Questa
storia partecipa alla challenge del #Writeptember2023
del gruppo Hurt and Comfort Italia.
Day 5:
1. L’attesa è finita
2. Valore
3. “Noi lo sappiamo”
Fandom:
Netflix One Piece
Personaggi: Zoro, Mihawk, ciurma di Luffy
Come al solito, le cose me le interpreto da sole.
Arlong era sconfitto.
In barba a tutti i pronostici, ce l’avevano fatta.
E come Zoro aveva immaginato, ne avrebbe patito le conseguenze fin da subito.
L’essersi ristabilito solo parzialmente dal combattimento con Mihawk stava palesando le sue prime problematiche;
nonostante l’aiuto di Sanji, aveva usato troppe
energie – e perso un medio quantitativo di sangue – per contrastare la ciurma
degli Uomini Pesce di quel pazzo.
Un errore imperdonabile, sotto il suo punto di vista, ma non aveva avuto
scelta. Nonostante gli allenamenti assidui a cui si era sottoposto fin da
bambino, ancora non riusciva a recuperare abbastanza in fretta: un problema non
da poco.
Poco bevve quella sera per festeggiare, anzi, lo stomaco era chiuso. Gustò i
piatti del cuoco di bordo, ultimo acquisto non così malvagio come aveva invece
preventivato, ma niente di più.
I pesci prima, la Marina poi…
Voleva soltanto addormentarsi, scordarsi del dolore e di una delle giornate più
faticose di cui aveva memoria.
«Anche tu non riesci a
dormire stasera?» Luffy guardò Zoro dalla prua della Going Merry, fiero e sfiancato.
Lo spadaccino ancora non aveva inquadrato l’utilizzo del cinismo da parte del
capitano, aveva semplicemente concluso con una alzata di spalle, poggiandosi
accanto a lui e sperando in un sonno ristoratore. La ferita al petto bruciava
terribilmente, e arrivò al punto in cui non poté trattenere un gemito di
esasperazione.
Luffy gli si avvicinò, estremamente vicino, tanto da
sentire l’odore di Rum dal suo fiato. Pietrificato da tale confidenza gelò non
appena il suo capitano gli toccò la parte lesa e bendata. «Stai perdendo ancora
sangue, dobbiamo cambiarla. Vieni, faccio io.» Un sorriso liberatorio il suo,
ma per Zoro non era affatto una buona idea.
«Non ce n’è bisogno.»
«Oh, sì invece. Fidati di me. Ti fidi?»
Non avrebbe potuto fare altro, aveva scelto di fidarsi di Luffy
dal momento in cui l’aveva accettato come capitano.
«Se peggiori la situazione, potrei volerti tagliare un braccio.»
«Mnh!» I punti tiravano, ma l’orgoglio di Zoro di
più. Non si sarebbe lamentato ad alta voce, non così, non davanti al prossimo,
soprattutto se quest’ultimo tendeva a tastargli continuamente il torso attorno
alla ferita con una delicatezza inesistente.
«Su su, mio vice, l’attesa è finita. Ed ecco qui,
l’ultimo nodo e ho fatto.»
Il petto era fasciato malamente, le bende annodate su più punti, ma il sorriso
soddisfatto di Luffy avrebbe lasciato correre su ogni
imperfezione – ci avrebbe pensato da sé a risistemare, in qualche modo.
Cercò di congedarsi e tentare di prendere sonno ma pareva che il capitano non
ci sentisse da quell’orecchio; gli avrebbe tenuto compagnia fino a che non
l’avrebbe visto addormentarsi, questa la promessa.
Non proprio ben accolta, ma Luffy era testardo.
«…ro»
«Zoro…»
«Zoro!»
Il ragazzo si alzò di scatto, gli zigomi bagnati, la ferita sanguinante: aveva
macchiato nuovamente le bende, il dolore e il sonno agitato aveva risvegliato
incubi assordanti e insopportabili.
«Zoro, stai bene? Dimmi di sì, mi sto preoccupando…»
«Sì, Luffy, non insistere.»
«Allora perché stavi piangendo?»
Piangendo? Che idiozia, non avrebbe mai pianto, figurarsi di notte. Non fosse
stato per il cuscino bagnato da un lato e la pelle umida, non avrebbe dato
credito a quello che aveva sentito. Si toccò il volto, mascherando malamente la
vergogna.
«Non ti preoccupare, noi lo sappiamo come vanno queste cose.»
«Quali cose, sentiamo.»
«Le nostre cose, le cose da pirati, no? Non ci si deve vergognare, se si
piange. Sei un duro, Zoro, e ti rispetto e ammiro.»
Un cenno di assenso, non avrebbe concesso di più, Zoro non era abituato a
ricevere questo genere di complimenti così sentiti, perché forse di Luffy si poteva dire tanto, ma non che non fosse sincero.
Si sentiva chiamare, tra un singhiozzo e l’altro: le urla lontane lo stavano
spiazzando, non aveva idea di dove fosse e cosa stesse accadendo. Odore di
stantio, scricchiolii di ossa rotte e parole di sconforto e rabbia lo stavano
letteralmente travolgendo e non era capace né di parlare, né di agire in alcun
modo.
Lei.
Era lei, venuta a cercarlo per sputargli il disonore su una promessa non mantenuta
perché lui sapeva, sapeva che non era ancora riuscito a raggiungere il suo, il
loro obiettivo.
Si svegliò nel panico totale, in apnea, la tachicardia a battergli nelle
costole e all’interno della ferita ancora non guarita. Tentava di riprendere
fiato a vuoto, deglutendo a fatica: la gola serrata non gli permetteva di mandare
giù l’eccesso di saliva in alcun modo, e questo non lo aiutava. Era terrorizzato
da se stesso e da ciò che gli stava accadendo, quando
sentì la voce di Mihawk chiamarlo, la sua mano sulla
spalla.
«Zoro, guardami: è tutto a posto?»
Non lo era, non sapeva come dirlo. Scosse il capo in modo disordinato, sperando
di farsi capire: no, non era tutto a posto, al contrario. I sensi di colpa lo stavano
divorando, cercando di trascinarlo in basso, sempre più in basso, oltre quelle
travi dure di legno levigato.
«Sono arrivato appena ho potuto.»
Gli occhi di Zoro si spalancarono soltanto quando realizzò davvero di avere Mihawk accanto: non gli importava perché, non gli importava
il come, era un appiglio a cui affidarsi in quel momento di perdita totale di sé.
Si allungò verso di lui, vi si aggrappò con tutte le forze che possedeva,
incurante della ferita dolente, e non soltanto quella sul petto.
«Grazie, Luffy. Se non mi avessi chiamato, Zoro
avrebbe potuto perdersi in posti a noi troppo lontani.»
Il capitano era estraneo a quel tipo di sensazione, una frase troppo complessa
e astratta cercava di impattargli nella testa senza permettergli di comprenderla
nel complesso. «Non so esattamente cosa tu intenda, Mihawk
della flotta dei Sette, ma grazie di essere tornato qui. Questi aggeggi sono
davvero utili,» indicò il lumacofono portatile con
cui aveva contattato Mihawk, una linea privata tra loro
soltanto. «Se Zoro lo sapesse, pretenderebbe di non farmelo usare più. Non
sapevo come calmarlo, oggi era già stato male ma quando l’ho visto peggiorare…
beh, io non sono un medico, e tu…» Rimase senza parole, arrossendo.
«E io ti sono parso semplicemente la persona più affidabile da contattare. Hai fatto
bene, non ti preoccupare, ragazzo. Sei un capitano di valore, sai prendere le
tue decisioni al momento giusto, anche nell’incapacità di agire direttamente. Non
è da poco, Luffy Cappello di Paglia.»
«Io sarò un capitano di valore, ma tu sei un uomo di valore, ti ringrazio e
penso ti contatterò di nuovo.»
«Non ho dubbio. Ora però devo andare. Fammi sapere di Zoro.»
Luffy stava per congedarsi quando una ultima domanda
lo fermò dal lasciare andare l’ospite: «perché lo fai?»
«Capirai quando crescerai, Cappello di Paglia. Alla prossima.»