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Autore: _aivy_demi_    04/09/2023    12 recensioni
La raccolta partecipa al #Writeptember2023 del gruppo Hurt and Comfort Italia
Visto che ogni tot mi riprendo benissimo per One Piece, stavolta, grazie alla spinta della visione del Live Action su Netflix, ho deciso di dedicargli una raccolta per challenge.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Drakul Mihawk, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla challenge del #Writeptember2023
del gruppo Hurt and Comfort Italia.

Day 2:
1. Amaro
3. “X non può venire”.

 

Fandom: Netflix One Piece
Personaggi: Zoro, Mihawk

 

 

 

«Questo sarebbe il migliore che hai?» Zoro squadrò Mihawk con una certa stizza, si aspettava una gran bevuta per quella sera.
«Non ho detto che questo sia il migliore, non ho mai affermato di volerlo condividere con te.»
«Simpatico, come sempre. Se solo non fosse una tregua, ti avrei già aperto in due.»
L’uomo rise, memore del loro primo scontro, di cui Zoro stesso portava ancora traccia sul petto. «Sì, come no. Avevi fatto intendere la stessa cosa anche la prima volta.»
«Comunque cosa è questa roba? Il sapore è amaro…»
«Ti lamenti come un ragazzino, adesso? Pensavo il tuo stomaco elaborasse meglio l’alcool.» Mihawk dondolava seguendo un ritmo tutto suo, gli stivali poggiati su uno dei barili non ancora caricati dal porto. Un equilibrio raro, dopo aver ingurgitato tutte quelle bottiglie. «Sì, è amaro, sì, è di qualità, sì, è buono. Non ti serve sapere altro.»
Zoro mandò giù ancora qualche sorso, prima di esibirsi in una espressione buffa. Si stese sul passaggio in legno, tra le reti e le piccole barche ormeggiate, soddisfatto di venir parzialmente nascosto dal cielo coperto di una nottata davvero stramba. Tentava di trovare uno scorcio tra quelle nuvole per niente rassicuranti, mentre mandava giù cercando di farsi piacere qualcosa di tanto diverso dai soliti sapori più acidi, o al limite, dolci e frizzantini.
«E da dove verrebbe?»
«Non ci crederesti nemmeno se te lo dicessi.»
I silenzi si rincorrevano, tante erano le volte in cui si erano scontrati ormai, e ancor più le ferite che si portavano appresso, sul corpo e dentro. Ma a quei silenzi loro si stavano abituando, come alle occasioni di bevute in compagnia.
«Adesso mi hai incuriosito, dai.» Nessuno biascicava, più abituati al rum che all’acqua. «Dove hai trovato qualcosa di così… particolare?»
«Lo produco io.»
«Sì, come no.» Incredulo, forse, ma non voleva darlo a vedere. Dare una soddisfazione a Mihawk equivaleva a esporre un fianco, un errore di cui non avrebbe più permesso il ripetersi. «Se mi convinci del suo essere così speciale, giuro che lo compro.»
«Allora preparati a pagare fior di berry


Mihawk non aveva scherzato affatto. Zoro si ritrovò steso malamente sulla sua amaca, la nave così silenziosa da non mostrare alcuna presenza di essere umano. La testa gli doleva terribilmente – assurdo, lui l’alcool lo reggeva sempre perfettamente, almeno fino alla terza bottiglia – e avrebbe volentieri sputato lo stomaco dalla bocca, se questo fosse servito a farlo stare meglio. Si voltò su un fianco, raggomitolandosi e premendo la mano sulla pancia. Non era molto dignitoso ma pareva meglio di qualsiasi altra cosa in quel momento; avesse potuto avrebbe raggiunto il ponte, ma avvertiva i piedi informicolati ed era certo sarebbe caduto prima di arrivare a destinazione. Quante informazioni realizzate in così poco tempo.
Inspirò ed espirò, gli occhi bruciavano all’interno delle palpebre serrate.
“Pessima idea…!” e la nausea mordeva fortemente. “Prova col naso.”
L’unico rumore dentro e fuori, il suo susseguirsi di sospiri e respiri rumorosi. Sì, avrebbe vomitato di lì a breve.
Si issò fino a sedersi sull’amaca, tremando e dondolando pericolosamente avanti e indietro.
«Ce… ce la fai…» Al tre si alzò e ricadde in avanti, baciando con il volto il pavimento in legno scuro della sua stanza. Mormorò un “no” avvilito, constatando di quanto fosse stato pericoloso ciò che aveva mandato giù la sera prima, se quello era davvero il risultato.
I sensi annebbiati non avvertirono il rapido spostamento d’aria.
«Ch-chi sei…?» Venne zittito da un paio di sillabe, aveva riconosciuto la voce ma pareva una assurdità senza alcun senso.
Mihawk sulla sua nave? Era pura idiozia.
«Al mio tre, dai un colpo di reni.»
Uno.
Due.
Tre.
Energia zero, muscoli contratti in modo maledettamente doloroso. Si sentì sollevare come un sacco, a peso morto, e venne riadagiato sull’amaca, in modo ordinato.
«Co… cosa ci fai tu… tu, qui.» Non una domanda, non aveva bisogno realmente di una risposta, ma voleva tenersi sveglio e parlare in quel momento era l’unico modo.
Il pirata alzò le mani in segno di resa. «Sono qui in pace, Luffy mi ha contattato chiedendomi di vegliare su di te, come un padre su un bambino febbricitante.»
Dove potesse essere il capo della ciurma non gli era dato saperlo, dunque.
«Ora non può venire, è impegnato. Presumo a mangiare, o a spendere soldi sul cibo, o a fare scorta di viveri. Vedila come vuoi, lo conosciamo abbastanza, direi. Ora pensiamo a te.»
Zoro si lasciò manovrare come una marionetta: da che aveva memoria non ricordava un post sbornia così disastroso come quello. Una fitta orribile al fianco lo fece gemere violentemente. Non era una vecchia cicatrice, non era un acciacco, ne era certo. Qualcosa di nuovo gli stava punzecchiando una zona precisa, qualcosa che non mollava e anzi, mordeva in modo selvaggio.
«To-toglimelo, ti… ti prego, Mih-» E perse i sensi.

 

 

La testa bruna di Luffy fece capolino dal ponte, entrando senza cerimonie nella stanza semibuia di Zoro: Mihawk gli fece cenno di non fare confusione ma di questo, si sapeva, il ragazzo non era minimamente capace. Si accasciò sul pavimento chiedendo delucidazioni sulla situazione. «Così avete bevuto tutta la sera, eh. Ma che cosa, per portarlo a stare così? Insomma, l’ho visto tante volte ubriaco ma così… mai, giuro.»
«Ne vuoi?»
Il ragazzo annusò il contenuto della bottiglia appena aperta, trovata sul pavimento accanto ai pochi effetti personali che Zoro portava sempre con sé, e rimase spiazzato. «Sembra buono, anche se tanto amaro. E forte direi.» Ne bevve un paio di sorsi in più; «fortissimo! No, no, io salto, non voglio ridurmi così. Già devo controllare tu non faccia stupidaggini sulla mia nave, devo restare sobrio per suonartele in caso non possa fidarmi.»
Mihawk si sollevò dalla seduta a gambe incrociate, era intirizzito. «Se non ti fidi, perché mi hai fatto salire?»
«Io mi fido dei miei compagni, e Zoro continuava a chiamarti nel sonno. Se lui si fida così tanto, posso farlo anche io. Mi raccomando.» E Luffy uscì, lasciando un pizzico di perplessità dietro di sé vissuta dall’insolito ospite.
Zoro mugugnò nuovamente, girandosi e voltandosi, sudando per colpa del dolore. Mihawk rimestò nella sacchetta contenente farmaci, tastando quello giusto: una pastiglietta bianca di piccole dimensioni. Pensava una potesse fare effetto ma non era abbastanza. Sospirò, tentò di farla ingoiare a Zoro con un sorso di acqua ma sputò il contenuto in un conato trattenuto a malapena.
Il rimedio per gli spasmi pareva davvero essere l’unica soluzione, altro che classico post sbornia: nemmeno se avesse dormito tutto il giorno avrebbe risolto qualcosa. Sospirò, sapeva non sarebbe stato piacevole ma adagiò la pastiglia sulla lingua e la ficcò letteralmente in bocca a Zoro, non curandosi dell’odore o del sapore acido di quelle labbra secche e disidratate. Sicuro di averla fatta cadere si staccò per poi rovesciargli parte dell’acqua dalla borraccia che teneva stretta al fianco. Gli tappò il naso così da costringerlo a deglutire.
«Mi dispiace, ma l’hai voluto tu.»
“E che vado a pensare, dispiacermi per uno stupido che si è fatto venire le coliche.”

 

 

«Oh, finalmente ti sei svegliato! Come stai?»
«Luffy, ti prego, sei fastidioso. Abbassa il volume della voce, non la sopporto.» Zoro aveva la bocca impastata, una strana sensazione di contrattura all’addome ma con un dolore basso, sordo, lontano: tuttavia sopportabile. Si alzò a sedere e barcollando raggiunse il bagno, dove aveva approfittato di guardarsi allo specchio.
Condizioni pietose, peggio di ciò che aveva preventivato al risveglio: occhi cerchiati, colorito cereo, era sudato e stanco ma almeno riusciva a stare in piedi da solo. Attorno alla bocca era arrossato, tipico segno di sfregamento.
Sfregamento da cosa, poi?
Dalla stanza Luffy lo guardò e gli confessò di non aver mai visto un bacio così selvatico come il suo con quello di Mihawk.
La risposta? Il catino in ceramica scaraventato contro il proprio capitano.
«Ma che cazzo stai dicendo? Bacio cosa!»
«Dico quello che ho visto.» Luffy mimò con le labbra una pomiciata e la lingua fuori.
«Via, prima che abbia abbastanza forze da tagliarti in due e buttarti ad affogare in mare!»
Che poi quella storia del bacio non l’aveva nemmeno capita, ma farsi prendere in giro dopo una nottata simile, di cui tra l’altro ricordava soltanto dolori lancinanti e terribili e un forte odore di tabacco e rum, non era contemplato. Mihawk avrebbe dovuto spiegargli tante cose, ma avrebbe dovuto attendere il suo nuovo attracco.




   
 
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