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Autore: Dioni    03/08/2023    2 recensioni
Secondo capitolo del crossover Inuyasha/Assassin's creed.
Sesshomaru,Ezio e Toran sono diretti Nella regione dell'Hokkaido,cuore gelido del nord del Giappone per investigare su Otsune,signora degli Ainu e degli yokai del nord che stranamente sembrano collaborare con gli umani e hanyou di quella zona.Ma altri motivi spingono il giovane cane a incamminarsi verso nord dove misteri e scoperte di vite passate lo trascineranno verso un passato misterioso che coinvolge le origini della sua razza e forse della sua famiglia. Ma nel presente un altra ombra si innalza sull'esistenza di Sesshomaru,già minacciata dalle mire dei templari. Il feroce signore della guerra Oda Nobunaga e sulle sue tracce in attesa di porre fine alla sua vita per motivi che solo lui conosce e che aspira a sottomettere l'intera isola del Giappone sotto il vessillo della sua casata,mentre il mondo si apre ad una nuova era di apertura agli stranieri e di industriosa modernità. Sesshomaru questa volta dovrà prepararsi al meglio per affrontare prove alla quale non era pronto ed affrontare un destino più grande di quanto potesse mai immaginare.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Calò la sera,sul piccolo villaggio nella quale Urtak portò gli stranieri a riposarsi. Qualche tempo prima,come ricordava ancora lo sciamano quello era un villaggio abitato si e no da una piccola comunità della tribù degli Shika,a guardia del posto e di tanto in tanto,anche altri viaggiatori nel territorio,tra cui altri yokai,ma anche hanyou e umani erano i benvenuti,dato che del resto tutti si consideravano tra di loro sotto un solo ed unico nome. Ainu. Ma questo era prima che Otsune prese il potere e si dichiarasse, senza permesso alcuno se non il proprio, di darsi il titolo di regina di tutti gli ainu e protettrice di tutte le tradizioni dell'Hokkaido. Niente di più lontano dalla verità e lui lo sapeva bene. Ma non aveva intenzione di pensare al passato,non quella sera almeno. Il villaggio nella quale si trovavano era composto da poco più da una decina di piccole casupole dette cise,abitazioni familiari composte da sostegni di legno,con i muri e tetti fatti di paglia intrecciata e tutto montato senza ausilio di chiodi e di altri sostegni in metallo,vi era anche presente un nusasan, un piccolo altare composto semplicemente da un sottile sostegno di legno sulla quale erano appoggiati dei bastoni votivi dalla punta ornata da fili di paglia intrecciata,posto al centro del villaggio e da tempo ormai in disuso da quando si facevano i rituali propizi per il bene della piccola comunità. Ora tutto ciò che restava erano delle case disabitate e...loro. Urtak stava compiendo alcune preghiere verso alcune importanti divinità di quella terra ancestrale e nel mentre,batteva ritmicamente le mani. Chiamò a se Kandakoro, dio del cielo, Huci, dea della terra,Topakcup,dea del sole e altri kamui e nel mentre,vide come gli stranieri del sud e quello strano umano incappucciato,dalle vesti,i modi e quel poco del viso che riusciva a scorgere pareva così diverso dal resto del gruppo,si domandava se la loro presenza potesse veramente fare la differenza per la battaglia che si stava svolgendo li,in quella landa selvaggia e antica che era la sua casa. Quando finì si girò e tornò al punto stabilito in cui avevano deciso di allestire il fuoco e preparare la cena. Non ci volle molto per preparare il tutto dato che stavolta fu Toran ad andare a caccia,portando al gruppo due cinghiali belli pasciuti,mentre per la legna non ci fu bisogno di andarla a cercare,vista l'abbondanza di ciocchi di legno già presenti nel piccolo insediamento. Sesshomaru e Koga invece si misero a fare la guardia,anche se sia nel caso di entrambi gli yokai ne approfittarono per recuperare le energie e non fare più nulla per il resto della serata. Con tutti i muscoli che chiedevano pietà dalla fatica e le ferite che avevano subito durato il lungo scontro,sopratutto Koga che era svenuto durante il potente urlo di Sarmatap e Sesshomaru,che aveva retto fino alla fine e dando il fatale colpo al tengu,ponendo così fine alla lotta per il possesso del tempio. Si accese il fuoco,si accese semplicemente con l'utilizzo di una pietra focaia,presente in tutte le case,aprirono le carcasse le misero a cuocere e aspettarono che si cuocessero,tranne Urtak e Koga,il primo perché aveva recuperato nel pomeriggio alcune piante e radici commestibili per i cervi e quindi di carne,in parte per la sua natura,non intendeva mangiarla e poi lo yoro,che prese parte dei due animali uccisi e iniziò a mangiarli crudi,strappando e masticando rumorosamente la carne da pelle e ossa con artigli e zanne,senza il ben che minimo decoro,cosa alla quale Ezio non si era ancora abituato e che ancora gli faceva un po' senso,ma che tuttavia non si sentiva di giudicare dato di essere uno straniero in un mondo a lui estraneo.

“Muoio di fame e sono sfinito. Era da tempo che non mi trovavo in mezzo ad un campo di battaglia,da quella volta in Spagna, a Viana.”,disse Ezio mentre osservava famelico il cinghiale che stava cuocendo.

“E quella volta che abbiamo salvato Sesshomaru poco fuori il castello di Akira?”,disse Toran senza cogliere il riferimento dell'assassino.

“Quella volta avevamo i numeri e il vantaggio della sorpresa. Anche se l'attacco al castello è stato un fiasco su tutta la linea. L'idea non era malvagia,ma il modo in cui hanno saputo difendersi e stato rapido ed efficace.”

“Già.”

Sesshomaru,che stava ascoltando in silenzio non volle intervenire nel discorso. Avrebbe potuto ma rammentare il fatto di essere stato ridotto ad una pezzuola per pulire i pavimenti da uno yokai che sembrava più un presuntuoso erudito che abile combattente prendeva il suo orgoglio e lo accartocciava come se fosse carta straccia. Per prima volta nella sua vita un altro yokai non solo lo aveva sconfitto,ma lo aveva umiliato platealmente e,con solo l'ausilio di pugni e calci. Dire umiliante era un eufemismo.

“Comunque,ora dobbiamo porci una domanda...”,disse Ezio facendo una piccola pausa, “Qualcuno ha qualche idea su come avvicinarsi a quell'albero?”

Nessuno di loro parve voler dare una risposta a quel dilemma facendo cadere l'intero gruppo in un silenzio tale,che l'unica che si sentì era il crepitio del fuoco.

“Nessuno? Ma proprio nessuno? Ci sono voluti tre di noi per riuscire a risolvere un rompicapo e adesso nessuno tra di noi riesce a spremere le meningi? Bisogna dirlo gente,così e far pena.”

“L'energia che pervade l'albero e antica e potente e quello che abbiamo trovato sul fondo sfugge completamente alla nostra comprensione.”,disse Urtak pensieroso. “L'albero,le radici e quella grande luce sul soffitto della caverna. Non c'è nulla nelle mie conoscenze che riesce a spiegare quello che abbiamo trovato li sotto. Forse dovrei consultare i saggi della mia gente,loro potrebbero saperne di più.”

“A questo punto mi pare ovvio che siamo ad un vicolo cieco. Per ora mangiamo,riposiamo e poi ci rimettiamo a lavoro. Speriamo solo che nel mentre questo luogo non subisca un altro attacco.

E fu così che la serata passò placidamente e senza complicazioni. Appena la carne fu pronta tutti si misero a mangiare le due prede catturate e Urtak si saziò con i suoi vegetali e le sue piante,che lo saziarono adeguatamente,allo stesso modo di come avrebbe fatto con un qualunque ruminante. Finita la cena Koga si occupò di prendere le ossa dei cinghiali e seppellirli da qualche,non tanto per il timore di qualche animale selvatico,uno solo di loro avrebbe vinto facilmente in caso un predatore si fosse fatto troppo audace per un bottino così magro,quanto piuttosto per evitare visite indesiderate. Un fuoco accesso in un villaggio disabitato era un segnale più che sufficiente,ma almeno quello faceva luce e scaldava la zona,cosa che per l'unico umano del gruppo era un vantaggio più che gradito.”

“Ezio.”,

L'inuyokai volle chiamare a se l'assassino.

“Si?”

“Riguardo a quello che ti ho detto stamattina. Su quella lingua che hai nominato oggi. Cosa sai dirmi a riguardo?”

“Beh,provo a spiegartelo in maniera abbastanza semplice. Il latino e una lingua che un tempo veniva largamente usata ai tempi di una vasta nazione conosciuta come impero romano, o più semplicemente col nome della sua capitale,Roma.”

“Ed era molto grande questa...Roma?”

“Eccome vantava un territorio molto grande,ha dominato sue tre continenti e...”

L'espressione di Sesshomaru da impassibile passò alla sorpresa,con sguardo irritato.

“Tre continenti? Semmai il continente”,disse Sesshomaru piccato.

“No,sono tre continenti...Europa,Africa e Asia. Anzi no,una volta in una missione ho conosciuto un uomo che era salpato dalla spagna e che per caso aveva trovato un nuova terra oltre il mare. Ma tornando a noi. Roma era un impero molto largo,le sue armate avevano conquistato una buona fetta di terra emersa e insieme alle città già conquistate nei secoli se ne costruirono di nuove. Miriadi di popoli,piccoli e grandi vennero assimilati al suo interno,con la politica o la guerra e con i popoli assimilarono non solo nuove tattiche e strategie da usare in guerra,ma anche nuove conoscenze di ogni sorta,che andassero dall'agricoltura all'artigianato,dall'arte alla filosofia,dall'economia ai nuovi campi riguardanti lo studio del mondo naturale e la scienza.”

Scienza,una parola piccola,senza importanza per Sesshomaru...se non fosse che lo stesso Akira la usò una sola volta,alla festa,quando scesero nei meandri del castello per mezzo di quello strano marchingegno in grado di spostarsi da solo. Ma un dettaglio così piccolo non era una grande rivelazione in se,ma forse,anche Akira poteva essere a conoscenza di quella lingua estranea alla sua mente e si chiese,per un solo istante, se Akira non potesse saperne di più su quella storia,ma per ora decise di tenere quel dubbio per se.

“E cosa avrebbe a che fare questo popolo con me?”

“Beh l'impero in se dubito possa avere a che fare qualcosa con te. Roma come impero non esiste più da diversi secoli,piuttosto è la lingua in se che potrebbe essere un problema.”

“Perché?”

“Perché come lingua è ancora studiata oggi giorno. Si usa ancora in molti ambiti di studio,letteratura e le glorie di quell'antico impero non sono state per nulla dimenticate,ma per il resto è una lingua morta. Da dove vengo io molti sono i potenti che si sentono in diritto di essere i degni successori di Roma,ma ormai e storia passata. Il che però non risponde alla domanda più importante che dobbiamo porci.”

“Per quale ragione sono venuto a conoscenza di una lingua di un popolo della quale non ho mai sentito nominare?”

“Esatto. Ma temo che per ora,questo,non sia il nostro problema principale.”

“E quindi?”

“E quindi cosa?”

“Finisce così la tua spiegazione?”

“Si. Hai voluto sapere cosa fosse il latino è ti ho risposto. Il perché tu ne sia entrato in contatto non mi è dato saperlo.”

Ezio si alzò dal suo posto e iniziò ad incamminarsi verso il confine del villaggio.”

“Aspetta.”

Disse Sesshomaru volendo richiamare a se il maestro assassino.

“Ho un ultima cosa da chiederti. Conosci te stesso,qual è il senso della frase?”

Ezio voltò leggermente il capo senza girarsi completamente,dando quell'aspetto di se che lo faceva apparire oscuro ed enigmatico,un aspetto di Ezio che era in contrasto l'umano dal carattere aperto e schietto che mostrava nella maggior parte del tempo.

“Temet nosce. Per molti il significato esatto della frase vuol dire che quando sai chi sei,sai qual è il tuo posto e che se lo sai,non oserai più di quanto non ti sia concesso. Ma in un altra interpretazione può anche voler dire che chi cerca la propria verità deve scavare dentro di se,nella parte più profonda e oscura dell'io. Ma potrebbe non piacerti quello che troverai.”

E infine si allontanò,lasciando solo Sesshomaru con i suoi dubbi e le sue incertezze. Avrebbe voluto seguirlo,prenderlo per il colletto e sbatterlo contro una casa o contro il terreno,qualunque cosa sarebbe andata bene in quel momento. Odiava quando quell'umano,come lo diceva a lui a se stesso, faceva il saggio criptico ed enigmatico,con quelle risposte che secondo lui erano solo tanti giri di parole,con una bella struttura,ma dalla sostanza debole e prive di spirito. Era un guerriero per la miseria,una risposta per lui doveva essere diretta,forte,che andava presa di petto,quel genere di filosofia spicciola era una cosa che mal digeriva. Con un senso di volta stomaco per quello che aveva ricevuto come una risposta,si allontanò dal fuoco e decise di andare a dormire. Sapeva in quale casa si era diretta Toran,ma per quella notte,decise di stare da solo. Entro in una cise a caso,la prima che vide e irritato per quei pensieri si coricò su una stuoia di paglia lasciata a se stessa e si coricò,attendendo che il sonno facesse sprofondare i suoi sensi,nell'attesa del mattino dopo. Forse il furore della battaglia gli circolava ancora nelle vene,forse era per le ferite che si stavano ancora rimarginando,oppure era per tutte le scoperte che aveva fatto quel giorno,ma in un caso o nell'altro,la sua mente non sprofondò nell'oblio del riposo ristoratore. Aprì nuovamente gli occhi e si mise a guardare il soffitto. Gli pareva strano che per una sola sera che non dormiva insieme alla pantera non riuscisse ad addormentarsi,certo,non che avesse necessariamente bisogno di lei per cedere alla stanchezza. Ma per quanto volesse andare da lei preferì stare per conto proprio,vivendo quello strano conflitto con se stesso. Andare da lei o rimuginare nella chiarezza della solitudine. Avrebbe voluto coricarsi con lei,odorare col suo fine olfatto da cane la pelle candida della ragazza che tanto lo attraeva,sentire la morbidezza della sua pelle sulla sua e nel profondo,assaggiare la sua carne e farle assaporare la sua,poiché la voglia era forte,nonostante il rispetto che portava alla sacralità di lei. Ma allora perché separarsi da quel piacere,da quelle mani che lo avrebbero accolto,da quello labbra che reclamavano un altro bacio,un altro e poi un altro ancora? Non seppe spiegarselo eppure stavolta,non fu il timore di farle nuovamente male,no,era diverso. Ripensò ai disegni che aveva visto in quella galleria,alla tomba sotterranea,l'inquietante ingresso in fondo alla sala e poi l'albero sottoterra e tutte le stranezze che li avevano visto. Gli parvero vivide e presenti li con lui,quelle immagini,quelle sensazioni,quegli odori e quei suoni erano ancora li con lui,non riusciva a staccarsela dalla testa,si disse di non pensarci,anzi,ordinò a se stesso di non pensarci,ma forse,era per il fatto di essere troppo testardo per sottostare agli ordini di qualcuno che non diede ascolto nemmeno a se stesso. Buffo pensò, Sesshomaru non sottostava nemmeno agli ordini di Sesshomaru, un enigmatico controsenso. Si volse su un fianco e vide il proprio braccio disteso. Che strano,non ricordava di averlo allungato e poi vide che la sua mano era impegnata ad afferrare qualcosa,cosa ancora più strana,non percepiva il tatto e poi la vide,la tavoletta. La tavoletta di pietra era nella sua mano insensibile.

“Ma cosa...”

Non completò la frase che uno spasmo improvviso gli fece sobbalzare tutta la testa come se avesse ricevuto un forte colpo alla nuca. Era ancora cosciente e tentò di ribellarsi alla quella situazione,ma il corpo non rispondeva e con la testa ancora girata di lato gli parve che il segno sul polso si stesse allungando verso tutta la mano,formando linee dalla precisione geometrica che andavano fino alla punta delle dita e poi giungere alla tavoletta. La testa si fece leggera,gli occhi si fecero bianchi,come se le pupille avessero smesso di esistere e rimase immobile,come un pesce lesso. Cadde nell'incoscienza. Cadde nell'oblio.


Urtak aveva deciso che il suo giaciglio sarebbe stato il nudo terreno del villaggio,precisamente vicino al nusasan,dove il valore del piccolo ed umile altare lo avrebbe fatto sentire più vicino alla sua fede ed anche con le forze ancestrali che tutti gli Ainu,temevano e rispettavano in egual misura. Iniziò a coricarsi deciso a recuperare le forze che la sua magia gli aveva portato via,quando all'improvviso sentì alcuni passi dietro di lui,si voltò e vide Koga,anche se con il suo udito da cervo,non gli fu difficile capire chi fosse,prima ancora di girarsi.

“Di cosa hai bisogno,giovane capo della tua tribù?”

“Sai perché sono qui.”

“Si,dobbiamo affrontare questo argomento,ma non adesso. I cervi favoriscono il giorno per le loro attività.”

“E i lupi favoriscono la notte per le loro.”

Urtak si mise a sedere a gambe incrociate e fissò lo yoro dritto negli occhi.

“Così la natura a stabilito.”

Koga si sedette di fronte allo sciamano imitandolo quasi del tutto nella posa,ma lui pareva più sgraziato e teneva le braccia incrociate al petto,con fare autorevole.

“Ho contribuito alla difesa del tempio della tua gente,questo dovrà pur dire qualcosa.”

“Certo. Ma sai che non è me che non devi cercare di convincere. Le antiche leggi parlano chiaro. Sai bene che tu e il tuo clan siete stranieri in questa terra.”

“Ma Ayame non c'entra nulla con questa storia.”

“No infatti e per la tribù dalla quale discende per lei non ci sono problemi,ma gli antichi rancori sono duri a morire,specie per gli yokai di queste terre. Loro non hanno dimenticato le antiche storie. Molti di voi si.”

Lo yoro parve incupirsi e con lo sguardo perso nel vuoto iniziò a immagine il peggio per la sua tribù.

“Quindi,stai dicendo che non avremo mai un luogo da chiamare casa?”

“Dico che avere una casa nel vostro caso sarà difficile. I lupi di queste terre non si faranno problemi ad accogliervi. Sono gli altri il vero problema. Ma aiuterò come posso come tramite della vostra causa.”

“Non ho ancora capito perché lo fai. Tu che ci guadagni?”

“Sapere che gli Ainu devono imparare a guardare avanti,pur rispettando il loro passato. Una cosa che Otsune e prima ancora l'odio accumulato per l'esterno,in secoli di guerre,stermini e razzie contro di noi,ci impediscono di sopravvivere contro un futuro incerto. Questo è il mio guadagno.”

Appena smise di parlare notò in lontananza,tra gli spazi di alcune case illuminate a malapena dal chiarore della luna coperta in parte dalle nubi notturne una figura muoversi ai margini del suo spettro visivo,in quanto i cervi di notte non hanno una buona vista,ma compensano lo svantaggio con un udito finissimo,pari,se non superiore a quello dei cani. Ed infatti,riuscì a distinguere il passo di Sesshomaru era ben udibile per il cervo,mentre Koga pareva distratto dai suoi pensieri vide Urtak alzarsi improvvisamente e sul volto dell'hanyou era comparsa un espressione fin troppo seria,persino per lui.

“Che ti prende Urtak?”

“Il cane,laggiù...”

E lo shika indicò col dito la posizione del cane e a quel punto lo vide anche Koga.

“Ma dove sta andando a quest'ora della sera?”

“Non lo so...non mi pare che abbia una ragione per allontanarsi.”

“E che c'è di strano? Basta chiedere...”

Koga non si interrogò troppo sulla cosa decise semplicemente di mettersi ad urlare.

“EHI TU,DOVE VAI A QUEST'ORA?”

L'inuyokai non rispose e semplicemente continuò ad avanzare,come se nulla fosse.

“EHI,CAGNACCIO,SEI DIVENTATO SORDO O COSA?”

Non gli prestò attenzione neanche questa volta. Koga spazientito da quell'atteggiamento menefreghista si voltò verso Urtak pieno di collera.

“Hai visto che tipo? Quello pensa di fare quello che gli pare e piace senza spiegare niente a nessuno. Questa è una mancanza di rispetto verso il sottoscritto. Sai che c'è? Adesso gliela faccio vedere io. Quell'arrogante botolo schizzinoso con la puzza sotto il naso che non è altro...”

“Fermo.”

Lo yoro sul punto di alzarsi e bloccò sul posto alla richiesta dello sciamano,che lo aveva afferrato per un pezzo di pelliccia di lupo che indossava poco sotto il pettorale tirandolo a terra lievemente,come a indicargli stare fermo

“Che ti prende cerbiatto?...”

“Non mi piace.”

Koga non capì cosa intendeva dire Urtak con quelle parole e vederne il volto teso in un espressione allarmata.

“Cosa non ti piace?”,chiese Koga preoccupato

“Sesshomaru...Non so come spiegarlo,ma c'è qualcosa di strano.”

“Dimmi qualcosa che non so.”

“Che non dovresti avvicinarti troppo. La sua aura è...anomala. Non so come spiegarlo.”

“Ah si? Beh,visto che non lo sai spiegare,lascia che sia a trovare una risposta...”

Koga si allontanò dalla flebile presa dell'ainu.

“Alla mia maniera.”

Non perse tempo e scattò in direzione dell'inuyokai certo che lo stesse sentendo arrivare. Non aveva intenzione di fargli male,anche perché non aveva un vero motivo per aggredirlo,ma forse un bello scossone gli avrebbe messo un po' di sale in zucca e non avrebbe più avuto la brillante idea di andarsene senza avvertire nessuno. Saltò per un paio di metri in alto,formando una traiettoria ad arco e a mezz'aria preparò uno dei suoi calci migliori,uno di quelli lunghi che gli piaceva usare negli scatti frontali,per scaricare l'intera forza nei muscoli della gamba,dalla coscia alla punta dei piedi e poi scaricare tutta la forza dell'impatto nel palmo del piede. Ma lui ci sarebbe andato piano,anche se era imparentato con quel botolo ringhioso,come lui piaceva definire Inuyasha.

“FINISCILA DI FARE IL GRADASSO.”, urlò prima che il colpo arrivasse a destinazione.

O almeno era quello che sarebbe avvenuto. Se non fosse che all'ultimo momento,con la coda dell'occhio,vide qualcosa illuminarsi in una della mani di Sesshomaru. Non capì cosa accadde,ne come,ma non fece in tempo a toccarlo che fu respinto da qualcosa che non riuscì ad evitare. Una barriera,una forza,non sapeva cosa fosse,ma fu rispedito indietro con il doppio della forza che aveva messo nel colpo,tanto che sentì i muscoli della gamba dolergli,come se avessero subito una forte pressione. Sbalzato a terra e spinto lontano,quasi a giungere nuovamente dallo sciamano,che lo raggiunse immediatamente,preoccupato per la bravata del lupo.

“Idiota,te l'avevo detto che non ti saresti dovuto avvicinare.” lo rimproverò Urtak con voce nervosa,emntre si abbassava a controllare le condizione dello yoro.

“Dannazione,la gamba.”

“Non è niente,passerà in fretta. Se fosse danneggiata in modo serio avresti urlato per davvero.”

Altri passi,questa volta in corsa,furono uditi sia da Urtak che da Koga e nella loro direzione,videro l'assassino giungere nella loro direzione,dal margine del villaggio e poi lo videro di fronte a loro,che torreggiava nella sua posizione eretta a guardare i due,uno steso al suolo e l'altro posato su di un ginocchio.

“Cos'è successo?”,chiese Ezio preoccupato.

“Il cagnaccio...si comporta in modo strano. Lui e le sue dannate barriere”,disse Koga indolenzito.

Ezio non parve aver capito nulla di quella spiegazione che per lui,non aveva né capo ne coda.

“Abbiamo visto Sesshomaru allontanarsi silenziosamente dal villaggio. A giudicare dalla direzione sembra che stia andando verso il tempio. Koga ha provato a fermarlo,ma è stato spedito indietro da una qualche barriera.”

“Una barriera? Vuoi dire come una specie di protezione istantanea?”

“Una barriera umano...”,disse Koga alterato, “Come pensi che sia fatta una barriera?”

Se Ezio aveva intuito bene cosa voleva dire il ragazzo con la coda di cavallo allora era esattamente come temeva. Si aprì la veste e con una mano tastò all'interno,sentendo che non stava trovando il tanto temuto oggetto che avrebbe preferito custodire solo lui,in mancanza di gente o un posto più qualificato per quel compito.

“Come immaginavo. C'è la lui. Andiamo bene.”,disse Ezio rivolgendosi più a stesso che agli altri due li vicino.

“Di che parli?”,chiese Urtak preoccupato.

“La tavoletta. C'è la lui.”

“Vuoi dire che la rubata?”

“No è...diverso. Era già successo tempo prima,ma l'ultima volta è svenuto quando la tenuta in mano,non era in grado di muoversi. ...Almeno che...”

“Almeno che cosa?”

“Non è lui che si sta incamminando verso il tempio...c'è lo sta conducendo”

“Cosa?”

“Te lo spiego dopo. Intanto lo seguo a debita distanza Tu Koga, come va la gamba?”

“Sta passando,nulla di serio. Però ha fatto davvero male.”,disse Koga mentre si preparava a restare in piedi.

“Va bene. Urtak tu resta con lui è difendi questo posto. La ragazza per ora dorme e francamente vorrei che non si svegliasse.”

“Hai intenzione di andare da solo?”

“Devo farlo,sono l'unico che ha maggiori possibilità su come fermare quell'affare.”

“Ma non puoi andare da solo è troppo pericoloso.”

“Credimi ragazzo,lo so meglio più di chiunque in questo gruppo. Non so niente di magia,poteri,mostri e roba simile,ma credimi,quando si tratta di oggetti come quella tavoletta,so certamente con cosa ho a che fare....”

Ezio iniziò ad incamminarsi nella direzione che gli era stata indicata e iniziò ad incamminarsi.

“E adesso,cerchiamo di non farci uccidere da chioma di fata.”

E con quell'ultima battuta sull'acconciatura di Sesshomaru si preparò ad un pericoloso pedinamento,dalla quale sperava di uscirne tutto intero. Non sapeva bene cosa stesse succedendo,né tanto meno il perché di quell'avvenimento,ma sospettava che in qualche modo potesse centrare con la scoperta che avevano fatto sotto la rovina e che l'inuyokai si stesse dirigendo li. Con il suo passo più sicuro e la massima attenzione si preparò a seguire di nascosto un suo compagno di squadra. Cosa alla quale non si sarebbe mai aspettato di dover affrontare.


Non capiva bene dove fosse,né tanto meno cosa stesse accadendo. Gli parve di trovarsi in una foresta,molto simile a quella che si trovava giù per il pendio,quello che avevano percorso per giungere al villaggio nei pressi del tempio. Anzi,era lo stesso tratto di bosco,lo aveva riconosciuto perché vi erano passati diverse ore prima e adesso stava ripercorrendo la strada al contrario. Le fronde degli alberi erano di un verde scuro molto acceso e in sottofondo udiva il cicalare degli insetti tra gli alberi. Non era possibile,si disse,le cicale erano presenti d'estate,non in inverno,ed era pure giorno,quando poco fa era tarda sera. Niente neve,niente notte. Qualcosa non quadrava con la sua concezione del tempo. Stava camminando,eppure la sua intenzione era quello di stare fermo,prendere una pausa e capire cosa stesse succedendo, poi udì un rumore alle sue spalle,il frusciare della vegetazione,si guardò indietro e la rivide,lei,quel donnone muscoloso,con la sua enorme ascia a due mani. Nonostante la mole cercava di stare bassa in mezzo agli alberi e ai fitti cespugli.

“Muuya. Che ci fai qui?”

Era lui che aveva parlato? No,non era la sua voce,era quella di Ichiin,l'aveva riconosciuta e a quel punto comprese in parte dove si trovasse,o meglio,con chi. Ebbe bisogno di una conferma e se la sua intuizione era giusta,allora la cosa non andava per niente bene. Si guardò la punta dei piedi e vide le vesti,il pugnale che teneva in mano e la tavoletta tenuta stretta all'interno della cintura. Bene,si disse,stava vivendo un altra esperienza.

“Ti seguivo,secondo cosa avei dovuto fare?.”,disse lei come se fosse un ovvietà.

“No,ti avevo detto che sarei andato da solo. Tu non sei adatta a questo compito.”

“Non puoi impedirmi di venire con te e oltretutto,sono il capo di una tribù dei cani e non puoi impedirmi di seguirti,straniero. E un ordine.”,disse lei mostrando un espressione seria.

Ichiin sbuffò col naso ormai rassegnato a quella situazione.

“E va bene vieni,ma se proprio devi intervenire fallo solo quando necessario. Comunque,dov'è la tua scorta?”

“Li ho lasciati col signore dei cervi,ci sarebbero stati solo d'intralcio.”

“Ottimo...”,disse lui con tono rassegnato, “Vado avanti io,tu,evita di fare rumore.”

“Bene,andiamo a decapitare qualche dannato lupo.”,rispose lei divertita,quasi fosse una ragazzina.

Sesshomaru vide una mano artigliata che gli si posava sul volto,o meglio, quell'altro inuyokai,come se si fosse rassegnato alla presenza della ragazza.

“Un altra mattanza in cui rischiamo di morire...evviva.”,disse lui sarcastico.

Fu così che arrivato a quel punto Ichiin dovette portarsi quel colosso di ragazza con se e da quello che Sesshomaru aveva intuito pareva che tra i due ci fosse una certa complicità. Non che la cosa gli importasse in realtà,ma forse avrebbe compreso una parte della storia che Urtak gli aveva raccontato e forse,se la sua intuizione era esatta,forse,avrebbe scoperto qualcosa di importante riguardo alla strana costruzione che si trovava sotto il tempio.


L'assassino si muoveva cauto,passando di soppiatto di albero in albero,saltando tra un ramo e un altro,fin dove gli fosse stato possibile seguire Sesshomaru senza farsi scoprire. La sua posizione lontano dal suolo gli consentiva una buona visuale sul lungo raggio,anche se interrotto di tanto in tanto da elementi naturali,quali gli alberi e le loro fronde voluminose,ma in compenso poteva non essere visto a livello del suolo e usare gli stessi rami per nascondersi e tenersi in alto,nel caso lo yokai avesse cercato di trovare qualcuno immediatamente più in basso,che sarebbe stato più facile essere scoperto. Anni e anni di esperienza nel sotterfugio gli avevano donato la capacità di non farsi sentire,non solo per il passo leggero e gli stivali che calzava,che gli consentivano di attutire i rumori che produceva al minimo,nonostante il peso delle protezioni che indossava,ma per il fatto che Ezio,come tutti i migliori assassini della confraternita,aveva imparato a muoversi a tempo,quando poteva,con l'ambiente circostante. Che fosse stato lo scatto improvviso di un animale in mezzo a quella foresta che batteva le zampe nella corsa o che urtava un cespuglio,o il passo di un gruppo di guardie nel mezzo di un giro di ronda in una cittadina era per lui la stessa cosa,cambiavano i ritmi,i suoni e il numero di rumori e suoni a lui attorno,ma avrebbe saputo come non farsi sentire,nemmeno da Sesshomaru,che da quello che aveva capito,possedeva sensi più acuti di un comune umano. La cosa avrebbe potuto dargli filo da torcere. Eppure non gli pareva che il guerriero stesse facendo qualcosa per non farsi notare,anzi,avanzava come se nulla fosse e la sua andatura poi,non sembrava nemmeno lui,solitamente quando camminava pareva altero e fiero,schiena dritta,sguardo fisso e sempre con una meta ben in mente. Ma adesso invece gli pareva diverso,gli pareva che si muovesse in maniera ciondolante,come un ubriaco o come un uomo in preda ad uno stato confusionale,il passo sciolto e la testa tenta bassa,con il viso che gli pareva guardare verso il basso. Ma lo vedeva di spalle e non poteva basarsi solo su quello che vedeva dal suo scarno punto di vista. Sul piano personale avrebbe voluto avvicinarsi e controllare di persona cosa gli stesse succedendo e,se avesse potuto,parlarci,ma come assassino conosceva bene la natura dell'oggetto con la quale ora si trovava a stretto contatto e come da prassi avrebbe dovuto agire con cautela e saggezza,come avrebbe fatto un vero assassino. Poi ad un certo punto del percorso,proprio quando era certo che stesse filando tutto come da programma,lo vide fermarsi,di colpo e in risposta a ciò Ezio si fermò,in perfetto equilibrio su uno spesso ramo,osservò attentamente Sesshomaru,attendendo una qualche reazione da parte dell'inuyokai. Poi,all'improvviso,la sua vista cambiò,passando dal normale spettro visivo umano,alla sua...vista speciale. L'occhio dell'aquila,come la chiamavano gli assassini,la capacità di vedere il mondo attraverso dettagli noti a pochissimi individui e di cui,anche per loro,si sapeva ben poco. Il mondo divenne nero e tutto quello che di fisico vi era in esso era definibile solo per colori e per Ezio funzionava come una speciale lente in grado di identificare ciò che più necessario. Un alone blu sulle persone che poteva considerare alleate,uno rosso per i nemici ed un giallo per gli obbiettivi alla quale interessavano all'assassino. Ma in quel momento,Sesshomaru era diverso da tutto ciò che mai sarebbe stato in grado di riconoscere con quella sua abilità personale. L'alone che circondava Sesshomaru era verde.

“Verde? E la prima volta che mi capita di notare una tonalità simile. Cosa potrà mai voler dire?”,disse Ezio mentalmente.

“Non cercare di salvarlo. Non puoi far nulla per lui...profeta”

La voce di una donna risuonò nelle sue orecchie,una donna,o meglio,solo la figura della donna che gli capitò di incontrare e non,il suo essere fisico. Possibile? La stessa cosa che accadde con la bambina,quella volta,durante il primo incontro con Sesshomaru,in quella distesa ricoperta di neve. Anche lei li,in quel mondo così assurdo,eppure,cosi simile al suo,tanto,che anche lei era li.

“Fa quello che vuoi umano,combatti e uccidi tutti i nemici che vuoi...ma dimentica quell'essere così simile alla tua razza...comprendere la sua vera natura e fuori dalla tue possibilità.”

La voce parlò ancora ad Ezio quando finì vide Sesshomaru girare il capo e quello che vide lo inquietò non poco. Lo sguardo del cane era completamente assente,pupille bianche,prive di personalità eppure,vedeva benissimo,che i suoi occhi,sempre che potessero vedere in quel momento,osservavano lui,nascosto dai rami,tanto,che in pochi sarebbero riusciti a notare la sua presenza.

“Dimentica questa storia assassino...”, fu Sesshomaru a muovere le labbra eppure,fu sempre la voce della donna a parlare, “Quest'essere,non è un tuo problema.”

Sesshomaru girò il suo sguardo verso la strada che lo avrebbe condotto al tempio e senza il minimo preavviso iniziò a correre.

“Minerva.”

Un solo nome,un essere misterioso. L'aveva vista una volta sola,li,a Roma,nella cripta segreta sotto il vaticano,quel luogo di antichi misteri e incomprensibili meraviglie. Non sapeva cosa stava succedendo e non né capiva il significato,ma una sola cosa gli passò per la testa. Correre. L'inseguimento aveva inizio.


  
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