta contro di lui.
Quella magia antica aveva funzionato per sua madre e ora, era sicuro, avrebbe funzionato anche per lui.
Doveva solo essere forte e sopportarlo fino alla fine.
Lo stregone stava chiacchierando tra una maledizione e l’altra, ma Harry a malapena lo sentiva, tutto lo sforzo nel rimanere vigile. Scosso da conati, il suo stomaco era vuoto, non c’era più niente da vomitare. Una tosse repressa lo assillava, ma tenne la bocca chiusa per non urlare, non avrebbe dato allo stregone la soddisfazione di sentirlo urlare, sarebbe stata una morte silenziosa.
Sentì provenire come da molto lontano, 854 offrirgli un Avada se solo avesse supplicato di essere ucciso.
Sarebbe stato bellissimo riceverne una, averla finita rapidamente e senza dolore, sembrava un dono, ma non era pronto ad arrendersi solo per farlo godere di più. Stava morendo alle sue di regole.
E lo colpì di nuovo, scatenando l’ennesimo conato ma tenne la bocca chiusa che si riempì con un liquido dal sapore ferroso, lo mandò giù ma non servì, gli si riempì di nuovo. Tiepidi, rivoletti appiccicosi gli colavano da naso e orecchie. Forse qualcuno rideva, non era sicuro, non riusciva a smettere di tremare.
I suoi arti stavano perdendo di sensibilità non permettendogli di avere una presa su Ginny che gli scivolò dalle braccia e si accasciò al suolo, lui fece lo stesso ma cercò di farlo sopra di lei in un ultimo tentativo di farle da scudo.
E seppe che la fine era vicina, lo sentiva. Sapeva che la maledizione seguente sarebbe stata l’ultima. Sapeva che gli ultimi secondi della sua vita stavano scorrendo via; non aveva più forze, nessun controllo sul suo corpo, la sua mente confusa. Ma c’era qualcosa che galleggiava sulla confusione, un’ultima cosa sopravviveva strenuamente.
Schiuse le labbra lasciando il sangue, che aveva riempito la bocca, sgorgare, e aprì gli occhi per poter guardare Ginny. La voleva carezzare, ma le sue mani non rispondevano, la sua vista era offuscata permettendogli solo di distinguerne i capelli rossi, ma quello che non riusciva a vedere lo creò con la mente e vide una Ginny carina e allegra con i suoi occhi dorati da gatta, le sue lentiggini e l’arco di cupido sul labbro superiore. Gli sorrideva, e fu a lei che dedicò il suo ultimo pensiero cosciente.
‘Ginny, ti amo’ mormorò con quello che gli era rimasto di voce, sperando che lo sentisse.
E poi fu solo un dolore lancinante e niente di più.
   
 
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