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Autore: Emma Speranza    24/08/2023    14 recensioni
Il Ministero è caduto, le lettere di convocazione al Censimento per i Nati Babbani sono state inviate e quando Lydia Merlin riceve la sua, sa che è arrivato il momento di nascondersi. Ma una lezione che ha imparato durante i sette anni ad Hogwarts è che i suoi piani non vanno mai come dovrebbero.
Un incontro fortuito con un ex compagno di scuola ed un bambino troppo chiacchierone le ricorderanno che la fuga non è un’opzione, e che in un mondo magico che ha dimenticato cosa sia l’umanità e la pietà, c’è ancora qualcosa per cui vale la pena combattere.
Una storia di sopravvivenza, ingiustizia e dei mostri che si annidano nei luoghi più oscuri.
Dall'Epilogo:
​«Corri!»
Lydia sapeva che era arrivata la loro fine.
Nulla li avrebbe salvati.
Sfrecciò in mezzo ad un gruppetto di anziane signore, che reagirono lanciandole imprecazioni che mal si addicevano a delle così adorabili nonnine.
«Scusate, scusate!»
E ovviamente Lance perse tempo a cercare di farsi perdonare piuttosto che correre per salvarsi la vita.
Genere: Avventura, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Vari personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 4 

Burattini
 
 
«Allora, come è andata?»
Lydia guardò il pavimento della cucina, nella vana speranza che potesse spalancarsi sotto ai suoi piedi ed inghiottirla. E poi, vedendo che le piastrelle si ostinavano a rimanere fisse al loro posto, sperò che qualche bambino decidesse di distruggere il vaso nelle scale proprio in quell’istante, o appiccasse un incendio, o causasse un qualsiasi disastro che potesse distrarre i signori O’Brien, intenti a fissare lei e Lance in attesa di una risposta.
Fu a quel punto che si ricordò della minaccia più grande.
Lanciò una breve occhiata verso Lance e si accorse che sì, poteva anche essere diventato un bravo attore quando si trovava in missione, ma dalle gocce di sudore che gli scivolavano sulla fronte, si capiva perfettamente che era rimasto lo stesso ragazzo che di fronte ai professori rischiava sempre di farsi scoprire. Presa dal panico, Lydia si affrettò a dire «Tutto bene, nessun problema!» quando la sua voce fu coperta da un pianto improvviso e disperato.
«Oh, piccolino!» La signora O’Brien corse verso Daniel, che singhiozzava inconsolabile, e Lance ne approfittò all’istante per urlare a voce troppo alta «Vado da Caitlin a dirle che siamo tornati!» e scappare dalla cucina con una velocità tale che sembrava si fosse Smaterializzato.
Lydia non sapeva se essere contenta della sua improvvisa fuga che gli avrebbe impedito di confessare la verità, o offesa per il fatto di essere stata abbandonata. Nel dubbio, iniziò ad arretrare verso la porta, cercando di muoversi lentamente e di non fare alcun rumore, uno sforzo che si rivelò superfluo considerando che i signori O’Brien erano talmente concentrati su Daniel da non accorgersi neppure della sua fuga.
 
E così nessuno chiese i particolari della missione, Daniel era troppo sconvolto per raccontarli, e il giorno seguente la questione sembrava essere stata messa da parte.
 
«Dovrebbero già essere qui…»
La signora O’Brien e Lydia erano le uniche sveglie quella mattina, il resto della casa era ancora avvolto da quel silenzio che Lydia stava iniziando ad adorare. Nessun bambino, nessun vecchio compagno di classe che poteva confessare una fuga disperata. Ed era stata una gioia ancora più grande quando, vedendola entrare, la signora O’Brien le aveva preparato un piatto di bacon e uova strapazzate così che potesse godersi la colazione senza manine appiccicose e vocine fastidiose. Sarebbe stata una mattinata perfetta, se non fosse stato per i sospiri preoccupati della signora O’Brien.
«Torneranno presto.» provò a dire Lydia, anche se in realtà non era neppure a conoscenza dei dettagli della sparizione di Duncan, il fratello maggiore di Lance. Sapeva solo che durante una missione di recupero qualcosa era andato storto, talmente tanto da costringere lui e la sua ragazza a rifugiarsi in una delle case sicure che la famiglia O’Brien sembrava avere, disseminate in metà Regno Unito. Non aveva chiesto altro, in fondo a lei non dispiaceva particolarmente l’assenza di Duncan. Avevano trascorso insieme solo alcuni anni ad Hogwarts ma erano stati sufficienti per sviluppare una reciproca antipatia. Per educazione disse comunque: «Sono sicura che stanno bene. Vedrà che torneranno sani e salvi.»
La signora O’Brien le rivolse un debole sorriso, tra le mani una tazza di tè ormai freddo. «In ogni caso non vedo l’ora che siano di nuovo qui con noi, al sicuro. Per la loro incolumità, questo è certo, ma sono preziosi anche per la gestione dei bambini, soprattutto adesso che continuano ad aumentare…»
Lydia riuscì a tramutare uno sbuffo in un colpo di tosse improvviso. Perché pensare a Duncan O’Brien come un aiuto prezioso per tenere a bada dei bambini era un’immagine comica e surreale. Accettò il bicchiere di succo di zucca che la signora O’Brien le stava porgendo, e con l’espressione più neutra che riuscì a mantenere disse solamente «Non vi dovete preoccupare, saranno presto di ritorno.» Bevve un sorso di succo e si avventò sul bacon, nell’innocente convinzione che la conversazione fosse conclusa.
«Hai ragione, e in ogni caso adesso ci sei anche tu.» La signora O’Brien posò la tazza di tè e si chinò sopra il tavolo, verso di lei, e Lydia, senza saperne il motivo preciso, percepì un brivido di terrore «Dovrai aiutarmi tu, Lydia cara.»
Lydia rischiò di strozzarsi. «Come, scusi?» riuscì a rispondere quando, dopo alcuni brutti colpi di tosse, le sue vie respiratorie si liberarono.
Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato ma aveva sperato di trascorrere giornate piene di missioni o altre incombenze che le avrebbero permesso di tenersi il più lontana possibile dai bambini. Li vedeva già abbastanza durante i pasti, quella colazione sarebbe dovuta essere il suo momento di pace, non di condanna!
«Dovrai aiutarmi tu con i bambini.» ripeté la signora O’Brien.
«Io...» Lydia fissò il suo piatto pieno, l’appetito ormai completamente dimenticato, la mente alla ricerca di una risposta, una scusa qualsiasi che potesse portarla lontana dallo sguardo attento della donna e da qualsiasi essere umano di età inferiore ai dieci anni «Non posso.» Poi si maledisse per la scarsa inventiva. Era fuori allenamento, a Hogwarts aveva sempre avuto una scusa pronta per tutto, cosa le era successo?
Le conseguenze della sua risposta furono un’occhiata particolarmente contrariata della signora O’Brien e la convinzione che sarebbe stata bandita da quella casa quella mattina stessa.
«Sei qui solo da due giorni, lo so.» Le narici della signora O’Brien fremevano «Ma devi sapere che in questa casa ci aiutiamo a vicenda. Daniel è ancora sconvolto, e non possiamo permetterci di lasciarlo con gli altri bambini se non vogliamo che anche loro inizino a soffrire di nostalgia, e Lance è impegnato a preparare le pozioni, mio marito sta cercando di organizzare le prossime missioni di recupero e Caitlin ha bisogno di qualche giorno di riposo. Quindi o resti con Daniel, o ti occupi degli altri bambini.»
Agli occhi di Lydia entrambe le opzioni erano terrificanti. Daniel si era accorto che i suoi genitori non sarebbero tornati presto a prenderlo come avevano promesso, e passava tutte le ore di veglia aggrappato alla signora O’Brien, aveva anche la tendenza di scoppiare a piangere all’incirca ogni trenta minuti, e per Lydia stare da sola con un bambino con il moccio al naso e gli occhi rossi per il pianto era un’eventualità più spaventosa di affrontare un Dissennatore. Ma anche il pensiero di dover gestire quella che a lei sembrava una marea di bambini era altrettanto repellente.
E così Lydia, presa da un senso crescente di panico, si guardò attorno alla ricerca di una via di uscita, che si presentò sotto forma di una scopa e di una paletta lasciate nell’angolo della cucina. «Questo posto ha bisogno di una pulita.» esclamò «Ci penso io.»
E senza lasciare il tempo alla signora O’Brien di replicare o fermarla, corse fuori dalla stanza.
 
Quella giornata di pulizie volontarie si rivelò la scelta migliore in quanto le diede per la prima volta l’occasione di visitare in libertà casa O’Brien. Il palazzo si articolava su tre piani. Il piano terra, l’unico che aveva già esplorato nei due giorni precedenti, era composto da cucina, sala da pranzo e tre diversi salotti, tutti altrettanto enormi. Il primo piano invece, si rivelò essere completamente disabitato (e talmente pieno di polvere che Lydia lo saltò completamente nelle sue pulizie), il secondo era dove si trovavano le camera da letto, e scoprì infine che l’ultimo era completamente riservato ai bambini, scoperta che la fece fuggire in tutta fretta per la paura di essere vista e fermata da qualcuno. Alla fine si concentrò sul piano terra, il più lontana possibile dai bambini e dalla signora O’Brien, e, nonostante l'uso della magia, nell’intera mattinata riuscì a pulire solo due dei tre salotti e la sala da pranzo. Quella casa era enorme.
Fece una pausa solo all’ora di pranzo.
Fu un grave errore.
La famiglia O’Brien al completo la aspettava per ricordarle che l’impegno che aveva stretto con loro non consisteva solamente in missioni di salvataggio ma anche in collaborazioni domestiche.
«Anche pulire è un compito domestico.» provò a ribattere Lydia, senza successo.
La signora O’Brien iniziò un discorso riguardante l’impegno e la dedizione o qualcosa del genere, Lydia si era persa dopo un solo minuto e fingeva di ascoltare mentre allo stesso tempo cercava di finire il suo pranzo il più velocemente possibile per scappare di nuovo.
Fu salvata nel modo più inaspettato possibile: dal rumore della porta d’ingresso che si spalancava e una voce maschile che dichiarava: «Siamo tornati!»
Lydia impiegò diverso tempo per riconoscerla, la famiglia O’Brien invece reagì all’istante. Scattarono tutti in piedi all’unisono, correndo verso l’ingresso.
Nel vederli uscire alla spicciolata dalla sala da pranzo, a Lydia sfuggì un sospiro di sollievo. Era salva, almeno per il momento. Avrebbe escogitato una scusa entro cena, e se tutto fosse andato secondo i suoi piani, avrebbe fatto desistere i signori O’Brien dal chiederle il suo aiuto per un bel po’ di tempo.
Solo l’essere colpita in testa da un fagiolo la risvegliò dai suoi pensieri, facendole notare la terribile verità.
I signori O’Brien, Caitlin e Lance erano corsi verso l’ingresso appena si era aperta la porta. Questo significava anche che Lydia al momento era l’unica adulta rimasta in sala da pranzo con i bambini.
Simon lanciò un altro fagiolo, che questa volta atterrò con un piccolo tonfo in un vaso di fiori appoggiato sulla credenza, scatenando nei suoi piccoli e tremendi amici una serie di applausi e urla, che, nel tempo di un respiro, si trasformarono in una vera e propria sfida a chi riusciva a far atterrare più fagioli possibili nel vaso.
E Lydia fece l’unica cosa che le sembrò sensata.
Scappò.
L’idea era di fuggire nella sua camera, una prospettiva che dovette subito accantonare. L’intera famiglia O’Brien aveva occupato la sala, rendendole impossibile riuscire a raggiungere inosservata le scale. L’unica soluzione che riuscì ad escogitare fu rimanere in disparte, addossata al muro della cucina e nell’angolo opposto rispetto a dove si trovavano gli altri, con la speranza che i signori O’Brien fossero talmente concentrati sul figlio e sulla sua fidanzata appena tornati da non accorgersi della sua presenza.
Duncan e Katherine erano esattamente come Lydia li ricordava dagli anni di scuola. L’unica differenza principale di Duncan era la barbetta sottile sul viso, dovuta ai giorni trascorsi senza un rasoio, e le profonde occhiaie sotto i suoi occhi scuri. Katherine invece era rimasta la stessa. Gli occhi grigi, i capelli corvini e lunghi, la pelle scura e il sorriso che le illuminava il volto, lo stesso che le rivolgeva sempre quando si incrociavano nei corridoi. Anzi, ripensandoci, Lydia non ricordava di averla mai vista senza un sorriso. 
I due erano circondati dalla loro famiglia, sembravano stanchi ma illesi, tranne per qualche graffio sulle braccia e sul volto. La signora O'Brien, li stava abbracciando e controllando agitata tutte le loro piccole ferite.
«Non è nulla» cercò di tranquillizzarla Duncan «siamo dovuti scappare in un bosco e ci siamo graffiati correndo tra i rami.»
Lydia, dal suo angolino, si accorse che solo una persona non sembrava particolarmente entusiasta del ritorno di Duncan. Lance si manteneva a distanza, vicino alle scale e con le mani in tasca. Lydia non si stupì. Durante gli anni che avevano condiviso ad Hogwarts, Duncan non era mai stato il ritratto di un fratello amorevole, anzi, Lydia ricordava ancora le umiliazioni a cui li costringeva avvalendosi del suo ruolo da Prefetto. Lance non lo sopportava e Lydia neppure.
Al contrario, Caitlin non faceva altro che saltellare per la felicità e ripetere «Finalmente il mio fratello preferito è tornato!»
Lydia cercò di vedere la reazione di Lance ma quest’ultimo le dava le spalle.
«Anche io sono contento di vederti, Cait.»
Il signor O’Brien era l'unico che sembrava ancora preoccupato. «Cosa è successo?»
«I ragazzi sono stanchi, Dorian.» provò a farlo desistere la moglie «L’unica cosa di cui hanno bisogno ora è una doccia e una giornata di riposo assoluto.»
 «Non fa niente mamma, ci riposeremo dopo.» rispose Duncan.
Katherine si sedette sul divano aggiungendo «Però un tè lo berrei volentieri.»
Il signor O’Brien fece un elegante movimento con la bacchetta e una teiera fumante, due tazze e una scatola di biscotti volarono fuori dalla cucina per posarsi delicatamente sul tavolino della sala.
«Prima di tutto la missione è fallita, non abbiamo recuperato il bambino.» sentenziò Duncan. Dal tono della sua voce si poteva capire quanto gli costasse pronunciare quella frase e ammettere il proprio fallimento. Lydia sbuffò. Era arrogante come ricordava.
«Non ti preoccupare di questo, il bambino è in salvo.»
«Cosa?» L’intera famiglia guardò stupefatta il signor O’Brien.
«Ve lo spiego dopo.» e fece un cenno al figlio, invitandolo a continuare il racconto.
Duncan non sembrava molto convinto, ma riprese a raccontare. «Quando ci siamo Materializzati nella via vicino alla casa del bambino ci siamo subito accorti che qualcosa non andava: la porta d’ingresso era socchiusa, e la strada di fronte era stranamente deserta. Ci siamo insospettivi, ma non volevano andarcene senza aver controllato, nel timore che si trattasse di un falso allarme e la famiglia ci stesse aspettando.»
«Non dovevate!» li rimproverò la madre «Abbiamo sempre detto che se trovate qualcosa di sospetto dovete andarvene il più velocemente possibile e chiedere rinforzi!»
«Vostra madre ha ragione, siete stati degli incoscienti.»
Katherine versò il tè nelle due tazze ed immerse un biscotto nella sua. «Non potevamo andarcene senza verificare. Volevamo controllare se la famiglia era al sicuro» ed era talmente decisa in questa affermazione che nessuno cercò più di rimproverarli. Lydia pensò che anche lei avrebbe fatto la stessa cosa, però probabilmente non con l’obiettivo di salvaguardare la sicurezza di quella famiglia, ma più per il suo tremendo istinto che la portava a cercare guai.
«Cosa era successo?»
«I Mangiamorte erano arrivati prima di noi.» disse Duncan, con voce grave «Abbiamo ipotizzato che sapessero della presenza in quella casa di una Nata Babbana e del marito Babbano e abbiano voluto controllare che non stessero progettando la fuga come tante altre famiglie. La buona notizia è che sono riusciti a scappare. Quando siamo entrati nell'ingresso della casa abbiamo sentito chiaramente un uomo urlare che si erano Smaterializzati uscendo da un porta nascosta sul retro. Ma immagino che questo lo sappiate già.» aggiunse guardando il signor O’Brien che si limitò ad annuire. «Appena abbiamo capito che erano al sicuro abbiamo cercato di tornare indietro, ma ci hanno visti...»
«Precisamente è stato un ragazzino ad accorgersi di noi, si trovava sulle scale e appena ci ha visti ha chiamato i rinforzi.» disse Katherine, infastidita. «Siamo stati degli stupidi, non abbiamo ragionato prima di entrare in quella casa.» Doveva essere dura per una Corvonero ammettere un proprio errore, di non aver ponderato tutte le soluzioni possibili e scelto quella che avrebbe comportato meno rischi. 
«Mi è sembrato anche di riconoscerlo. Ricordo che era un Serpeverde e aveva più o meno la vostra età.» Duncan indicò Lance e Caitlin. «Comunque era un ragazzino e lui da solo non era una minaccia, abbiamo agito all’istante, siamo riusciti a neutralizzarlo ed uscire di corsa dalla casa, e qui sfortunatamente abbiamo commesso un altro errore.»
Katherine intervenne di nuovo. «Alcuni Mangiamorte, o meglio, tirapiedi dei Mangiamorte, erano usciti usando la porta sul retro, quella usata anche dalla famiglia per scappare, e ci aspettavano proprio fuori dall’ingresso. Lo ammetto, ci siamo lasciati prendere dall’agitazione e ci siamo Smaterializzati.»
«Non qui!» si affrettò ad aggiungere Duncan «Almeno abbiamo avuto il buon senso di andare nella foresta, vicino alla baita.» Lydia immaginò che la baita fosse una delle famose case sicure della famiglia O’Brien.
Katherine fece qualche colpo di tosse, cercando di mascherare un sorriso.
«Va bene... Lei ha avuto il buon senso...» Lydia sentì a stento la voce di Duncan. 
Katherine non aggiunse nient’altro, limitandosi a sorseggiare il suo tè.
«Sfortunatamente un Mangiamorte ci ha afferrati e appena siamo arrivati nella foresta, ha avvisato i suoi amichetti. Ne sono arrivati due. Uno di loro è stato sin troppo furbo, ha lanciato un incantesimo anti-Materializzazione e così siamo stati costretti a correre.»
«E’ per questo che siamo pieni di graffi.» Katherine fece un cenno verso i segni sulle loro braccia.
«Fortunatamente Katherine ci aveva Materializzati a poca distanza dalla baita. Siamo riusciti a distanziare i Mangiamorte e in pochi minuti eravamo già nelle protezioni della casa.»
«Ovviamente i Mangiamorte hanno capito che non potevamo essere troppo lontani. Hanno continuato a pattugliare la zona per giorni interi.»
«Ed è per questo che non siete tornati.» concluse il signor O’Brien.
Duncan annuì. «Stanotte hanno finalmente deciso che non eravamo abbastanza importanti per mantenere impiegati tre soldati e se ne sono andati. Abbiamo aspettato qualche ora e poi siamo potuti finalmente tornare qui.»
«Per fortuna questa storia si è conclusa bene.» La signora O’Brien strinse di nuovo in un abbraccio il figlio «Non sapete quanto ci avete fatti preoccupare…»
«E abbiamo una novità!» esclamò Caitlin «C’è una nuova ragazza dalla nostra parte, Lydia Merlin!»
Katherine sorrise e strinse la mano di Duncan. Era radiosa. «Anche noi dobbiamo darvi una notizia...»
«A proposito di Lydia…» Lance si voltò verso la cucina, e Lydia non fece in tempo a nascondersi dal suo sguardo. Accorgendosi che Lance si era interrotto improvvisamente, anche il resto della famiglia si voltò in direzione della cucina trovando Lydia appoggiata al muro, parzialmente nascosta alla loro visuale dalle scale, ma comunque ben riconoscibile.
«Non stavo origliando.» mentì spudoratamente Lydia.
Lance sorrise, il resto del gruppo non si dimostrò altrettanto comprensivo.
«Se tu sei qui allora chi-»
Un pianto improvviso scoppiò inconfondibile dalla sala da pranzo.
«-Sta guardando i bambini?» concluse la signora O’Brien in un soffio, prima di correre nella sala da pranzo, seguita da Lance, il marito e una titubante Lydia.
Daniel piangeva disperato dal suo posto al tavolo, mentre Simon continuava a parlare. «E’ andata proprio così, il mostro ha divorato quel mago tutto intero, cappello compreso, e l’ha digerito due giorni dopo!» Alcuni degli altri bambini avevano una faccia disgustata, altri erano terrorizzati.
«Simon, smettila subito!» lo rimproverò la signora O’Brien, correndo a confortare Daniel, che continuava a singhiozzare impaurito. Lydia si mantenne sulla porta, pronta a scappare. Come si era aspettata infatti, l’ira della signora O’Brien passò da Simon a lei. «Li ha spaventati! Per questo cerchiamo di non lasciare mai da soli i bambini per lungo tempo.»
«Saranno stati solo dieci minuti.» provò a giustificarsi Lydia.
Lance corse in suo aiuto. «Era solo curiosa, mamma, in effetti nessuno le ha detto di rimanere con i bambini.»
«Mi aspettavo più buonsenso da te!» ribatté la signora O’Brien.
E Lydia non riuscì a trattenersi. «Io ho accettato di salvare questi bambini non di fare la baby sitter!»
Il viso della signora O’Brien si oscurò. «Non vuoi custodire i bambini, e va bene, sei appena arrivata e hai bisogno di tempo da ambientarti, ma sappi che in questa famiglia ci aiutiamo a vicenda e adesso che vivi con noi dovrai imparare a farlo anche tu.»
«Rose…» provò a dire il signor O’Brien.
Lydia però era già fuori dalla porta.
Ignorò completamente Katherine, Duncan e Caitlin, che dal modo in cui la fissavano, dovevano aver sentito tutta la discussione dal divano della sala, e salì di corsa le scale. Il suo primo istinto fu di andare nella sua stanza, ma sapeva anche che sarebbe stato il primo posto in cui l’avrebbero cercata. Doveva trovare un altro nascondiglio.
«In famiglia ci aiutiamo a vicenda
Lydia aveva molto da ridire su questa frase. Svoltò in un corridoio del primo piano, diretta in una delle stanze polverose e abbandonate che aveva esplorato in mattinata.
Per quanto la signora O’Brien potesse dire che la sua famiglia era perfetta, Lydia sapeva che la realtà era completamente opposta. Durante gli anni di Hogwarts aveva assistito ai momenti di rivalità tra Lance e Duncan, che non avevano mai rappresentato l’ideale di fratellanza. Senza contare il fatto che Lance non aveva nominato nemmeno una singola volta Caitlin, la sua sorella gemella, in sette anni di amicizia (né nelle lettere che le aveva scritto nei due anni successivi e a cui lei non aveva mai risposto), e neanche il loro rapporto, da quel poco che era riuscita a vedere in quei due giorni, era dei più idilliaci.
«In questa famiglia ci aiutiamo.»
Lydia sbuffò camminando avanti e indietro in quella stanzetta piena zeppa di cianfrusaglie, sollevando nuvolette di polvere.
E poi lei davvero aveva accettato di salvare i bambini, non si era mai presa un impegno diretto anche a gestirli e accudirli. Più le stavano alla larga meglio era. Tranne Henry, ecco, avrebbe potuto fare una piccola eccezione per lui, ma solo per venti minuti al giorno, non di più.
Lydia starnutì.
Stupida polvere. Stupida giornata e stupida lei quando aveva accettato di aiutarli. Si lasciò cadere su una sedia abbandonata accanto alla finestra. Perché aveva accettato? Non era praticamente uscita di casa per due anni, cosa le era saltato in mente di lasciare la sua famiglia per quella missione strampalata.
Lasciò scorrere lo sguardo fuori dalla finestra, sui giardini immensi che circondavano la casa.
Era sempre stata così, aveva il vizio di gettarsi a capofitto nei guai senza pensare alle conseguenze, e…
Un movimento attirò la sua attenzione. Usò la manica della maglietta per pulire il vetro sporco.
E riconobbe Lance.
Si trovava in una specie di orto in un angolo del giardino, era inginocchiato a terra e sembrava intento a strappare delle erbacce.
Lydia sentì la rabbia iniziare a scemare.
Forse le avrebbe fatto bene un po’ di aria fresca. Era ancora agosto, ed era una bella giornata. E quell’orto era lontano dalla casa e non sembrava visitato da altri componenti della famiglia O’Brien.
Senza ulteriori indugi, abbandonò la stanzetta, scese con cautela le scale e quando ci accorse che gli altri si trovavano ancora nella sala da pranzo e Caitlin, Katherine e Duncan avevano abbandonato la sala, Lydia si affrettò verso la porta d’ingresso, la spalancò e si diresse verso l’orto.
Ad ogni passo che la avvicinava all’orto, i suoi contorni cominciarono a diventare sempre più nitidi. Era un orto, di quello ne era sicura, ma era molto diverso dai corrispondenti babbani.
Superò il piccolo cancellino arrugginito.
L’orto era una vera e propria esplosione di colori. Steli, alberi e fiori di ogni tipo crescevano rigogliosi in quelle che all’origine dovevano essere file ordinate ma che crescendo si erano intrecciate l’una con l’altra. Riconosceva alcune piante dalle lezioni di Erbologia e Pozioni, altre potevano essere trovate in qualsiasi orto babbano e altre ancora le era completamente sconosciute ma dall’aspetto poco rassicurante.
Nonostante il cigolio del cancello, Lance non diede segno di averla sentita e continuò a strappare le erbacce (che però, a differenza di quelle babbane, urlavano con la loro vocina stridula ogni volta che venivano estirpate). Lydia mise le mani in tasca e si fermò alle spalle di Lance. «Così ti sei dato al giardinaggio.»
Lance strappò un’altra erba e la buttò in un sacchetto. «Può essere utile coltivare personalmente alcuni degli ingredienti per le pozioni.»
«Giusto. Il tuo amore per Pozioni allora è ancora intatto.»
Lance rise. «Se non è riuscito ad ucciderlo il professor Piton in sette anni direi che nessuno ci riuscirà mai.» Anche Lydia sogghignò, la mente invasa da ricordi di lezioni disastrose e calderoni in fiamme.
Affiancò Lance per vedere meglio cosa stava facendo. Di specifico stava litigando con un’erbaccia testarda che aggrappava le sue radici al terreno urlando tutto il suo disappunto. «Penso che ti stia maledicendo.»
«Probabile. Ma l’erba canterina è un ingrediente fondamentale per la pozione Voce Chiara, uno sciroppo per quando si perde la voce. E queste furbette hanno anche il brutto vizio di infestare le altre piante.»
Lydia si guardò di nuovo intorno. Alcune piante avevano un aspetto davvero terribile, altre invece erano bellissime, oltre ad espandere nell’aria un profumo delizioso che le sembrava di aver già sentito da qualche parte. Il tutto creava un’atmosfera in cui Lydia sentì la sua rabbia evaporare, lasciandole uno strano senso di calma. «Posso aiutarti?»
Lance si voltò finalmente a guardarla, il suo sorriso era inconfondibile. «Certo!»
Lydia si inginocchiò al suo fianco, prese la piccola zappa che Lance le stava porgendo ed iniziò a rovistare la terra, per staccare le radici dell’erba testarda. Le sue urla assomigliavano al rumore di un insetto. Erano quasi piacevoli.
Il lavoro manuale aiutò Lydia a distendere i nervi, tanto che dopo alcuni minuti, pronunciò una frase inaspettata. «Mi dispiace per prima.»
Lance scrollò le spalle. «Non hai fatto niente di male.»
«Lo so ma… avrei dovuto spiegare a tua madre… non lo so… avrei dovuto rispondere in un altro modo.» Lydia scosse la testa.
«Non importa, Lydia, davvero. Nessuno dovrebbe obbligarti a fare qualcosa che non vuoi o non te la senti di fare. Stai già facendo tanto rischiando la tua vita per aiutarci.»
Lydia strappò un’erbaccia e si accanì contro un’altra. «Grazie.» rispose dopo qualche secondo di silenzio.
«E ci sono tanti altri modi in cui potresti aiutarci: le pulizie, cucinare, sistemare la finestra della cucina, aggiustare il lampadario della sala da pranzo, oppure fare giardinaggio. Sei un’ottima giardiniera.» scherzò Lance indicando la piccola pila di erba canterina ammucchiata al suo fianco.
«Ehi! Ricordati che ho preso un M.A.G.O. in Erbologia.» Lance ridacchiò e sull’orto calò di nuovo il silenzio.
Lydia continuava a strappare l’erbaccia, il movimento meccanico delle sue mani la aiutò a liberare la mente come non le accadeva ormai da tempo. Era piacevole stare lì. Il profumo delicato, gli uccellini che cinguettavano dagli alberi della foresta, il sole che la scaldava e il silenzio confortante che ammantava ogni cosa.
Quasi le dispiacque interromperlo. «Comunque non pensare che mi sia dimenticata.»
Lance si fermò per guardarla. «Di cosa?»
«Del nostro discorso di ieri. Quel discorso che siamo stati costretti ad interrompere per colpa di un pazzo omicida che ha iniziato ad inseguirci.» Visto che Lance aveva ancora un’espressione confusa dipinta in volto, Lydia precisò «Riguardo a Caitlin.»
«Oh.» si limitò a rispondere Lance. Tornò ad attaccare l’erba canterina.
«Niente ‘Oh’. Continuo a non capire come hai fatto a non nominarla in tutti questi anni. Mai neanche una parola. E non provare a mentire!» lo anticipò agitando la piccola vanga nella sua direzione «Sono sicura che mi ricorderei di una sorella gemella.»
Lance alzò le mani sporche di terra. «Non mi sognerei mai di mentirti. Prima però ti dispiace se ci spostiamo vicino all’asfodelo? Queste piccole canaglie sono arrivate anche lì e devo strapparle prima che intacchino le radici.»
Lydia annuì e si spostarono davanti ai fiori. Lance iniziò a strappare le erbacce più vicine allo stelo. «Hai ragione. Non penso di averla mai nominata.»
«E mi hai detto che ha studiato a casa.»
«E’ vero.»
Lydia smosse le terra vicino all’erbaccia che Lance stava cercando di strappare. «Ma tuo padre l’altra sera ha detto che non avrebbe potuto negare ai suoi figli la felicità di frequentare Hogwarts ed è per questo che siete tornati nel mondo dei maghi. Ecco, avrebbe poco senso averlo fatto solo per te e tuo fratello. Quindi… perché lei ha studiato a casa?»
Lance sospirò, guardò brevemente Lydia e poi chiuse gli occhi. «Caitlin non possiede la magia.» disse tutto d’un fiato.
«Oh.» rispose Lydia. In effetti aveva senso.
Lance riprese a lavorare intorno alle piantine di asfodelo. «Ecco, vedi, questo è da buttare.» Prese la vanga dalle mani di Lydia e allargò il buco che aveva scavato con le dita. Indicò l’ammasso di radici. «Le radici dell’erba canterina si sono avviluppate intorno a quelle dell’asfodelo, vuol dire che ormai sono contaminate e non possono più essere usate.» Lydia guardò nel buco. Le radici verde scuro dell’asfodelo erano circondate da quelle sottili e violacee dell’erba canterina.
Ma la mente di Lydia era concentrata su altro. «E vai d’accordo con tua sorella?» chiese senza riuscire a trattenersi. «Da quel poco che ho visto… sembrate…» Lydia cercò una parola carina per dirlo.
«Poco affiatati?» propose Lance. Continuò a scavare intorno alla malcapitata piantina di asfodelo, portando alla luce le sue radici infette. «Diciamo che Caitlin ha avuto da ridire quando il gufo ha portato solo a me la lettera di Hogwarts, il giorno del nostro undicesimo compleanno. E non ha mai accettato che io sono un mago e ho potuto frequentare Hogwarts mentre lei no. Pensavo che la situazione sarebbe migliorata negli anni ma…» afferrò con entrambe le mani lo stelo dell’asfodelo. «Non l’ha ancora del tutto superata.» Con un colpo secco sradicò la piantina.
«Ma non è colpa tua!» esclamò Lydia.
«Ora che siamo costretti a stare chiusi in casa insieme abbiamo iniziato a parlare, il che è già un progresso. E’ occorsa solo una guerra magica per riuscire a rimanere nella stessa stanza senza sbranarci a vicenda o ignorare la reciproca esistenza.» provò a scherzare.
Lydia prese un sacchetto della spazzatura e lo allargò mentre Lance vi buttava dentro la piantina. «Ma davvero, non è colpa tua! Da come ho capito nelle famiglie composte da un mago e un babbano può succedere che anche i figli siano babbani! Quindi essendo tua mamma babbana, era probabile che uno di voi nascesse senza magia. Mi dispiace per lei ma tu non hai nessuna colpa! E poi» aggiunse con una smorfia «In questo momento è meglio essere babbani che Mezzosangue. Non so fino a dove si spingerà il nuovo Ministero in questo stupido Censimento.»
Lance si sfregò la mani per pulirle dalla terra. «E’ meglio rientrare, per oggi abbiamo finito.» Si alzò e le porse la mano. Lydia reagì con una smorfia. «Dobbiamo proprio? Si sta così bene qui.» Solo in quel momento si accorse di un riverbero particolare nel cielo.
Lance seguì il suo sguardo. «E’ la cupola che protegge l’orto e tiene lontani i bambini.»
«Motivo in più per non uscire da qui.»
Lance si limitò a ridere. «Se vuoi ti aiuto ad evitare mia madre.» Lydia sospirò, afferrò la mano di Lance e si rialzò. Strofinò i pantaloni per ripulirli dal terriccio.
«Dici che mi becco una ramanzina?»
«No, mia mamma si arrabbia parecchio sul momento, poi se le dai un’oretta di tempo si calma e torna tranquilla.»
Lydia non ne era altrettanto convinta. «Penso che resterò qui fuori ancora per un attimo.»
«Oh.» Lance fissò il sacchetto di erba canterina ai loro piedi e poi di nuovo lei «E’ solo che l’erba deve essere subito immersa nell’acqua del calderone per non perdere le sue proprietà curative…» Sembrava sinceramente addolorato, quasi come se desiderasse rimanere lì fuori con lei.
Lydia accantonò immediatamente il pensiero. «Mi limito a dare un’occhiata al giardino e poi torno subito dentro.»
«Ci vediamo dopo, allora.»
«A dopo.»
E Lydia si trovò sola, con l’improvviso impulso di inseguire Lance e chiedergli di poter trascorrere insieme ancora qualche minuto. Si riscosse e, per cercare di scappare da tali pensieri, uscì di tutta fretta dall’orto, facendo attenzione a chiudere il cancellino dietro di sé, e si diresse verso una panchina all’ombra di un albero che si trovava poco distante. Era stata una giornata difficile, aveva solo bisogno di un attimo di riposo, la panchina di legno era la soluzione ideale.
Si sedette, chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni.
La sua calma però, durò solo pochi minuti. Un fruscio alle sue spalle la fece voltare di scatto, la bacchetta già in mano e puntata contro Katherine.
«Scusa! Non volevo spaventarti!»
Lydia ripose la bacchetta nella tasca. «Non ti preoccupare.»
Katherine si sedette accanto a lei. «In questi tempi si vive con i nervi sempre tesi, è un bene essere all’erta ma allo stesso tempo non si riesce mai a rilassarsi. Comunque, non mi sono ancora presentata formalmente… ciao, sono Katherine! Non so se ti ricordi ma ci siamo conosciute diversi anni fa ad Hogwarts.»
Lydia cercò di ricambiare il sorriso. «Sì, certo, se non ricordo male ero al terzo anno, mi hai aiutata con il tema sui rischi della Trasfigurazione.»
Lydia ricordava vagamente il loro incontro. Era in biblioteca a scrivere un tema che la professoressa McGranitt le aveva dato come punizione per aver quasi trasformato un suo compagno di classe in uno scarabeo, quello lo ricordava bene, era impossibile dimenticare la mezz’ora di predica che aveva dovuto sorbirsi dopo l’incidente, anche se l’unica colpa di Lydia era stata puntare la bacchetta troppo in alto. Ripensandoci, la McGranitt non aveva tutti i torti a cercare di farle capire la pericolosità della trasfigurazione umana, soprattutto considerando l’altro incidente che Lydia aveva causato durante il suo quinto anno. Comunque ricordava che era andata in biblioteca per cercare il materiale e aveva scoperto con orrore che tutte le copie sull’argomento erano in prestito. Katherine Frost l’aveva trovata proprio lì, seduta in biblioteca, intenta a prendere a testate il tavolo chiedendosi come avrebbe fatto a consegnare il tema la mattina successiva. E dopo aver scoperto che cosa la affliggeva, le aveva prestato la sua copia personale del libro e non solo, l’aveva anche aiutata a scrivere il tema lei stessa. Era stata l’unica occasione in cui si erano parlate, oltre ad un breve cenno di saluto quando successivamente si incontravano nei corridoi. Di lei sapeva solo che era una Corvonero dello stesso anno di Duncan.
«Sono contenta che sei dei nostri.» le disse Katherine «Ammetto di essere sollevata all’idea di non essere più l’unica non O’Brien adulta in casa.»
«Sei qui da tanto?»
«No, in realtà mi sono trasferita solo poche settimane fa, poco dopo la caduta del Ministero, ma era da mesi che facevo avanti e indietro da questa casa. Ero l’addetta a portare notizie dal mondo esterno. E conosco la famiglia O’Brien da anni ormai.»
Ecco un altro particolare che ricordava di Katherine: di averla vista diverse volte nei corridoi in compagnia di Duncan.
«Comunque non volevo disturbarti, volevo solo parlare un po’ con te.»
Lydia si irrigidì. Si trattenne a stento dal toccare la sua cicatrice. Negli ultimi tempi era l’unica cosa che interessava alle persone e non aveva la minima intenzione di parlarne con qualcuno, tantomeno con una ragazza che conosceva appena.
«Di cosa in particolare?» chiese a bassa voce.
«Di tutto e di niente.» rispose Katherine. «Tu non hai presente quanto mi sia mancato parlare con qualcuno che non sia un bambino o un O’Brien! Non fraintendermi» si affrettò ad aggiungere «Adoro ognuno di loro, ma è difficile passare dal lavorare a stretto contatto con le persone a dover nascondersi e uscire solo per le missioni.»
Lydia pensò che per ora non aveva avuto lo stesso problema, anche se probabilmente dipendeva molto dal fatto che aveva passato la maggior parte degli ultimi due anni chiusa in casa e a cercare di evitare la compagnia di qualunque essere umano. Cercò di sviare l’argomento.
«Che lavoro facevi?»
Gli occhi di Katherine si illuminarono. «Giornalista!»
Lydia cercò di dilungare il discorso per evitare che Katherine rivolgesse a lei qualche domanda. «E per che giornale lavoravi?»
Il sorriso di Katherine si incrinò «La Gazzetta del Profeta.»
«Oh…» si limitò a commentare Lydia. Negli ultimi anni non aveva avuto particolare simpatia per la Gazzetta, e le era bastata un’occhiata all’edizione del giorno successivo alla caduta del Ministero per confermare l’idea che aveva sempre avuto: quel giornale era corrotto ed ora era sotto le mani dei Mangiamorte. Non che prima fosse molto più attendibile considerando l’impegno impiegato nella campagna discriminatoria verso Albus Silente e Harry Potter.
Katherine riuscì a intuire i suoi pensieri solo guardando la sua espressione. «Lo so, lo so. Non è un granché… ma ho iniziato il mio tirocinio lì l’anno dopo essere uscita da Hogwarts ed era il giornale più rispettabile del mondo magico inglese. E quando ha iniziato a declinare ero talmente ingenua da pensare di avere qualche possibilità di cambiare la sua reputazione e riportarlo ad essere la più autorevole fonte di informazioni del Paese. A volte la passione per il proprio lavoro può essere una condanna.»
«Di cosa ti occupavi?» L’interesse di Lydia verso quella conversazione era molto basso ma avrebbe fatto di tutto per impedire a Katherine di chiederle quello che sapeva le avrebbe domandato alla prima occasione.
«I primi anni di intermezzi pubblicitari e necrologi, e probabilmente mi avrebbero lasciata lì per tutta la vita se non mi fossi impuntata. Ho chiesto di essere spostata per mesi interi senza ricevere risposta, e allora ho seguito un’indagine di nascosto e il mese successivo mi sono presentata nell’ufficio del direttore con un articolo sul contrabbando di uova di Selma dalla Norvegia. Ovviamente non l’hanno pubblicato, hanno mandato alcuni dei loro giornalisti ad indagare e le mie fonti si sono rivelate attendibili. Un altro si è preso il merito per la mia indagine ma a me non è importato, perché il giorno stesso in cui il suo articolo è comparso sulla Gazzetta, mi hanno offerto un posto come apprendista nella redazione della cronaca locale. Lì si che accadevano cose interessanti. E’ occorso impegno e sin troppe notti insonni, ma finalmente l’anno scorso mi hanno offerto un lavoro vero e proprio come reporter.» A questo punto il sorriso di Katherine svanì del tutto.
Lydia si voltò a guardare casa O’Brien. Quanto avrebbe voluto trovarsi nella sua camera in quel momento. Cosa le era saltato in mente di rimanere fuori senza Lance? Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di trovarsi lì, a condividere i ricordi di una mezza sconosciuta fin troppo espansiva. Forse se fosse rimasta in silenzio, Katherine si sarebbe stancata e sarebbe rientrata senza prolungare oltre quella tortura.
Eppure Lydia si ritrovò a parlare. «Cosa è successo dopo? Perché sei qui nascosta e non al lavoro? Tu sei una Purosangue, giusto?»
«Sono figlia di due Mezzosangue. Sì, per ora il mio sangue è considerato accettabile.»
«E allora perché sei scappata?» chiese Lydia di getto, senza ragionare oltre e riuscire a fermarsi. Si pentì appena Katherine sospirò: Lydia non era mai stata brava a consolare gli altri, quella era una specialità di Lance o Alice.
Katherine proseguì senza accorgersi di nulla. «Sarei voluta rimanere. Dopo tutti gli sforzi, gli anni passati in quegli uffici, dopo tutte le lamentele e gli insulti che mi sono dovuta sorbire per riuscire a fare carriera… avrei voluto restare lì, continuare a lavorare anche e soprattutto in questi tempi bui. All’inizio della guerra ho pensato davvero di poter fare la differenza. Harry Potter aveva annunciato al mondo il ritorno di Tu-Sai-Chi, e quella notte stessa siamo stati richiamati tutti in redazione per una riunione straordinaria in cui ci hanno informati degli accadimenti della terza prova del Torneo Tremaghi.» Lydia rabbrividì. Aveva assistito di persona al momento in cui Harry Potter era uscito dal labirinto, ed era ancora nei suoi incubi. «Mentre il direttore parlava stavo già pensando ai titoli dell’edizione straordinaria, agli approfondimenti e alle raccomandazioni che avremmo potuto inserire, quando ecco comparire il Primo Ministro della Magia in persona, Cornelius Caramell. Era trafelato, sosteneva di essere giunto direttamente da Hogwarts e, indovina un po’? Ha iniziato a raccontare che si trattava solo di voci, assolutamente nulla di vero. Era successo solo un incidente, un tragico incidente, così lo ha definito, dove un giovane studente aveva perso la vita, e che gli studenti erano talmente sconvolti dall’accaduto da aver ingigantito la notizia. E quando ho visto il direttore annuire ho capito che era tutto finito prima ancora di iniziare.»
«E così è iniziata la campagna contro il professor Silente e Harry Potter.» continuò Lydia, suo malgrado incuriosita dal racconto.
Katherine annuì. «Le hai viste le edizioni di quell’anno. Per mesi ho tentato di convincere i miei colleghi a non pubblicare quegli articoli. Non sai quante volte hanno minacciato di licenziarmi. In realtà in quel periodo ho seriamente pensato di licenziarmi io stessa e passare ad un altro giornale, anche uno babbano. Ma ogni volta qualcosa mi tratteneva. Forse il pensiero che un giorno si sarebbero svegliati e il nostro giornale sarebbe stato un faro in questi tempi bui. E così è stato. Quando il Ministro ha visto di persona Tu-Sai-Chi all’interno dello stesso Ministero della Magia, si è finalmente ricreduto e il nostro giornale è stato libero da vincoli. Abbiamo potuto tornare ad essere dei veri giornalisti, e io ho creduto veramente che da lì in avanti saremmo stati liberi e non più dei semplici burattini in mano ai politici.»
«Non è durata molto.» commentò con una smorfia Lydia.
«No. Ho sperato che potessimo resistere, ma siamo stati i secondi a cadere dopo il Ministero. Una sera cinque impiegati del Ministero si sono presentati nei nostri uffici, mi ricordo che erano vestiti bene e sembravano rispettabili, ma poi hanno iniziato a parlare di una ‘nuova rotta’ che la Gazzetta doveva intraprendere, sulle bugie che erano state raccontate e sulla pericolosità di Harry Potter e dei Nati Babbani. Abbiamo impiegato solo pochi minuti a capire che erano lì per conto dei Mangiamorte. Un cambio di rotta, come lo chiamavano loro, così repentino voleva dire solamente che quello che più temevamo era accaduto e che il Ministero era caduto nelle mani di Tu-Sai-Chi.» Anche Lydia se ne era subito accorta proprio vedendo i titoli in prima pagina della Gazzetta del Profeta della mattina successiva. «Lo sapevamo tutti ma nessuno ha avuto il coraggio di ribellarsi. Abbiamo notato che gli impiegati del Ministero erano arrivati insieme a delle guardie del corpo che si aggiravano alle nostre spalle, le bacchette già in mano. Erano Mangiamorte, ne sono sicura, erano lì in caso ci fossero stati dei problemi, e sapevo anche che non si sarebbero fatti scrupoli ad ucciderci se avessimo aperto bocca. E così siamo rimasti seduti terrorizzati sul pavimento, pregando di poter tornare a casa dai nostri cari. E nel nostro silenzio abbiamo accettato di essere di nuovo dei burattini, questa volta nelle loro mani.» Katherine appoggiò la schiena alla panchina e socchiuse gli occhi. La luce del sole brillò sulla sua pelle scura. «Era una mossa intelligente. Se ci fossimo ribellati ci avrebbero ucciso sul colpo. La nostra vita valeva più delle parole stampate, o almeno è quello che ho pensato quella notte per poter convivere con i sensi di colpa. Il giorno dopo mi sono presentata al lavoro come se fosse una giornata normale. E poi ho scoperto che tutti i miei colleghi Nati Babbani erano stati sospesi a effetto immediato, in attesa di verifica. Non solo, a quelli che si erano presentati in ufficio quella mattina avevano anche sequestrato le bacchette, promettendo che sarebbero state riconsegnate dopo il Censimento. E non sono stati i Mangiamorte a farlo, ma gli addetti della sicurezza che fino al giorno prima erano loro amici e colleghi. Ho capito che per una volta nella vita non avrei potuto pensare alle conseguenze, che dovevo agire per la giustizia. E così due giorni dopo ho consegnato al mio caporedattore un articolo di denuncia sulla crescente violenza verso i Nati Babbani, sulla discriminazione con cui questo nuovo Ministero li condannava. Due miei colleghi hanno fatto lo stesso, scrivendo articoli sulla fuga dei Dissennatori da Azkaban e sulla corruzione negli uffici pubblici. Quel pomeriggio stesso sono stata convocata nell’ufficio del mio caporedattore.»
«Ti aveva denunciata.» immaginò Lydia.
«No. Ho scoperto che tutti gli articoli che consegnavamo venivano prima letti da un nuovo Ufficiale di Verifica, un nuovo nome per svolgere la cara e vecchia censura. Era stato lui a denunciarmi e il mio capo mi aveva chiamata in ufficio per avvisarmi di andarmene subito dall’edificio e scappare in un luogo dove non avrebbero potuto trovarmi. Ha rischiato tanto con quella soffiata. Mi ha detto che gli ricordavo sua figlia, quella stessa figlia che i Mangiamorte avevano minacciato per fargli eseguire i loro ordini. Sono corsa fuori, ho fatto appena in tempo a recuperare la mia borsa che le guardie erano già nel corridoio. Non so ancora come ho fatto a scappare. Mi hanno vista mentre imboccavo le scale e mi hanno inseguita, ho dovuto contrattaccare e penso di averne mandato uno al San Mungo.» aggiunse con una certa soddisfazione.
Lydia era senza parole. «Mi dispiace…Deve essere stato terribile.»
Katherine scosse la testa. «Sono riuscita a scappare, i miei genitori sono al sicuro in Francia insieme a mia sorella, io sono qui con Duncan e non desidererei essere in nessun altro posto. Non è stato difficile per me. Lo è stato per i miei due colleghi. Anche loro avevano scritto i propri articoli cercando di andare contro la censura, ma nessuno li ha avvisati delle conseguenze. Prima di riuscire a scappare li ho visti venir trascinati fuori dalle guardie. Sono stati arrestati e non ho la minima idea di dove possano essere ora. Né se sono ancora vivi.» La voce di Katherine si spezzò. «Avrei potuto fare di più per loro. Avrei potuto avvisarli, fermarmi quei due secondi necessari per dire loro di seguirmi. Nessuno li aveva informati, non avevano avuto la mia stessa fortuna. Avrei potuto combattere per loro. Avrei potuto salvarli.»
E a quel punto calò il silenzio. Lydia sollevò il viso per guardare la foresta che si estendeva fuori dai confini della casa. La fresca brezza che fino a un momento prima era stata rilassante, ora sembrava pesare come un macigno, rendendo l’aria irrespirabile. Lydia sentì l’istinto urlarle di scappare, di nascondersi da quei discorsi troppo pesanti. Aveva già troppi orrori nella testa per pensare anche agli effetti che quella dannata guerra aveva sugli altri. A quante persone oltre a lei stessero soffrendo, a quante persone oltre quei bambini potevano essere salvate.
Lydia si alzò di scatto, spaventando Katherine.
«Si è fatto tardi.» disse come un automa, senza guardare in faccia Katherine «E’ meglio rientrare.»
«Oh, sì, in effetti siamo state qua fuori un bel po’.» rispose Katherine, non del tutto convinta.
«Sì, bene, ciao.» E senza lasciare il tempo a Katherine di rispondere, Lydia tornò a passo di marcia verso la casa, il respiro sottile e la mente completamente persa nei suoi pensieri più bui.
 
 
 

 Curiosità: Durante la settimana ho riletto questo capitolo per prepararlo alla pubblicazione e ammetto che il mio animo perfezionista mi ha costretto a riscrivere alcune parti che non mi convincevano (spero che nessun errore di battitura sia sfuggito alle due successive riletture). Questo capitolo è per me molto importante perchè è stato il primo che ho scritto dopo due anni di fermo, e la scena nell'orto e la storia di Katherine rimangono ancora tra le mie preferite. 
Finalmente tutti i personaggi principali sono entrati in scena, e non vedo l'ora che possiate conoscerli meglio nei prossimi capitoli!

Note: Non fidatevi delle conoscenze sulla genetica magica di Lydia, essendo Nata Babbana, non Corvonero e non avendo nessun corso ad Hogwarts di scienze, potrebbe non essere molto affidabile... Ma ne riparleremo tra qualche capitolo ;)


Grazie a tutti voi che avete letto questa storia,
Grazie di cuore a chi ha recensito i capitoli precedenti, ogni recensione mi dà una gioia immensa ed è bellissimo poter scoprire cosa vi sta piacendo di più!
Grazie davvero a tutti voi!

Ricordo la pagina instagram: piumedicenere per piccole anticipazioni e illustrazioni!
Appuntamento alla settimana prossima!

Un abbraccio,
Emma Speranza

 


'Piume di Cenere' è disponibile anche su Wattpad
Per informazioni o anticipazioni visitate la pagina Instagram ufficiale: @piumedicenere
 
   
 
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