Una nave
solcava con velocità i flutti del mare tagliando a
metà le onde con la sua
chiglia; il veliero era seguito da una decina di scafi candidi e
bianchi, tutti
delle stesse dimensioni che avanzavano dietro di lui.
Xavier se ne
stava in piedi, sul ponte, con in mano il timone, scrutando il mare, la
mente
completamente assorta nel dirigere il veliero assecondando i venti che
soffiano
in quel momento.
Poi avvenne:
sulla linea dell'orizzonte, dove il cielo e il mare si incontrano gli
apparve
una sottile striscia di terra.
- Terra! Terra!
- Gridarono gli elfi di vedetta dall'albero maestro. Era la sua amata
Zàkhara.
Xavier
avvertì la familiare presenza di Dako al suo fianco e si
girò verso di lui.
- Finalmente
a casa! - disse l’elfo con entusiasmo.
- Finalmente
a casa – ripeté l’uomo con un sorriso
tirato.
- Ti vedo
preoccupato Xavier. Qualcosa ti turba? – Chiese Dako. Dopo
mesi passati in sua compagnia,
l’elfo aveva imparato a riconoscere quale fosse lo stato
d’animo dell’uomo da
pochi particolari della sua espressione. Xavier si massaggiò
lentamente la
mascella prima di rispondere. - Il pensiero che i nostri sforzi stiano
arrivando
troppo tardi e che Isobel abbia già attaccato
Antàra non mi abbandona da giorni
ormai. – l’elfo annuì, capiva fin troppo
bene i suoi sentimenti perché erano
anche i suoi.
- Abbiamo
fatto del nostro meglio. Non possiamo rimproverarci di nulla.
– disse più che
altro per convincere sé stesso.
Il capitano
si limitò ad annuire, qualcuno alle loro spalle stava
attendo paziente di
essere ascoltato. Xavier e Dako ebbero solo un attimo di smarrimento
prima di
riconoscere nel ragazzo il giovane messaggero degli elfi di
Alagaësia. Doveva venire
direttamente dalla nave ammiraglia; i suoi capelli erano bagnati
d’acqua, segno
che aveva nuotato per raggiungerli, ma il suo volto non aveva
più nulla di elfico.
Il naso, quasi inesistente, era ridotto a due orifizi, la pelle aveva
assunto una
velata sfumatura verde ed era così liscia che
l’acqua le gocciolava sopra come fosse
argento vivo. Strati di squame imbracate tra loro coprivano qua e
là il suo
corpo tanto da permettergli di non indossare alcun abito e dietro alle
orecchie
due branchie si aprivano per permettergli lunghe traversate
sott’acqua.
- Un
messaggio da Roran Fortemartello - annunciò il ragazzo
mentre si portava indice
e medio alla bocca in segno di rispetto. Nessuno dei due si era ancora
abituati
all’idea che la magia permettesse a quegli elfi di poter
mutare il loro aspetto
secondo le proprie velleità.
- Riferisci
pure il messaggio, ti ascoltiamo - gli rispose subito Xavier.
- Il
capitano chiede istruzioni per le manovre di avvicinamento. –
si affrettò a
rispondere il ragazzo.
Da lì
a poco,
lo stesso Xavier avrebbe mandato un messaggio per informarlo, ma
Fortemartello
sembrava sempre anticipare le sue mosse. I due compagni si scambiarono
un breve
sguardo di intesa, quindi, si girarono all'unisono in direzione della
nave del
loro alleato dove un grande drago verde volava al suo lato.
- Cosa devo
riferirgli? - chiese ancora una volta il ragazzo, richiamando
l'attenzione dei
due capitani.
- Digli pure
di mantenersi il più possibile vicino alla nostra nave. Non
possiamo
avvicinarci troppo alla costa di Zàkhara. Dobbiamo
circumnavigarla, in modo da
non essere avvistati dalle vedette della regina. Raggiungeremo
Antàra domani
nel pomeriggio. -
- È
tutto
Signore? -
- No.
Riferisci al capitano Fortemartello, di abbassare le vele e di affidare
la nave
ai soli rematori, almeno fino a quando non avremo passato il Capo dei
Giganti
all'estremità sud. Le stesse raccomandazioni valgano per
Validor. Che si tenga
il più possibile a bassa quota. È tutto. -
- Sì,
Signore. - disse con entusiasmo. Il ragazzo si allontanò per
prendere la
rincorsa e gettarsi nuovamente in acqua superando con un tuffo la
ringhiera del
ponte.
Dako e
Xavier si affacciarono per osservarlo mentre risaliva
sull’altra nave, poi entrambi
tornarono a guardare l’orizzonte di fronte a loro.
Fu ancora una
volta Dako a rompere il silenzio tra loro. Appoggiato alla ringhiera
che
sovrastava il ponte della nave, il suo sguardo si era fermato ad
osservare un
gruppo di delfini che seguiva lo scafo della nave. Come a ragionare con
sé
stesso disse:
- La
risposta della gente di Alagaësia è stata immediata
e totale. I due cavalieri
hanno lasciato una vera fortuna nella loro terra. Non mi spiego ancora
il
motivo che li ha spinti a lasciare la sicurezza e la gloria, per
avventurarsi
in un posto sconosciuto senza sapere a cosa andassero incontro. - il
tono di
voce di Dako era profondamente perplesso. - Di tutti coloro che li
hanno
conosciuti, nessuno è riuscito a spiegare il vero motivo
della loro partenza.
Non lo trovi un fatto strano Xavier? Ho cercato di parlare anche con
Roran,
dirigendo più volte il discorso sull’argomento, ma
appeno l'ho fatto lui è
riuscito sempre a evitare di parlarne -
- È
il
cugino di entrambi i cavalieri, forse è un argomento che
ancora scotta. –
rispose Xavier che sapeva già dove voleva andare a parare
l’elfo.
- Cosa
nascondono? - chiese ancora Dako; questa volta con più
insistenza. Xavier
scosse piano la testa, ma aspettò qualche attimo prima di
rispondere, come a
cercare le parole giuste per non ferire il suo orgoglio.
- Lascia da
parte la tua gelosia per i più giovane dei cavalieri Dako, e
pensa alla cosa
davvero importa. Siamo riusciti ad arrivare con i soccorsi, ora abbiamo
una
flotta da opporre a Isobel - gli disse lasciando Dako visibilmente in
imbarazzo.
- Ma tu, tu
sapevi di... - Xavier gli sorrise dandogli una pacca leggera sulla
spalla.
- Fa quello
che ti ho suggerito, lasciala perdere. Non è per te -
aggiunse prima di dirigersi
in sottocoperta lasciando un attonito Dako a meditare sulle sue ultime
parole.
**
Il giorno
seguente, come previsto da Xavier, le navi giunsero al porto di
Antàra.
Lo
spettacolo che si presentò agli abitanti della
città fu senza precedenti. Passato
lo stretto e senza più timore di essere sorpresi, ogni nave
aveva spiegato le proprie
vele, ed ora una immensa macchia di colore stava dirigendosi verso il
porto.
A poche
leghe di distanza dalla costa, la nave di Fortemartello si
affiancò a quella del
capitano Dako, per giungere al porto insieme, davanti a tutte le altre.
Parte della
flotta venne dirottata nei tre porti minori lungo la costa, ma il loro
numero
rimase lo stesso impressionante.
Castigo Gleadr
affiancati da Jill e Reafly, erano accanto al re e parte del consiglio
per
accogliere il loro arrivo.
Tutti videro
il drago verde staccarsi con eleganza dalle una delle due navi di punta
e
dirigersi verso di loro mentre le due navi eseguivano le manovre di
sbarco.
La creatura
planò
di fronte a Castigo e i due draghi, incuranti degli sguardi attoniti di
tutti,
si scambiarono alcune effusioni, poi Jill si avvicinò al
drago smeraldo.
- Lui
è
Validor Maestà. Validor, il re degli elfi Arold –
disse Jill.
Il drago
smeraldo si girò verso l’anziano elfo e
avvicinando il muso al suo lo salutò con
rispetto. L’attimo fu carico di tensione che si sciolse
quando dalle due navi ammiraglie
scesero i capitani Xavier e Dako insieme a due stranieri: un uomo e una
donna molto
giovani e una bambina al seguito.
Re Arold
salutò per primi i capitani Dako e Xavier. A ognuno strinse
la mano e
avvicinandoli a sé gliela batté sulla spalla,
segno di rispetto e gratitudine;
quindi, il re passò ai due giovani dietro di loro.
- Tu devi
essere Roran Fortemartello. Cugino dei cavalieri Eragon e Murtagh.
– disse
rivolgendosi prima all’uomo.
- Sì,
maestà,
e sono anche membro del consiglio delle razze e comandante di questa
flotta. – Re
Arold scrutò per un istante i lineamenti forti del giovane e
i suoi occhi
andarono al martello che spuntava da dietro la testa. Era agganciato a
una
imbracatura che fasciava il petto e indossata con una certa
disinvoltura. - Dei
compiti alquanto gravosi per un uomo così giovane.
– aggiunse. Alle sue parole Roran
non si scompose, solo una leggera smorfia andò a piegare gli
angoli della
bocca.
- La guerra
non guarda in faccia a nessuno Maestà. Giovane o vecchio,
quando vieni colpito
o reagisci o perisci - rispose cercando di essere il più
possibile diplomatico.
Alle sue parole re Arold annuì con un sorriso triste. Anche
quando conobbe
Eragon e Murtagh ebbe l'impressione che fossero troppo giovani per il
ruolo che
ricoprivano. Poi il sovrano si rivolse alla donna che gli era a fianco.
- E tu devi
essere
il cavaliere dei draghi Katrina, figlia di Ismira. È un
onore per me incontrare
un altro cavaliere. –
-
L’onore è
mio Maestà – rispose Katrina e i suoi lunghi
capelli ramati ondeggiarono morbidi
sulla schiena e sulle spalle attirando lo sguardo di molti. Con estrema
naturalezza
si girò da un lato e prese in braccio la bambina che le
stava tirando con
insistenza la veste per attirare la sua attenzione. La bambina aveva
gli occhi
e i capelli di Katrina e la stessa espressione seria e determinata di
Roran.
- Chi
è questo
splendido fiore? – chiese allora Arold.
- Lei
è
Ismira, nostra figlia – la piccola si era aggrappata con
forza al collo della
madre guardando re Arold con due grandi occhi spaesati.
- Mamma chi
sono? – chiese biascicando.
- Io mi
chiamo Arold piccina e ti voglio presentare un altro cavaliere, come la
mamma.
Si chiama Reafly. -
Reafly si
fece avanti con una leggera spinta da parte di Jill. Fece un saluto
alls
piccola ma i suoi occhi tornarono a Katrina -
Katrina Svint-kona. Atra Esternì ono
theulduin – disse rivolgendosi con rispetto alla
giovane donna.
- Mon'ranr
lìfa unin Hjarta onr
– rispose Katrina.
- Un
du
evarìnya ono varda. - concluse Reafly concludendo
il saluto elfico. Ismira che
aveva intuito l’importanza del momento rimase a guardare
affascinata quel
giovane che si era rivolto alla madre nella lingua con cui erano soliti
parlare
con gli elfi.
- Vedo che
Arya ti ha insegnato bene giovane Shur'tugal - gli
disse Katrina attenuando
la tensione con un sorriso, per poi rivolgere il proprio sguardo a
Roran. A
entrambi non erano passate inosservate due grandi assenze. Quelle di
Murtagh e
di Arya.
- Già
sapevamo
dalla regina Arwen riguardo la minaccia di Isobel e delle sue armi.
Sono
passati altri tre mesi dalla nostra partenza. Cosa è
cambiato? - intervenne Roran
con voce affabile, mantenendo allo stesso tempo un tono deciso. Katrina
al suo
fianco annuì sostenendo la posizione del compagno mentre
faceva scendere a
terra Ismira.
Re Arold
sospirò. - Molte cose, come potete immaginare. Ma non
parliamone qui. -
A un battito
di mani del re, ognuno dei presenti ruppero le righe per muoversi in
direzione
del castello. Fu solo allora che Jill poté salutare con
più libertà Roran e Katrina,
mentre Ismira si era già avvicinato con curiosità
a Reafly che subito le aveva presentato
Gleadr.
I tre si
scambiarono un caloroso abbraccio. - Katrina, Roran. Non sapete che
sollievo
avervi qui. – disse la ragazza. Allora Arold intervenne con
voce bonaria.
- Se lo
vorrà, Jill potrà iniziare a ragguardarvi su
tutto ciò che desiderate sapere – disse
l’elfo dimostrando così una grande fiducia nei
confronti della giovane donna.
- Vi ringraziamo
Sire. –
**
Erano passati
tre giorni da quando la flotta alleata aveva raggiunto
Antàra. Roran e Katrina
stavano percorrendo i corridoi del palazzo per andare a far visita ad
Arya. Quel
pomeriggio avevano lasciato Ismira alle cure di Jill e di Reafly a cui
la
piccola si era molto affezionata.
Alicia non
mancò di accoglierli fuori dalla porta con le
raccomandazioni che oramai dava a
tutti.
- Arya vi
attende nella sua stanza. È molto felice di vedervi, ma devo
chiedervi di non
trattenervi a lungo. Non deve affaticarsi troppo. - Roran e Katrina
annuirono, senza
troppa convinzione; avevano un ricordo ben preciso dell’elfa
come una donna forte
e libera che non coincideva affatto con quello che tutti stavano mostrando loro.
Secondo
quanto aveva detto re Arold, da alcuni giorni non usciva dai suoi
appartamenti
ed anche se Jill aveva confermato, Roran e Katrina avevano comunque
espresso il
desiderio di farle visita.
- Roran,
Katrina – li chiamò l’elfa. L'ovale
perfetto della sua pancia era ben visibile
da sotto le vesti di tessuto leggero.
- Arya svit-kona
- salutarono la coppia mentre Katrina chinando la testa e
iniziò il saluto
elfico. Arya con un sorriso completò il rito.
- Ci hanno
detto che non devi affaticati, non ci tratterremo molto. –
Contrariamente
a quello che si sarebbero aspettati, l’elfa non
negò le sue difficoltà - La
gravidanza per gli elfi è sempre un momento molto delicato.
Per noi si tratta
di un evento raro e lo è ancora più quando il
compagno è un giovane umano come lo
è il padre. –
Arya fece
una breve pausa, abbassando il volto sulla pancia per sfiorarla con la
mano.
- Non
l’ho ancora
detto a nessuno, lo sto confidando a voi adesso, ma ho scoperto che
aspetteremo
delle gemelle. –
Nell’udire
la notizia Roran e Katrina si guardarono pieni di stupore. –
Gemelle! – dissero
insieme.
- Questo
vuole dire… - aggiunse Katrina senza riuscire a finire la
frase. La ragazza realizzò
in quel momento cosa poteva comportate un parto gemellare. Ricordava
fin molto bene
quello della moglie di Horst. La donna aveva rischiato di morire
proprio
durante il parto.
- Questo
significa più energie necessarie per gestirla. Per questo
devo essere più
prudente di quanto sarei normalmente – aggiunse Arya come a
leggerle il
pensiero.
Nel notare i
loro volti preoccupati Arya si alzò dalla sedia su cui era
seduta e
avvicinandosi prese ciascuno per mano e li scosse con delicatezza.
- Una
gravidanza dovrebbe essere qualcosa bello, un periodo di allegria e
gioia. Non
fonte di dispiacere e preoccupazioni. Dovete essere felici per me e per
Eragon!
- Arya rivolse loro il suo sorriso più smagliante.
- Certo che lo
siamo. - disse Katrina stingendole a sua volta la mano. –
Vero Roran? – il
ragazzo si limitò ad annuire.
- So che il
tuo pensiero, Fortemartello, è rivolto a tuo cugino - disse
Arya, mentre il
sorriso si affievoliva – Non pensare che non sia anche il
mio. Le bambine sono
legate a loro padre da un legame più profondo di quello di
sangue. È un legame
magico che mi dice che si sta avvicinando sempre di più a
noi – Arya lasciò che
le sue parole sortissero il loro effetto, quindi, continuò -
Ora ditemi di voi
– disse con un sorriso. - So che con voi
c’è anche vostra figlia Ismira. La prossima
volta che venite a trovarmi dovete portarmela. Mi farebbe un immenso
piacere
conoscerla. –
- Lo
farò
Arya. – le rispose Katrina.
Arya passo
il sguardo da l’uno a l’altra poi disse cambiando
argomento.
- Avete
parlato con re Arold. Che impressione vi siete fatti di lui? -
Roran
incrociò le braccia al petto e prese un profondo respiro.
Questo era un
argomento a lui più congeniale e pesò bene le sue
parole prima di esprimere il
suo giudizio.
- Il re sa
che noi siamo la loro unica speranza contro Isobel. Abbiamo passato tre
giorni
ad organizzare al meglio la dislocazione delle navi, il loro
approvvigionamento
da terra, ed altri particolari, ma non l’ho mai sentito
parlare di Eragon o
Murtagh. Ho l’impressione che data l’assenza di
informazioni su di loro stia
evitando l’argomento -
- Katrina? -
chiese Arya rivolgendosi alla giovane
- È
un re
giusto. - disse girando il volto verso Roran.
- Ma sembra
spaventato. La paura può far commettere cose molto stupide. -
- È
vero,
tutto quello che avete detto - annuì Arya, guardando prima
l'uno poi l'altra.
- Per lui la
cosa più importante in questo momento è
sconfiggere Isobel. Non ne conosciamo
il motivo ma la regina vuole la distruzione degli elfi. –
**
Roran e
Katrina rimasero sorpresi dei grandi cambiamenti avvenuti
nell’elfa. - Ha
tessuto una rete magica tutta intorno a lei e alle bambine. –
stava spigando
Katrina al marito - Alla DuWaldenvarden ho letto di questa pratica in
uso nella
casa reale elfica – concluse mentre entravano nelle loro
camere.
Roran
annuì
stringendole i fianchi con le braccia con fare protettivo.
- La
lontananza di Eragon e Murtagh rende tutto più complicato. -
fece di getto la
ragazza mente Roran le baciava teneramente il collo. Conosceva il
valore della
moglie e non gli piaceva quando si abbatteva in quella maniera.
- Quando
abbiamo accettato il comando della missione sapevamo che non sarebbe
stato
facile. Sarai all'altezza del compito, amore mio. Non ne dubitare mai. -
***
Dal dorso di
Saphira, Eragon e Murtagh avevano una chiara visuale di
Gratignàc.
Erano state
solo le prime ore della mattina, ma il mercato e il porto della
città
brulicavano già di una fervente attività.
Allargando
le loro menti Eragon e Murtagh iniziarono a aggirarsi tra le i mercanti
e i
marinai della città le cui coscienze erano tutte intente ai
problemi e alle
mille faccende della vita quotidiana.
Dobbiamo
individuare al più presto la casa del governatore. Disse
mentalmente Eragon. Il moro
assentì immergendosi ancora di più in quella
calca, lo stesso fece Eragon.
Continuarono
a sondare le mente delle persone ancora a lungo passando con
facilità tra una e
l’altra; erano uomini, donne, bambini, tutti privi di
qualsiasi difesa mentale.
Per Murtagh fu facile capire di essere di fronte al governatore e il
suo
entourage, quando improvvisamente incontrò un blocco magico.
Non troppo lontano
da lui Eragon aveva appena lasciato la coscienza di una giovane serva,
quando
anche lui
avvertì la presenza una
dozzina di menti tutte ben protette. Aveva trovato qualcosa. Stava per
richiamare
l’attenzione di Murtagh quando sentì un brivido
lungo la schiena che lo congelò
sul posto. Murtagh, che doveva aver avvertito la stessa cosa gli fu
subito
accanto.
Quei maghi non
stavano proteggendo solo il governatore. Nel palazzo c’erano
anche i Ra’zac.
Eragon
provò
un moto di rabbia che minacciò di travolgerlo. Le immagini
del corpo esanime di
Saphira tornarono vivide alla sua mente e il senso di vuoto che aveva
provato allora
fu per un attimo nuovamente reale.
Calma
Eragon. Non sono un problema per noi due. Li hai già
sconfitti una volta,
ricordi? Possiamo farlo ancora. Questa volta insieme. Si
affrettò a dirgli Murtagh.
Va bene. rispose
flebile Eragon mentre
lasciò che il fratello lo sorreggesse mentalmente.
Ritornando in sé Murtagh socchiuse
gli occhi e, sollevandosi su dal dorso di Keiron, si rivolse ancora una
volta verso
Eragon.
Anche il
fratello stava alzando la testa, ma stava tremando visibilmente
attraverso
tutto il corpo.
Ci
sarà
il tempo per la vendetta, piccolo mio.
gli stava sussurrando Saphira nella mente, emettendo insieme un basso
ringhio
gutturale.
La
pagheranno per quello che ti hanno fatto aggiunse lui
accarezzandogli debolmente le squame del
collo.
Tutto
bene? Gli chiese
Murtagh.
Riprendendosi
rapidamente Eragon rimase per un attimo in silenzio Sì,
Murtagh. Non
preoccuparti.
Bene gli rispose con
sollievo il moro. Ora che
sappiamo chi è il nostro bersaglio, qual
è la nostra prossima mossa?
Eragon
rivolse ancora una volta il suo sguardo su Gratignàc. Par e Morgana conoscono la città meglio
di noi, loro sapranno consigliaci cosa
fare.
Bene,
allora sbrighiamo a ritornare. Fece eco
Saphira.
**
Par e
Morgana passarono buona parte del giorno a preparare e illustrare il
loro piano
a Murtagh, Eragon e Saphira e alla presenza dei quattro draghi che si
erano uniti
a loro per l’attacco alle forze di Isobel.
Telluria,
Keiron, Guiltar e Sigmar stesso si erano tutti offerti
nell’affiancarli in
quella impresa. Non un drago di più avrebbe varcato i
confini delle loro terre.
Questa era stata la sentenza finale di Sigmar che aveva insistito per
far parte
anche lui della compagnia, nonostante continuasse a ritenerlo un gesto
folle.
Telluria
come Keiron e Guiltar avevano già varcato i confini delle
terre selvagge, mentre
Sigmar avrebbe soprinteso a tutti loro, in modo che nessuno rischiasse
la sua
vita oltre il necessario. Anche Vespriana aveva chiesto insistentemente
di venire,
ma la dragonessa non poté nulla contro il veto posto dal
nonno e dai genitori
che la ritennero troppo giovane per partecipare a qualcosa di
così grande come
una battaglia. Avrebbe comunque avuto un compito ugualmente importante,
gli
avevano assicurato Par, Eragon e Murtagh, quello di vegliare sulla
piccola
Eleonor e al cucciolo di drago bianco nato dall’uovo che le
era stato
consegnato.
Eragon stava
guardando a terra lì dove Par aveva disegnato sul terreno
uno schema della città
di Gratignàc per aiutarlo a illustrare il piano.
- Prenderemo
di sorpresa le guardie della cittadella. – stava spiegando
l’elfo indicando con
un bastoncino di legno il corpo di guardia - La città non
possiede molte difese.
Il palazzo è guarnito di una solo cinta di mura, facilmente
superabile se si è
a dorso di un drago. - Alzando la testa Eragon vide il muso di Sigmar
sbuffare
lasciando un filo di fumo nero salire dalle sue narici. Telluria
socchiuse i
suoi occhi nocciola e gorgogliò un basso verso gutturale.
Faremo la
nostra parte
mormorò
poi nelle loro menti mentre Keiron e Guiltar annuirono con la testa.
Fu allora
che Morgana prese parola – Il corpo di guardia si trova poco
distante dalla
casa del governatore. Se li prendiamo entrambi conquisteremo la
cittadella. Eragon,
Murtagh e Saphira si occuperanno dei Ra'zac e delle
loro bestie mentre Guiltar,
Telluria e Sigmar e Keiron neutralizzerete la guarnigione di soldati
che
verranno sicuramente inviati a loro difesa una volta dato
l’allarme. Il compito
mio e di Par sarà quello di prendere il governatore prima
che venga portato in
salvo. Sotto la città c’è una reta di
cunicoli che portano all’estero. -
Eragon
annuì
con la testa, il piano era semplice, ma non privo di insidie. Prime fra
tutte
la presenza di un numero consistente di maghi che avrebbe potuto
mettere lui e
il fratello in difficoltà. Era cosciente del fatto che la
presenza dei quattro
draghi era l’elemento fondamentale per la riuscita di
quell’assalto.
Anche Sigmar
lo sapeva e forte della sua posizione fu il primo a rompere le righe.
Telluria
lo seguì subito dopo, poi si mossero Guiltar e Keiron; tutte
e quattro le possenti
creature si allontanarono unite per andare alla ricerca di un posto
dove
riposare per la notte.
Io vado
con loro piccolo mio. Gli
disse Saphira mentre si univa agli altri draghi. Mi
assicurerò che domani tornino
in tempo per l’assalto.
A domani
Saphira. La
salutò Eragon.
Il ragazzo la seguì con lo sguardo per poi tornare subito
dopo a guardare i
suoi compagni di viaggio. Era stata sua l’idea di attaccare
da soli le forze di
Isobel ed ora sentiva tutto il peso di quella responsabilità.
- Se
qualcuno di voi vuole tirarsi indietro può ancora farlo
– disse guardandoli uno
ad uno.
- Vuoi
scherzare? Siamo con te fino alla fine Eragon – gli rispose
Par mentre stava
stendendo il suo giaciglio sul terrendo.
- Lo stesso
vale per me. Posso dire di aver passato la mia vita a prepararmi a fare
parte
di questa impresa – concluse Morgana con
solennità. Eragon alzò lo sguardo verso
entrambi con gratitudine.
- Grazie
–
disse.
Pochi minuti
dopo sia Morgana che Par si erano messi a terra addormentandosi quasi
subito. Erano
rimasti svegli solo lui e Murtagh.
Il maggiore
dei due stava stuzzicando il fuoco con un bastoncino di legno, mentre
Eragon
con il piede si era messo distrattamente a scostare la terra dove poco
prima
Par aveva disegnato.
Avevano
entrambi passato il viaggio a immagazzinare più energia
possibile nelle pietre
delle loro spade, in vista di uno scontro magico. Il giorno seguente
avrebbero
colpito la regina con tale forza da farle sentire il loro fiato sul
collo. La
presenza dei Ra'zac e dei Lethrblaka era
segno che Isobel non
aveva più alcuna remora a servirsi di creature immonde come
loro per
raggiungere i suoi scopi. Proprio come era stato per Galbatoix doveva
essere
fermata.
Per due
volte Isobel aveva messo sotto scacco i due fratelli. In entrambi i
casi
avevano sottovalutato la reale forza della regina, ma ora non avrebbero
più commesso
lo stesso errore.
- Preoccupato
per domani? - chiese Eragon, tradendo una certa tensione nella voce.
- Eccitato
direi. - rispose Murtagh con un ghigno che si contrasse in una leggera
smorfia.
Eragon lo guardò alzando il sopracciglio.
- Stai
pensando a Castigo vero? - Chiese. A quelle parole Murtagh
sentì un brivido
attraversagli la schiena.
- Sento come
un forte vuote dentro di me. È la prima volta che mi trovo
lontano da lui così a
lungo. Non avrei mai immaginato di provare qualcosa di simile. - ammise
Murtagh
dopo un attimo di silenzio.
- Lo so e non
c'è nulla che tu possa fare per colmarlo. - gli rispose
Eragon con voce sottile
che nascondeva dietro una valanga di emozioni. Distogliendo rapidamente
lo
sguardo, Eragon rimase in silenzio.
Murtagh
guardò
il fratello rendendosi conto che quella frase era stata una piccola
finestra
aperta su ciò che aveva passato in quegli ultimi mesi, ed
era stato molto più
di quanto avesse potuto sperare che il fratello gli rivelasse.
- Scusami,
io non ho pensato che tu… - esitò un attimo. -
Posso solo immaginare quanto
deve essere stato duro per te credere di aver perso per sempre Saphira -
- Ora
è
tutto passato Murtagh. Perdonami non sono ancora pronto per poterne
parlare.
Non ancora e no stasera. -
- Va bene
Eragon. Non ti chiederò altro - gli disse lui guardandolo
con un sorriso
rassicurante.
- Grazie
– rispose
debolmente poi avvertì la presenza di Saphira avvolgerlo
protettiva. Allarmata
dal tumulto di sentimenti che avevano preso a vorticare nell'animo del
suo
cavaliere, la dragonessa era corsa al suo fianco.
Con la
certezza della sua presenza Eragon riportò la sua attenzione
verso Murtagh che
stirando le braccia sopra la testa si era lasciato andare a un lungo
sbadiglio.
- Si
è fatto
tardi. Sarà meglio andare a dormire - gli disse dirigendosi
verso il suo giaciglio.
- Tu non vieni? –
Eragon si
strofinò gli occhi – Sì, arrivo
– rispose andando anche lui a stendersi accanto
al fratello.
Prima di cadere
nel sonno poté sentire il grande cuore della dragonessa
battere, e la sua voce
raggiungerlo piena di tenerezza.
Buona
notte piccolo. Riposa adesso. Eragon
le sorrise
Buonanotte
anche a te Saphira.