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Autore: Amanda FroudeBlack    01/09/2023    0 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XXXVII: “Natale a casa Evans” 

 

“Now you have me on the run 
The damage is already done 
Come on, is this what you want 
Cause you're driving me away” 

Queen of Peace – Florence + The Machine 

 

JAMES 

 

Era agitato. Non poteva essere diversamente, considerando il luogo in cui si trovava. Le mani gli sudavano e sperava ardentemente di riuscire a celare il panico che sentiva a ridosso dello stomaco. L’emozione di essere in casa Evans aveva sicuramente qualche colpa, ma era consapevole che la responsabilità maggiore del suo stato d’animo fosse in realtà la preoccupazione di conoscere Petunia, la sorella di Lily, e il suo si-sperava-presto-ex-fidanzato Vernon. Non ci sarebbe stato nulla di male, normalmente, ma il problema era che quella coppia aveva un’idea del tutto diversa della sua su ciò che era normale. Lily lo aveva preparato all’incontro facendogli presente che ciò che li aveva uniti era proprio quell’agognata normalità e lo sprezzo di stranezze di cui andavano fieri e che James proprio non riusciva a comprendere. A lui, più che normali sembravano noiosi. Ecco, era probabile che quella parola non facesse parte del loro vocabolario ed era per questo che pensavano di definirsi e vantarsi del concetto di normalità come se fosse un obiettivo di vita.  
Il pranzo di Natale di qualche ora prima ancora protestava nello stomaco, eppure era stato tutto buonissimo. Anzi, perfetto. I genitori di Lily si erano dimostrate le persone fantastiche che lei aveva sempre descritto, e lo avevano accolto con una tale gioia che a James era sembrato di toccare il cielo con un dito. L’unica nota stonata era stata proprio Petunia. Ebbene, alla notizia che lui avrebbe partecipato al pranzo di Natale in casa Evans, la sorella di Lily aveva reagito con stizza e, con la faccia come una prugna secca – testuali parole di Lily – era uscita di casa rifiutandosi di conoscerlo prima della cena che avevano organizzato. Aveva quindi passato il Natale con Vernon e la sua famiglia. 
James non riusciva a capacitarsi di come Petunia non trovasse straordinaria Lily; o almeno, era probabile che lo pensasse, ma che la gelosia e l’invidia nei confronti della sorella superassero di gran lunga qualsiasi sentimento gradevole. James ammetteva di essere un po’ di parte, in quella situazione, ma gli era impossibile non schierarsi e prendere le difese di Lily. Aveva deciso che sarebbe stato maturo e che l’avrebbe aiutata durante tutto l’incontro con quella strana coppia. Si era armato delle più belle e nobili intenzioni, quella sera; si era vestito di tutto punto, aveva domato i capelli con un incantesimo e persino nascosto la bacchetta, per non metterli in imbarazzo o spaventarli. Era anche stato puntuale, e in quel momento lui e Lily attendevano fuori dal ristorante l’arrivo di Petunia e Vernon. 
“Andrà tutto bene, James.” 
La voce di Lily lo destò e lui sussultò leggermente al tocco di lei. Le strinse la mano e la guardò; doveva avergli letto negli occhi tutte le preoccupazioni che lo stavano attraversando. 
“Sono io che dovrei rassicurare te,” borbottò James. Si avvicinò a baciarle la punta del naso. Lily sorrise divertita. 
“Eccoli,” mormorò poi, stringendogli la mano. 
James si voltò a guardare una buffa coppia che si avvicinava verso il ristorante attraversando la strada. Si tenevano per mano e camminavano con il mento all’insù, inorgogliti probabilmente dell’aria che respiravano. A James diedero l’impressione di essere arcigni, ma cercò di convincersi che fosse solo una copertura; non doveva essere semplice vivere senza magia, e probabilmente temevano di sentirsi in difficoltà con lui.  
Cercò di accoglierli nel modo più caloroso che conoscesse, nello stile di Dorea, sua madre, quando dava il benvenuto agli ospiti in casa Potter. 
“Buonasera, piccioncini!” li salutò entusiasta Lily, una volta che si furono avvicinati. “Vi presento James. James, Vernon e Petunia,” continuò, indicandogli la coppia. 
James sorrise nel modo più sincero che riuscisse a fare. “È un piacere incontrarvi, finalmente! Lily mi ha raccontato cose stupende sul vostro conto!” esclamò, stringendo loro la mano. 
Petunia a Vernon ebbero la stessa, identica reazione: strinsero le labbra e accettarono a malapena quella stretta di mano, squadrandolo dalla testa ai piedi. 
“Piacere,” borbottò Vernon, imbarazzato. “Che si fa? Entriamo? Muoio di fame.” 
“Certo!”, esclamò Lily. “Hai scelto un bel ristorante, Petunia, so che qui fanno una tagliata buonissima.” 
“Già, te l’ho detto io,” rispose Petunia alzando le sopracciglia. “Questo è il ristorante dove Vernon mi ha portato al nostro primo appuntamento; vero, caro?” continuò, facendo un sorriso complice all’indirizzo del fidanzato.  
James sapeva che Vernon non l’aveva minimamente sentita perché sembrava troppo concentrato a squadrare lui da capo a piedi come se stesse guardando uno strano troll di montagna. James si schiarì la voce imbarazzato; Vernon allora sembrò destarsi e distolse lo sguardo, rivolgendosi finalmente a Petunia che cercava ancora di attirare la sua attenzione. “A-ehm, certo, tesoro.” 

Li fecero accomodare in un remoto angolo di una grande sala; i tavoli erano elegantemente apparecchiati con tovaglie e tovaglioli di stoffa dai colori neutro, i bicchieri erano di cristallo e a James parvero tanto più fragili rispetto ai calici a cui era abituato lui. C’erano parecchie forchette, piccoli cucchiai e coltelli di varie dimensioni che non era sicuro di dover utilizzare. Sperò di non rompere nulla e di non mettere in imbarazzo Lily.  
Si voltò verso di lei e le sorrise timidamente; lei, da sotto il tavolo, gli strinse la mano. In quell’istante capì che l’avrebbe davvero sposata. 

“Hanno anche antipasti molto buoni,” borbottò Vernon, mentre apriva il menù, in un goffo tentativo di conversazione.  

Una giovane cameriera un po’ spaesata arrivò a prendere le ordinazioni. Vernon ordinò per tutti senza chiedere nulla e liquidò la cameriera con un gesto della mano. James, sulla sedia, si mosse a disagio. Sarebbe stata una serata lunghissima. 

 “Petunia mi ha parlato della vostra – ehm – particolarità: anche nel vostro... mondo ci sono ristoranti?” domandò poi Vernon.  
James sorrise, gentile, mentre osservava il suo grosso faccione imporporarsi. “Beh, sì, certo... qualcosa dovremo pur mettere sotto i denti, no? Però ognuno ordina il cibo per conto suo,” rispose divertito. 

Vernon non sorrise di rimando, così James si schiarì la voce, imbarazzato. 

Ci fu qualche secondo di silenzio che parve durare un’eternità; Petunia, con gli occhi piccoli (a James ricordò davvero una prugna secca), lo scrutava come se temesse che potesse cominciare a correre nudo da un momento all’altro. 

“E come pagate il ristorante?” domandò ancora, con una genuina curiosità. Afferrò un grissino dal contenitore al centro del tavolo e lo sgranocchiò tanto rumorosamente da far girare una coppia nel tavolo accanto. “Immagino che per persone come... come voi, insomma, trovare un lavoro sia complesso. Avete un sussidio di disoccupazione?” bisbigliò. 

Che? James inclinò il capo, non sicuro di ciò che gli stava chiedendo.  

“In che senso?” 

“Non vuole essere indelicato,” intervenne Petunia, con condiscendenza. “Lily ci ha detto che non guidate perché non... non avete un’automobile, giusto?” continuò guardando sua sorella compiaciuta. 

“Non ho detto questo,” rise compostamente Lily. “È che i maghi utilizzano altri modi per spostarsi.” 

Vernon scoppiò a ridere con uno sbuffo, sputando delle briciole di grissino che raggiunsero il tovagliolo di James.  

“Questa è buona! E come sarebbe?” domandò, divertito. 

Okay, questa la so, pensò James. 

“Oh, sì, usiamo le scope!” esclamò, entusiasta. “Oppure i camini, con la Metropolvere. O la Smaterializzazione, per i maghi che hanno almeno sedici anni!” 

Si rese conto subito di aver dato troppe informazioni tutte insieme. Il faccione di Vernon si fece dapprima rubicondo, poi il sangue sembrò defluire tutto, lasciandolo pallido e sudaticcio. Petunia lanciò uno sguardo di sbieco a Lily, che in tutto questo tempo era rimasta rigida. James sperò di sprofondare in quel preciso istante. 

“Sma-che?” rise Vernon, confuso. “Mi stai prendendo in giro? Ti stai inventando le parole?” 

“Beh, tecnicamente tutte le parole sono inventate,” precisò James, sistemandosi gli occhiali. Lily, da sotto il tavolo, gli strinse la gamba destra. “N-non ti sto prendendo in giro,” precisò. 

“Immagino che visto la vostra condizione economica precaria, utilizziate ciò che potete pur di spostarvi,” affermò, schiarendosi la voce. 

“Condizione economica precaria?” gli fece eco James, confuso. 

“Beh, sì, ricevete aiuti dallo Stato? Petunia mi ha detto che non avete le sterline,” si spiegò. 

“No, Vernon, i maghi non hanno sterline, ma hanno la loro valuta: galeoni, falci, zellini. Li tengono in camere blindate alla Gringott, la banca dei maghi a Londra,” rispose Lily al posto suo. 

James annuì. “Esatto! La nostra camera blindata alla Gringott è grande come questa sala ed è strapiena di galeoni, quasi non si riesce ad entrare. Tutto merito dell’eredità di mio nonno, in realtà,” spiegò. “Ma insomma, non tutti i maghi sono ricchi. Io penso di essere stato fortunato,” terminò con un’alzata di spalle. 

Ci fu qualche secondo di silenzio in cui a James parve che Petunia e Vernon non sapessero come reagire a quella notizia, e non riuscì a decifrare le espressioni del loro volto. Forse non era stata una buona idea dire ciò che aveva appena detto, perché il faccione di Vernon fu attraversato da una smorfia. 

“Vorresti farmi credere che nel tuo mondo tu sei... ricco?”  

James si prese qualche secondo per rispondere perché due camerieri a suo dire molto sincronizzati nei movimenti portarono le ordinazioni. Si sistemò il tovagliolo sulle gambe e sorrise. 
“Sì, abbastanza. Sai, i galeoni sono in oro massiccio,” spiegò, mentre con la forchetta prendeva il primo assaggio di tagliata. Si sforzò di assaggiare qualcosa anche se sentiva lo stomaco chiuso. 

Vernon aveva un’espressione di scherno dipinta sul volto. “Deve essere davvero scomodo girare con tutto quell’oro in tasca.” 

James rise di rimando. “Sì, in effetti! Per fortuna ci sono gli incantesimi!” 

“Incantesimi? Che sciocchezze,” intervenne Petunia, con una risatina stridula. Vernon si unì alla risata della fidanzata e Petunia ne approfittò per toccargli ili braccio mettendo in bella mostra l’anello di fidanzamento.  

“Oh, Lily, non ti ho mostrato l’anello!” esclamò, infatti, subito dopo con fare civettuolo. 

James si voltò verso Lily e la vide increspare le labbra. “È molto bello, Tunia, sono veramente felice per voi!” esclamò con trasporto. James notò che era davvero sincera. Le aveva raccontata di essersi emozionata alla notizia, ma che sua sorella non si era sbottonata tanto sui particolari, probabilmente perché voleva tenere la storia per la cena di quella sera. 

“È stato bellissimo e romantico,” raccontò Petunia, voltandosi verso Vernon con sguardo sognante. Lui non stava seguendo la conversazione perché impegnato a mangiare con gusto tutto ciò che era nel suo piatto. “Si è inginocchiato in salotto davanti a mamma e papà e mi ha commosso con una dichiarazione d’amore d’altri tempi!” raccontò.  

“Wow,” commentò Lily, sorridente. “Sarà emozionante organizzare tutto. Non vedo l’ora! Hai già scelto le altre damigelle?” chiese. 

“Le altre damigelle?” domandò Petunia di rimando. 

“Sì, a quante hai pensato oltre me? Mica sarò l’unica, spero!” esclamò. 

Petunia si schiarì la voce e chiuse gli occhi per un secondo, confusa.  

“Non credo di volere damigelle, Lily,” rispose, e James notò che il suo tono si era decisamente raffreddato. “Sarà il mio giorno, mio soltanto, ci manca solo che tu attiri ulteriormente l’attenzione su di te.” 

James vide immediatamente l’espressione di Lily scurirsi. Strinse i pugni sulle gambe. 

“Perchè dici una cosa del genere?” domandò, serio.  

Petunia trasalì e lo guardò come se stesse commettendo un peccato mortale a introdursi in quella conversazione. 

“James, lascia stare,” mormorò Lily, abbattuta. 

“No, Lily, non lascio stare, non è giusto!” esclamò, arrabbiato. “Non capisco per quale motivo debba dirti queste cose, non è stata per nulla carina.” 

“Ho solo detto la verità, evidentemente non la conosci ancora bene,” si spiegò Petunia, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe. “Mia sorella è una prima donna.” 

“Oh, la conosco bene, invece,” rispose James, e scosse il capo. “E la prima donna qui sei tu, e a dirla tutta sembri anche piuttosto invidiosa di tua sorella,” continuò candido, facendo spallucce. 

Doveva aver toccato un nervo scoperto, perché persino Vernon si bloccò mentre si portava alla bocca l’ultimo boccone del piatto. Lily gli diede una gomitata; James incassò il colpo e si voltò verso Petunia, che sembrava aver smesso improvvisamente di respirare. Il viso assunse un colorito rosso-violaceo, sembrava sul punto di scoppiare. 

Come osi,” sbottò. Appoggiò le mani sul tavolo e le usò come leva per alzarsi di scatto, l’espressione indignata sul volto. Si rivolse a Lily. “Complimenti per aver rovinato anche la cena con questo... fenomeno da baraccone!” 

“Petunia... cara, non agitarti, ci guardano tutti,” la implorò Vernon in un bisbiglio. Si alzò anche lui e guardò James in tralice. “Lo dicevo, io, che questa serata sarebbe stata una pessima idea! Andiamocene, tesoro.” 

Non fatevi vedere al mio matrimonio!” proruppe infine Petunia, gettando un’ultima occhiata schifata al tavolo.  

Recuperò borsa e cappotto, dopodiché seguì Vernon fuori dal ristorante. 

James era talmente allibito per ciò che era appena accaduto che rimase immobile per un tempo indefinito, guardando la porta dietro cui i due erano appena scomparsi. 

Si voltò verso Lily e sentì una stretta al cuore vedendola piangere sommessamente. 

“Lily, mi dispiace, io-” 

“Grazie di aver preso le mie difese,” mormorò tra i singhiozzi. “Non so perché faccia così, davvero. Non era così prima quando eravamo piccole. Mi odia e non so perché...” 

James si girò completamente verso di lei e l’abbracciò. 

“Hey, sono o non sono il tuo ragazzo?” le sussurrò con una carezza ai capelli. Le diede un leggero bacio sulla fronte mentre Lily si appoggiava alla sua spalla.  

“Nessuno ha il diritto di dirti quelle cose, Lil, nemmeno tua sorella, nemmeno se ti invidia, nemmeno se si sente minacciata da te.”  

Le prese il viso e la guardò negli occhi. Con i pollici le asciugò le lacrime che ancora le bagnavano le guance. 

“Non mi aspettavo che reagisse così, ma tu non devi sentirti in colpa per niente. Appena avremo l’occasione, sistemerò le cose, va bene?” le mormorò, baciandola delicatamente sulle labbra. 

Lily annuì mestamente e tirò su col naso. 

“Torniamo a Hogwarts?” domandò lei. 

“Faremo qualcosa di meglio: raggiungeremo i nostri amici," le sorrise James, prima di darle un’ultima carezza sul viso, per poi stringersela al petto. 

   
 
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