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Autore: berettha    02/08/2023    2 recensioni
BARTYLUS, Barty Crouch jr x Regulus Black.
||La vita di Regulus dai primi anni ad Hogwarts, sino alla presa del Marchio Nero ed oltre ancora.||
Dal testo: Portami a casa Sirius, cambiami i vestiti, sistemami i capelli dietro alle orecchie, fammi sentire il tuo tocco sulla pelle, asciugami i capelli e lascia che io posi la testa sulle tue gambe.
Raccontami di Hogwarts, di James Potter e di quella volta che avete volato sopra al Lago Nero: come era il vento? Lo sentivi tra i tuoi capelli? Ti faceva lacrimare gli occhi?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bartemius Crouch junior, Evan Rosier, Famiglia Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Brother, forgive me
We both know I'm the one to blame
'Cause when I saw my demons
I knew them well and welcomed them
(...)
When I touch the water
They tell me I could be set free.

The Lament of Eustace Scrubb, The Oh Hellos.

La Guerra, capitolo ventidue. 
L’ultima preghiera di Regulus Black.

Crack.

L’elfo cadde al centro della stanza, pallido come il cienco che portava in vita, in quel momento fradicio e particolarmente sporco.
“Kreacher?” Regulus si gettò su di lui, sollevandolo tra le braccia. “Kreacher? Che è successo? Come stai?” 
“Padron Regulus, Kreacher sta bene.” Piagnucolò l’altro, strofinandosi gli occhi con le mani. “Il Signore Oscuro, lui- l-lui..” Il corpo iniziò a tremare, e Regulus lo zittì immediatamente.
“Non importa, Kreacher. Riposati. Parliamo dopo, okay? Dopo. Sono felice che tu stia bene.” 
Lo posò sul suo letto, ignorando le proteste dell’elfo per liberarsi dalla sua presa, ”No! Non può sdraiarsi qui! Kreacher è un servitore!” 
“Kreacher, ti ordino di riposarti. Quando starai bene potrai riprendere il tuo lavoro, okay?”
Finalmente quello annuì, rannicchiandosi sul cuscino di Regulus, ormai grondante d’acqua. 
Il ragazzo si sedette invece a terra, osservando l’alone di bagnato diffondersi sulle coperte, impregnare il materasso: qualunque cosa avesse fatto il Signore Oscuro al suo elfo, non era stato nulla di anche solo vagamente piacevole. Non lo aveva mai visto così sconvolto e mal ridotto, e se a Regulus non fosse venuto in mente di ordinargli di tornare a casa probabilmente sarebbe ci morto, assieme a Lord Voldemort. 
Non si era accorto di quanto il suo respiro si fosse fatto veloce, e si sforzò per calmarlo.
Un respiro profondo, poi un altro. Un terzo e un quarto. 
Respira, Reg. Respira. Il cuore batteva a ritmo irregolare mentre cercava di metter ordine in testa.
“Kreacher? Dove ti ha portato?” 
“Nella caverna, Signorino Regulus.”
Caverna?
“Cosa ti ha chiesto?” 
“Kreacher ha dovuto versare sangue, Padron Regulus.” Gli mostrò l’avambraccio, dove svettava un profondo taglio a zig zag, il sangue coagulato attorno alla ferita, “E ha dovuto bere una pozione.”
“Che tipo di pozione?”
“Una cattiva. Magia cattiva, che gli elfi non conoscono. Per proteggere la collana.” 
Regulus si destò improvvisamente, “Proteggere una collana?” chiese, in un sussurro.
“Una collana verde e grande, con un serpente inciso. Kreacher ne ha vista una simile al collo della Signora Black.” 
“Tipo u-un medaglione? Come era Kreacher?” 
“Pesante, cattivo. Sussurrava parole per cui Kreacher ha dovuto punirsi. Tutto era cattivo. E scuro, e morto. Kreacher ha avuto paura, Signorino Regulus.” 
Un medaglione. Magia oscura. 
No, non può essere. Non può essere così facile. Era entrato il suo elfo, e soprattutto era riuscito ad uscirne, quanto difficile o pericoloso avrebbe potuto essere? Uno scambio, era tutto quello che gli sarebbe servito. Le labbra non riuscirono a non piegarsi in un mezzo sorriso, nonostante la paura.
Uno scambio, veloce, qualche incantesimo di Disillusione per mascherare i suoi passi al Signore Oscuro finché non ci avrebbe capito meglio.
“Kreacher, devi andare in camera di mamma e prendere il medaglione che papà le ha regalato a Natale. Non devi dirglielo però, okay? E’ il nostro segreto. Poi, mi devi portare nella caverna.”
“No! Rubare alla signora?” Kreacher si alzò così in fretta che cadde dal letto, portandosi dietro le coperte e il cuscino. “Non può andare là, Signorino Regulus! E’ un luogo cattivo!” Iniziò a singhiozzare, tirando le sue orecchie per punirsi. Regulus gli prese le mani, portandole lontano dal suo volto; anche così, cercava in tutti i modi di ferirsi per aver disubbidito agli ordini.
“Kreacher, calmati! Calmati, okay? Va tutto bene. Dobbiamo farlo, okay? Per Barty. E anche per la mamma. Per Sirius! Dobbiamo fare questa cosa, e poi sarà tutto finito. Non stiamo rubando, metteremo tutti al loro posto entro sera, ma bisogna rischiare se vogliamo far loro del bene.” Parlava lentamente, scandendo le parole come ad un bambino. Sperò che fosse abbastanza per convincere l’elfo.
Quello si calmò, gli occhi gonfi di lacrime e il naso umido. “Kreacher tiene alla famiglia Black. Farà tutto, per la famiglia Black.” 
“Lo so. E ti ringraziamo per questo. Ora vai a prendere la collana, okay? Poi ce ne andiamo.” 

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Il mare si agitava sotto di loro, scuro e minaccioso. Grigio, rifletteva le nuvole che danzavano sopra di esso, e non permetteva di intravederne la profondità.
Materializzarsi fino a lì era stato facile: nessun incantesimo li aveva respinti, nessun allarme era scattato facendogli bruciare il Marchio sul braccio.
L’aria era frizzante, leggera, quasi invitante: sembrava sbagliata in rapporto al tormento che Regulus sentiva crescere dentro di sé ad ogni respiro.
“Dove si trova la caverna, Kreacher?” Domandò, in equilibrio sopra uno scoglio.
“Laggiù Signorino Regulus.” L'elfo indicò con un dito lungo e nodoso una piccola apertura, tra due massi, dove l’acqua sembrava infrangersi con ancora più forza. “Venga, le faccio strada.” 
Saltò da uno scoglio all’altro, e Regulus lo seguì, attento a non finire in acqua. 
La camicia era già completamente torsa per gli schizzi, così come i suoi pantaloni il cui tessuto aderiva completamente alla pelle. Si tolse i capelli bagnati dalla fronte, che avevano iniziato a gocciolare sui suoi occhi, seguendo attentamente ogni passo di Kreacher.
Se non fosse stata estate, probabilmente, sarebbe morto di freddo.
Ringraziò ogni timido raggio di sole che filtrava dalle nuvole, grato per quel poco di calore che riceveva da essi.
“Di qua Padron Regulus,” Kreacher si tuffò in acqua, e arrancò dentro la caverna, combattendo contro la corrente. ”Ma Kreacher deve avvertire, Kreacher non sa come tornare a casa se entra nella grotta.” Sputacchiava acqua ad ogni parola, attento a tenere la testa sopra la superficie del mare, “Kreacher non doveva tornare a casa, è stato l’ordine del Signorino. Torniamo a casa, torniamo a casa ora.” 
Si tuffò anche Regulus, trattenendo il respiro per quanto fredda era. “Kreacher torneremo a casa, okay? Dopo però. Fammi vedere come entrare.” 
Un basso passaggio che conduceva ad un avvallamento, dove l’acqua era leggermente più alta: a Regulus arrivava quasi alla vita. Allungò un braccio verso Kreacher, per aiutarlo a mantenersi a galla. La marea alta non giocava a loro favore.
“Laggiù, su quel masso, padron Regulus. Là Kreacher ha aperto la caverna con il sangue.” 
Regulus posò la mano libera sui sassi.
Magia, magia nera per la precisione: la sentiva vibrare sotto le sue dita, scagliarsi contro la sua pelle come se volesse morderlo. Viscosa, come il sangue che richiedeva a gran voce, ferrosa come il sapore di una Maledizione.
“Sangue hai detto?” 
“Proprio lì.” 
Aiutò l’elfo a sedersi sopra uno scoglio, tirando fuori la bacchetta dalla tasca inferiore dei pantaloni subito dopo. La puntò contro il suo braccio, “Diffindo.” mormorò ed accanto al Marchio si aprì un nuovo taglio, lungo e poco profondo, ma già gorgogliante di sangue.
Con mano tremante si sporcò le dita con esso, passandole sulla roccia.
Per un’interminabile frazione di secondo, pensò che Kreacher si fosse sbagliato. Che non si sarebbe aperto nessun passaggio. 
Che sarebbero potuti tornare a casa, confusi e insoddisfatti. Che avrebbe dormito per tutta la notte in quegli stessi abiti bagnati e che il giorno sarebbe uscito con Barty, “Sai, è successa una cosa davvero curiosa.” gli avrebbe raccontato.
Barty avrebbe corrucciato le sopracciglia e avrebbe iniziato a tormentarsi la crosta vicino al labbro, e bastò solo il pensiero di quell’immagine a far desiderare a Regulus di tornare a Grimmauld Place.
Ma le rocce si aprirono.
E Regulus non poteva perdere tempo ad avere paura.
“Andiamo Kreacher, mostrami la strada.” 

Attraversarono le acque all’interno della caverna con una barchetta, tanto piccola che Regulus aveva temuto si sarebbe rovesciata da un momento all’altro.
Sotto di loro, tra le acque scure, qualche creatura girava curiosa attorno ad essa, sollevando piccole onde e creando mulinelli. Avvincini? Sirene? 
Kreacher si era rannicchiato in un angolo della barca, ai piedi di Regulus. ”No, no, no, magia cattiva.” mormorava.
“Shh, tra poco abbiamo finito. Resisti, Kreacher.” cercava di confortarlo, nascondendo il tremolio della sua voce.
Si fermarono su un piccolo isolotto, al centro di questo lago salato di cui era difficile scorgere l’orrizzonte. Una luce verde smeraldo illuminava il catino di madreperla da cui proveniva e, seppur in modo lieve, anche quello che si trovava intorno ad esso.
“Andiamo.” Mormorò a Kreacher. Scese dalla barca, facendo muovere le acque. Qualunque cosa si trovasse dentro esse si spaventò, scappando via in uno sciabordio confuso.
Mise via la bacchetta, avvicinandosi al recipiente: acque cristalline si scontravano tra di loro al suo interno, miti e placide nel loro eterno vorticare.
Le sfiorò con la mano, ma essa rimase asciutta e non un’increspatura si formò sulla superficie di esse.
Solo a quel punto notò la conghilia posta al fianco del catino.
“E’ questa la pozione Kreacher?”
“Sì, Signorino Regulus. Il Signore Oscuro gliel’ha fatta bere tutta a Kreacher, faceva male, così male...
Fece un respiro profondo, mordendosi il labbro. Qualunque cosa fosse, non sembrava esser mortale. Ce l’avrebbe fatta. 
Avrebbe scelto di essere coraggioso. 
“Kreacher, la berrò io questa volta.”
“No! Non può permettere il vecchio Kreacher di-”
“Kreacher. Ti ordino di lasciarmi bere la pozione.” Sul fondo riusciva a scorgere il medaglione: brillava d’oscurità. “Restami vicino, okay?” 
Kreacher annuì, facendo un passo avanti. Regulus allungò una mano verso la sua, mentre l’altra andava a pescare una grande cucchiaiata della pozione, utilizzando la conchiglia: come aveva immaginato essa si lasciò catturare, beffarda. “Ti dispiace stringerla?” La voce gli uscì una nota più alta, più spaventata di quanto avesse voluto.
“Va bene Signorino Regulus.” 
Trattenne il respiro. 
E buttò giù.

Il primo sorso non fu tanto male.
Imperio.” Sentì la voce della madre alle sue spalle, mentre cadeva sulle ginocchia di fronte alla vasca di pietra.
Una mano invisibile gli tenne la testa sott’acqua, mentre cercava di urlare.
Il secondo, iniziò a bruciargli lo stomaco.
Soffocò un conato, mentre le urla di Sirius gli esplodevano prima nelle orecchie, e poi tutte intorno a lui. Sentì il sapore della magia oscura nella sua bocca mentre le ossa che si spaccavano, fondersi insieme nuovamente solo per spaccarsi un’altra volta.
Acqua bollente che prendeva il posto del sangue nelle sue vene, la pelle che si scioglieva. Non sentiva Sirius,
lui era Sirius, e sentiva la Maledizione Cruciatus. E sentiva anche lui, no, non lui, sentiva Regulus urlare e piangere e poi andarsene, i suoi passi farsi sempre più distanti mentre lui rimaneva solo assieme al suo dolore.
“Forza Signorino Regulus, manca poco.” La voce di Kreacher gli arrivò lontana, eppure era lì, accanto a lui. Sentiva la sua mano stringere la sua.
Il terzo, e questa volta era al Ministero. Evan cadeva di fronte a lui e dalla bocca gli uscì un fiotto di fango nero.
Qualcuno calciò il suo volto, rovesciando i suoi occhi all’indietro così che Regulus potesse vederne solo il bianco, dilaniato dai capillari pieni di sangue. Aveva il segno dell’asfalto sulla guancia.
Chiuse gli occhi, sapendo che se avrebbe guardato ancora per poco Evan in quello stato non ne sarebbe uscito vivo, ma quando dovette riaprirli per immergere nuovamente la conchiglia nella pozione era Barty a trovarsi di fronte a lui, il volto tumefatto e sorridente, la mano del padre sulla sua spalla e i denti sporchi del suo stesso sangue.
“Kreacher non ce la faccio più.” Mormorò, e anche dalla sua bocca uscì del sangue, impetuoso come una cascata.
Ma non sapeva di sangue, era acqua di mare.
Pianse, e intanto continuava a vomitare, acqua e sangue e poi sangue di nuovo e ad ogni singhiozzo seguiva un conato fino a non riuscirne più a capire la differenza. 

L’ultimo sorso. 
L’ultimo.

Aveva vomitato, ma non era sangue.
Solo bile, che adesso gli bruciava sulla pelle del viso e gli sporcava la camicia.
Si ripulì la bocca con il dorso della mano, respirando profondamente. Kreacher, davanti a lui, teneva in mano il medaglione di Voldemort.
L’Horcrux.
Con le mani che non smettevano di tremare, si portò la bacchetta alla bocca, “Aguamenti.” 
Aveva la gola così secca e dolorante che pensava si sarebbe spezzata, se avesse parlato ancora una volta.
Ma dalla bacchetta non venne fuori nulla. Ci riprovò, gracchiando l’incantesimo. Nulla.
La gola gli doleva. 
Lo stomaco, gli doleva.
La testa non aveva smesso un minuto di pulsare, seguendo il battito del suo cuore.
Le dita con cui stringeva la bacchetta erano così deboli che quella gli sfuggì di mano, rotolando vicino all’acqua. Una mano, pallida e gonfia, uscì piano da essa, sfiorando la bacchetta. Alla fine non sembrava affatto un Avvincino.
“Kreacher, ho sete.” Sussurrò.
“Torniamo a casa Padron Regulus.”
Regulus annuì chiudendo gli occhi. Aveva l’Horcrux. Sarebbe tornato a casa, e lo avrebbe distrutto. Lui e Barty sarebbero scappati.
Fa tanto male, ma è finita. E’ finalmente finita. 
“Metti il medaglione di mamma vicino alla pozione, e poi andiamo a casa, Kreacher.” 
E dopo aver sbrigato il comando, l’elfo scomparve, con il suo solito scoppiettio.

Crack.
Lasciando Regulus indietro.

No.
“Padron Regulus, Kreacher non capisce...” Si Materializzò nuovamente al suo fianco, afferrandolo per un braccio.
Altre mani nel mentre erano spuntate dall’acqua, litigandosi la bacchetta di Regulus.
E Kreacher scomparve nuovamente.
E tornò.
E se ne andò.
Ogni volta, lasciando Regulus nella grotta.
No. Riddle, non farmi questo. Non farmi questo. “Kreacher proviamoci l’ultima volta, per favore.” 
Due occhi azzurri, spuntarono dal lago, guardando Regulus. Li conosceva così bene, quegli occhi. 
Cosa gli avevano detto? 

Chi si fa poche domande, vive più a lungo. 

“Padron Regulus, non funziona. Non funziona la magia.” Kreacher lo guardava con gli occhi colmi di terrore.
“Lo so, Kreacher, per questo adesso dobbiamo pensare a qualcos’altro.” Cercò di non piangere, di ingoiare le lacrime che gli stavano montando in gola, mentre i pensieri si facevano sempre più confusi e veloci, cercando un appiglio in qualsiasi cosa potesse fermare o quantomeno ritardare il Signore Oscuro. Non può finire in questo modo, non può, non può essere la fine. “Vai in camera mia. Prendi un foglio e una piuma.” 
Si ficcò un pugno in bocca, per fermare un singhiozzo. 
Un Infero, perché di quelli si trattavano,  uscì dall’acqua, reggendosi sullo scoglio con le braccia. 
Merda, scusa. Con un calcio diretto al suo volto, lo fece scappare di nuovo nel lago, spaventato. E’ colpa mia, se siete quaggiù. Mi dispiace. 
Quando riapparve Kreacher, si tirò su, con le ultime forze che gli rimanevano. Arrancò verso il bacile, scrisse poche righe indirizzate al Signore Oscuro e le piegò con cura dentro al medaglione della madre.

Al Signore Oscuro,
So che avrò trovato la morte molto prima che tu legga queste
parole ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto.
Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile.
Affronto la morte nella speranza che, quando incontrerai il tuo degno rivale,
sarai di nuovo mortale.
R. A. B.

“Kreacher adesso devi ascoltarmi bene, okay?” Dovette ricominciare più volte, perché le parole sembravano non volessero mai uscire: solo rantoli soffocati.
Non può concludersi tutto prima che io arrivi alla fine.
Kreacher annuì, torcendosi tra le mani il suo straccio. Il pesante medaglione attorcigliato ad un braccio.
“Devi prendere il medaglione dell’Oscuro Signore e distruggerlo. Ma non devi dirlo a nessuno, va bene? Abbiamo fatto uno scambio, capito? Questo ti darà più tempo.” Le lacrime iniziarono a scorrere, calde ed inesorabili. “Ma non devi dirlo alla mamma. Non devi dirlo al papà.” Dovette fermarsi, controllare i singhiozzi che avevano iniziato a sconquassare il suo corpo, “Non devi dirlo a Barty, anche se si arrabbierà molto. Bisogna proteggerli, va bene? Saremo noi a farlo. Non devi dirlo nemmeno a Sirius. Nemmeno se lo chiedono. Lo devi distruggere e basta, e mantenere il segreto. Lo farai Kreacher?” 
L’elfo si prostrò in un profondo inchino, “Kreacher fa tutto per il Signorino Regulus. Tutto.” 
“Ora devi andare via. Okay?”
Kreacher non rispose subito all’ordine. 
Rimase a guardarlo per qualche secondo, e Regulus dovette sorridergli tra le lacrime, per infondergli coraggio.
E senza dire una parola scomparve, davanti ai suoi occhi.

Crack, mentre lo stesso Infero, assieme a due suoi compagni, si allungava verso lo scoglio.

Non era quello a cui aveva aspirato?
La fine di tutto.
La fine di quella guerra, a cui aveva tanto contribuito.
L’inizio della sua redenzione, e sperò fosse abbastanza. La sua libertà.
Poco importa, se non avrebbe potuto viverla lui stesso. Altri, ne avrebbero goduto. Sirius. Barty.
La persona per cui aveva iniziato tutto quello, in primo luogo. Niente più combattimenti per un futuro che non era mai stato il loro: al suo amore, il suo grande ed unico amore, sarebbe spettata una vita tranquilla, una casa a cui bisognava verniciare le persiane, magari un gatto e una moglie che non aveva paura di stringergli la mano in pubblico.
Un Infero lo afferrò per la caviglia, trascinandolo verso di lui. Cadde all’indietro, e i sassi sul terreno gli ferirono la schiena, ed era così stanco. Così stanco. Aveva anche perso la bacchetta, come avrebbe fatto a combattere? 
Provò a cacciarlo via, agitando la gamba. Quello si arrabbiò, e lo morse. Sentì i denti della creatura infrangersi contro le sue ossa, triturarle e scheggiarle, ed urlò a pieni polmoni.
Morire per amore, quello se lo sarebbe aspettato da Sirius. 
Era una fine nobile, coraggiosa. Degna di un Grifondoro. 
Non degna di Regulus Black.
Altre mani, lungo le sue gambe. Dita che spingevano dolorosamente nella carne morbida del bacino.
Le caviglie toccarono l’acqua gelata del lago, facendolo rabbrividire: un sollievo, almeno, per quella rotta. 
Chiuse gli occhi, perché sul soffitto della caverna non c’era che buio, e lui avrebbe voluto vedere il sole per l’ultima volta. 
Si immaginò allora la Francia. Sirius che correva lungo la spiaggia, calciando un pallone. E' uno sport dei babbani, gli aveva spiegato zio Alphard, tanti anni prima. Prima di Hogwarts, prima della Guerra, prima ancora di Barty.
Oh, Barty.
Avrebbe così tanto voluto portarcelo. Il sole gli avrebbe spellato le spalle, e lui gliele avrebbe baciate sentento sulle sue labbra il sapore acre del suo sudore, quello della crema solare e i granelli di sabbia gli avrebbero graffiato la pelle del viso.
Poi si era immaginato in quel campo di grano, circondato da papaveri, con quella donna babbana che insegnava nella scuola dove Alphard portava i libri, ogni giorno chinata sulla sua tomba. Non aveva più pensato a lei, e adesso gli sfuggiva il nome e non aveva il tempo per provare a ricordarlo un’ultima volta.
Non piangere, gli aveva detto, sei più bello quando sorridi.
Un peso che lo portava giù, afferrandolo per i fianchi. 
Improvvisamente fu avido di ogni respiro. 
E quindi respirò forte, a bocca aperta, rubando alla grotta quanta più aria riuscisse. 
E’ come quando la mamma ti punisce, non avere paura, non avere paura nonaverepauranonaverepaura

Quando mamma decideva di educarlo e lo conduceva giù, nello studio, c’era sempre Sirius che come un’ombra lo aspettava in cima alle scale, nascosto tra i tendaggi delle finestre.
E quando mamma lo spediva nuovamente in camera sua era Sirius che gli cambiava gli abiti fradici, che gli asciugava i capelli e gli pettinava i ricci, scuri come i suoi capelli che invece ricadevano lisci e morbidi sulle sue spalle.
Regulus allungava la mano verso quella di Sirius, le loro dita si stringevano mentre con l’altra mano continuava a vestirlo, ad asciugarlo: era difficile con una sola mano, si vedeva da come le dita incespicavano nei bottoni, nel sistemargli il colletto, nel legargli le scarpe, ma non lo lasciava.
Continuava a stringerlo.
Ma in quel momento aveva paura, e presto non ci fu più nulla, se non acqua scura, amara e fredda che gli bruciava nei polmoni. Tante mani che lo strattonavano in ogni direzione.
La testa non gli faceva più male, almeno quello.
Piccoli puntini bianchi iniziarono a danzare davanti ai suoi occhi. Erano stelle? Comparivano, veloci come lampi, per poi spegnersi quasi immediatamente. 
Un universo in continua creazione.
Ma non ci sono stelle, sul soffitto della grotta. Non ci sono stelle, sul fondo del lago.
Eppure quello era proprio Orione, davanti a lui. Si voltò, alla ricerca del fratello.
Sirius, nella costellazione del cane. E Regulus, il cuore del leone.
Almeno lassù, non si erano mai divisi.
Non importa se non ci sono davvero, io le vedo.
Kreacher distruggerà il medaglione, e tutti vivranno.

Regulus cadde, sempre più giù.
Una mano intrecciata nella sua, Sirius? Sei tornato per me? Portami a casa.
Portami a casa Sirius, cambiami i vestiti, sistemami i capelli dietro alle orecchie, fammi sentire il tuo tocco sulla pelle, asciugami i capelli e lascia che io posi la testa sulle tue gambe.
Raccontami di Hogwarts, di James Potter e di quella volta che avete volato sopra al Lago Nero: come era il vento? Lo sentivi tra i tuoi capelli? Ti faceva lacrimare gli occhi?, parlami di tutte le persone che ami, che ti hanno fatto ridere fino a piangere, e fa che per l’ultima volta ci sia anche io tra di loro, raccontami della dolcezza delle pesche nelle torte che ci portava lo zio, l’albero con l’altalena, di quando ci nascondevamo tra le coperte e mi leggev-

Poi uno strattone, il rumore di uno strappo, un morso o no? Forse due, e tutto si infranse in un segmento di dolore.
Alla fine, anche l’ultima stella si spense.







Note: Ci siamo. Il capitolo finale. Aggiornerò la prossima settimana con l'epilogo maaa, ci siamo.
Non posso dire che non stia piangendo mentre pubblico questo aggiornamento, ho iniziato a scrivere questa storia nel gennaio nel mentre mi sono laureata, ho cambiato tre lavori, ho iniziato a studiare per un colloquio per una scuola a cui tengo tantissimo eeee intanto Regulus cresceva. ;;
E’ sciocco sentirsi così emotivamente legati ad un personaggio che non è nemmeno mio?
Ugh.
Detto questo:
La pubblicherò in forma integrale su wattpad e su archive of our own, ora che è -quasi- completa. Se volete supportarmi con kudos e stelline anche lì basta cliccare le scrittine illuminate in blu. <3
Per i saluti e le smancicherie aspetto il prossimo mercoledì, tranquill* che ne ho anche per voi.
   
 
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