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Autore: Yellow Canadair    21/08/2023    5 recensioni
Certe notti Nami trema ancora, si arrampica con fatica fino a sedersi nel buio, sul letto.
Certe notti si mette le mani in faccia, sudata, i capelli sono un groviglio umido sul collo.
Certe notti anche Sanji torna a essere un bambino minuscolo, affamato, chiuso in una prigione con una maschera di ferro addosso.
Certe notti Sanji sogna l'odore della prigione, l'odore che aveva lui stesso, sogna la madre che diventa sempre più piccola e gli chiede da mangiare…
Una notte di incubi, due ragazzi che non sono stati mai veramente bambini, un porto sicuro trovato solo da adulti, in mezzo al mare.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nami, Sanji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Notti bianche, di tempesta, di bambini che bambini non lo sono stati mai

 


"Vi voglio bene"

Lo sparo.

Il sangue.

Nami boccheggia, ansima, suda, sente il sangue schizzarle addosso, non le arriva l'aria, il cuore è un terremoto, dentro di lei la terra trema, si sveglia.

Respira con la bocca aperta, le lacrime si allungano verso le tempie, le lenzuola sono bagnate di sudore, i capelli sono incollati alla fronte gelida.

Sente un rumore strano, come di singhiozzi.

È lei che sussulta, e non se ne rende nemmeno conto.

Piano piano il sogno si sfilaccia, gli occhi vedono la sua camera, vedono la Sunny. I suoi sensi tornano a registrare le sensazioni familiari: il rollìo, il vento, qualcosa cigola in lontananza, le onde, la notte tranquilla solcata dal brigantino che va.

Trema ancora, si arrampica con fatica fino a sedersi nel buio.

Si mette le mani in faccia, è sudata, i capelli sono un groviglio umido sul collo.

Perché, perché, cervello, mi fai questo? 

Certe notti sembra farlo apposta: sta sognando qualcosa, qualcosa di normale, qualcosa che magari aveva a che fare con qualcosa che l'aveva colpita nella giornata precedente… e all'improvviso una porta si apre, è Arlong, c'è Bellmere, c'è lei che si abbraccia a Nojiko e non può fare niente, è solo una bambina… 

Trema, non riesce a pensare a nient'altro. I piedi sono incatenati alle lenzuola.

Dov'è Robin? è di guardia?

Nami non lo sa, sa solo che ha bisogno di alzarsi, di cambiare stanza.

Al polso ha un elastico, ne tiene sempre uno o due. Si fa una coda disordinata, anzi uno chignon, anzi no, è qualcosa di scomposto e brutto ma non gliene importa niente, vuole solo togliersi i capelli sudati dalle spalle.

Dov'è quella maledetta felpa che in genere sta sempre ai piedi del letto? ha dimenticato di metterla? è caduta sotto il letto? Nami non lo sa, al diavolo la felpa, si trascina fuori barcollando.

Sale le scale di legno, cerca di ricordare il presente. Le scale le ha fatte Franky, pensa. Anzi no, Iceburg. I carpentieri. Quale dei carpentieri ha cesellato quei gradini così perfetti sotto le sue ciabatte?

Rufy dov'è? Dorme? Sì, starà dormendo. Come Zoro. Come Usopp. Stanno tutti dormendo, si ripete. Stanno facendo dei bei sogni, pensa caparbia. Il suono dello sparo le lacera la memoria. Rufy dorme, Zoro dorme, Sanji dorme, Robin dorme, si ripete come una litania.

Arriva finalmente in coperta, il mare luccica sotto le stelle, la luna è uno spicchio pallido e affilato come denti di squalo.

Nella notte vede Jinbe, è al timone. Gli fà un cenno per dire che va tutto bene, sta solo prendendo una boccata d'aria e non deve preoccuparsi. Jinbe è un bravissimo compagno, ma in qualche modo deve ancora abituarsi che la famiglia si è allargata.

Jinbe le risponde alzando una mano in silenzio: va bene, se ti serve qualcosa sono qui.

Nami si trascina verso la balaustra di tribordo, per avere il vento in faccia che le faccia male e le asciughi le lacrime.

Quando arriva alla balaustra, le sembra di ricominciare a respirare. No, non deve cadere in ginocchio: Jinbe potrebbe pensare che non sta bene. Si aggrappa al parapetto.

Prende fiato dal naso, lo rilascia dalla bocca. Inspira, espira. 

Apre gli occhi: sotto di lei c’è la spuma bianca delle onde, davanti invece c’è solo nero. Nero infinito, che si fonde con il cielo. La nave è un puntino di luce in un nulla nero e cupo, senza stelle. Il cielo infinito sopra, e il mare insondabile sotto. Quanti metri di abisso ci sono, sotto il ventre della Sunny? 

«Nami?» una voce la chiama. «È tutto a posto?»

È delicata, profonda. È Sanji.

Nami si cancella le lacrime con la mano, si volta piano: non vuole sviolinate, non vuole appellativi. Guarda Sanji: è una figura buia a due o tre metri da lei. Si avvicina in silenzio, la brace della sigaretta lo illumina lievemente di una luce arancione e fioca. 

Quando arriva vicino a lei, Nami vede solo tanta stanchezza.

Vede gli occhi chiari velati dagli incubi, proprio come devono essere i suoi.

«Sto bene» si affretta a dire.

Sanji si avvicina. 

A volte è strano non vederlo sbracciarsi, trottolare, recitare parole appassionate.

Certe notti anche Sanji torna a essere un bambino minuscolo, affamato, chiuso in una prigione con una maschera di ferro addosso.

Certe notti Sanji sogna l'odore della prigione, l'odore che aveva lui stesso, sogna la madre che diventa sempre più piccola e gli chiede da mangiare…

E anche Sanji sale in coperta barcollando e chiede al mare un po' di pace.

«Brutti sogni?» sussurra Sanji, sfilandosi la sigaretta di bocca e facendo sfarinare la cenere fuori bordo, lanciandola nel vento che va verso poppa.

Nami sa che è inutile negare: in quella ciurma tutti hanno un passato complicato. «Sì.» mormora. «Ma sto bene.»

Sanji sorride amaro: Nami dice sempre che sta bene, la sua coraggiosa Nami che non vuole pesare su nessuno e non vuole farli preoccupare. 

Poi nota: «Sei uscita dalla tua cabina senza mettere niente? Aspetta, usa questo.» si infila la sigaretta in bocca e si sfila la felpa grigia.

«No Sanji, non è necessario, sto bene così…» ma in un attimo il peso caldo della felpa di Sanji si deposita sulle sue spalle, e Nami ammutolisce.

«Meglio?» il cuoco sorride con la sigaretta incastrata tra gli incisivi.

Il calore fa emergere ricordi: la casa, la cucina, la porta, il gradino scheggiato, la brocca con i disegni blu, Nami crolla a terra con la bocca spalancata in un pianto disperato.

Ma invece del duro e freddo tavolato, trova il petto di Sanji, e le sue braccia che la stringono a sé, chiudendo fuori i mostri del passato.

Nami si irrigidisce, poi si accorge che è in un vicolo cieco, che il suo corpo non le obbedisce, che l'unica cosa che può fare è fidarsi del compagno. Affonda nell'abbraccio, non vede nient'altro che la stoffa della maglietta del ragazzo, odore di sigaretta, di frittura, di dopobarba. Piange come la bambina che era, come avrebbe voluto fare quando era piccola, ma decise di caricarsi sulle spalle la sofferenza di un villaggio intero.

Sanji raccoglie quel pianto disperato in silenzio. Aggiusta come può la felpa sulle spalle della navigatrice, poi torna a farla aggrappare a lui in quella notte di tempesta.

Getta la sigaretta nell'oceano, posa il capo sui capelli di Nami.

Sospira.

Stringe la ragazza come vorrebbe stringere sua madre.

O come avrebbe voluto essere stretto da lei, ma non ne hanno avuto il tempo.

Sono qui, non ti preoccupare. Lo vedi che so badare a me stesso e anche agli altri ora, non ti preoccupare, Ma’.

 

Schiarisce da est.

Manca ancora molto all’alba, ma l’aurora già comincia ad allungare sul mare le sue dita rosate.

Al timone c’è Brook; canticchia qualcosa a bassa voce.

Nami è seduta per terra con la testa sulle ginocchia; Sanji è vicino a lei, e si accende una bella sigaretta.

«A me niente?» mormora Nami.

Lascia questo vizio a chi non ha la tua bellezza da proteggere, pensa Sanji. Ma sorride, estrae di nuovo il pacchetto e allunga una sigaretta alla compagna.

Nami prende una bionda, la infila tra le labbra e lascia che Sanji, con il suo Zippo, gliela accenda.

Dà un bel tiro, e poi espira.

Non è abituata, la nicotina le fa girare la testa.

Ma è seduta, e posa il capo sulla spalla di Sanji.

I capelli cedono, lo chignon crolla, nessuno ci fa caso.

«Grazie» mormora.

«Ti pare? Per una sigaretta?»

«Per prima»

Sanji non ribatte subito. «Dovere» dice infine.

Si godono il momento. Guardano il fumo salire e disperdersi nell’aria della notte, poi buttano i mozziconi a mare. Pirati.

Nami si alza puntando una mano sul ginocchio di Sanji. «Vado a vedere se riesco a dormire» dice, guardando il cuoco. «Tu non torni a letto?»

«Rimango qui un po’. Dopo ti preparo qualcosa di speciale per colazione.» le promette.

Nami sorride, Sanji si perde in quel sorriso perfetto. La guarda allontanarsi, la sua dea, la sua musa. Ha ancora la sua felpa addosso, nera, larga, con le maniche troppo lunghe, eppure è perfetta su quel corpo morbido e abbronzato, croccante di sole. Sparisce sotto coperta. Dormirà tranquilla, poi ci penserà il profumo dei croissant a svegliarla. Li farcirà con la marmellata di mandarini, la teneva da parte per un’occasione speciale.

Sanji si rialza, anche i suoi incubi sono lontani lontani, oltre il mare. Sono come le nuvole di una tempesta che si allontanano all’orizzonte. Sospira felice, mentre torna sottocoperta e le stelle, piano piano, si spengono nel cielo rosa.


 
  
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