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Autore: Cj Spencer    20/08/2023    1 recensioni
Secondo volume de "Napoleon of Another World!"
Dopo un primo volume introduttivo la situazione inizia finalmente ad evolversi in modo rapido e decisivo.
La Rivoluzione che Daemon ha pazientemente pianificato volta a mettere nelle sue mani la provincia imperiale di Eirinn è finalmente scoppiata, ora lo scopo è portarla a termine affinché diventi il primo passo verso la costruzione del suo impero destinato a unificare Erthea sotto il suo comando e preparare il continente per affrontare l’esercito del Re dei Demoni quando farà la sua comparsa.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“La Rivoluzione è un ideale

sostenuto dalle baionette.”

(Napoleone Bonaparte)

CAPITOLO 1

LA PRIMA BATTAGLIA

 

 

Tutte le mattine, dopo la colazione, il governatore spendeva quasi tutto il suo tempo nella sala da bagno con un sigaro tra le labbra e i piedi immersi in una mistura di vino, miele e urina di toro che secondo il guaritore avrebbe dovuto alleviare le sue pene di gotta.

Ogni guardia, servitore e abitante del Castello sapeva che in queste occasioni Longinus diventava intrattabile, ma ciò nonostante il messaggero appena giunto da Dundee pretese comunque di essere ricevuto.

D’altronde le notizie che aveva portato dal confine precedendo persino l’arrivo delle prime carovane piene di fuggitivi, e che avevano spinto Adrian ad introdurlo alla presenza del padre, valevano bene il rischio di subire la collera del governatore.

«Una sommossa?»

«Sì, mio signore. L’intera popolazione del ghetto di Ende è in stato di rivolta.»

«E tu interrompi il mio pediluvio per una sciocchezza del genere? Dovrei farti frustare.»

«Se permettete padre, forse sarebbe il caso di trattare la questione con maggiore attenzione. Da quello che si sente, pare che sia lo Sceriffo Haselworth a capo della rivolta. Se questo fosse vero, dato il sostegno di cui gode non possiamo escludere che riesca a portare dalla sua parte persino una parte della gente di Dundee.»

«Povero me, lo sapevo io. Se offri un boccone a un bifolco, alla fine vorrà tutta la torta.»

«Mi basta un vostro comando padre, e mi occuperò della questione personalmente.»

«Sei matto? Ti ricordo che sei un nobile. Non puoi certo disonorare te stesso combattendo contro dei mostri puzzolenti. Tu, messaggero. Va a cercare il Generale Ron. Informalo della situazione e digli di raggiungermi qui.»

«Sì, mio signore.»

Il Generale arrivò meno di dieci minuti dopo già al corrente di tutto e pronto ad esporre la sua soluzione al problema: con soli quattrocento dei suoi migliori legionari, disse, era pronto a stroncare la ribellione in meno di tre giorni, uno in meno di quanti ne sarebbero teoricamente serviti per portare le truppe a sud.

Ma Longinus ancora una volta si sentì in dovere di obiettare.

«Mobilitare i miei soldati migliori per quattro straccioni? Non se ne parla neanche. Se ne occuperà la terza brigata di fanteria leggera.»

«Governatore, la terza brigata leggera è composta quasi esclusivamente da ausiliari e giovani reclute che non hanno mai visto una battaglia. Anche se stiamo parlando di una semplice rivolta di schiavi non ritenete che sarebbe il caso di agire con maggior decisione?»

«Fossi matto. Poi come lo giustificherei l’impiego di una simile forza a Sua Maestà? Siamo nel bel mezzo dell’ispezione imperiale.»

Il Generale dovette sottostare per forza di cose agli ordini ricevuti, e dopo aver rivolto un’ulteriore quanto vana richiesta di poter disporre di truppe meglio addestrate si congedò per dirigersi alle caserme.

Ma proprio quando il Governatore sperava di poter tornare a godersi il suo pediluvio un altro membro della sua corte fece la propria comparsa nel bagno.

«Lady Valera. Quale onore ricevervi in questo posto così poco appropriato. Cosa posso fare oggi per voi?»

«Signor Governatore, ho saputo che non avete ancora autorizzato la mia partenza per Basterwick

«E temo che non mi sarà possibile farlo neanche in seguito. Immagino che le voci siano arrivate anche a voi.»

«L’epidemia si sta diffondendo, e a Bastewick non ci sono abbastanza guaritori per curare tutti. La presenza mia e della mia novizia potrebbe alleviare le pene dei vostri sudditi.»

«La salvezza degli abitanti di Basterwick mi sta a cuore, ma devo pensare anche alla vostra incolumità. Cosa succederebbe se vi imbatteste in quelle belve feroci?»

«Quindi devo presumere che siate preoccupato per quegli schiavi ribelli al punto da temere che potrebbero arrivare fino a Basterwick

Longinus serrò i denti per il nervosismo, mentre suo figlio di contro non poté che piegare le labbra in un sorriso sincero di stupore ed ammirazione di fronte alla sagacia e alla lingua vellutata di quella giovane a prima vista così indifesa.

«Come volete, la vita è la vostra. Ma se vi dovesse capitare qualcosa non sarà certamente colpa mia.»

«Non dovete preoccuparvi. Anche se non sembra so badare a me stessa. E comunque ci sarà Isabela al mio fianco.» e fatto un inchino che sapeva quasi di insulto se ne andò

«La sfrontatezza non le manca.» commentò Adrian

«L’arroganza vorrai dire. E c’è chi sostiene che sarà il prossimo papa. Ma non farmi ridere. Una così non è destinata a vivere a lungo.»

Fuori dalla porta del bagno attendevano una giovane leonessa vestita da chierica apprendista e una donna in armatura con lo stemma della Guardia del Tempio ricamata in oro sulla cappa bianca.

«Maestra Sylvie, siete davvero sicura che sia prudente lasciare il Castello proprio adesso?»

«Vaelia ha ragione, mia Signora. L’epidemia peggiora di giorno in giorno, e adesso c’è anche il problema della ribellione a sud. Personalmente non mi fido del Governatore. È chiaro che sta prendendo la cosa fin troppo alla leggera.»

«Ne sono consapevole Isabela. Però ora più che mai il popolo di questa terra ha bisogno di sentire vicini i rappresentanti di Gaia, e di sapere che qualcuno si preoccupa seriamente per loro.»

«E che cosa facciamo se quei ribelli dovessero davvero riuscire ad espandersi fino a Basterwick?» chiese Vaelia «L’avete detto voi stessa che l’umano che li guida è una persona fuori dal comune.»

«A dire il vero ammetto che sarei davvero curiosa di incontrarlo. Quando ho guardato il signor Haselworth negli occhi per la prima volta ho notato subito lo sguardo di una belva chiusa in gabbia e pronta a scatenarsi.»

Una tromba di guerra risuonò nel cortile, e le tre ragazze affacciandosi dal balcone videro il Generale Ron arringare le truppe già schierate sulla piazza d’armi e pronte a partire per Dundee.

«Su una cosa hai ragione, Isabela. Il Governatore non ha ancora capito davvero con cosa ha a che fare.»

 

È cosa normale e comprensibile per degli schiavi che hanno vissuto tutta la loro vita a patire la fame e gli stenti di scatenarsi su tutto ciò che gli è stato sempre negato alla prima occasione.

Avevo visto coi miei occhi la plebaglia dare l’assalto alle ville degli aristocratici all’indomani della Bastiglia svuotando le dispense, razziando le cantine e distruggendo tutto il resto.

Non potevo certo permettere che accadesse.

E per far capire che non scherzavo su questo punto era necessario dare qualche esempio; per questo avevo permesso a Pythus di intrufolarsi in città, certo che quel goblin non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione per dare sfogo alla propria bestialità. La sua morte non sarebbe stata una perdita, e il messaggio era arrivato forte e chiaro a tutti.

Ora che la Rivoluzione era ufficialmente cominciata bisognava nutrirla e portarla avanti, pertanto meno di due ore dopo dal mio discorso in piazza ero già seduto nella sala riunioni del municipio, circondato dai maggiori rappresentanti della macchina amministrativa della regione.

«Septimus. Qual è la situazione al ponte?»

«La guardia è stata ripristinata e l’attività di controllo del traffico è ripresa normalmente.»

«Cosa avete detto alle guardie dell’Unione?»

«Quello che hai suggerito. Che la guarnigione locale ha preso il potere con un colpo di stato e il benestare della popolazione, e liberato gli schiavi per reclutare nuove forze. Ufficialmente ci sono io a capo di tutto.»

«Sarà necessario provvedere a fare una selezione. Tutti i cittadini, uomini e donne, che abbiano una qualche formazione militare sono invitati a prendere le armi e a dare il loro contributo. L’armeria del forte e quella del villaggio dovrebbero essere sufficienti ad equipaggiare tutti. Creeremo battaglioni da cinquecento soldati l’uno, e almeno per il momento manterremo separati umani e mostri per evitare di creare attriti.»

«Non sarebbe il caso di mostrare coesione fin da subito?» chiese Scalia. «L’hai detto tu che questa distinzione non dovrebbe più esistere.»

«Ci sarà tempo per questo. Ora la priorità è respingere la minaccia che sta per arrivarci addosso, e non possiamo farlo se ogni soldato diffida di quello che gli sta accanto. Comandante Oldrick, qual è la situazione dell’ordine pubblico?»

«Qualche rissa, ma niente di significativo. L’esempio che hai dato uccidendo quel goblin è stato recepito anche dagli abitanti più scalmanati.»

«Quanti miliziani sono rimasti?»

«Più o meno centoventi. Tutta gente fidata che appoggia questa impresa.»

«Li raggrupperemo in un singolo battaglione. Assieme ai legionari di Septimus formeranno la nostra unità d’élite. Mary.»

«S… sì?»

«Occorre che i commerci rimangano aperti. Usa tutta la reputazione di cui godi presso i mercanti dell’Unione. Rassicurali che la situazione a Dundee è sotto controllo nonostante il colpo di stato, e se necessario abbassa i prezzi. È fondamentale far girare più denaro possibile.»

«Ma i mercanti accetteranno di commerciare con dei ribelli?»

«E poi, cosa dovremmo commerciare?» domandò il sindaco. «Le attività estrattive, il lavoro nei campi, perfino i negozi. Al momento è tutto fermo. Molti sono persino scappati.»

«I contadini e coloro che possiedono terreni già seminati saranno esentati dal servizio militare. Lo stesso vale per i cacciatori. Questo dovrebbe fornirci il cibo necessario per sfamare la nostra popolazione e il nostro esercito, anche se sarà inevitabile destinare a quest’ultimo una maggiore quantità di risorse. Rimetteremo in moto anche le miniere e l’industria del legname, destinandovi quanti più lavoratori possibili. I negozi e gli empori saranno più che felici di riprendere la loro attività se vedranno che nonostante tutto i mercanti continuano ad arrivare.»

«E per i mercanti che arrivavano da nord come dovremmo fare? Quasi la metà dei commerci di questa regione avvengono con l’Impero o l’Eirinn Orientale.»

«Quelli inevitabilmente saranno interrotti, ma renderemo ben chiaro che non sarà per colpa nostra. Ufficialmente le porte a Dundee resteranno aperte per chiunque voglia fare affari, così saranno il Governatore e il Castello a prendersi la colpa. Anche se al vostro posto io non me ne preoccuperei più di tanto.»

«Per quale motivo?»

«Perché vi posso garantire che a un mese da oggi, la prossima seduta di questo consiglio direttivo si svolgerà nella Sala Grande del Castello.»

Ero abituato a sorprendere i miei ministri con frasi ad effetto, e ogni volta mi veniva da ridere per il genere di reazioni che tali frasi suscitavano in chi le sentiva.

«Daemon, non starai correndo un po’ troppo?» disse Septimus. «Tanto per cominciare abbiamo a disposizione meno di duemilacinquecento soldati. La sola Quindicesima Legione ne conta oltre diecimila.»

«Se sono altri soldati che vi servono, io sono qui!» esclamò Grog scattando in piedi e sfoderando i suoi famosi muscoli «Io e i miei ragazzi spacchiamo pietre da quando ci succhiavamo i pollici, spaccare teste al confronto sarà solo un allenamento!»

«Lo sai perché ho assegnato tutti gli orchi e i minotauri al ripristino dell’attività mineraria piuttosto che all’esercito?»

«Perché altrimenti sarebbe troppo facile?»

«Perché il bersaglio grosso è sempre il più invitante. Vi trasformereste in puntaspilli prima ancora di arrivare allo scontro diretto. Verrà anche per voi il tempo di scendere in battaglia, ma per il momento ho bisogno che rimettiate in funzione le miniere.»

«Quand’è così, lascia fare a noi. Dacci vino, sidro e tanta carne, e ti svuoteremo il Khoral di tutto quello che c’è dentro.»

In quel momento qualcuno bussò alla porta, ed io ero più che sicuro di sapere di chi si trattava.

«Proprio al momento giusto. Entra pure.»

Non che qualcuno fece i salti di gioia nel veder apparire sull’uscio il brutto e grasso muso di Borg; anzi, Scalia e Septimus furono quasi sul punto di mettere mano alle armi.

«Calmatevi. Sono stato io a chiedergli di venire. Come avete detto voi ci serve tutto l’aiuto possibile, e sapete tutti molto bene quanto Borg sia abile nel trovare tutto quello che ci può essere utile.»

«Però, questo maiale…» provò a protestare Scalia

«Ogni comandante fa la guerra con i soldati che ha. E comunque Borg è una risorsa troppo preziosa per rinunciarvi in nome di un qualche moralismo o solo perché vi è antipatico, soprattutto in questo momento.»

«Ben detto, amico mio. Quanto a lor signori, possono dormire sonni tranquilli. Il vostro eccelso comandante supremo ed io abbiamo già discusso abbondantemente della questione. La mia lealtà a lui e alla vostra causa è fuori discussione.»

«Ma per quanto?» ringhiò Septimus

«Allora, Borg? Hai quello che ti ho chiesto?»

«Anche se sono il migliore di tutti c’è un limite a quello che io posso procurare. Ma per tua fortuna, la merce che avevi richiesto era già a mia disposizione.»

Naturalmente non era vero. Avevo fatto l’ordinazione mesi prima –oltretutto pagandola a peso d’oro– quando il mio piano aveva appena iniziato a mettersi in moto.

D’altronde non potevo certo andare a raccontare in giro che quella che doveva sembrare a tutti i costi una rivolta nata spontaneamente non era altro che la naturale conseguenza di ciò che io stesso avevo provocato.

Ma per mia fortuna tutto per Borg aveva un prezzo, incluso il suo silenzio; e poi era troppo furbo per farsi scappare l’occasione della sua vita solo per una questione di onestà.

Quanto alla merce, si trattava indubbiamente di qualcosa che in quella parte di Erthea stava diventando davvero difficile da trovare, e che per questo motivo non mancò di lasciare tutti senza parole quando videro gli uomini del maiale scaricarla dai carri.

«Cannoni!?» esclamò Oldrick.

Dal mio punto di vista non erano altro che giocattoli, poco pratici, imprecisi e con una certa tendenza a saltare per aria, ma comunque utili per chi come me sapeva tirare fuori l’anima da una qualunque bocca da fuoco.

Borg ne aveva trovati sei, di grosso calibro e terribilmente pesanti, oltre che privi di affusti e ruote.

Ma insomma, è davvero questo il meglio che Erthea ha da offrire in fatto di artiglieria?

«Non ne vedevo uno dai tempi delle Guerre di Confine. È stata proprio una scheggia provocata dall’esplosione di uno di questi cosi a portarsi via il mio occhio.»

«Ce ne sono alcuni anche nel forte, ma non sono altro che ingombranti paracarri. Non ci hanno nemmeno mai addestrati a usarli.»

«Esattamente Daemon, cosa pensi di fartene?» domandò Scalia

«Non è ovvio? Usarli per la guerra che ci attende.»

«Ma per farci cosa? Non dobbiamo assediare una fortezza. E anche se volessimo usarli per difendere il villaggio, le torri e i camminamenti si sbriciolerebbero al primo rinculo.»

«Noi non difenderemo un bel niente Septimus.»

«Cosa!?»

«Una rivoluzione è vittoriosa solo quando il vecchio governo viene spodestato, e un governo di certo non si spodesta standosene chiusi dietro ad un muro.»

Oldrick era un veterano, quindi era ovvio che a lui l’idea che stavo proponendo sembrasse assurda più che agli altri.

«Vorresti ingaggiare l’esercito imperiale in campo aperto con pochi legionari, qualche coscritto e un esercito di schiavi ribelli?»

«Il Comandante ha ragione, è una follia.» disse il Sindaco

«No, se saremo noi a stabilire le condizioni e scegliere il terreno di scontro. E con questi al nostro fianco la vittoria è assolutamente sicura. Scalia, ho bisogno che tu faccia una cosa per me.»

«Di che si tratta?»

«Ordina a Tarto e agli altri ragazzi della segheria di mettersi subito al lavoro seguendo questi progetti. È necessario che tutto sia costruito entro domani. Grog.»

«Sono qui.»

«Ho bisogno che la fonderia delle miniere si metta subito a produrre grosse palle di ferro. Questi affari non servono a niente senza munizioni. Giselle.»

«Agli ordini.»

«Prendi alcuni volontari e batti il villaggio e i dintorni palmo a palmo. Occorrono chiodi, sassi, bulloni, cose del genere. Più duri e piccoli sono, meglio è.»

«E che cosa vuoi fartene, se posso chiedere?»

«Lo vedrai. Quanto a voi sindaco, procuratemi dei cavalli. Bestie robuste, da lavoro, che possano tirare carichi pesanti. Visto che abbiamo solo tre giorni, per questa battaglia metteremo in campo solo coloro che sanno già combattere e sarà possibile inquadrare nei battaglioni fin da subito. Scalia e Septimus, voi sarete al comando rispettivamente dei battaglioni degli schiavi e degli umani.»

«Conta su di me.»

«E anche su di me.»

«Ah, e un’altra cosa. Trovatemi anche un ceramista e un cavallo. Bianco, se possibile.»

 

Non avevo mai voluto essere un soldato.

Ero solo uno dei tanti poveri disperati che sceglievano di arruolarsi nella legione semplicemente perché incapaci di ritagliarsi un proprio posto felice all’interno della piramide sociale dell’Impero.

La terra da cui venivo era povera, e quando un’epidemia si era portata via i miei genitori l’esercito era diventata l’unica via d’uscita per non morire di fame.

Erano passati solo due anni da quando avevo ricevuto l’armatura, e da allora non avevo mai visto un campo di battaglia in vita mia.

Ma proprio quando stavo cominciando a credere a tutte quelle voci secondo cui essere un legionario voleva dire oziare e bivaccare tutto il giorno tra parate, guardie d’onore e altre sciocchezze simili in attesa di congedarsi e usare i cinque anni di paga per aprirsi un’attività o comprare un po’ di terra, ecco che puntuale era arrivata la fregatura.

Prima mi avevano mandato ad Eirinn, proprio ad un tiro di lancia dal confine più caldo di Saedonia, –non erano le regioni dell’est dove si combatteva giorno e notte coi baroni ribelli, ma neanche le ronde sotto il caldo sole di Floradis– ed ora stavo marciando con tutta la mia unità dritto in bocca ad una massa di schiavi infuriati.

Il Generale Ron che ci guidava ci aveva arringati dicendo che era una cosa da niente, che avremmo macellato in allegria un po’ di straccioni per poi tornarcene a casa senza un graffio, ma chissà perché io non riuscivo ad essere così ottimista.

Le voci che giravano tra i miei compagni, tenute faticosamente a bada dai nostri centurioni, raccontavano una storia ben diversa; si diceva che ci fosse un umano, un tipo tosto a guidare la rivolta, e che date le premesse non era da escludere se oltre che con gli schiavi avremmo dovuto fare i conti anche con gli abitanti della regione, che tutto erano fuorché amanti dell’Impero e dei suoi eserciti.

«Non preoccuparti.» continuava a ripetermi mio fratello Darius, che all’alba del terzo giorno di viaggio marciava al mio fianco

«La fai facile. Per te non sarà la prima battaglia.»

«Non c’è motivo di essere così teso. Sono solo una banda di predoni. Ci basterà ucciderne qualcuno e gli altri si butteranno in ginocchio chiedendo pietà. Fidati, non la si potrà neanche definire battaglia.»

Eravamo quasi arrivati al punto in cui avremmo dovuto lasciare la Via Imperiale per marciare contro il ghetto, quando un esploratore inviato a controllare la situazione tornò indietro informando il comandante che c’era un esercito di almeno seicento guerrieri ad aspettarci poco lontano.

«Sono forse impazziti?» sentii dire al Generale Ron «Pensano sul serio di poterci affrontare faccia a faccia?»

Effettivamente per essere reclute noi eravamo più del triplo rispetto a loro, e persino io sapevo che con un tale vantaggio numerico e potendo contare su armi ed equipaggiamento migliori sarebbe stata una passeggiata avere ragione dei nemici.

Ma il Generale non era tipo da sottovalutare il nemico, e ci fu ordinato di proseguire la marcia in formazione da combattimento, a passo lento e con le armi pronte.

Procedemmo così per qualche ora, fino a che svoltata una curva trovammo gli schiavi ribelli asserragliati su di un basso colle che dominava la strada.

Era come aveva detto mio fratello; più che un esercito nemico sembravano un’accozzaglia eterogenea di animali su due zampe male equipaggiati, che sventolavano con orgoglio un vessillo di stracci a forma di bandiera.

La maggior parte di loro era armata di una semplice lancia –alcuni addirittura non brandivano altro che dei bastoni appuntiti– e con giusto qualche strato di cuoio rattoppato a fungere da armatura. Malgrado ciò apparivano stranamente disciplinati, e mentre ci disponevamo in formazione di fronte a loro non si mossero né aprirono bocca, restando immobili a fissarci.

Ad un tratto un cavallo bianco sbucò da dietro lo schieramento con in sella un giovane dallo sguardo penetrante, vestito in modo semplice ma rispettabile, e salutato con rispetto dai ribelli.

Doveva essere sicuramente quel Daemon di cui tanto si parlava.

Potei scorgere il Generale Ron che accoglieva il nuovo venuto con una smorfia di disgusto, rispondendo con un moto di stizza alla richiesta del suo attendente di inviare un ambasciatore ai rivoltosi per tentare di risolvere la questione pacificamente.

«Niente discussioni. Niente trattative. Passate parola. Chi sgozza più schiavi avrà una promozione. E chi mi porta la testa di quel bastardo di Sceriffo lo faccio Centurione.»

Gli arcieri furono mandati avanti per primi, protetti sui fianchi da due piccoli plotoni di soldati semplici.

I ribelli non risposero alla loro avanzata, osservandoli in silenzio mentre a passo di marcia coprivano lo spazio necessario per arrivare a distanza di tiro.

«Soldati dell’esercito imperiale!» tuonò l’umano a cavallo quando mancavano pochi passi al punto di lancio ottimale. «Se tenete alla vostra vita non fate un altro passo! Ripiegate le vostre insegne e tornate indietro! Noi non abbiamo intenzione di combattere, ma se provocati non ci fermeremo finché non sarete tutti morti!»

Chiunque altro si sarebbe visto ridere in faccia di fronte ad una ostentazione di forza così apparentemente fuori luogo, ma quel tipo emanava una tale aura di supremazia che io stesso di fronte a quella minaccia sentii un brivido alla schiena.

Anche gli arcieri parvero esitare, ma i loro ufficiali li spronarono a continuare nell’avanzata.

Erano arrivati in posizione e si stavano preparando a scagliare la prima raffica di frecce, quando la prima linea degli schiavi si aprì come il sipario di un teatro, rivelando dietro di essa sei grossi cannoni posizionati su degli affusti in legno massiccio provvisti di ruote.

«Fuoco!»

Il boato fece quasi tremare la terra e decine dei nostri compagni caddero a terra travolti da pesanti palle di metallo che rimbalzando o rotolando sul terreno in pendenza si portavano via gambe, braccia e teste.

«Riformare i ranghi! Rispondete al fuoco!»

Confusi e spaventati gli arcieri tirarono, ma nel mentre alcuni schiavi avevano già iniziato a lavorare per ricaricare i cannoni, e dal momento che tutti quanti portavano dei grossi scudi di legno dietro la schiena solo due o tre furono colpiti in maniera significativa.

«Bordata numero due, fuoco!»

La seconda salva fu anche peggiore della prima, colpendo nel mucchio con terrificante precisione e uccidendo o mutilando decine di soldati.

Una di quelle palle continuò a rotolare fino a raggiungere il nostro schieramento; Marcus, un mio compagno di carte, istintivamente mise il piede per fermarla, e un attimo dopo lo vedemmo portato dietro le linee dai suoi compagni urlante di dolore, con la gamba tranciata dal ginocchio in giù.

«Fate avanzare la fanteria!» sbraitò il Generale alla vista dei reparti di arcieri che, alla terza bordata, scappavano via quasi dimezzati.

Stretti in formazione, coprendoci come potevamo con i piccoli scudi ovali da ausiliari, iniziammo a procedere in avanti con le lance in resta, ma eravamo tutti così spaventati all’idea di vederci piovere addosso quelle cannonate infernali che i nostri ufficiali dovettero minacciarci di tremende punizioni per riuscire a tenere nei ranghi i più giovani e inesperti.

Avanzammo a passo doppio, coprendo in pochi istanti la distanza necessaria a risultare teoricamente troppo vicini per poter essere efficacemente presi di mira dai cannoni.

«Ormai il più è fatto soldati! Anche se sparassero non riuscirebbero mai a colpirci efficacemente!»

E allora perché stanno ricaricando?

Stavolta però era diverso, e invece che con palle di ferro sembrava stessero caricando i cannoni con delle sfere più leggere, fatte di terracotta o d’argilla.

Se solo avessimo saputo cosa stava per pioverci addosso; letteralmente.

Eravamo praticamente a ridosso dei cannoni, stavano per comandare il passo di carica, quando quel Daemon alzò il braccio.

«A mitraglia, fuoco!»

Dalla bocca dei cannoni si sprigionarono un frastuono ed un fumo molto strani, quasi un’esplosione di polvere, e decine di noi caddero sull’erba tutti insieme con i loro corpi ricoperti di buchi e ferite.

Non so per quale miracolo io ne uscii illeso, ma purtroppo mio fratello non ebbe la stessa fortuna; tre grossi pezzi di metallo lo colpirono in pieno torace sventrando l’armatura e quasi trapassandolo, un altro rimbalzò sullo scudo ferendomi di striscio a una gamba, un altro ancora invece gli entrò dritto nell’occhio destro sbucando fuori dall’altra parte e facendomi schizzare in faccia un getto di sangue.

«Darius

Nello stesso momento in cui arrestavamo l’avanzata un gruppo di balestrieri sbucò fuori da dietro la linea dei mostri, ma eravamo tutti troppo confusi e spaventati per realizzare che si trattava di soldati imperiali.

Si disposero su due linee, la prima in ginocchio e la seconda in piedi, puntando le armi dritte contro di noi.

«Balestrieri, tirare!»

Disorientati, scollati e vicini com’eravamo venimmo colpiti a decine, ma ancora una volta gli dei furono dalla mia parte e venni risparmiato.

Quindi fu il momento della loro fanteria, che ci piombò addosso con la forza di una valanga ingaggiandoci in un corpo a corpo che si trasformò ben presto in un massacro.

Il colpo finale lo dette una seconda ondata, anche questa di soli mostri, che sbucando da dietro il colle si scagliò contro il nostro fianco destro; lo guidava una giovane ragazza vestita come un’amazzone di Torian, con la pelle e i capelli scuri, una lunga coda e un paio di corna arricciate.

Perché? Perché sta succedendo tutto questo? Io non voglio morire! Mamma! Papà! Fratello mio!

Vanamente tentammo di resistere, ma ormai la paura ci aveva completamente sopraffatti e nel giro di pochi minuti fummo messi in rotta, dandoci ad una fuga disperata prima che la manovra di accerchiamento messa in atto dai nemici potesse tagliarci fuori dal resto della nostra armata.

Mentre scappavamo ignorando persino le intimazioni del Generale Ron di tornare a combattere potevamo sentire alle nostre spalle le urla di vittoria dei mostri, seguite da un invito da parte del loro comandante a non avere paura, che eravamo stati mandati a morire in nome di un impero a cui non importava niente di noi, e che chiunque avesse voluto combattere per un’altra causa sarebbe stato il benvenuto.

Inutile dire che quelle parole presero subito a trapanarmi il cranio come l’attrezzo di un cerusico, e qualcosa mi diceva che non ero l’unico ad avere di quei pensieri.

Ci avevano sempre detto che la fedeltà all’Impero era l’unico ideale che valesse la pena difendere, e che dare la vita per Saedonia era il più grande onore a cui un uomo potesse aspirare.

Teoricamente non avrei dovuto provare altro che odio verso quei mostri che avevano ucciso l’unico parente che mi fosse rimasto, ma allo stesso tempo non riuscivo a non pensare ai nostri vecchi compagni ora schierati contro di noi, che non ci avevano pensato un attimo a spararci addosso e che durante la nostra fuga avevo visto esultare e abbracciare i mostri come fratelli.

Poteva davvero esistere un mondo del genere? Un mondo in cui umani e mostri potessero lottare fianco a fianco per un bene comune, in cui poter credere al punto da essere pronti a puntare le armi contro i propri vecchi amici?

Disertai quella notte stessa, allontanandomi dal campo assieme ad altri cinque miei amici. Due di loro non fecero neanche cento passi prima di sfilarsi le insegne, l’armatura e le armi e darsi alla macchia, mentre io e gli altri tre ci dirigemmo verso il luogo della battaglia per consegnarci al nemico sperando nella bontà delle loro promesse.

Non fummo delusi.

Appena raggiunto un piccolo avamposto lungo la strada popolato in egual misura da mostri, civili umani e qualche legionario fummo rifocillati, abbeverati e quindi portati sotto scorta al campo principale, allestito con tutte le accortezze di un accampamento militare sullo stesso colle sul quale eravamo stati massacrati.

Fu allora che potei vederlo faccia a faccia: Daemon Haselworth. Vedendolo così, disceso dal suo cavallo bianco, non sembrava altro che un giovane uomo qualunque, ma i suoi occhi erano raggi di luce che scrutavano nell’anima, e le sue parole così potenti nella loro apparente semplicità da arrivarci direttamente al cuore.

Ci disse che per quanto lo riguardava noi non eravamo suoi nemici, che lui e i suoi seguaci avevano preso la spada per ribellarsi ad un Impero in cui nessuno di loro credeva più, e che il loro scopo era costruire un mondo nuovo in cui le disuguaglianze sarebbero state abolite e tutti, umani, mostri e semiumani, sarebbero diventati uguali davanti alla legge.

Allo stesso modo però fu molto chiaro, per non dire minaccioso nell’avvertirci che la giustizia sarebbe stata rapida e implacabile verso tutti coloro che avessero anche solo pensato di tradire la causa, e che come avevamo sperimentato sulla nostra pelle non ci sarebbe stata pietà per chi fosse determinato a mettersi sulla loro strada.

Avremmo dovuto puntare le armi verso i nostri vecchi compagni, e qualora fossimo caduti vivi nelle mani del nemico era molto probabile che saremmo stati decapitati seduta stante come i disertori che ai loro occhi eravamo.

«Se accettate sarete i benvenuti. Ma chi non se la sente o non crede di poter arrivare fino in fondo se ne vada ora. Vi daremo cibo e acqua per cinque giorni, cinquanta goldie e un salvacondotto per raggiungere Connelly o l’Unione, poi starà a voi decidere cosa fare. Allora? Qual è la vostra decisione?»

Per quanto mi riguardava, la mia l’avevo già presa da un pezzo.

 

L’ultima volta che avevo visto un campo di battaglia ero seduto sul retro di un carretto e fissavo sconsolato la pianura di Waterloo, immaginandomi le facce di Wellington e Blucher che si godevano la scena dalla cima del colle di St. Jean.

Da tanto aspettavo di sentire nuovamente scorrermi nelle vene il fremito che solo la battaglia riusciva a darmi, e quando finalmente le armi tacquero fui felice di constatare due cose: che non avevo perso il mio talento nell’ispirare e direzionare gli uomini, e che quegli stessi uomini al momento fatidico avevano dato ottima prova di sé.

Anche se era stata più una scaramuccia che un vero scontro i risultati erano comunque apprezzabili, e lo provava il fatto che quando la musica si era fermata avevamo contato solo diciassette morti contro i duecento e più subiti dal nemico.

Per un attimo avevo temuto che Septimus e i suoi uomini avrebbero esitato a sparare contro i loro compagni nel momento in cui se li fossero trovati davanti, e anche per questo avevo preferito impiegarli come balestrieri piuttosto che in prima linea.

E invece non mi avevano deluso, dimostrando una volta di più come la reincarnazione non avesse tolto nulla alla mia capacità di smuovere le coscienze.

«Lo conoscevi?» chiesi notando l’espressione con cui Septimus fissava ciò che il tiro a mitraglia aveva lasciato di uno dei legionari nemici

«Si chiamava Darius. Abbiamo fatto l’addestramento insieme.»

«Mi dispiace. La guerra è un affare sporco, specie se la si fa contro chi si conosce.»

«Eravamo entrambi in corsa per la promozione, ma lui l’ha rifiutata per restare vicino a suo fratello. Spero che almeno lui se la sia cavata.»

«Qualora fosse tra quelli che decideranno di arrendersi ti prometto che gli riserveremo un trattamento di favore.»

«Ti ringrazio. È già difficile accettare l’idea di stare combattendo contro i nostri amici. Almeno vorrei cercare di non doverne uccidere troppi.»

Scalia invece era di tutt’altro umore, felice come non mai di aver potuto finalmente mettere alla prova anni di addestramento con la spada.

«Direi che è stata una vittoria completa.»

«Sicuramente, ma non montiamoci troppo la testa. Neanche il Governatore commetterà due volte lo stesso errore. Stavolta erano reclute e ausiliari, alla prossima manderà l’esercito.»

Mentre i soldati ripulivano il campo di battaglia dai caduti allestimmo un accampamento a tempo di record, riunendomi con Scalia e Septimus nella tenda di comando per pianificare la prossima mossa.

«Ora che facciamo?» domandò Scalia. «Puntiamo subito al Castello?»

«È ancora presto. Non abbiamo né le truppe né la forza per assediare quella fortezza. Dopo la batosta che gli abbiamo inferto però ci metteranno un po’ a riorganizzarsi e a lanciare una nuova offensiva. E noi ne approfitteremo.»

«Come suggerisci di agire?» chiese Septimus

«Faremo come i serpenti. Strangoleremo il nemico fino a farlo soffocare. Fino a quando il Castello avrà accesso alle proprie rotte di rifornimento avranno sempre un vantaggio rispetto a noi. Pertanto sfrutteremo il momento e colpiremo qui, a Basterwick. La città è un punto di passaggio obbligatorio per i carichi diretti al Castello. Se la occupiamo, a Ron e al Governatore resterà solo la vecchia strada ducale che passa a nord attraverso le montagne, e che sicuramente sarà ancora bloccata dalla neve.»

«Ma ho sentito dire che a Basterwick sarebbe scoppiata un’epidemia.»

«Infatti non ho intenzione di correre rischi. Da ciò che ho potuto scoprire la piaga che ha colpito la città colpisce solo gli umani. Quindi porterò con me solo il quarto battaglione.»

«Ma sono meno di cinquecento soldati.»

«Scalia ha ragione. Tra la milizia e la guarnigione parliamo di almeno duemila uomini che difendono Basterwick, e il Centurione Mannio che comanda la guarnigione è un tipo sveglio.»

«Avete ragione. Se si parlasse di un assedio non ci proverei neanche. Ma a differenza di Dundee Basterwick non possiede un forte indipendente, e con un’epidemia in corso non si arrischieranno certo a rinchiudersi in città. Dovranno lottare in campo aperto.»

«Ben detto Daemon! E poi avremo i cannoni dalla nostra parte! Quei maledetti voleranno per aria come tante scintille!»

«Ti sarei grato se la cosa non ti entusiasmasse troppo. Quei maledetti, come li chiami tu, sono spesso poveracci che fanno solo il loro dovere. Senza contare che tra di loro ci sono anche molti miei amici.»

«Calmatevi tutti e due. Septimus, ti ho promesso che avrei dato a chiunque la possibilità di arrendersi per avere salva la vita e continuerò a farlo. Che altro puoi dirmi di questo Mannio

«Ho servito per un po’ sotto di lui, e come ho detto è un ufficiale in gamba. Un veterano della Guerra del Flor con il Principato di Connelly. I soldati lo rispettano, si fidano cecamente di lui, e lui li ricambia preoccupandosi costantemente per loro. Il problema anche stavolta sono la milizia locale e il loro comandante.»

«Sì, lo conosco. Van Lobre. Dall’anno scorso è anche diventato sindaco. I suoi latifondi occupano da soli un terzo della regione di Basterwick. Ma come ufficiale è un idiota che non saprebbe distinguere una picca da un bastone. Ce la caveremo. E per rispondere a te Scalia, no. Non porteremo con noi i cannoni.»

«Per quale motivo?»

«Ci sono voluti due giorni per portarli qui, a meno di dieci miglia da Dundee. Se ce li portiamo dietro non faremmo mai in tempo a prendere Basterwick prima della nuova offensiva. Septimus?»

«Dimmi.»

«Anche tu dovrai spostarti. Qui siamo troppo esposti, servirà una posizione dove poter annullare il vantaggio numerico quando Ron tornerà qui assieme a tutta la legione. Il posto ideale è qui, al passo di Chateroi. Attenderai l’arrivo dei nuovi battaglioni da Dundee, quindi tu e Oldrick vi posizionerete in questo punto, nei pressi del villaggio. Una volta occupata Basterwick vi raggiungeremo e ci riuniremo a voi.»

«Sarà fatto.»

«Passa parola Scalia. Il tamburo suona alle quattro. Tutti i mostri devono mangiare e andare a dormire entro due ore. Li voglio riposati e motivati, perché marceremo ininterrottamente fino a Basterwick. Dobbiamo essere lì tassativamente entro dopodomani.»

«Per quale motivo?»

«Perché sarà il momento perfetto per la nostra vittoria.»

 

Nota dell’Autore

Salve a tutti!

Come promesso, eccomi di nuovo qui con il secondo volume della mia light novel isekaiNapoleon of Another World!”, in cui si narrano le avventure di Napoleone Bonaparte che, dopo la morte, viene fatto rinascere in un nuovo mondo con l’incarico di salvare il continente di Erthea dall’avvento del Re dei Demoni.

Ringrazio tutti quelli che vorranno leggere e farmi sapere le loro considerazioni.

A presto!^_^

   
 
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