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Autore: _aivy_demi_    05/09/2023    4 recensioni
La raccolta partecipa al #Writeptember2023 del gruppo Hurt and Comfort Italia
Visto che ogni tot mi riprendo benissimo per One Piece, stavolta, grazie alla spinta della visione del Live Action su Netflix, ho deciso di dedicargli una raccolta per challenge.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Drakul Mihawk, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa alla challenge del #Writeptember2023
del gruppo Hurt and Comfort Italia.

Day 5:
1. L’attesa è finita
2. Valore
3. “Noi lo sappiamo”

 

Fandom: Netflix One Piece
Personaggi: Zoro, Mihawk, ciurma di Luffy
Come al solito, le cose me le interpreto da sole.

 

 

 

Arlong era sconfitto.
In barba a tutti i pronostici, ce l’avevano fatta.
E come Zoro aveva immaginato, ne avrebbe patito le conseguenze fin da subito. L’essersi ristabilito solo parzialmente dal combattimento con Mihawk stava palesando le sue prime problematiche; nonostante l’aiuto di Sanji, aveva usato troppe energie – e perso un medio quantitativo di sangue – per contrastare la ciurma degli Uomini Pesce di quel pazzo.
Un errore imperdonabile, sotto il suo punto di vista, ma non aveva avuto scelta. Nonostante gli allenamenti assidui a cui si era sottoposto fin da bambino, ancora non riusciva a recuperare abbastanza in fretta: un problema non da poco.
Poco bevve quella sera per festeggiare, anzi, lo stomaco era chiuso. Gustò i piatti del cuoco di bordo, ultimo acquisto non così malvagio come aveva invece preventivato, ma niente di più.
I pesci prima, la Marina poi…
Voleva soltanto addormentarsi, scordarsi del dolore e di una delle giornate più faticose di cui aveva memoria.

 

«Anche tu non riesci a dormire stasera?» Luffy guardò Zoro dalla prua della Going Merry, fiero e sfiancato.
Lo spadaccino ancora non aveva inquadrato l’utilizzo del cinismo da parte del capitano, aveva semplicemente concluso con una alzata di spalle, poggiandosi accanto a lui e sperando in un sonno ristoratore. La ferita al petto bruciava terribilmente, e arrivò al punto in cui non poté trattenere un gemito di esasperazione.
Luffy gli si avvicinò, estremamente vicino, tanto da sentire l’odore di Rum dal suo fiato. Pietrificato da tale confidenza gelò non appena il suo capitano gli toccò la parte lesa e bendata. «Stai perdendo ancora sangue, dobbiamo cambiarla. Vieni, faccio io.» Un sorriso liberatorio il suo, ma per Zoro non era affatto una buona idea.
«Non ce n’è bisogno.»
«Oh, sì invece. Fidati di me. Ti fidi?»
Non avrebbe potuto fare altro, aveva scelto di fidarsi di Luffy dal momento in cui l’aveva accettato come capitano.
«Se peggiori la situazione, potrei volerti tagliare un braccio.»


«Mnh!» I punti tiravano, ma l’orgoglio di Zoro di più. Non si sarebbe lamentato ad alta voce, non così, non davanti al prossimo, soprattutto se quest’ultimo tendeva a tastargli continuamente il torso attorno alla ferita con una delicatezza inesistente.
«Su su, mio vice, l’attesa è finita. Ed ecco qui, l’ultimo nodo e ho fatto.»
Il petto era fasciato malamente, le bende annodate su più punti, ma il sorriso soddisfatto di Luffy avrebbe lasciato correre su ogni imperfezione – ci avrebbe pensato da sé a risistemare, in qualche modo.
Cercò di congedarsi e tentare di prendere sonno ma pareva che il capitano non ci sentisse da quell’orecchio; gli avrebbe tenuto compagnia fino a che non l’avrebbe visto addormentarsi, questa la promessa.
Non proprio ben accolta, ma Luffy era testardo.


«…ro»
«Zoro…»
«Zoro!»
Il ragazzo si alzò di scatto, gli zigomi bagnati, la ferita sanguinante: aveva macchiato nuovamente le bende, il dolore e il sonno agitato aveva risvegliato incubi assordanti e insopportabili.
«Zoro, stai bene? Dimmi di sì, mi sto preoccupando…»
«Sì, Luffy, non insistere.»
«Allora perché stavi piangendo?»
Piangendo? Che idiozia, non avrebbe mai pianto, figurarsi di notte. Non fosse stato per il cuscino bagnato da un lato e la pelle umida, non avrebbe dato credito a quello che aveva sentito. Si toccò il volto, mascherando malamente la vergogna.
«Non ti preoccupare, noi lo sappiamo come vanno queste cose.»
«Quali cose, sentiamo.»
«Le nostre cose, le cose da pirati, no? Non ci si deve vergognare, se si piange. Sei un duro, Zoro, e ti rispetto e ammiro.»
Un cenno di assenso, non avrebbe concesso di più, Zoro non era abituato a ricevere questo genere di complimenti così sentiti, perché forse di Luffy si poteva dire tanto, ma non che non fosse sincero.


Si sentiva chiamare, tra un singhiozzo e l’altro: le urla lontane lo stavano spiazzando, non aveva idea di dove fosse e cosa stesse accadendo. Odore di stantio, scricchiolii di ossa rotte e parole di sconforto e rabbia lo stavano letteralmente travolgendo e non era capace né di parlare, né di agire in alcun modo.
Lei.
Era lei, venuta a cercarlo per sputargli il disonore su una promessa non mantenuta perché lui sapeva, sapeva che non era ancora riuscito a raggiungere il suo, il loro obiettivo.
Si svegliò nel panico totale, in apnea, la tachicardia a battergli nelle costole e all’interno della ferita ancora non guarita. Tentava di riprendere fiato a vuoto, deglutendo a fatica: la gola serrata non gli permetteva di mandare giù l’eccesso di saliva in alcun modo, e questo non lo aiutava. Era terrorizzato da se stesso e da ciò che gli stava accadendo, quando sentì la voce di Mihawk chiamarlo, la sua mano sulla spalla.
«Zoro, guardami: è tutto a posto?»
Non lo era, non sapeva come dirlo. Scosse il capo in modo disordinato, sperando di farsi capire: no, non era tutto a posto, al contrario. I sensi di colpa lo stavano divorando, cercando di trascinarlo in basso, sempre più in basso, oltre quelle travi dure di legno levigato.
«Sono arrivato appena ho potuto.»
Gli occhi di Zoro si spalancarono soltanto quando realizzò davvero di avere Mihawk accanto: non gli importava perché, non gli importava il come, era un appiglio a cui affidarsi in quel momento di perdita totale di sé. Si allungò verso di lui, vi si aggrappò con tutte le forze che possedeva, incurante della ferita dolente, e non soltanto quella sul petto.


«Grazie, Luffy. Se non mi avessi chiamato, Zoro avrebbe potuto perdersi in posti a noi troppo lontani.»
Il capitano era estraneo a quel tipo di sensazione, una frase troppo complessa e astratta cercava di impattargli nella testa senza permettergli di comprenderla nel complesso. «Non so esattamente cosa tu intenda, Mihawk della flotta dei Sette, ma grazie di essere tornato qui. Questi aggeggi sono davvero utili,» indicò il lumacofono portatile con cui aveva contattato Mihawk, una linea privata tra loro soltanto. «Se Zoro lo sapesse, pretenderebbe di non farmelo usare più. Non sapevo come calmarlo, oggi era già stato male ma quando l’ho visto peggiorare… beh, io non sono un medico, e tu…» Rimase senza parole, arrossendo.
«E io ti sono parso semplicemente la persona più affidabile da contattare. Hai fatto bene, non ti preoccupare, ragazzo. Sei un capitano di valore, sai prendere le tue decisioni al momento giusto, anche nell’incapacità di agire direttamente. Non è da poco, Luffy Cappello di Paglia.»
«Io sarò un capitano di valore, ma tu sei un uomo di valore, ti ringrazio e penso ti contatterò di nuovo.»
«Non ho dubbio. Ora però devo andare. Fammi sapere di Zoro.»
Luffy stava per congedarsi quando una ultima domanda lo fermò dal lasciare andare l’ospite: «perché lo fai?»
«Capirai quando crescerai, Cappello di Paglia. Alla prossima.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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