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Autore: Jamie_Sand    22/08/2023    3 recensioni
Nel pieno della seconda guerra magica, lontano dalla famiglia, senza più una fidanzata e con ben pochi amici rimasti al suo fianco, il giovane Percy Weasley cerca di fare del suo meglio per limitare i danni.
Poi, una notte di fine ottobre, l'incontro con una babbana di nome Audrey Manning.
Genere: Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Audrey, Famiglia Weasley, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 15

 

La prima visita di Percy al Testa di Porco risaliva al mese di giugno dell’anno prima, quando Oliver lo aveva spinto in quella pseudo organizzazione di ribelli con la scusa di una burrobirra in un luogo tranquillo. Quel giorno di tanto tempo fa la locanda era vuota e in effetti anche nei mesi successivi non era mai stata particolarmente affollata. La clientela di Aberforth Silente era indubbiamente variegata, ma non si poteva di certo affermare che quello fosse un pub di successo. Per questo, quando Percy varcò la soglia della locanda quella sera di maggio, si ritrovò sorpreso davanti ad un vastissimo gruppo di ragazzini in pigiama, probabilmente appena scappati da Hogwarts. 

- Ce l’avete fatta! - La voce di Aberforth sovrastò il baccano e, non appena vide Oliver, Katie e Percy entrare, si precipitò da loro facendosi largo tra gli studenti terrorizzati. 

- Scusa il ritardo, Abe. - Fece Oliver. - Il nostro Percy, qui, ha perso tempo per salutare la sua amata ragazza babbana. - 

Percy gli tirò una gomitata e si sentì arrossire appena, per poi parlare al vecchio mago prima che esso potesse dire qualcosa a sua volta: - Come possiamo essere utili, signor Silente? - Domandò. 

- La battaglia sta per iniziare, ma uno di voi mi serve qui, per portare i ragazzini lontani, in salvo, lontani dalla scuola. - Affermò Aberporth.

Percy si guardò fugacemente intorno, cercando il viso della sorella di Audrey tra tutti quelli dei giovani studenti che in quel momento affollavano la locanda. Nessuna traccia. - Io devo proprio andare a Hogwarts. - Dichiarò. 

- Resto io qui. - Si propose Katie, per poi rivolgersi a Oliver e Percy: - Voi due andate, ragazzi, ci vediamo a Hogwarts tra poco. - 

Percy vide Oliver tergiversare, teso e serio come non lo era mai stato, ma quando si mosse allora lo seguì senza sindacare verso il passaggio dietro al ritratto, da cui continuavano ad andare e venire maghi, streghe, studenti e studentesse. 

Nel passaggio, stretto e ingombro, l’aria sembrava brillare di eccitazione e paura. Percy si ritrovò spesso a schivare visi conosciuti di alcuni ex compagni di scuola man mano che saliva quelle scale di pietra levigata e all’improvviso, come la punta di un attizzatoio incandescente, si rese conto che di certo quella notte si sarebbe ritrovato davanti alla sua famiglia al completo. 

Era ovvio che fossero lì, tutti loro, era ovvio che gli avrebbero rivolto quegli sguardi torvi come quel Natale di qualche tempo prima, quando aveva messo piede alla Tana insieme al ministro, ed era ovvio che lui, di nuovo, non sarebbe riuscito a dire una parola. 

Era stato così stupido, così stupido… e forse sarebbero morti senza nemmeno riappacificarsi. 

Forse sarebbe morto e suo padre l’avrebbe ricordato per sempre come quel figlio ingrato che gli aveva dato del fallito. 

Oliver, a pochi passi da lui, si immobilizzò di scatto, tirandolo fuori dal suo flusso di pensieri. - Io torno da Katie. - Disse in tono ansioso, voltandosi verso Percy. - Non posso… non posso lasciarla, capisci? Tu va… Ci vediamo al castello non appena avremo evacuato tutti gli studenti. - 

- Se vedi la sorella di Audrey… - 

- La spedirò dritta a casa, lo so. - Lo anticipò Oliver, dandogli una pacca sulla spalla. 

Percy annuì frenetico. - State attenti, Hogsmeade sarà piena di mangiamorte. - 

Oliver fece un sorrisetto e scrollò le spalle, prima di passargli accanto per percorrere il percorso appena battuto al contrario, lasciandolo da solo. 

Lì, in mezzo a quel passaggio scavato nella roccia fredda, la mente di Percy tornò a correre veloce, ma si riscosse sbuffando e riprese a camminare finché, a pochi passi da lui, non vide la luce. Non fece in tempo a guardarsi attorno, non ebbe un momento per capire, varcò la soglia che dal tunnel portava al castello, inciampò sull’ultimo gradino e cadde producendo un gran frastuono. 

- Sono in ritardo? È già cominciato? L'ho saputo solo ora e… - 

Alzò lo sguardo, e quando vide chi stava ricambiando quell’occhiata confusa, Percy tacque come se qualcuno l’avesse appena pietrificato. Era certo che si sarebbe imbattuto in loro quella notte, ma non così, non così all'improvviso, non così da vicino

Passò lo sguardo su ognuno di loro: notò che Ginny era cresciuta rispetto all’ultima volta che l’aveva vista, che i suoi capelli erano più lunghi e la sua espressione molto sicura; si rese conto che Ron era alto quanto lui ormai e che sua madre invece sembrava un po’ emaciata (probabilmente quei mesi di guerra non erano stati facili per nessuno di loro). Guardò Fred e George, poi Bill e la giovane e bellissima donna con cui ormai suo fratello era sposato, notò che c’era anche Harry e poi, solo all’ultimo, i suoi occhi si posarono su suo padre. 

Arthur Weasley, impalato e teso accanto a Remus Lupin, guardò il figlio, ma senza la solita e ormai conosciuta espressione distante che l’uomo aveva avuto ogni qualvolta in cui Percy l’aveva incontrato in ascensore al Ministero. 

Ti prego, papà, di’ qualcosa… pensò disperatamente il giovane, dite qualcosa, qualsiasi cosa… dite qualcosa perché io non ce la faccio.

- Alors… come va il picolo Teddì? - Esordì Fleur, quasi come se l'avesse sentito pensare, rivolgendosi a Lupin.

Lupin batté le palpebre, esterrefatto. Probabilmente quel silenzio aveva fatto sentire a disagio anche lui. - Io... oh... sì... sta bene! Sì, Tonks è con lui... a casa di sua madre. - Disse ad alta voce, e poi tirò fuori una fotografia dalla giacca e la mostrò a Flaur e a Harry. - Ecco, ho una foto… - 

- Sono stato uno scemo! - Le parole uscirono dalla bocca di Percy ancor prima che potesse pensarle, e le pronunciò così forte che per poco la foto non cadde di mano a Lupin. - Un idiota, un imbecille tronfio, sono stato un... un… - 

- Un deficiente schiavo del Ministero, rinnegato e avido di potere. - Concluse Fred.

Percy deglutì. - Sì! - 

- Be', non potevi dirlo meglio di così. - Dichiarò Fred, poi fece un passo in avanti e gli tese la mano. 

La signora Weasley scoppiò in lacrime. Corse avanti, spinse via Fred e strinse Percy in un abbraccio soffocante, mentre lui le dava pacche sulle spalle, lo sguardo puntato sul padre.

- Mi spiace, papà. - Mormorò.

Il signor Weasley batté le palpebre in fretta, poi anche lui corse ad abbracciare il figlio.

No, non se lo meritava, non si meritava quell’amore, pensò Percy quando sentì i suoi occhi pizzicare fastidiosamente. Li aveva rinnegati, se n'era andato gridando loro quanto li odiava, aveva dato a suo padre del fallito e aveva spezzato il cuore di sua madre mandando indietro ogni suo regalo. Eppure i suoi genitori lo stavano stringendo come quando da bambino aveva bisogno di essere consolato dopo le prese in giro dei suoi fratelli.

No, non se lo meritava, non se lo meritava affatto. 

- Che cos'è che ti ha fatto tornare in te, Perce? - Chiese George, quando i signori Weasley lo lasciarono andare. 

- Era un po' che ci pensavo. - Rispose Percy, asciugandosi gli occhi sotto le lenti con un angolo del mantello da viaggio. - Ma dovevo trovare un modo di venir via e non è facile al Ministero, sbattono in prigione traditori uno dopo l'altro. Sono riuscito a mettermi in contatto con Aberforth, mi ha fatto sapere che Hogwarts stava per dare battaglia, e così sono tornato. - 

- Be', ci aspettiamo che i nostri prefetti prendano il comando in simili circostanze. - Declamò George, in una buona imitazione dei modi più pomposi di Percy. - Adesso andiamo di sopra, o ci perderemo tutti i Mangiamorte migliori. - 

- Quindi adesso sei mia cognata? - Chiese Percy, stringendo la mano a Fleur mentre correvano verso la scala con Bill, Fred e George.

- Oh oui. - Cinguettò Fleur. - È stato un vero dispiashere non vederti tra gli invitati. - 

- Già, ti sei perso un grande evento, oltre ad aver fatto piangere nostra madre per l’ennesima volta. - Buttò lì George. 

- Io non… mi dispiace, io… sono stato davvero un… -

- Per non parlare delle cugine veela di Fleur. - Sogghignò Fred, interrompendolo, mentre tutti insieme raggiungevano la Sala D’ingresso.

- Forse è meglio se ci dividiamo per tenere d’occhio le vie d’accesso al castello. Dobbiamo organizzarci in coppie, così tutti i passaggi saranno coperti. - Dichiarò Bill, una volta in cima alle scale. - Io e Fleur ci occuperemo del lato sud del castello: così facendo riusciremo a tenerli fuori più a lungo possibile mentre la scuola viene evacuata. -

- Stavo giusto pensando di andare insieme ad Angelina sulle mura. - Disse George, annuendo. - Vieni con me, Freddie? - 

Fred assunse un’espressione insolitamente pensierosa, poi fece un sorrisetto che tradì qualche sottinteso e scosse la testa. - No, vai tu con lei. - Rispose, prima di voltare lo sguardo verso Percy. - Tu starai con me, eh, Perce, non vorrei vederti passare di nuovo al lato oscuro. - Aggiunse con un tono tale che l’altro non capì fino a che punto fosse serio. 

Percy sospirò e poi si guardò furtivamente attorno: c’era un grande via vai, ma di Lucy nessuna traccia. 

Poteva davvero dire di no a uno dei suoi fratelli per andare a cercare quella ragazzina? 

Audrey mi ucciderà… 

- Andiamo. - Dichiarò, alzando gli occhi al cielo. 

Si divisero: Fleur e Bill corsero verso l’uscita del castello, mentre George si allontanò sparendo dopo aver svoltato a sinistra. Dopo un attimo di smarrimento, Percy seguì il fratello minore. 

Passarono davanti a una serie di ritratti e le figure dipinte corsero con loro, maghi e streghe con gorgiere e calzebrache, armature e mantelli, si stipavano nelle tele altrui, urlando notizie raccolte in altre parti del castello. Quando arrivarono alla fine di quel corridoio, l'intero edificio tremò.

La battaglia era vicina, così dannatamente vicina…

La battaglia era vicina e se l’indomani avesse trovato il corpo senza vita di Lucy… be’, non se lo sarebbe mai perdonato. Audrey non l’avrebbe mai perdonato.

- Devo fare una cosa. - Affermò Percy, quando il fratello si voltò per assicurarsi che stesse bene. - Devo trovare una persona… devo andare, scusa, Fred... - 

Si voltò, pronto a raggiungere la Sala Grande, e Fred, fronte aggrottata per la perplessità, lo seguì per poi domandare: - Devi trovare una persona? Chi? -

- La sorella di una mia amica. - Rispose alla svelta Percy, percorrendo al contrario il corridoio pieno di studenti presi dal panico. - Lei è qui per causa mia. Pensavo che sarebbe stata al sicuro e invece… - E invece probabilmente in questo momento è in mortale pericolo…

- È qui a causa tua? - Fece Fred, scettico. 

Percy… il solito esagerato teatrale, pensò. 

- Sì, io e Oliver… io e Oliver Baston... - Ribadì Percy. - Io e Baston l’abbiamo portata qui insieme a tanti altri nati babbani. Pensavamo sarebbero stati al sicuro, tutti loro, e invece no; ci sarà una battaglia e lei non può morire o sua sorella mi ucciderà. - 

- No, aspetta… cosa? - Lo fermò Fred. -  Tu hai collaborato con Oliver Baston per… salvare delle persone? Per salvare dei nati babbani dal Ministero? - 

Percy arrestò il suo passo e sospirò prima di voltarsi verso il fratello minore. - Hai l’aria sorpresa. - Osservò risentito. 

- Certo che ho l’aria sorpresa! - Esclamò l’altro. - Noi pensavamo che… - 

- Che cosa? Che fossi d’accordo con quel che stava capitando? Che fossi dalla parte di Tu Sai Chi? - 

- Be’... sì. - 

Percy arricciò le labbra e chinò il capo, iniziando a fissare la punta delle sue scarpe come se fossero diventate improvvisamente molto interessanti. - Lo so… già, l’avrei pensato anche io. - Farfugliò arrossendo. - Io… mi dispiace tanto… - 

- Perché non ci hai detto niente? - Lo interrogò duramente Fred. - Perché non hai cercato di farci capire da che parte stavi? Un segno, qualsiasi cosa… potevi passare in negozio. - 

- Invece non potevo, siete stati sotto controllo per tutto il tempo. - Rispose Percy, e poi sospirò e alzò gli occhi, puntandoli in quelli di Fred. - Io ho cercato di fare la mia parte, ho cercato di redimermi in qualche modo, e lo so… ciò che ho fatto non cancellerà mai gli errori che ho commesso. Non mi potrò mai perdonare per ciò che… - 

- Smettila. - Lo interruppe bruscamente Fred. 

- Ma… - 

- Non iniziare. - 

- Sì, ma… - 

- Davvero, Percy: sta’ zitto. - Fred mise su un’aria di rimprovero. - Ci sarà tempo, dopo, per tutto questo, per il tuo autoflagello, per piangerti addosso eccetera eccetera; e contaci: né io né gli altri ci dimenticheremo presto ciò che hai fatto, ma stanotte non è il momento. Cerca di superarla restando in vita e poi, dopo… dopo pensiamo al resto. Resta concentrato sul restare vivo, adesso. - 

Percy rimase zitto per qualche istante, fissando il fratello minore con un’espressione perplessa dipinta in volto. Sembrava così serio. 

Fred aveva ragione: doveva restare vivo se voleva davvero farsi perdonare, per chiedere davvero scusa a suo padre e per sentirsi di nuovo degno dell’affetto di sua madre. E poi… be’, Audrey. Lei lo stava aspettando, glielo aveva detto mentre lo fissava con quei suoi bellissimi occhi verdi e spalancati puntati nei suoi. 

- Adesso andiamo a cercare la sorella di questa tua amica, su, Weatherby. - Proseguì Fred con nonchalance, tornando a muoversi lungo il corridoio. 

Arrivarono in fondo e svoltarono a destra. Lì Percy si guardò intorno e si sentì mancare: i Mangiamorte erano entrati a Hogwarts, e due uomini incappucciati, proprio in quel momento, stavano camminando minacciosamente verso di loro. 

- Uno per uno? Siamo fratelli, è importante condividere. - Fece Fred, con leggerezza, mentre sfoderava la bacchetta. 

Sul volto di Percy comparve un piccolo sorrisetto. - Andiamo. - Annuì facendosi avanti. 

I primi getti di luce scoccarono dalle bacchette dei mangiamorte. Percy schivò una fattura e rispose con un incantesimo che fece indietreggiare l’uomo contro cui stava duellando. Il cappuccio cadde dalla testa del mangiamorte, scoprendo una fronte alta e capelli striati. 

Percy non si sentì affatto sorpreso nel vedere quella faccia conosciuta in quel contesto. 

- Ah, Ministro! - Urlò prima di scagliare una fattura contro O'Tusoe, che lasciò cadere la bacchetta e portò le mani al petto, in evidente difficoltà. - Le ho detto che do le dimissioni? - 

- Hai fatto una battuta, Perce! - Gridò Fred, quando il Mangiamorte con cui stava combattendo crollò colpito da tre diversi Schiantesimi. 

Harry, Ron e Hermione erano appena comparsi per aiutarli e adesso O'Tusoe era caduto a terra e minuscole spine gli spuntavano dappertutto; sembrava che si stesse trasformando in una specie di riccio di mare. 

Fred guardò Percy con allegria. - Hai davvero fatto una battuta, Perce... l'ultima che ti avevo sentito fare era… -

Erano tutti vicini: Harry, Ron, Hermione, Fred e Percy, i due Mangiamorte ai loro piedi, uno Schiantato, l'altro Trasfigurato; e in quella frazione di secondo, quando il pericolo pareva temporaneamente lontano, il mondo andò in pezzi. 

Percy sentì un forte spostamento d’aria colpirlo e in un secondo si ritrovò a terra, ricoperto di detriti. Sbatté le palpebre dietro le lenti crepate degli occhiali, percepì il vento, e questo gli fece capire che il fianco del castello doveva essere appena esploso. Si mise a sedere e si guardò attorno: era come se tutto attorno a lui avesse rallentato. 

Vide Hermione che cercava di rimettersi in piedi in mezzo a quella devastazione a qualche metro da lì, poi Harry e Ron, infine abbassò lo sguardo, proprio lì dove il corpo di Fred giaceva esanime. 

Si trascinò con fatica verso il fratello. Forse era svenuto, magari era gravemente ferito ma non… no, non poteva essere… 

- Fred? - Lo chiamò scuotendolo, quando gli occhi lo fissarono senza vederlo. - No… no… no! No! Fred! No! - 

- Percy, non puoi fare nulla per lui! Dobbiamo… -

Qualcuno parlava e lo toccava, ansioso di portarlo via di lì. Ma nulla aveva importanza, nulla aveva senso se non proteggere il corpo di Fred, almeno quello… almeno il suo corpo.

Vide Harry chinarsi per prendere il corpo di Fred sotto le ascelle e questo quasi lo sollevò: si alzò dal cadavere del fratello e insieme, curvi per evitare le maledizioni che arrivavano dal parco, trascinarono Fred fuori dalla linea del fuoco. Lo deposero in una nicchia lasciata vuota da un'armatura. 

Percy voleva restare lì, voleva vegliare su quel corpo di suo fratello fino alla fine, assicurarsi che nessuno lo toccasse o lo dissacrante, ma in fondo al corridoio ricoperto di polvere e di pietre, con i vetri delle finestre polverizzati, qualcosa attirò la sua attenzione: un ragazzina gracile, bionda e dalla faccia conosciuta stava correndo, inseguita da un uomo alto e con la bacchetta spiegata. 

- Rookwood! - Urlò, inseguendo a sua volta il mangiamorte che aveva sotto tiro la giovane Lucy. 

Doveva salvarla; sì doveva salvare almeno lei, almeno lei… doveva riportarla da Audrey a tutti i costi, perché Audrey non doveva provare mai il dolore che stava dilaniando il cuore di Percy in quel momento. 

Fred.

Perché lui? Perché proprio alla loro famiglia?

Perché?

- Lasciala stare! - Urlò forte, prima di scoccare un incantesimo che colpì il mangiamorte sulla schiena, facendolo crollare a terra. 

Lucy non ebbe il tempo di dire una parola né di ringraziarlo. Percy scavalcò il corpo del mangiamorte e si avvicinò a lei fissandola con un’aria di duro rimprovero. 

- Non dovresti essere qui, sei minorenne, devi andare via. - Le disse, afferrandola per un braccio e trascinandola via. 

Lei mugugnò irritata e si liberò da quella presa. - Dov’è Audrey? - Domandò. 

- Al sicuro. - 

- Al sicuro? E come può essere al sicuro senza un mago a proteggerla? - 

- Ti dico che è al sicuro. - Tagliò corto Percy. - Adesso tu te ne vai, chiaro? Non puoi stare qui, non posso tenerti d’occhio… - 

Lucy scoppiò a ridere, interrompendolo. - Tenermi… tenermi d’occhio? - Esclamò, con un fare vagamente nervoso. - Audrey te lo ha chiesto vero, di tenermi d’occhio? - 

- Sì. Lei è tua sorella maggiore e devi ascoltarla. - 

- Voi due siete uguali; è per questo che vi piacete, eh? - Fece la ragazzina. - Adesso scusa, ma devo trovare Colin… ci vediamo a battaglia finita, Weasley. Rimani vivo, spezzeresti il cuore di mia sorella altrimenti, e poi io dovrei ucciderti. Sai, lei ha una grossa cotta per te. - 

- Noi non… lei non… STUPEFICIUM! - Gridò Percy, schiantando un mangiamorte che stava arrivando alle spalle di Lucy. - Non è il momento né il luogo adatto per parlare di questo. - Aggiunse. 

Lucy sogghignò divertita. - Hai la mia benedizione. - Gli disse con leggerezza. Poi  mosse un paio di passi, quel tanto che bastò per allontanarsi di un metro. 

Accadde tutto in fretta: un lampo intenso e scarlatto colpì la giovane facendo cedere immediatamente le sue gambe con un gemito doloroso. 

No no no no! 

Percy sussultò a quella vista pietosa, boccheggiò e si inginocchiò al suo fianco, attaccato alla speranza che fosse ancora viva. E difatti lo era. Percy fu felice nel vedere che Lucy respirava, ma quella gioia svanì nel momento stesso in cui la guardò negli occhi. 

Eccoli lì, gli occhi della morte. 

Occhi verdi, come quelli di Audrey, grandi e spalancati… terrorizzati. 

Percy non aveva mai visto una maledizione del genere, probabilmente era un incantesimo che lo stesso Mangiamorte che lo aveva lanciato aveva inventato, qualcosa di talmente oscuro da lasciarlo senza parole. 

Lucy tremò e rantolò tra le sue braccia, più pallida e con il viso rivoltò al soffitto mezzo distrutto. Sembrava come se nel suo corpo tutto stesse lentamente cedendo dall’interno, facendola soffrire come nessun essere umano avrebbe mai dovuto soffrire. 

Lei tentò di parlare, producendo solo un basso gemito di dolore.

- No… non parlare, non ti sforzare. - Le disse piano, stringendo la sua mano - Starai bene… devi resistere finché non… ti prego… ti prego, no… - 

Lei staccò gli occhi dal soffitto per puntarli nei suoi e strinse la presa, come se avesse paura che Percy potesse lasciarla lì a morire da sola. 

Intorno a loro si continuava a combattere, ma a Percy non importava: avrebbero potuto ucciderlo in quell’istante e non se ne sarebbe preoccupata. 

Tutto quello che riusciva a vedere, la sola cosa a cui riusciva a pensare, era a Lucy che moriva dolorosamente tra le sue braccia, lì a rinnovare il dolore già presente nel suo cuore. Sentì la stretta di lei farsi più debole, il suo sguardo più assente e, nello stesso momento, Percy percepì gli occhi bruciare. 

Non poteva lasciarla morire. Come avrebbe potuto guardare Audrey negli occhi, poi? Cosa diamine aveva fatto… era colpa sua. Lucy era in quel castello per colpa sua, solo sua… 

- Ti prego… no… - Mormorò con la voce rotta. - Io… cerco aiuto… io… - 

- No. - Soffiò lei, stringendo dolorosamente la sua mano. - R… resta qui. - 

Percy si limitò ad annuire, trattenendo il pianto. 

Lei invece sospirò: - Weasley… - Disse piano. - Audrey… lei… - 

- Ci penso io a lei, sì. - La anticipò Percy. - Te lo prometto. - 

Lucy annuì, poi batté le palpebre, lo sguardo più vuoto ed annacquato, il volto sconvolto da una smorfia di dolore. Non disse nient’altro, emise solo un lungo e doloroso respiro, i suoi occhi si fecero fissi e vuoti e poi la sua espressione si rilassò di colpo. 

Percy alzò lo sguardo. Davanti a lui lo spettacolo pietoso della battaglia diede il meglio di sé: lampi di luce, urla e corpi a terra, corpi morti e feriti. 

Si alzò in piedi e prese in braccio il corpo di Lucy, stupendosi di quanto fosse leggera e immaginando già il momento in cui avrebbe dovuto dire ad Audrey che sua sorella era morta davanti a lui. Percy decise che le avrebbe mentito: avrebbe detto che Lucy era morta senza soffrire, che nemmeno se ne era accorta, che se ne era andata in pace. 

Così, con quel cadavere sulla sua spalla, Percy Weasley camminò tra i duelli come se fosse diventato d’un tratto invisibile. Nessuno sembrava notarlo. 

Alla fine lasciò Lucy in una piccola nicchia simile a quella in cui, qualche metro più in là, giaceva il corpo di Fred. Si chinò a sistemarle i capelli dietro le orecchie e dopo averle dato un ultimo sguardo fece per voltarsi, quando fu raggiunto da uno schiantesimo che gli fece fare un volo di diversi metri. Sbatté violentemente contro il muro e tutto si fece buio. 


 

Heilà, persone!

Come è andata l’estate?

Lo so, speravo di pubblicare questo capitolo molto prima ma, come al solito, nella mia testa funzionava di gran lunga meglio e, tra perfezionismo e impegni, eccomi qui dopo venti giorni circa. 

Non vedo l’ora di liberarmi di questa parte: non sono granché con le scene di azione, sono più per l’introspezione e le prese male… che arriveranno, arriveranno molto presto. 

Comunque sono felice che nonostante questo brusco rallentamento questa fan fic continui a essere seguita; quindi grazie, grazie per le recensioni, grazie a chi segue/preferisce/ricorda la storia. 

Al prossimo capitolo, 

J. 

 
   
 
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